San Michele Maggiore Pavia - Sapienza Misterica

SAPIENZA MISTERICA
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San Michele Maggiore Pavia

Sacri Luoghi di energia

La Basilica di San Michele Maggiore a Pavia è parte importante ed integrante del Cammino italiano di San Michele, e con monastero benedettino la Chiusa di san Michele, noto come la sacra di San Michele presso Susa, e Monte Sant’Angelo sul Gargano in Puglia rappresentano tre luoghi sacri ad alta energia.
 
L’Italia del Nord e l’Italia centrale erano attraversate dai cammini di San Michele o Via Micaelica, meta antichissima di pellegrinaggi da tutta l’Europa cristiana longobarda e germanica, come la Francia lo era da quelli di San Giacomo verso Compostela. Il Cammino dell’Angelo, com’è stato chiamato, o Via Micaelica, aveva molte località in comune con gli altri percorsi di pellegrinaggio, esso ne ricalcava in parte il tracciato, talvolta sovrapponendosi e talvolta deviando da essi. Pavia era una delle tappe importanti, sia sulla Via Micaelica, sia sulla via Francigena, il cammino di pellegrinaggio dall’Europa per Roma.

 
 
PROLOGO
 
La Via Micaelica europea è stata suddivisa in tre parti. La prima parte del Cammino è da Mont Saint-Michel alla Sacra di San Michele in Val di Susa. La seconda parte dalla Sacra di San Michele verso Roma, passando da Pavia l’antica capitale longobarda, Lucca e Siena, fino ad arrivare a Castel Sant’Angelo in Roma. La terza parte da Roma per terminare a Monte Sant’Angelo in Puglia.
 
Occorre precisare che la Strada Micaelica percorsa dai pellegrini non era una sola ma era un reticolo: una dalle Alpi, la Via Sacra Langobardorum che passando per la Chiusa di San Michele arrivava a Pavia, poi valicava l’Appennino per raggiungere Roma e poi tramite le vie della transumanza abruzzese oppure sulle vie romane da Benevento arrivavano a Monte Sant’Angelo. Un’altra era quella che da Pavia lungo l’adriatica faceva raggiungere il Gargano anche ai pellegrini che provenivano dai pesi germanici e slavi; una terza era quella marittima che dalle coste del nord-adriatico sbarcavano a Vieste e poi proseguivano a piedi verso Monte Sant’Angelo; l’altra era quella che i pellegrini dai vari centri dell’Italia meridionale e della Sicilia raggiungevano il Monte Sant’Angelo.
 
La Basilica di San Michele Maggiore è il più interessante monumento della Pavia medievale. La chiesa di San Michele appare come un unicum, un edificio sacro d’importanza molto rilevante, sia perché da molti secoli era riconosciuto come luogo di culto dell’Arcangelo Michele, poi perché era il luogo d’incoronazione e consacrazione dei re italici, infine per la straordinaria ricchezza di rilievi misterici scolpite nelle facciate e all’interno del sacro edificio e per la presenza di un labirinto pavimentale.
 
Lungo la Via Micaelica vi sono in Italia due labirinti che si riferiscono a Teseo, uno nella Basilica di san Michele a Pavia, l’altro nel duomo di Lucca, e poco distante si trova la chiesa di San Michele in Foro. Sulla Via Francigena, si contano ben cinque labirinti di origine medievale. Oltre ai due citati abbiamo il labirinto di San Savino di Piacenza, pavimentale, a mosaico, l’iscrizione recita “Hunc mundum typice laberinthus denotat iste irremeabilis error”. Il labirinto di San Caprasio di Aulla puramente decorativo, negli stucchi del sacello del santo, fu distrutto durante la seconda guerra mondiale. Il labirinto di Pontremoli, anch’esso verticale, circolare.
 
Sui labirinti delle cattedrali di Auxerre e di Sens (distrutti), secondo un uso liturgico documentato, nel periodo pasquale si celebravano danze e rappresentazioni con un preciso rituale che ricordava la resurrezione e la vittoria di Cristo sul male. In Italia come in Francia molti labirinti sono stati intenzionalmente distrutti.
 
La Basilica si San Michele a Pavia è antichissima, menzionata già in documenti del 642 d.C., nel X secolo l’edificio compare nei documenti con il titolo di San Michele “Maggiore” ed è indicato come chiesa palatina, cioè legata al palazzo dei re. La prima costruzione del San Michele probabilmente risale all’epoca dei Longobardi, che elessero il Santo loro patrono e ne diffusero il culto. Allora Pavia contava numerose chiese dedicate a San Michele. A Pavia fu coniata la prima moneta longobarda. Essa raffigurava proprio San Michele. A Pavia il re Rotari promulgò alla mezzanotte tra il 22 e il 23 novembre 643 il famoso Editto, che raccoglie in modo organico le antiche leggi del popolo longobardo. Il primo documento che cita il Maestro Costruttore o Magister Commacinus è l’Editto di Rotari del 22 novembre 643. L’attuale aspetto della Basilica architettura del XII secolo è opera dei Maestri Comacini (detti anche Lombardi). Si possono ammirare parecchie lavorazioni d’impronta longobarda: gli intrecci e gli annodamenti sui capitelli, sulle colonne, otre ai motivi classificati come fitomorfi e zoomorfi. A Pavia vi è la via Maestri Comacini, che furono tra i primi maestri del romanico lombardo.
 
I Maestri Comacini[1] presenti nella zona di Como e nella Valtellina operarono sotto la protezione dei Re Longobardi[2] e divennero i custodi dell’arte edilizia romana. I Maestri Comacini sono citati in un testo scritto per la prima volta nel I secolo, una lettera di Plinio Cecilio detto Plinio il Giovane[3] indirizzata all’imperatore Romano Traiano (53 - 117), in cui è lodato un maestro per la costruzione di una “Amenissima villa suburbana sul Lago di Como”. Si può dunque supporre che vi sia stata una lunga catena iniziatica dai tempi dell’antica Roma che ha trasmesso i Saperi detenuti nell’ambito dei Collegia Romani (a loro volta provenienti dalle epoche precedenti), propagava nella “schola” e nel “Laborerium” in cui l’arte antica s’insegnava a porte chiuse. L’uso dei Collegia si estese a molti territori conquistati da Roma, tra cui c’è la zona di origine dei Maestri Comacini, che furono i depositari di quell’antica Arte, uniti da quel senso di solidarietà e fraternità che li farà giustamente appellare Maestri e Fratelli Comacini. Nella Valtellina vi era una nutrita comunità etrusca.
 
Dopo la caduta del regno longobardo, essa divenne cappella palatina. Nell'839 vi è battezzata Rotruda, figlia di Lotario I e di Ermengarda. Poi vi furono incoronati re d’Italia Ugo di Provenza (926), Berengario II e il figlio Adalberto (950), Arduino d’Ivrea (1002), Enrico II il Santo (1004). Nel 924 l’edificio fu danneggiato e incendiato dagli Ungari; nel 1004, dopo un altro incendio, fu parzialmente ricostruito in stile romanico. Con l’incoronazione del Barbarossa (1155), si chiude il periodo storico più glorioso della basilica. La Basilica fu progettata con conoscenza astronomica, per accogliere con effetti di luce solare, il complesso rituale delle incoronazioni.
 
Si chiede Alberto Arecchi, in “Pavia San Michele”, chi, quando e con quali mezzi, avrebbe potuto pensare a finanziare e realizzare un tal edificio esclusivo, che non aveva pari in tutta la Cristianità d’Occidente – o almeno nel territorio del Regno Italico – e che richiedeva certamente la mobilitazione d’ingenti risorse e capacità intellettuali, artistiche materiali e finanziarie? La risposta a tale domanda ci conduce con successive approssimazioni al periodo del Regno Italico (887-1024 d.C.), al regno italiano degli imperatori sassoni, che costituì il periodo di massima fioritura dello stesso regno, e in particolare agli anni del regno di Ottone I (951-973) sotto la supervisione della moglie Adelaide di Borgogna (931-999), che fu grande amica e sponsor dell’Ordine benedettino di Cluny. Anche la sacra di san Michele tramite papa Silvestro II era in relazione con la dinastia degli imperatori Ottoni. Il periodo d’oro per la costruzione del nostro San Michele, come sede d’incoronazione dei re, è così identificabile negli anni compresi tra l’incoronazione imperiale in Roma e la morte di Ottone I (962-973). Il figlio, Ottone II, avrebbe preferito stabilire a Roma la sede del proprio regno (973-983). Sarebbe stato infine il nipote Ottone III a far fiorire Pavia come capitale del Regno Italico (984-1002).
 
[1] L’opera dei Comacini proseguì nel periodo con la stretta collaborazione dei Cistercensi e dei Templari. I Cistercensi con i Benedettini erano i conoscitori di tutto lo scibile di allora disponibile attraverso i manoscritti arabi, greci, latini che si riversava nei monasteri benedettini.
[2] Helena Roerich scrive che un frammento del magnete meteorico proveniente dalla costellazione di Orione, noto in Oriente col nome di Chintamani, era inglobato nella corona di ferro dei Re Longobardi, un altro frammento era incastonato nell’anello di Re Salomone. Questo frammento non c’è più, infatti, due delle piastre originali furono rimosse probabilmente rubate in Francia, nel 1200-1300. La corona in origine era, infatti, costituita da 8 piastre, incernierate tra loro, invece delle 6 dell'attuale che, infatti, risulta avere un diametro troppo piccolo per essere una corona.
[3] Como, 61 - Nicomedia, 113.
FACCIATA OVEST PRINCIPALE

La Basilica è in pietra arenaria ma ciò che i secoli non hanno fatto, l’ha compiuto l’uomo, con l’inquinamento sempre più massiccio, che sta corrodendo irreparabilmente i fregi esterni che, in vari punti, sono quasi illeggibili. Negli anni ’60 si è cercato di mettere in sicurezza la facciata in arenaria. Le pareti esterne di San Michele sono state cosparse di una colla che doveva limitarne la disgregazione, migliorandone le caratteristiche di coesione e di adesione dei componenti. Purtroppo non si è tenuto conto del clima rigido di Pavia e le gelate hanno peggiorato la situazione.
 
La facciata principale è delimitata da una loggia su colonnine che segue gli spioventi del tetto. Le piccole volte sono supportate da mensole la cui testata è decorata da sculture. Lo stile ricorda un’influenza cistercense. La sezione centrale è composta di nove nicchie, le laterali sono realizzate ciascuna con sei nicchie. In totale 6+6+9=21 nicchie. Il numero ventuno è il settimo numero triangolare 7D.
 
Figura 1. Basilica di San Michele Maggiore – parte superiore facciata principale
 
 
La sezione centrale della facciata principale è aperta da tre livelli di aperture tre bifore, tre monofore due oculi con una croce a bracci uguali nel centro, nove simboli in tutto, partendo dal basso la dualità, l’unità e il divino al livello superiore. Nove è il numero perfetto, quello dell’iniziazione.
 
Figura 2. San Michele calpesta il drago
 
 
La croce a bracci uguali era stata sostituita da una grande apertura circolare, che il restauro della chiesa ha fatto scomparire per ricondurre alla disposizione primitiva.
 
I portali sono sei: tre sulla facciata ovest, uno (cieco) su quella sud, altri due su quella nord. Nelle lunette di tutti e sei i portali, gli Angeli in piedi, in tunica e pallio, imponenti, ad ali simmetricamente spiegate e grandi come loro, reggono il globo e il fior di loto o giglio.
 
Il portale ovest centrale è più grande dei due laterali. Sopra l’archivolto centrale in posizione baricentrica, è murato un rilievo in pietra raffigurante San Michele e recante nella sinistra il globo, nella destra il giglio a cinque petali, nell’atto di calpestare un Drago che tenta morderne il lembo della clamide.                                                                                                                                            
Figura 3. Schema di elevazione con triangoli equilateri della Basilica di san Michele maggiore
 
 
L’alzata della navata centrale è realizzata con due moduli quadrati la cui larghezza è definita dagli interassi delle colonne centrali e dal portale principale. Si pone l’attenzione sulla dualità. La facciata è più alta rispetto al tetto della basilica, ed determinata da un triangolo equilatero che ha come base la larghezza della facciata e come altezza il vertice superiore dello spiovente del tetto. Un secondo triangolo equilatero individua i due estremi dei due portali laterali e ingloba la croce tra i due oculi, due lati del triangolo attraversano i due angeli posti nelle lunette dei due portali. Il terzo triangolo ha come base il moduli di elevazione e come vertice giunge tra le mani di San Michele che calpesta il Drago.
 
San Michele Arcangelo è posto in modo baricentrico rispetto al triangolo equilatero che comprende tutta la facciata. Il baricentro di un triangolo è a 1/3 della sua altezza, nella basilica cade sui piedi di San Michele che sovrasta il Drago. L’atto corrisponde ad infilare la lancia nel Drago. Mircea Eliade descrive il modo di procedere dei costruttori di edifici sacri in India: “Prima che i muratori depongono la prima pietra, l’astronomo mostra loro il punto, dove deve essere collocata e questo punto deve trovarsi sopra il Serpente che sostiene il Mondo, il capo muratore affila un picchetto e lo introduce nel suolo esattamente nel punto indicato, con lo scopo di immobilizzare la testa del Serpente o Drago. Nell’iconografia cristiana medioevale quest’atto è quello della testa del Drago trafitta dalla lancia di San Michele. Il Drago rappresenta le forze della natura che sono ordinate e incanalate dalla lancia dell’Angelo. Le forze del macrocosmo sono simbolizzate dalle sei direzioni dello spazio (tre positive e tre negative), il cui simbolo è il doppio triangolo o, la stella a sei punte, sei raggi partono dal baricentro della figura, quattro raggi determinano la larghezza di base e l’altezza della basilica. Altri due raggi determinano il punto di partenza delle sei nicchie laterali.    
 
Figura 4. Basilica di san Michele maggiore - Schema baricentrico basato sul triangolo equilatero
 
 
Il Neopitagorico Proclo, scriveva che i Pitagorici dicevano che il Triangolo è il principio della generazione. I Pitagorici chiamano il Triangolo Equilatero Atena Corufagena (nata dal vertice) e Tritogenia (nata dalla Triade), perché è suddiviso esattamente in parti uguali dalle tre perpendicolari condotte da ciascuno dei tre angoli[1]. Atena la Sapienza nasce dal vertice l’angolo di 60°, si ritrova il numero “6” di triangoli retti contenuti nel Triangolo Equiangolo. Occorre osservare che Platone, preso a modello dai Cistercensi e dalla Scuola di Chartres, non realizza il Triangolo Equilatero nel modo più semplice mediante Due soli dei Triangoli Rettangoli, ma ripete per 3 volte il procedimento. La bellezza di questo Triangolo scaleno discende soprattutto dal fatto che, se ripetuto Sei volte, realizza un Triangolo Equilatero, il Settimo triangolo.
 
Le sculture simboliche dei portali sono state in gran parte rifatte nell’800 a causa del processo di degrado della pietra arenaria nella quale sono scolpite. I bassorilievi ci offrono così grandi varietà di uomini e di cose: scene di caccia come quella al cervo, scene di mestieri come quella del fabbro, di pesca, di vita domestica, di uomini alle prese con figure di draghi, di ippogrifi, di cavalli, di sirene, di aquile, di sfingi, di leoni, di pavoni o di gru, di diavoli cornuti ghignanti. Secondo l’interpretazione profana, simboleggiano i pericoli del peccato. Non mancano soggetti biblici, come quello a sinistra del portale di destra di Adamo ed Eva col serpente tentatore e l’angelo con la spada in mano nell’atto di cacciarli, tema ripreso in uno dei capitelli dell’interno. Altri temi biblici riguardano re musico Davide, il padre di Salomone, e di Sansone. All’interno è rappresentato anche il sacrificio di Abele ucciso da Caino. Non è una casualità che anche nel Portale dello Zodiaco della Sacra di San Michele vi siano i temi di Caino ed Abele e di Sansone, il sommo Nazar.

[1] Plutarco Iside e Osiride, F, 381.
PORTALE OVEST CENTRALE

Ricordiamo che nel simbolismo mistico ed esoterico la sinistra e il basso rappresentano l’aspetto materiale, mentre la destra e l’alto rappresentano l’aspetto spirituale. I capitelli lato sinistro del portale centrale dall’interno all’esterno mostrano un vescovo, su serpenti magnificamente intrecciati, un grifone, un babbuino, un leone d ritto in piedi di fronte a una donna che poggia i piedi su una testa. Il motivo ripetuto dei due serpenti o draghi intrecciati indica la presenza molto forte di correnti telluriche.
Titus Burckhardt ravvisa l’immagine del caduceo di Mercurio nei due serpenti-draghi intrecciati che ricorrono in diverse parti della decorazione scolpita. Questo stesso motivo si ripresenta nel simbolismo del nodo, e nelle colonne annodate, tipiche dell’espressione artistica dei Comacini, in cui i due elementi si stringono l’un l’altro quanto più si cerca di dividerli: una delle immagini più adeguate, del resto, per esprimere la reciproca neutralizzazione dei poteri nello stato di caos.

FIGURA 1. BASILICA DI SAN MICHELE CAPITELLI DI SINISTRA PORTALE CENTRALE

Il grifone ha l’estremità della coda che si apre a fiore, con tre petali, il numero perfetto e spirituale. Anche nell’architrave della Chiesa di San Michele in Foro a Lucca alle due estremità dell’architrave del portale principale, vediamo una coppia di grifoni orientati in senso opposto, le cui code terminano con il fiore a tre punte o petali. Nel grifone, i Maestri Comacini vedevano la doppia natura umana e divina, si associavano l’aquila al cielo e il leone alla terra, proprio come la possedeva Cristo. Originariamente il grifone era sacro al dio Apollo e alla dea Atena, infatti, le sue caratteristiche sono la forza, la vigilanza e la saggezza.

Segue un babbuino con aspetto minaccioso, in Egitto l’animale era sacro a Thoth (alias San Michele), nelle rappresentazioni del Libro dei Morti, il sacro babbuino con una canna registra i risultati della pesatura del cuore del Defunto nel Libro della Vita. Misteriosa l’ultima rappresentazione, una donna che poggia il piede sinistro su una testa in meditazione. Di fronte a sinistra un leone in piedi che poggia le zampe sul suo petto. A destra la donna, che come Beatrice di Dante rappresenta l’anima, a sinistra il leone, la personalità unita all’anima, la dualità dell’incarnazione. La testa umana in atteggiamento meditativo è sotto la donna o anima e non sotto il leone, dove sarebbe diventata aggressiva.

FIGURA 2. BASILICA DI SAN MICHELE CAPITELLI DI DESTRA PORTALE CENTRALE

I capitelli lato destro del portale centrale dall’interno all’esterno mostrano l’Angelo San Michele senza il drago, un’aquila, due coppie di animali con una testa in comune, due babbuini. L’aquila oltre ad essere il simbolo del potere imperiale, è il simbolo dello spirito, non a caso è posta sul lato destro e accanto all’Arcangelo. Sotto i suoi piedi, una coppia di leoni, che si fronteggiano e che l’aquila li tiene fermi tra i suoi artigli. Il capitello successivo mostra due draghi diventati uno, per via della testa in comune, e sotto ad essi troviamo due grifoni anch’essi diventati uno. Le forze e le energie sono perfettamente equilibrate, utilizzando la figura del caduceo, i due serpenti trovano equilibrio nell’asta centrale e nel pomo al suo vertice. In alto sul cappello del capitello due innocenti figure umane testa contro testa che sembrano dormire, ma non è così, la figura di sinistra stringe un ramo che assomiglia a una coda. Anche la figura di destra si tiene a un ramo.
Sul capitello esterno, due sacri babbuini. Scrive Alberto Arecchi che le prerogative attribuite nel simbolismo medievale a San Michele, Principe degli Arcangeli, ne facevano il naturale successore, del dio egizio Thoth, custode della regalità e psicopompo, il trasbordatore delle anime che nello spirito guerriero longobardo erano le anime dei guerrieri e dei potenti. In veste d’avvocato, o difensore dei morti, partecipava alla pesatura dell’anima, il giudizio cui era sottoposto il Defunto. Gli animali associati al Dio erano il babbuino e l’ibis, il primo si siede, all’alba, a guardare il sole che sorge, e il secondo perché al tramonto vola verso l’occidente. Quindi i due animali erano ritenuti “compagni” del passaggio del Sole e della Luna tra i due mondi dei viventi e dell’Aldilà. I Babbuini sono posti a guardia della porta principale della Basilica di San Michele a Pavia. I capitelli di San Michele, espressamente edificata per ospitare le incoronazioni regali, mostravano diverse figure scimmiesche in posizioni dominanti. Non a caso, proprio ai lati del portale principale della chiesa sono raffigurati tre babbuini (uno a sinistra e due a destra), nella funzione di “guardiani della porta”. Non a caso il pilastro mediano della navata principale, sulla destra, è circondato, quasi “avvolto” da babbuini, in tutti gli angoli dei suoi capitelli(1).
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1) San Michele e il Sacro Babbuino di Alberto Arecch
PORTALE OVEST DESTRO

Il portale destro ha la stessa struttura e schema decorativo di quello centrale ed è po’ più largo del sinistro. Tutti gli sguardi umano sono meditativi, il lato destro è rivolto allo spirito, il lato sinistro alla forma e all’incarnazione nella materia. Sul lato destro, il capitello interno mostra un uomo con barba, forse un longobardo, circondato da bambini uno dei quali gli sta accarezzando i capelli e i baffi, mentre il secondo sembra volergli estrarre il pugnale dal fodero. Forse un invito a deporre le armi, barba e baffi erano sinonimi di forza. Gli islamici portano la barba lunga per assomigliare quanto più possibile al profeta Maometto, mentre per gli ebrei tagliare la barba era considerato addirittura sacrilegio. In Italia Nell'epoca medievale la barba folta era appannaggio di saggi ed anziani. Il capitello successivo, il secondo, mostra un uomo ed una donna che colgono dei grappoli da una pianta di vite. La vite era considerata anche l’Albero della Conoscenza per cui la Mishnah, afferma che essa era quello della conoscenza del bene e del male. Nella Genesi è narrato il sogno di Giuseppe in terra di Egitto: “… ecco mi stava davanti una vite, e in quella vite vi erano tre tralci, e non appena essa cominciò a germogliare, subito apparvero i fiori, e i suoi grappoli portarono a maturazione gli acini”. Un frutto formato da tanti acini-grani come il grappolo d’uva, la pigna, la melagrana, è sempre in relazione con l’elemento femminile generativo. Nel terzo capitello un uomo abbraccia due esseri ibridi, che per l’interpretazione superficiale e profana, sta a significare la sua accettazione del peccato. Questo e il lato destro del portale destro, ed è in relazione con lo spirito. La figura di sinistra è un ibrido animale coda di drago testa equina, la figura di destra è in ibrido umano e animale, testa e busto di donna corpo posteriore equino. La figura centrale è perfettamente umana. Il passato, la figura di sinistra, era dominato dalla bestialità, il presente, la figura posta a destra, indica che lo spirituale predomina nella parte superiore, l’inferiore è ancora sotto il dominio dell’animalità, desideri sessuali e istinti animali. Il centro rappresenta la meta che abbraccia sia il passato evolutivo e sia il presente.

FIGURA 1. BASILICA DI SAN MICHELE CAPITELLI DI DESTRA PORTALE DESTRO

Il capitello esterno mostra un grifone simbolo di natura umana e divina, sembra proteggere un animale più piccolo mentre un uomo tiene la sua mano sulla sua bocca, un grande viso meditativo sovrasta il corpo del grifone. A lato una figura femminile (l’anima spirituale) tiene la mano sinistra sul muso del grifone, quasi ad impedirne l’apertura della bocca, e la mano destra come protezione sul capo dell’animale cucciolo. Sul lato sinistro, il capitello interno mostra un angelo, seguono 16 visi disposti su quattro file, chiomati - femminili - e chiomati e baffuti – maschili, due dei quali recano, l'uno una corona piatta, ad anello, decorata di crocette greche, l’altro una mitra bassa «francese»; ed è, questa, l’unica mitra che si trovi su teste di vescovi in tutta la facciata. Tra i Longobardi i capelli e la barba erano tenuti lunghi quali simbolo di forza e di uomini liberi, gli schiavi avevano la testa rasata. Sansone il sommo Nazar, perse la forza quando Dalila gli tagliò i capelli.
I Pitagorici affermavano che 16 è l’unico quadrato ad avere uguali perimetro e area, la superficie rappresenta i diritti, e il perimetro, i meriti. Il Quattro è un numero spirituale perché generato dall’Uno per crescita fino al numero stesso, per poi decrescere fino all’Uno, con 7 numeri: 1 + 2 + 3 + 4 + 3 + 2 + 1 = 16. Può essere visualizzato come somma del 3° e 4° numero triangolare: 16=6+10= 3D+4D, , si crea una losanga, il rombo perfetto (unione di due triangoli), che nasce sulla Vesica Piscis. Il pitmene del numero 16 è 1+6=7, che compare nella somma dei numeri triangolari 3D+4D, e nei 7 numeri della serie crescente e decrescente. Sette è il numero del mistero.

FIGURA 2. IL NUMERO 16 - LA VESICA PISCIS

Il terzo capitello riporta una sirena caudata con due ampie code squamose, simbolo della forza duplice, che le rende simili all’ultima lettera dell’alfabeto greco “ω” omega, che può rappresentare la fine di tutte le cose: il principio e la fine riassunti nello stesso segno. Il motivo della sirena caudata femminile e maschile rappresentati in coppie si ritrova anche nella Sacra di San Michele. All’interno della basilica su un capitello ci appare non una sirena, un sireno, una figura maschile a due code, metà umana e metà pesce; in realtà, l’essere ha la barba ma ha anche i seni, pertanto è un’ermafrodita. Anche nella chiesa di san Michele in Foro a Lucca è riportato il motivo della sirena. La sirena indica anche la presenza di acque sotterranee, l’informazione è che all’interno dell’edificio sacro, l’energia di Madre Terra è grande. Esse sono anche simbolo di fertilità e di eterna generazione. La Sirena non è nuda, ha un perizoma a forma di foglia.

FIGURA 3. BASILICA DI SAN MICHELE CAPITELLI DI SINISTRA PORTALE DESTRO

Sul capitello esterno un’aquila che come per il portale principale artiglia e blocca una coppia di bestie feroci, il motivo dell’aquila, il potere dello spirito, è anche presente nel Portale dello Zodiaco della Sacra di San Michele in Val di Susa.
Il motivo della sirena con doppia coda o bifida è ripreso più volte sia all’esterno sia all’interno. A volte le code terminano con un motivo a foglia a nove punte altre volete con un motivo a tridente. Su un capitello all’interno della basilica, la sirena è raffigurata come a San Michele in Foro(1) a Lucca, con le code a forma di tridente che può anche essere interpretato come un giglio a tre punte. In totale sei punte, che indicano la presenza, una forza duplice 2x3, il doppio triangolo intrecciato simbolo delle forze della Natura.

FIGURA 4. BASILICA DI SAN MICHELE - SIRENE BIFIDE

Un’altra figura, molto misteriosa, s’intravvede ancora in una cordonatura del portale destro della navata principale. È un uomo nudo, fiancheggiato da due draghi, che sono raffigurati con lunghe ali chine verso il suolo. I due draghi introducono le loro lingue nelle orecchie dell’uomo, oppure sussurrano parole arcane. Questa figura anomala si trova proprio del “Portale del Passaggio”, accanto al quale abitualmente veniva raffigurato San Cristoforo, e questa è un’immagine di “passaggio o iniziazione”, ricordiamo sempre che la parte destra è spirituale, con i due draghi che ricoprono il ruolo di Anubi e Thoth dell’antico Egitto.

FIGURA 10. SAN MICHELE MAGGIORE – UOMO NUDO TRA DUE DRAGHI
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1) Vincenzo Pisciuneri - Lucca Templare.
PORTALE OVEST SINISTRO
 
I capitelli del lato destro del portale di sinistra mostrano i motivi del doppio drago con un’unica testa a simbolizzare l’unione delle due forze contrarie, poi un’aquila simbolo del potere dello spirito, e un motivo floreale.
 
Figura 1. Basilica di San Michele Maggiore - Lato destro portale di sinistra
 
 
I capitelli del lato sinistro del portale di sinistra, mostrano partendo dall’interno una sirena bifida; due uccelli forse ibis che uniscono le teste; due grifoni in posizione contraria che volgono al centro le teste per unirle. All’esterno una bellissima scultura che ritrae una figura umana a cavallo di un drago in atto di dominarlo, ma un altro, dietro di lui, spalanca le fauci nell’atto di divorarlo, i due draghi sono raffigurati per realizzare un cerchio. Un terzo drago, di lato a destra, trattiene con le sue spire il secondo drago, e con il corpo attorcigliato forma un otto, il simboli della polarità.             
Figura 2. San Michele Maggiore – Lato sinistro portale di sinistra Uomo a cavallo di un Drago
PORTALE NORD
 
Il transetto presenta una propria facciata con tanto di portale d’accesso, situato sul lato nord. Lungo l’intradosso della lunetta, una scritta recita: “Haec est domus refugii atque consolationis” (questa è casa di rifugio e di consolazione). Tale facciata è sostanzialmente differente da quella principale, perché meno ricca di dettagli, ma ha una propria ampia piazzetta indipendente in funzione di sagrato. In passato, la piazzetta accoglieva l’arrivo del re che scendeva dal Palazzo. I montanti laterali del portale della facciata Nord del transetto riportano il tema dell’inseguimento e del rifugio (dei cani da caccia inseguono cervi). Il tema della caccia alla cerva è misterico, lo ritroviamo (rovinato) sia sulla facciata sia sulle colonne sia della chiesa di san Michele in Foro e sia nel Duomo di Lucca, spesso accompagnati dal centauro che scaglia la freccia. Nei dipinti della Cappella Templare di San Bevignate troviamo la cerva senza il centauro che la caccia. La cerva rappresenta la parte spirituale, l’anima. Il Salmo 41 recita così: “Come la cerva anela ai corsi d’acqua, così l’anima mia anela a te, o Dio.
 
 
Figura 1. Lucca San Michele in Foro – San Martino – Pavia il tema della caccia alla cerva
 
Il montante destro del portale mostra figurina umana nuda che abbraccia un leone come alla ricerca di protezione.
PORTALE SUD                                                  
 
Il lato meridionale della basilica presenta un bellissimo portale avente una strombatura più profonda di quella dei portali della facciata principale. Entrambe le colonne addossata al portale colonne presentano i motivi misterici con tralci di pigne o grappoli d’uva. Anche qui onnipresente il motivo dei draghi che s’intrecciano.
 
Figura 1. Basilica San Michele Maggiore – Portale Sud Grappoli d’uva e Draghi
 
 
I fregi della terza ghiera dell’archivolto, raffigurano un mare con un intreccio di uomini e creature ibride, una di queste con testa di capra e coda di drago raffigura il segno astrologico del Capricorno. Un’altra rappresentazione mostra una figura con coda di pesce e testa di drago che morde un uomo la cui testa nasconde quella di un drago posto nella parte opposta.
 
Figura 2. Basilica San Michele Maggiore - Portale Sud motivi con creature ibride
 
 
MOTIVI DI GENERAZIONE FISICA O SESSUALE
 
A Pavia, sulla facciata principale della Basilica di San Michele, monsignor Gianani ravvisava le immagini dell’impudica Tamar e della casta Susanna in due donne, una dall’atteggiamento sconcio e l’altra in posa pudica. Figure ormai cancellate o quasi, all’esterno. Sempre a Pavia, a San Lanfranco, vediamo sulla facciata tre formelle di terracotta che raffigurano due organi sessuali femminili e uno maschile. Per vederle distintamente, occorrono un’illuminazione adatta e un binocolo o un teleobiettivo.
 
Gli archivolti del Portale Nord e del Portale Sud nella ghiera esterna riportano figure deteriorate umane nude con le gambe aperte, in mezzo a tralci vegetali. La figura del Portale Sud mostra una donna gravida. Madre natura generala vegetazione e i frutti simbolizzati con grappoli d’uva con cui e nutrita l’umanità, la madre umana con amore genera anch’essa i frutti gli infanti. Il grappolo d’uva richiava il vino e il suo colore il sangue.  Il mistero cristiano è legato al vino e al sangue di Cristo.
     
                        
 
Figura 1. Basilica San Michele Maggiore - Donne nude
 
Fortunatamente, alcune rappresentazioni falliche e del sesso femminile sono passate indenni attraverso i fulmini di San Bernardo, la Controriforma, gli “abbellimenti” barocchi e i pudori del secolo scorso. Quelle che rimangono rendono la testimonianza di un culto delle forze generatrici. Rimangono ancora ben visibili, al lato di un portale della Basilica di San Michele, le donnine a gambe aperte, con il sesso bene in mostra, e richiamano alla mente le immagini propiziatorie di fertilità della tradizione celtica, che erano collocate sulla porta d’ingresso di antiche chiese irlandesi, gallesi e scozzesi, chiamate Sheela-na-Gig (termine popolare che significa: “Giulia la prostituta”) [1].
      
                                  
  
Figura 2. Basilica San Michele Maggiore - Abbazia di San Michele - Donna nuda generatrice
 
La stessa rappresentazione la ritroviamo nel Portale dello Zodiaco della Sacra di San Michele. Il lato dalla parte dello zodiaco è realizzato come un albero che affonda le sue radici nella bocca di un animale simbolo del mondo sotterraneo, con il viso rivolto verso l’alto. Il capitello superiore mostra dei green man, l’aspetto superiore dei green animal. Inerpicati tra i rami esseri umani e animali alati e non, ma soprattutto in alto una piccola figura nuda, l’unica in posizione frontale che pare sovrintendere a tutto quell’affannarsi in salita. Se osserviamo bene, si tratta di una donna, nuda con le gambe divaricate, e un ramo che esce dall’organo genitale femminile percorre tutta la lesena e ne costituisce il motivo floreale. La donna non appare eccitata, ma concentrata, le mani stringono il ramo come se fosse sotto sforzo come avviene in un parto, rappresenta il potere generativo della terra. In modo analogo in alto il green man emette due rami opposti dalla bocca che rappresentano le energie duali positive e negative cui sottostà tutta la creazione. Entrambi i motivi sono collegati alla generazione fisica[2].

[1] Alberto Arecchi. http://www.antikitera.net/articoli.asp?ID=118.  
[2] Vincenzo Pisciuneri – La Sacra di San Michele
CAPITELLI MISTERICI NELLA NAVATA
 
I capitelli della navata costituiscono un insieme particolarmente significativo dello stile lombardo dell’inizio del XII secolo, caratterizzato dall’utilizzo di composizioni vegetali nastriformi a rilievo basso che riempiono ogni spazio disponibile. Un capitello raffigura un giovane uomo che con le mani stringe le gole a due draghi alati dalla coda di serpente. I draghi avvolgono con le loro code le gambe dell’uomo, per dirci che le tre figure sono una in realtà. Questa è la figura dell’Iniziato che padroneggia le forze opposte. Agli angoli del capitello due protomi leonini dalle lunghe zanne.
 
Figura 1. Capitelli con coppie di draghi
 
Al centro di un capitello un personaggio femminile tiene con le mani la coda di due draghi che sembrano disinteressarsi di lei per accingersi a mangiare, insieme con altri due posti specularmente con le code avvolte e intrecciate, una testa umana coronata posta sullo spigolo. Qui abbiamo anziché un uomo, una donna da cui hanno origine le due forze ctonie rappresentate dai draghi che mangiano cioè il potere terreno rappresentato dalle teste dei re.
 
Figura 2. Capitello – La Dama del Palmeto
 
Un capitello noto come la Dama nel Palmeto perché appoggia le mani su due tronchi di palma. Sugli angoli del capitello due protomi di animali mostruosi dalle corna di capra emettono dalle fauci un rigoglioso tralcio. La Dama del Palmeto è Nostra Signora, la Madre terra che nutre tutti e da essa provengono i frutti della terra.
 
Al centro di un altro capitello un personaggio nudo è aggredito da due draghi che gli addentano le spalle; i draghi sono intrecciati con altri due draghi uguali che addentano le spalle di due scimmie poste sugli spigoli del capitello.
 
Un altro capitello mostra un personaggio femminile in trono con una corona. Ai suoi lati due personaggi maschili che sembrano portare un carico sulle spalle, quello a sinistra è nudo, mentre l’altro a destra indossa una corta tunica. La donna, la Regina Mater, che in altre chiese romaniche e gotiche è la Vergine Nera, prende con una mano il braccio del personaggio alla sua destra mentre sembra respingere l'altro, perché la destra è spirituale, la sinistra è materiale. Sugli spigoli del capitello due personaggi nudi abbracciano due leoni che mordono le spalle.
 
Figura 3. Capitello – Regina Mater
 
 
I due leoni, sono disegnati appoggiati di schiena che guardano in direzioni opposte per simboleggiare l’unione armonica dei contrari, un importante insegnamento pitagorico di Filolao. I due leoni opposti appaiono in Egitto anche in Mesopotamia. Talvolta in mezzo ai due animali, in segno di resurrezione, sorge il sole. L’interessante papiro di Huberen del Museo del Cairo, mostra i due leoni riuniti per il dorso, simbolo degli opposti in equilibrio, tra i quali è raffigurato un serpente che si mangia la propria coda (un cerchio) simbolo dell’Eternità e dello spazio infinito. Al centro è Horos il giovane.
 
Figura 4. Capitello – Sansone e il leone
 
I leoni sono simbolo della forza terrena che deve essere domata, come avviene nel capitello di Sansone rappresentato mentre si appresta a uccidere il leone con le sue mani. Ai lati rigogliosi tralci e vegetali. Sansone era un Iniziato Nazar la sua forza fisica era nei lunghi capelli. Nel Portale dello Zodiaco della sacra di San Michele Sansone si fa recidere i capelli da Dalila e poi abbatte le colonne del tempio dei Filistei. Qui è rappresentato l’episodio precedente. Fra i Filistei, Sansone squarta un leone; tornato dopo qualche tempo a visitare la preda sconfitta, scopre la pelle piena di miele di api. Ape, in ebraico, si dice dbure, da cui Debora che significa “parola”. Ape-parola che sgorga da un leone: la parola di verità del Cristo.
 
Al centro di un altro capitello un personaggio nudo poggia le sue mani su due draghi con le code intrecciate che gli addentano le spalle; i draghi sono intrecciati con altri due draghi uguali che addentano le spalle di due babbuini (animali sacri a Thoth, alias San Michele) posti sugli spigoli del capitello. I draghi addentano le spalle sia dell’uomo sia dei babbuini. Sopra sulla cornice una sequenza di animali un’antilope, due draghi intrecciati.
 
Questo tema deve essere particolarmente importante perché è riprodotto ben due volte nella cripta. Le sculture non rappresentano come normalmente commentato un’aggressione dei draghi all’uomo: un unico e armonioso intreccio, l’energia ctonia circola liberamente nell’iniziato che ha domato i draghi, detto in termini orientali la triplice Kundalini.
 
Figura 5. Capitelli – Coppie di draghi che addentano le spalle dell’uomo
 
Prima di scendere nella cripta si vede, nel transetto sinistro, un tempietto che racchiude un fonte battesimale. La copertura di rame del battistero è conformata a conchiglia. Essa si apriva per il Rito e si richiudeva al suo termine, emulando il fluire delle acque primordiali purificatrici. La conchiglia è l’emblema della Conoscenza, ed è anche il simbolo del cammino iniziatico verso Santiago di Compostela.
 
IL LABIRINTO
 
Il presbiterio di San Michele è elevato sulla navata di 15 gradini, e il suo pavimento copre un’ampia cripta. Davanti all´altare maggiore possono ammirare i resti di un gran mosaico pavimentale, con un Labirinto, i Mesi e l´Anno e altre figure simboliche. Il numero dei gradini, quindici, rappresenta la Pentactide, i dodici punti disposti attorno alla Triade Divina, questi ultimi sono anche le 12 ore del giorno e della notte, durante cui il Cosmo respira. Il numero 15 è la somma di tre numeri primi dispari consecutivi all’interno della Decade, 3+5+7=15, ed è anche la somma dei primi tre numeri pari di là della Decade[1], 4+5+6 = 15. Infine quindici è il 5° numero triangolare che richiama la stella a 5 punte simbolo dell’uomo.
Figura 1. simbolismo del numero 15
 
 
Verso la fine del XII secolo, dinanzi all’altare maggiore fu realizzato un mosaico pavimentale (dalle ricostruzioni 8x6,6 m circa) che occupava in origine gran parte del presbiterio raffigurava Teseo, il Labirinto e il Minotauro, circondato dalla personificazione dei mesi dell’anno e da altre scene.
 
René Guenon scrive che vi è una stretta relazione fra il labirinto e la caverna, collegati entrambi alla stessa idea di un viaggio sotterraneo. La ragione per cui il percorso del labirinto tracciato sul pavimento di certe chiese, nel Medioevo, era considerato sostitutivo del pellegrinaggio in Terrasanta per coloro che non potevano compierlo; bisogna ricordarsi che il pel­legrinaggio è precisamente una delle figure dell'iniziazione, di modo che il «pelle­grinaggio in Terrasanta» è, in senso esoterico, lo stesso che la «ricerca della Parola perduta» o la «cerca del Santo Graal».
 
Nel 1383 sul presbiterio fu realizzato un altare marmoreo, che negli anni 1580-1590 fu spostato in più arretrata verso l’abside, in avanti venendo a coprire parte del litostrato pavimentale, alcuni Mesi e una porzione del Labirinto. Il prezioso mosaico pavimentale era stato già mutilato prima del 1580-1590, cioè dello spostamento dell’altare marmoreo. Il mosaico pavimentale istoriato policromo, ci è pervenuto in forma frammentaria in due momenti diversi, nel 1863 durante la ricognizione delle reliquie dell’altare maggiore, e nel 1972 in occasione di restauri. Nel 1863, l’altare maggiore fu riposizionato, più arretrato verso l’abside, in modo da lasciare parzialmente visibile parte del mosaico: l’Anno e i mesi di Aprile, Maggio, Marzo, porzione superiore del Labirinto e le due figure angolari.
 
L’area in cui si trova il labirinto non è generalmente disponibile al pubblico. Presso la Biblioteca Vaticana si conserva una preziosa incisione pubblicata nel 1699, nel secondo volume dei “Vetera Monimenta” dell’erudito Giovanni Ciampini, per sostenere l’ipotesi di una fondazione costantiniana della basilica di San Michele, di cui ci resta un disegno. L’autore aveva ricevuto il disegno dal religioso Francesco Bellisomi, che a sua volta l’aveva ottenuto da don Marcellino, rettore di S. Nicolò della Moneta.                         
 
Figura 2. Il Labirinto di San Michele disegno di Ciampini
 
 
Il disegno di Ciampini del labirinto non è esatto, le spire del labirinto come si vede dalla parte di labirinto riscoperto sotto l’altare, sono come a Chartres, undici e non otto. Davide impugna solo la fionda, anziché fionda e mazza. Interessante il disegno di Teseo e del Minotauro, rappresentato in modo orizzontale anziché verticale.
                                    
Ancora più interessante, ai fini della restituzione dell'originaria iconografia del mosaico, è un disegno, più antico e più completo di quello del Ciampini, conservato nel codice Barberiniano Lat. 4426 della Biblioteca Vaticana, oggi non più reperibile ma citato da Muntz nel 1883, che riproduce il mosaico quasi integralmente, segnalando anche la presenza di un altare. Lo studioso assegna il disegno al XVII secolo e lo riferisce conservato nei fondi della Biblioteca Barberini, senza indicare la provenienza. Peroni identifica il disegno con quello pubblicato da Soriga nel 1925 ca., in cui è raffigurato anche un altare che occulta parzialmente la serie dei Mesi e l’Anno, ma aggiunge a sinistra, sopra il riquadro con Davide e Golia, un riempitivo a scacchiera con foglie a quattro petali incrociate, mentre nelle rimanenti parti concorda con l’incisione del Ciampini. Sarà Peroni nel 1967 a studiare e restituire il mosaico nell’insieme. Nel 1972 in occasione di lavori all’area presbiterale furono scoperti altri mesi Febbraio, Giugno, Luglio e mezzo Agosto.
 
Figura 3. Il mosaico pavimentale del presbiterio di San Michele

 
La ricostruzione più accurata e affidabile del mosaico presbiterale del San Michele è opera di Maurizio Costa (1980-84) che proviene dall’analisi dei frammenti residui e dalla loro integrazione, attraverso noti disegni d’archivio. Pertanto, non è possibile inserire un frammento residuo nel quadro generale della ricostruzione.
 
Il mosaico è formato da un quadrato (4,4 m circa) centrale contenente il labirinto circolare simile a quello dei labirinti di Chartres, Lucca e di altri (come quello della Chiesa di San Pietro a Pontremoli in Toscana), ai quattro angoli del quadrato contenente il labirinto delle figure che saranno analizzate in seguito. Al lato destro del labirinto un rettangolo raffigurante il mare con tre pesci che nuotano in fila. Al lato sinistro due rettangoli, quello in basso con la raffigurazione di Davide e Golia, quello in alto von un motivo geometrico ripetuto. Sopra questi riquadri è raffigurato al centro come un re incoronato seduto su un trono e ai lati i dodici mesi. I mesi ora visibili sono febbraio, marzo, aprile, maggio, giugno e luglio.
 
Al centro del labirinto nella ricostruzione virtuale, c’è il Minotauro bicornuto che volge il capo all’entrata della Basilica, fatto inusuale, ma sicuramente non casuale. Questo labirinto è uno dei pochi casi in cui il Minotauro è rappresentato con una testa umana e di una bestia corpo come una sorta di centauro.  Il Minotauro ha ucciso un uomo, il quale ora giace a terra decapitato, ne tiene, appunto, la testa afferrandola per i capelli, mentre con l’altra mano impugna ancora la spada. Teseo gli arriva alle spalle e lo colpisce con la mazza nel collo. Intorno si legge: “Teseo INTRAVIT MONSTRUMQUE biforme NECAVIT” (Teseo entrò e il mostro biforme uccise).
 
Il disegno del labirinto ricostruito fornisce l’immagine dell’estensione del mosaico a quel tempo, mostra il labirinto circolare inserito in un quadrato. Su quattro lati ci sono raffigurazioni con iscrizioni, e partendo in senso orario in alto da destra a SE, un uomo nudo armato di mazza che cavalca un grande uccello che simile a un’oca o a un cigno (CHANDA); poi in basso a SO, un Pegaso o cavallo volante (EQUS); a seguire a NS, un uomo nudo che combatte con un drago (DRACO); infine a NE, una capra (CAPRA) a cavalcioni su un lupo. A destra di questo quadrato, il mosaico rappresenta una vasta distesa d’acqua, in cui nuotano tre Pesci.
Figura 4. Ricostruzione del mosaico pavimentale del presbiterio di San Michele[2]
 
 
Sappiamo che l’interpretazione dei simboli ha più livelli. L’interpretazione astronomica ci porta a dire che queste figure rappresentano delle costellazioni, secondo questa visione il labirinto assomiglia vagamente a una galassia in cui l’uomo (Teseo al centro) entra in armonia con l’universo solo se domina il suo essere terreno (il Minotauro). Poiché questo lavoro è stato già egregiamente svolto dall’architetto Alberto Arecchi[3] non è analizzato in questo studio.
 
In basso a sinistra all’esterno del quadrato, è raffigurata la scena dello scontro tra il giovane Davide e il gigante Golia, sul cui scudo era scritto: CUPIENS DARE VULNERA MORTIS SUM FERUS ET FORTIS, che è una dichiarazione della forza stupefacente del gigante e del suo desiderio di uccidere. Come risposta, la piccola figura di Davide provvisto di mazza e fionda dichiara: “STERNITUR ELATUS STAT MITIS AD ALTA LEVATUS” (Il potente sarà abbattuto e l’umile esaltato). Guardando da vicino le figure di Davide e Teseo, si noterà che entrambi gli uomini sono equipaggiati con mazze identiche.

[1] Come l’Uno è Principio dei numeri dispari, il Due è il Principio dei numeri pari.
[2] Ricostruzione di Maurizio Costa 1982.
[3] Alberto Arecchi - La basilica di San Michele Maggiore a Pavia. www.liutprand.it/albertoArecchi.asp
INTERPRETAZIONE MISTERICA DEL MOSAICO
 
Sopra il Labirinto e le rappresentazioni laterali, sono rappresentati all’interno di nicchie, i 12 mesi con l’Anno-Re assiso sul trono al centro, un’indicazione del trascorrere del tempo dell’attività creativa. Il calendario agricolo, con le varie attività che la terra richiede nel corso dei mesi, era un’estensione del ritmo spirituale stesso della vita e dell’uomo. Sopra il timpano e l’architrave sinistro ovest della cattedrale di Chartres abbiamo due archivolti a forma di ogiva con i segni alternati dei lavori degli uomini dei mesi e dello zodiaco. I Segni dello Zodiaco e i Lavori dei mesi scandiscono il breve tempo dell’esistenza umana. La presenza dei segni zodiacali corrisponde a un mese rappresentato dai diversi lavori nei campi, queste immagini sono il riflesso terrestre dei dodici segni. Si può scorgere fino a che punto l’esistenza umana sia subordinata al cielo; il cielo nel suo movimento mantiene la vita facendo succedere il caldo al freddo, il secco all’umido. Nella Sacra di San Michele, in Piemonte, si trova la bellissima Porta dello Zodiaco, con le stipiti decorati da rilievi dei segni zodiacali, scolpiti tra il 1120 e il 1130 da Nicolavs un Maestro Comacino.
 
Qual è l’importanza dello Zodiaco? Il significato della parola è zòon e òdos, cioè “essere vivente” e “percorso”. Lo Zodiaco è una fascia della volta celeste che si estende per circa otto gradi da entrambi i lati del percorso apparente del Sole nella sua traiettoria annuale. Lo zodiaco rappresenta il simbolo più elevato degli antichi culti misterici, e richiese solo leggeri mutamenti per essere perfettamente integrato nel nuovo sistema misterico del Cristianesimo. Gli artisti e costruttori medioevali incisero nella pietra il ciclo di simboli che stabiliva il legame tra Cielo e Terra, si utilizzarono i simboli dello zodiaco per velare i misteri dell’Incarnazione e del Messaggio di Cristo. Proprio come il sole scandisce il vero zodiaco, così Cristo misterico rivela il vero uomo. In manoscritti ermetici del XII e XIII secolo si trovano, rappresentazioni pittoriche che mostrano Cristo Giudice Universale, seduto al di fuori dei pianeti e dello Zodiaco, rappresentati dal simbolo del serpente Ouroboros che si curva all’interno sino a mordersi la coda … Secondo questo pensiero, solo l’anima di un Iniziato alla Sapienza segreta può sfuggire al drago alato malvagio, elevarsi al disopra dello Zodiaco e assurgere alla coscienza … di Cristo.
 
Se anziché i dodici mesi sostituiamo i dodici segni zodiacali, che circondano il nostro Uovo Cosmico, che nel simbolismo è paragonato alla Caverna Cosmica, allora Il Re è come il Sole spirituale che dimora nel sole fisico, circondato come Giano (Jaunus) da 12 assistenti. Giano è il signore delle Porte Solstiziali dell’entrata e dell’uscita dalla Caverna Cosmica, il Labirinto.
 
Il labirinto circolare di San Michele Maggiore a Pavia è simile sia a quello della cattedrale di Chartres, e sia a quello del Duomo di San Martino di Lucca e con quest’ultimo condivide l’indicazione di Teseo. All’origine, il labirinto di Lucca racchiudeva al centro una rappresentazione di Teseo e del Minotauro, ma a causa dell’attrito di molte generazioni di dita traccianti questo è stato cancellato. Al lato destro del labirinto di vi è una iscrizione in latino che fa riferimento a Teseo e al filo di Arianna: “Hic quem creticus edit Dedalus est laberinthus de quo nullus vadere quivit qui fuit intus ni Theseus gratis Ariadne stamine vintusQuesto è il labirinto costruito dal cretese Dedalo dal quale nessuno che vi entrò poté uscire tranne Teseo grazie al filo d’Arianna.
 
Il mito narra che Pasifae, moglie di Minosse, accecata dalla lussuria, si fece costruire una vacca di legno in cui poteva entrare per potersi così farsi montare da un toro e soddisfare le sue voglie sessuali. Da uno di questi accoppiamenti nacque il Minotauro, un essere terribile, corpo di uomo e testa di toro. Minosse, il Re di Creta, affidò incarico all’architetto Dedalo di costruire un intricato labirinto nel quale rinchiudere il mostro che era sfamato con carne umana. Ogni anno sette giovani e sette fanciulle (sette coppie 2x7=14 numero misterico) erano sacrificati al Minotauro per saziare la sua fame di carne umana.
 
Arianna sorellastra del Minotauro, dette un gomitolo di filo d’oro a Teseo perché lo svolgesse mentre s’inoltrava nei tortuosi sentieri dell’oscuro labirinto di Creta, dove era stato mandato dal Re, apparentemente per essere sacrificato, ma in realtà per uccidere il Minotauro che vi dimorava al centro. Fu solamente per mezzo di questo filo luminoso, tenuto fermamente per tutto il suo terrificante viaggio, che Teseo poté ritornare salvo fuori dell’oscuro e complicato labirinto, dopo aver ucciso il Minotauro. La storia del Minotauro e di Teseo è un mysterium tremendum.
 
La particolarità del disegno più antico, quello di Ciampini, è la rappresentazione di Teseo, in berretto frigio che tenendo per un capo un filo - si legge dalle fonti della Biblioteca Vaticana - il cui altro capo era tenuto da Arianna che stava di fuori. Il berretto frigio è portato dagli iniziati alla sacra scienza come i Maestri d’Opera costruttori dei sacri luoghi di energia. A Ravenna i tre Re magi (Sapienti) sono raffigurati con un berretto frigio di colore rosso.
 
Figura 1. Teseo nel Labirinto nella rappresentazione di Ciampini
 
 
Da un punto di vista misterico, potremmo vedere il mito di Teseo come la discesa dello Spirito nella Materia. La Personalità (Teseo) viene mandata dallo Spirito (Minosse), nell’oscuro labirinto (il corpo fisico). Aiutato dall’Anima, rappresentata da Arianna, e dal Filo d’Oro, cioè dall’Insegnamento Misterico della Saggezza Senza Tempo che la vita ci offre durante l’esistenza terrena, l’uomo deve dominare e vincere la passioni animalesche rappresentate dal Minotauro per tornare alla Luce.
 
Il numero delle spire del labirinto è 11. Guardando un quarto di cerchio alla volta, le volute delle spire sono 4+3=7. Tuttavia queste sette svolte sono comprese in dodici linee che formano undici piste. In totale per le quattro quarti del cerchio si hanno 7x4=28 volute o svolte. Il 4 ci collega alla materia, il 7 al cammino iniziatico, e il 28 al periodo Lunare, quello della generazione fisica, per l’uomo 10 mesi lunari 280 giorni.
 
Il fatto di camminare nel labirinto girando ripetutamente verso sinistra e verso destra ha un primo effetto benefico per equilibrare l’emisfero destro e sinistro del nostro cervello, soprattutto se combinato con la musica sacra. Percorrere le spire del labirinto significa equilibrare gli opposti. Filolao di Crotone discepolo di Pitagora affermava: “L’Armonia nasce solo con i contrari; perché l’Armonia è unificazione”.
 
Si entra sulla sinistra della linea centrale, contando dall’interno la prima curva è nella settima spira o pista, contando dall’esterno la prima curva è nella quinta pista. Cinque è il numero dell’uomo e il numero undici è 5+6=11! Il 6 è l’Esagono, la stella a Sei punte Y, le Sei Forze della Natura in equilibrio, il Macrocosmo. Il 5 è il sacro Pentagono «, la stella a Cinque punte, il numero dell’Uomo, il microcosmo.
 
L’undici è il quinto numero primo, la dualità espressa dal microcosmo “5” e dal macrocosmo “6”. Ridotto il numero undici vale 1+1 = 2, la dualità. L’undici, essendo la prima cifra che segue il dieci, simboleggia l’inizio di un nuovo progresso, di un rinnovamento o anche di un capovolgimento.
 
Nel labirinto e nei suoi miti si perpetuavano le tradizioni di antichi riti iniziatici. Non per nulla, quando si volle distruggere l’Ordine dei Cavalieri Templari, essi furono accusati di praticare culti magici segreti.
 
Il labirinto è posto in un quadrato con quattro angoli figure simboliche. Guardando a NE una capra (CAPRA) che guida a cavalcioni un lupo. Nella Bibbia capre e caproni erano offerti in sacrificio a Dio quindi non potevano essere graditi esseri “negativi”. Nel medioevo la debole connotazione negativa paleocristiana della capra scompare, le raffigurazioni delle capre trovano largo spazio nelle decorazioni, ad alto e basso rilievo, che hanno fatto delle cattedrali delle vere e proprie enciclopedie di pietra. Le pecore sono rappresentate mentre guardano verso il basso, mentre le capre verso l’alto. L’amore della capra per le alte montagne rappresenta Cristo, che ama anche alte montagne quale vetta spirituale. L'arte medievale spesso raffigurava l’unicorno con zoccoli divisi e una barba, assomigliando talvolta più a una capra che non a un cavallo. Il lupo nel medioevo assumeva il significato simbolico di istinti bestiali, la lupa descritta da Dante rappresenta la “cupidigia” o l’“avarizia”. Tra i Longobardi il lupo era una prerogativa dei guerrieri. In questa figura la capra domina e guida il lupo.                         
 
Figura 2. Capra e Oca nel mosaico del Labirinto
 
 
Spostando lo sguardo a destra, a SE la figura speculare è cambiata la cavalcatura è un cigno, e chi lo guida è un uomo nudo con una mazza in mano, è Teseo che si appresta ad entrare nella Caverna o Labirinto. Teseo Nel centro del Labirinto è raffigurato con una mazza in mano. Il mito greco narra che la ninfa Nemesi, per sfuggire a Zeus che voleva unirsi a lei si trasformò in oca, ma fu ugualmente fecondata dal re degli dei, trasformatosi in cigno. Dalla loro unione scaturirà l’Uovo Cosmico. Secondo la mitologia egizia il verso di Amon-Ra, che in forma d’oca sorvolò le acque deponendovi l’Uovo Cosmico. L’Uovo Cosmico in questa rappresentazione è il Labirinto, la Caverna Cosmica con le sue due porte solstiziali, quella d’ingresso del Cancro, l’incarnazione e quella di uscita del Capricorno. Sugli archivolti del Portale Ovest di Sinistra detto La porta dei Tempi”, della cattedrale di Chartres, troviamo i segni zodiacali e i lavori dell’anno. Il segno zodiacale del Capricorno, governato da Saturno, quello del solstizio invernale, è rappresentato con testa di caprone e corpo di dragone nell’archivolto sopra il mese di gennaio, il secondo in basso a destra. Il lavoro di gennaio è rappresentato con un uomo a due teste, cioè Giano, le cui facce portano l’una i segni della giovinezza, l’altra quelli della vecchiaia.
 
A lato la raffigurazione di un mare entro cui nuotano tre pesci. Gesù-Cristo era denominato IHΣ, il Pesce. Nei Misteri Egizi, Bes l’Iniziatore veniva anche rappresentato come un pesce munito di gambe umane. Il Messia nel Talmud è chiamato Dag o Pesce, l’Ichthus, il Pesce Salvatore della tradizione cristiana. Giona il profeta è chiamato dagli Arabi Dhùn-Nûm, il piccolo pesce, ingoiato dal Grande Pesce.
 
E allora scribi e farisei lo interrogarono: “Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno”. Ed egli rispose: “Una generazione perversa ed adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato se non il segno di Giona il profeta: come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’Uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra.[1]
 
Le vicende di Giona descrivono in un linguaggio volutamente allegorico, un’Iniziazione misterica. Il candidato all’iniziazione s’immerge negli elementi del grande mare della materia, nuotando come un pesce. Teseo entrando nel labirinto, entra nel grembo della Madre Terra.
                                    
La rappresentazione successiva è il cavallo alato bianco, noto nella mitologia col nome di Pegaso. Nel portico del duomo di San Martino a Lucca dove è anche rappresentato il labirinto, troviamo un cerchio contenente un cavallo bianco alato con la coda di drago, Pegaso, circondato da una doppia corona con figure geometriche. La prima corona contiene 2x11=22 coppie di ali. La seconda corona contiene due serie di 44=4x11 triangoli dorati che danno luogo a una serpentina bianca. Undici sono le spire del labirinto circolare.
 
Figura 3. S. Michele cavallo alato – S. Martino cavallo alato
 
 
Pegaso figlio di Medea e Poseidone, l’Oceano, era descritto come un animale selvaggio e libero. Secondo il mito, nacque dal terreno bagnato dal sangue versato quando Perseo tagliò il collo di Medusa. Il nome Pegaso deriva dalla parola greca pegai, che significa “sorgenti” o “acque”. Figlio della notte, era come la Grande Dea portatore di vita e morte, legato all’acqua di cui conosceva i cammini sotterranei: per questo motivo aveva tradizionalmente il dono di far scaturire sorgenti con un colpo del suo zoccolo. Pegaso dunque conduce Teseo nel Labirinto per la grande prova.
 
La figura successiva posta a NO, mostra un uomo nudo, lo stesso che nel lato opposto era a cavallo di un cigno. Il drago avvolge la coda intorno al corpo dell’uomo che sembra lottare con lui, dico sembra perché le figure appaiono in perfetto equilibrio. L’uccisione del Minotauro è la sottomissione totale delle forze della personalità all’anima, che è indissolubilmente legata al corpo fisico utilizzato come veicolo di manifestazione. Ecco perché il Drago non può essere annientato, ma solo sottomesso.
     
Viollet-le-Duc scrive nel suo Dizionario ragionato di architettura medioevale, che tra due archi ogivali sulla volta nei sotterranei della vecchia sacrestia della chiesa abbaziale di Vézelay sono poste quattro figure scolpite, una di loro, raffigura un guerriero con un’armatura che ricorda le squame del Drago. Le gambe delle figure sono attorcigliate per formare un cerchio con il Drago come morde la testa al guerriero mentre questo lo trafigge l’Urobos, il Serpente che si morde la coda, entrambi sono il Drago, mirabile rappresentazione! Al centro del labirinto c’è la battaglia finale, con il drago che è in noi. Da questo labirinto si esce o da morti o da vivi tramite l’iniziazione che è una morte e una rinascita: la seconda nascita. Ci sono due nascite: una dalla carne, l’altra dallo Spirito.   
 
Figura 4. S. Michele Uomo e Drago – Vézelay Guerriero e Drago
 
Sul lato destro in basso abbiamo Golia che minaccia con una lancia Davide, che è raffigurato con una mano una fionda e con l’altra mano una mazza. Con una mazza è raffigurato l’uomo nudo a cavalcioni di un’oca, e Teseo mentre abbatte il Minotauro, le tre figure sono collegate tra loro. Proprio come Teseo sconfisse il Minotauro, così anche Davide sarà vittorioso su Golia. Ricordiamo che Davide divenne Re e fu padre di Salomone, la cui Sapienza era superiore a quella degli Egizi. Davide era noto come il Re musico, colui che conosceva la scienza del suono sacro.
 
La parte superiore al combattimento Davide Golia è realizzata con 5x7=35 quadrati che racchiudono un fiore a quattro petali e una croce a bracci uguali. Il Fiore a Quattro Petali, che riguardo alla sua forma quadrilobata rammenta un Nodo, che recentemente è chiamato il Nodo dell’Apocalisse[2]. I Maestri Comacini amavano molto rappresentare nodi e colonne annodate. Il nodo di San Giovanni Battista e sia il nodo di Salomone si trova raffigurato non solo in epoca medioevale ma anche in epoca romana e paleocristiana. In Italia per opera dei Maestri Comacini, sia il Nodo di San Giovanni Battista e sia il Nodo di Salomone, li ritroviamo avvolti anche intorno alle colonne.  Il simbolo è qualcosa che va oltre all’unione degli opposti: il cappio unisce i Quattro elementi, i Quattro angoli del Tempio. Questo simbolo fu utilizzato in seguito dai Templari, e secondo Rudolph Koch, è un potente talismano contro le forze maligne. Il Nodo appare in un particolare elemento architettonico della chiesa, come quello raffigurato sulla soglia della finestra della Chiesa templare di Ognissanti, a Trani (BA), e nell’Abbazia Cistercense di Fontenay (Francia). Anziché essere inserito in un cerchio il nodo o fiore è inserito in un quadrato.
 
Figura 5. Quadruplice Nodo nel mosaico originale del labirinto

Il numero 35 è anche il risultato della somma dei quattro termini della proporzione babilonese che servono a individuare le corde del tetracordo di Filolao: 6+8+9+12=35. Giamblico stesso racconta che Pitagora avrebbe riportato da Babilonia in Grecia la “perfettissima” delle proporzioni, costituita dalla Tetractis (6, 8, 9, 12).  Il pitmene di 35 è 3+5=8, l’unico riferimento è alla corda di lunghezza 8 del Tetracordo di Pitagora: questa corda 8/12 = 2/3 esprime la nota SOL. I numeri 2 e 3 elevati a potenza formano il 23+ 33= 35 chiamato Armonia dai Pitagorici perché come il Cinque è ancora matrimonio del primo cubo pari col primo cubo dispari. Il ciclo iniziato con la Capra e il Lupo si termina con l’Armonia.

[1] Matteo, 12, 38-42.
[2] http://www.angolohermes.com/Simboli/Nodo_Apo/Nodo_Apo.html
INCORONAZIONE DEI RE
 
Nei capitelli dei due portali settentrionale e meridionale della facciata principale vi sono le figure dei vescovi identificati dalla tradizione in S. Ennodio e S. Eleucadio. Il primo è un vescovo pavese vissuto tra il V e il VI secolo, che si recò ambasciatore del papa a Costantinopoli per comporre uno scisma, il secondo è il terzo vescovo di Ravenna, le cui spoglie i Longobardi avevano trafugato e sepolto in S. Michele. Attraverso tale iconografia i committenti di S. Michele si richiamavano a una tradizione di rapporti tra Pavia e l’Oriente tardo antico, mediante la quale Pavia poteva fregiarsi del titolo di “terza Roma” cioè dopo Roma e Ravenna, rivendicando una dignità imperiale che le veniva direttamente dall’antichità.
       
Alberto Arecchi[1] nel suo studio sulla Basilica di San Michele a Pavia scrive che l’asse della parte orientale del San Michele si appoggia sulle murature della chiesa precedente e forma un angolo ben percettibile con l’asse della navata: il primo è rivolto a 117°, ossia al sorgere del Sole nelle date dell’11 novembre (e del 18 gennaio, simmetricamente rispetto al solstizio d’inverno), mentre la correzione, dovuta all’angolo formato con la navata, orienta la Basilica al 1° novembre (112°43') e, simmetricamente, al 28 gennaio.   
Figura 1. Orientamento astronomico della Basilica
 
 
San Michele, come un’enorme meridiana, segna la posizione del sole all’inizio d’altri segni zodiacali. Si noti che, con le differenze che dipendono dalle rispettive latitudini, gli stessi orientamenti sono rispettati nella famosa chiesa abbaziale di Mont St. Michel, posta sulla costa atlantica, tra la Bretagna e la Normandia. L’abside di tale chiesa punta al levar del sole dell’8 maggio e del 6 agosto (festa della Trasfigurazione), la facciata è rivolta al tramonto dell’11 novembre e del 2 febbraio (giorno della Purificazione). Nella liturgia cristiana le due festività annuali consacrate a San Michele, l’8 maggio e il 29 settembre coincidono con le date estreme di “levata eliaca” della costellazione delle Pleiadi. Maggio è il mese del Toro (Mitra, San Michele) e della Madre Celeste e l’8 maggio cade la commemorazione dell’apparizione dell’arcangelo Michele sul monte Gargano nel 663, durante la battaglia sul Gargano di Siponto (dove si trova la grotta santuario di San Michele), a promettere vittoria all’esercito longobardo.
 
Il lato orientale di questa piazzetta conserva la facciata della canonica, di età romanica, e il lato nord segna un tracciato viario di origine romana. La lunghezza di questa piazza è esattamente determinata dall’ombra congiunta del tiburio ottagonale e della testata del transetto, a mezzogiorno, quando il Sole entra nel segno del Sagittario, la coda del Dragone Celeste. L’angolo di altitudine solare in tale circostanza è di circa 24°. Nella figura seguente che rappresenta la sezione Nord-Sud della Basilica di San Michele, i raggi solari del mezzogiorno, nel primo giorno del Sagittario, segnano la dimensione esatta della piazzetta adiacente (grafica di Alberto Arecchi).
 
Figura 2. Disegno declinazione del Sole sul tiburio della Basilica
 
 
Non è facile, scrive Alberto Arecchi, collocare le diverse parti della cerimonia dell’incoronazione dei Re d’Italia, nelle esatte posizioni della Basilica di San Michele a ciò destinate, ma si può ritenere che i luoghi principali destinati alle incoronazioni fossero tre: la zona absidale, presso l’altare, il ricco trono decorato che si trova nella testata sud del transetto e la posizione al centro della navata maggiore, tuttora segnata da quattro pietre nere, nella quale era posto il trono. La Basilica di San Michele era progettata per accogliere, anche con effetti di luce adeguati, dovuti alla declinazione del sole in particolari giorni, il complesso rituale delle incoronazioni. A nord, fuori del transetto, una piazzetta accoglieva l’arrivo del re che scendeva dal Palazzo.
 
Un piccolo mosaico sul pavimento della navata centrale della basilica, indica il punto esatto in cui avveniva l’incoronazione dei Re. Quattro cerchi di marmo nero circondano un cerchio centrale più grande, che è stato rifatto durante i restauri dell’Ottocento, con la bella epigrafe latina di Tommaso Vallauri: REGIBUS / CORONAM FERREAM / SOLEMNI RITU /ACCEPTURIS / HEIC / SOLIUM POSITUM FUISSE /  VETUS OPINIO / TESTATUR. È affermato, per antica tradizione, che qui fosse posto il trono in cui il Re con rito solenne riceveva la Corona Ferrea, ora a Monza nella chiesa di San Giovanni. “Sicut Roma coronat imperatorem in Ecclesia Sancti Petri cum papa suo, ita Papia cum episcopo suo coronat regem in ecclesia Sancti Micaelis maioris, ubi est lapis unus rotundus cum quattuor aliis lapidibus rotundis”. Come Roma incorona l’imperatore con il suo papa nella chiesa di San Pietro, così Pavia con il suo vescovo incorona il re nella chiesa di San Michele maggiore, dove si trova una pietra rotonda con quattro altre pietre rotonde[2].
 
Alberto Arecchi scrive che la scomparsa dei mosaici pavimentali (con eccezione del Labirinto e del Calendario, raffigurati nel presbiterio) non permette più di identificare i percorsi della luce all’interno dei sistemi di simboli figurati. Malgrado queste difficoltà, San Michele offre tre punti focali, sui quali condurre lo studio delle direzioni solstiziali in progressione, dall’entrata all’abside:
 
1. Il cerchio dell’incoronazione, con quattro cerchi neri e uno bianco al centro. Nel cerchio interno, un’epigrafe latina fa riferimento alla cerimonia e Corona Ferrea di Teodolinda.
 
Figura 3. Il mosaico pavimentale con i cinque cerchi
 
 
2. Il centro architettonico della cupola all’incrocio tra navata e transetto, il tiburio ottagonale;
3. Il centro del labirinto, nel mosaico del presbiterio.
 
A questi tre punti corrispondono altrettante possibili “Porte degli Dei”: la porta dei funerali per il primo, l’arcata che un tempo comunicava col vano del campanile per il secondo (dove oggi si trova il fonte battesimale) e uno stretto passaggio, di comunicazione con la sacrestia, per il terzo (quest’ultima apertura appare però di epoca recente). Un’unica “porta degli uomini” esiste invece, in direzione del tramonto del solstizio d’inverno, per il secondo punto focale, ossia il centro della cupola: è il grande portale trionfale delle incoronazioni regali, sul lato sud della Basilica, che si affaccia a uno spazio esterno orientato a ovest. Sia questo portale, sia i tre della facciata occidentale, sono tutti esattamente compresi nell’arco annuale descritto dai tramonti solari, ossia tra i punti estremi dei solstizi d’inverno e d’estate. Ciò porrebbe in evidenza, quale “Porta degli Dei”, il grande arco di comunicazione col campanile e con la sua spinta ascensionale, volta a stabilire un ponte diretto di comunicazione col cielo.
 
Per visualizzare quanto afferma Alberto Arecchi si parte dal disegno sella sezione longitudinale della basilica e si tracciano i raggi solari che entrano dalle finestre dell’abside e del tiburio. Nel disegno seguente sono mostrate le declinazioni dei raggi che entrando nella Basilica illuminano il trono posto nella navata e il mosaico con l’Anno-Re sopra il labirinto posto sul pavimento del presbiterio, ai momenti culminanti delle incoronazioni, nel mese di maggio, che dovrebbero avvenire nel giorno di San Michele, cioè l’otto di maggio. L’incoronazione dell’ultimo Re Federico Barbarossa avvenne però nove giorni dopo, il 17 maggio 1155. La declinazione del sole su Pavia ottenuta con un apposito programma fornisce per l’otto maggio le seguenti indicazioni:
 
  • All’alba la luce solare penetrando dalle finestre dell’Abside comincia a illuminare il fondo della navata per poi recedere verso il trono illuminando il mosaico del labirinto e il Re-Anno assiso sul trono.
  • La luce si ritira per poi tornare verso le ore 11 a fare la sua apparizione nel cerchio con le quattro pietre scure dove è posto il seggio del Re. La scenografia è maestosa, il Re con il volto rivolto verso l’abside riceve l’illuminazione solare proveniente dalle alte finestre del tiburio ottagonale.
  • È altresì mostrata la fotografia del fenomeno luminoso.
 
Figura 4. Declinazione luce solare interno Basilica
 
 
                                      
                   
      
Una volta terminata la cerimonia, il Re usciva dal Portale Sud, detta Porta del Paradiso (oggi murata), che si apre nella navata di destra. L’architrave del portale sul lato meridionale della basilica rappresenta Cristo che dona le chiavi del regno agli apostoli Pietro e Paolo: una didascalia oggi difficilmente leggibile recita: “Nomino rex istos super omnia regna magistros” (Io che sono il re, nomino costoro maestri al di sopra di tutti i regni).
 
[1] Alberto Arecchi: La Basilica di San Michele Maggiore a Pavia. http://www.liutprand.it/articoliPavia.asp?id=23. liutprand@iol.it
[2] A. Peroni, San Michele di Pavia, Pavia 1967 pag. 156, nota 68, in cui si riporta il testo latino tratto dalle Honorantiae civitatis Papaie della prima metà del sec. XI.
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