Geometria Pitagorica IV - Poliedri Archimedei - Sapienza Misterica

SAPIENZA MISTERICA
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Geometria Pitagorica IV - Poliedri Archimedei

Arithmòs e Geometria Pitagorica

Scuole Pitagoriche sorsero in Magna grecia in Calabria a Crotone, Reggio, Locri. In Sicalia  Elea e Agrigento erano sede di gruppi pitagorici. A Siracusa giunse intorno al 450, Filolao da Crotone, che era fuggito da Crotone assieme ad altri per una serie di persecuzioni contro i pitagorici che venivano giustiziati. A Siracusa Filolao lascia ai Pitagorici del luogo i suoi scritti. Platone si recò per tre volte a Siracusa dove prosperava una scuola pitagorica, Platone aveva scritto al Pitagorico Dione di Siracusa di comperargli le opere del Pitagorico Filolao. Di formazione pitagorica furono Parmenide ed Empedocle di Agrigento. Con Archimede si ha il culmine del “Pitagorismo Italico”. In Italia, nella Magna Grecia, da molto tempo esisteva un’evoluta “Scuola Pitagorica”, che era d’impostazione scientifico-matematica che aveva la principale sede a Siracusa, Archimede ne era, l’erede.
 
Le sue opere sembrano però provenire dal nulla, almeno nel senso che Archimede dimostra perfettamente, ma non spiega mai come facesse a sapere già prima ciò che dimostrerà dopo. Archimede aveva libero accesso ai  trattati custoditi gelosamente dai Pitagorici di Siracusa.
 
In questo trattato oltre ai poliedri attribuiti ad Archimede, sono stati aggiunti i poliedri di Keplero, il cui pensiero era impregnato di pitagorismo. Si può ipotizzare che Keplero abbia consultato opere pitagoriche e platoniche, custodite gelosamente da qualche gruppo o seguace dell’antica tradizione. Leonardo da Vinci e Luca Pacioli secoli prima illustrarono i poliedri platonici archimedei e stellati. Infine con il Cubottaedro giungiamo ai tempi moderni dove è assunto come forma del Vector Equilibrium, l'unica forma geometrica in cui tutte le forze sono uguali ed equilibrate in cui tutti i vettori sono della stessa lunghezza e della stessa relazione angolare (60°); da una prospettiva energetica, il VE rappresenta la perfetta condizione in cui il movimento dell’energia arriva in uno stato di assoluto equilibrio e quindi assoluta immobilità e vacuità. Il Vector Equilibrium (VE) è la disposizione energetica e geometrica primaria nel cosmo.
LA SCUOLA ITALICA PITAGORICA – ARCHIMEDE
 
Sappiamo che i Dialoghi di Platone riflettono le dottrine orali, e che Platone era essenzialmente un Pitagorico. Ciò spiega pure la continuità millenaria che va dalla Scuola Italica e che giunge fino all’Accademia, e che attraverso il Neoplatonismo e il Neopitagorismo, si concluse ad Atene nel 529 d.C., con la chiusura dell’Accademia imposta dall’imperatore Giustiniano.
 
La Scuola pitagorica o Italica fu fondata da Pitagora a Crotone - le cui teorie si diffusero anche oltre la Magna Grecia fino in Lazio e in Etruria, la tradizione romana con Ovidio Nasone (43 a.C.- 17 d.C.) vuole che il Re Numa pompilio secondo la cronologia tradizionale dal 715 al 673 a. C. fosse discepolo di Pitagora. Si diceva che Pitagora fosse un  Tirreno, e che fosse iniziato ai misteri di Samotracia (Clemente Alessandrino, Strom., I, 62). Egli, secondo Aristosseno, Aristarco e Teopompo, era Tirreno. Giamblico sosteneva che egli ebbe molti Etruschi fra i suoi primi discepoli. Non significa che Numa era discepolo diretto di Pitagora, ma che egli era Iniziato ai Sacri Misteri, gli stessi di Pitagora. Ebbe una divina consigliera, la ninfa Egeria, ch’egli si recava a consultare in una grotta. A lui la tradizione attribuisce tutte in massima le istituzioni religiose di Roma, la creazione dei tre flamini maggiori, quelli di Giove, Marte e Quirino, il culto di Vesta, la nomina delle prime Vestali, gli auguri, il pontificato massimo, i feziali, i Salî, cioè i custodi degli ancili o scudi sacri, e tutto il diritto sacro quale era precisato nelle norme conservate dai pontefici.
 
La Magna Grecia brillò non solamente per la sua ricchezza economica e commerciale, ma anche culturale. Fu la patria di Pitagora, di Empedocle, Gorgia, Zenone di Elea, Parmenide, dei pitagorici Filolao, Liside, Echercate, Achita e Timeo. Nacquero qui anche importanti storici come Glauco, Lico e Ippi, i medici Timoteo e Alcmeone, il legislatore Zaleuco, il matematico Archimede e importanti artisti e poeti.
 
La prima scuola pitagorica fondata da Pitagora a Crotone fu annientata dalla cosidetta rivoluzione democratica del 450 a.C. Verso la metà del V secolo a.C. ci fu una seconda cacciata di pitagorici da varie città dell'Italia meridionale. Alcuni si rifugiarono in Grecia aprendo centri a Tebe. Di questi faceva parte Filolao di Crotone. A Taranto nel IV secolo a.C. rivestì per più anni la suprema carica di governo Archita con il quale Platone strinse amicizia.
 
Scuole Pitagoriche sorsero in Calabria a Crotone, Reggio, Locri. A Reggio Calabria, al tempo di Anassila[1], sorse una delle più grandi scuole pitagoriche, che diede lustro alla città facendola risplendere per le arti e la letteratura con effetti positivi anche sui costumi, sulle idee e sulla legislazione repubblicana. Timeo di Locri compare nel celebre dialogo di Platone, e in altri centri minori se la Magna Grecia. In Sicilia, a Siracusa operarono Ecfanto e Iceta. Giunse intorno al 450 a Siracusa, Filolao da Crotone, che era fuggito assieme ad altri per una serie di guerre e di persecuzioni contro i pitagorici che venivano condannati al rogo. A Siracusa lascia ai Pitagorici i suoi scritti. Elea e Agrigento erano sede di gruppi pitagorici. Platone si recò per tre volte a Siracusa dove prosperava una scuola pitagorica, Platone aveva scritto al Pitagorico Dione di Siracusa di comprargli le opere del Pitagorico Filolao.
 
Mentre la scuola pitagorica propriamente detta che va dal 530 a.C. fino al 510 a.C. fa riferimento a Pitagora vivente, l’intera tradizione delle scuole pitagoriche e neopitagoriche include invece un tempo più lungo che partendo dalla seconda metà del VI secolo a.C. e giunge fino agli inizi del III secolo d.C.
 
Dal I secolo a.C. fino al III secolo d.C dalle ceneri del Pitagorismo nasce il Neopitagorismo, un movimento che diede un impulso alla rinascita dell’insegnamento di Pitagora e delle dottrine elaborate dalla scuola pitagorica. L’area di diffusione del Neopitagorismo non è più la Grecia bensì la Magna Grecia di età ellenistica. I primi sintomi di questa nuova corrente filosofica si avvertirono nel III secolo a.C. e presero lo spunto da alcune sentenze attribuite a Pitagora nonché dagli scritti di antichi pitagorici come Archita di Taranto, Timeo di Locri e Ocello Lucano. Figure importanti del Neopitagorismo furono Nicomaco di Gerasa, Numenio di Apamea e soprattutto Apollonio di Tiana.
 
Il Neopitagorismo sbarcò a Roma nel I secolo a.C. ed ebbe come cultori Publio Nigidio Figulo, il poeta Publio Virgilio Marone, Nicomaco di Gerasa (prima metà del II secolo) e Moderato di Cadice, che con le sue Lezioni pitagoriche influirà il pensiero filosofico verso il Neoplatonismo.
 
I Neoplatonici Euclide, Archimede e Apollonio di Pergamo nel III secolo a. C. continuando la tradizione pitagorica portarono le matematiche greche ai più alti fastigi, lasciando opere immortali da cui la scienza moderna doveva riprendere i suoi propri progressi. Il frutto del rinnovamento del IV secolo fu raccolto da Euclide, menzionato in un brano di Pappo, ma la testimonianza più importante su cui si basa la storiografia che lo riguarda viene da Proclo, che lo colloca tra i più giovani discepoli di Platone. Sul finire del IV secolo a.C., Tolomeo I, allora faraone, sovrano illuminato, istituì ad Alessandria una scuola chiamata il Museo. insegnavano in questa scuola un gruppo di studiosi, tra cui Euclide, che ad Alessandria d’Egitto verso il 300 a. C. scrisse i famosi Elementi.
 
Euclide raccolse gli "Elementi", ne ordinò in sistema molti di Eudosso, ne perfezionò molti di Teeteto, e ridusse a dimostrazioni inconfutabili quelli che suoi predecessori avevano poco rigorosamente dimostrato. Visse al tempo del primo Tolomeo, perché Archimede, che visse subito dopo Tolomeo primo, cita Euclide; e anche si racconta che Tolomeo gli chiese una volta se non ci fosse una via più breve degli Elementi per apprendere la geometria; ed egli rispose che per la geometria non esistevano vie fatte per i re. Euclide era dunque più giovane dei discepoli di Platone, ma più anziano di Eratostene e di Archimede che erano fra loro contemporanei, come afferma in qualche luogo Eratostene. Per le idee Euclide era platonico e aveva molto familiare questa filosofia, tanto che si propose come scopo finale di tutta la raccolta degli Elementi la costruzione delle figure chiamate platoniche[2].
 
Il Neoplatonismo affonda le proprie radici a Alessandria d’Egitto tra i secoli II e III dopo Cristo nella scuola filosofica di Ammonio Sacca (175-242) che prendeva le mosse dal Platonismo Medio. Al pensiero di Ammonio Sacca ben si interessò Plotino di Licopoli in Egitto. Plotino (205-270) fu discepolo di Ammonio Sacca per più di dieci anni.  Punto di riferimento di Plotino è Platone.
 
Si devono a Ipazia e a suo padre Theone le edizioni delle opere di Euclide, Archimede e Diofanto che presero la via dell'Oriente durante i secoli, e tornarono in Occidente in traduzione araba, dopo un millennio di rimozione, voluta dall’imperatore Giustiniano, che chiuse la scuola platonica nel 529 d.C. i Neoplatonici fuggirono in Persia presso Chosroe I, il quale amante di filosofia e garantì di professare liberamente il platonismo. Questo diritto fu addirittura sancito nel trattato di pace tra Giustiniano e Chosroe. È degno di nota come, al crepuscolo ormai del pensiero greco, la libertà di pensiero venisse garantita ai Greci, contro il loro cristianissimo imperatore, dall’ultimo grande sovrano persiano, della dinastia dei Sassanidi.
 
Di formazione pitagorica furono Parmenide ed Empedocle di Agrigento. La scuola pitagorica in Italia rappresentava la continuità storica del sapere scientifico e filosofico. Con Archimede si ha il culmine del “Pitagorismo Italico”. In Italia, nella Magna Grecia, da molto tempo esisteva un’evoluta “Scuola Pitagorica”, che era d’impostazione scientifico-matematica che aveva la principale sede a Siracusa, Archimede ne era, l’erede. Archimede di Siracusa (287-212 a. C.) fu un genio, e le matematiche da lui intese furono non solo come pura contemplazione, ma anche in rapporto alle applicazioni tecniche. Possiamo dire che la meccanica iniziata dal Pitagorico Archita di Taranto sia poi continuata con Archimede.
 
Figura 1. Archimede ritratto ideale con cappello frigio
 
 
Si hanno pochi dati certi sulla vita di Archimede. Tutte le fonti concordano intanto sul fatto che fosse siracusano e che sia stato ucciso durante il sacco romano di Siracusa del 212 a.C. Col saccheggio romano di Siracusa sparirono anche le altre opere e tutti i ritrovati di Archimede, a eccezione della sfera celeste, un planetario in miniatura, che presumibilmente doveva ornare il tempio di Atena, in cui Archimede aveva allestito anche una grande e meravigliosa meridiana. La sfera portata a Roma ornava il Tempio di Vesta, dove fu ammirata dal poeta Ovidio.
 
Vi è inoltre la notizia, tramandata da Diodoro Siculo, che abbia soggiornato in Egitto e che ad Alessandria d’Egitto abbia stretto amicizia con il matematico e astronomo Conone di Samo. Sembra, infatti, che la famosa “vite di Archimede”, o coclea, sia stata inventata per certi lavori di bonifica lungo il Nilo. Pare, inoltre, che Archimede avesse lavorato in Egitto per definirvi il catasto reale e per altri lavori a riguardo del canale, che in età moderna diverrà il canale di Suez.
 
Apuleio definì Archimede in tutte le discipline matematiche superiore a tutti e ammirevole per acutezza di mente. Zonara (nel XII secolo d.C.) lo chiama artefice celeberrimo. La celebre fama di Archimede concerneva la scienza teorica e le applicazioni pratiche. Ma, Archimede, fu persino un grande astronomo e un grande fisico.
 
Le sue opere che hanno fatto la gioia dei matematici moderni poiché si presenta attraverso rigorose dimostrazioni, sembrano però provenire dal nulla, almeno nel senso che Archimede dimostra perfettamente, ma non spiega mai come facesse a sapere già prima ciò che dimostrerà dopo. Archimede aveva libero accesso ai trattati pitagorici custoditi gelosamente dai Pitagorici di Siracusa.
 
Il nucleo intuitivo delle opere di Archimede conserva un’impronta pitagorica. Archimede era un Pitagorico della scuola italica, e, dunque, anche un matematico platonico. La Misura dei Pesci 265/153, cioè il rapporto numerico tra gli assi di Vesica Piscis è opea di Archimede di Siracusa. La duplicazione del cubo era un tipico esempio di problema sacro, strettamente collegato agli altari. Si trattava di un problema numerico, quello della radice cubica. E’ invece facile vedere che duplicando il lato del cubo, il suo volume quadruplica. La stessa cosa avviene per una superficie quadrata. Ciò significa che ci troviamo davanti ad un “invariante” nel passaggio dalla seconda alla terza dimensione, e i geometri greci ne avevano cognizione, a cominciare dal “punto senza dimensione”, introdotto da Platone anche perché il cono e la piramide terminano in un punto ideale, che non può non esistere concettualmente parlando.
 
Secondo Plutarco, Senocrate (396-314), discepolo di Platone e suo compagno di viaggio in Sicilia, aveva calcolato il numero delle sillabe che potevano essere formate con le lettere dell’alfabeto greco, giungendo allo strabiliante risultato di oltre mille miliardi. Si è scopeto di recente che sempre Plutarco aveva fornito importantissime notizie riguardati i numeri di Ipparco, il cono, la sfera e il cilindro oggetti archimedei per eccellenza [3].
 
La rotazione del triangolo rettangolo coi cateti uguali, genera il cono retto, così come la rotazione di qualsiasi triangolo produce sempre un cono. Tra cono retto, sfera e cilindro – inscritti in un cubo unitario – si possono individuare delle relazioni. Il passaggio dal retto al curvo è reso possibile soltanto dal numero irrazionale e trascendente pi greco π. Il volume della sfera è 2/3 di quello di un cilindro che la contiene, cioè avente per base un cerchio massimo della sfera e per altezza il diametro di essa. La superficie della sfera è uguale alla superficie laterale di un cilindro avente per base Il cerchio massimo della sfera e per altezza il diametro di essa.   
Figura 2. Cilindro sfera cono
 
 
Archimede ha scoperto che la superficie totale del cilindro circoscritto (6πr2) era media proporzionale tra la superficie della sfera (6πr2) e quella del cono equilatero circoscritto (9πr2), avente cioè il diametro della base eguale all'apotema; e così pure aveva dimostrato che il volume del cilindro (2πr3) era media proporzionale tra quello della sfera 4/3r3, e quello del cono equilatero circoscritto (3πr3). La scoperta e la proprietà dovevano essere considerate importanti e meritevoli di figurare sulla tomba del grande geometra. Se ne deduce colla massima facilità che:
 
  • Quattro rapporti, tra la superficie della sfera e quella totale del cilindro circoscritto, tra i volumi dei due solidi, tra la superficie del cilindro e la superficie totale del cono equilatero circoscritto e tra i volumi dei due solidi, sono tutti e quattro eguali al rapporto 2/3, cioè al rapporto di quinta, il rapporto DO:SOL fondamentale del tetracordo di Filolao, l’intervallo caratteristico della elevazione nella lingua parlata cosi apprezzato da Dionigi di Alicarnasso.
  • Il cono poteva essere tagliato da un piano, generando 4 sezioni coniche differenti: la parabola, l’iperbole, l’ellisse e il cerchio dotati di certe specifiche proprietà geometriche.
 
I Pitagorici erano stati i primi a introdurre le sezioni coniche, servendosi di un cono retto, iscrivibile in un cubo. Conoscevano il cerchio, l’ellisse, la parabola e non è vero che ignoravano perché non divulgarono a quel tempo certe altre proprietà geometriche che vennero divulgate in età alessandrina ad esempio da Apollonio di Pergamo.

[1] Anassilao di Reggio, citato anche come Anassila (in greco antico: Ἀναξίλας, Anaxilas; Reggio Calabria, 500 a.C. circa – 476 a.C.), fu tiranno di Reggio Calabria e dello Stretto di Messina.
[2] Proclo, Comm. Eucl., II, 68
[3] http://misteridiassisi.it/i-segreti-di-archimede-parte-2/
I POLIEDRI SEMIREGOLARI DI ARCHIMEDE
 
I solidi archimedei traggono il loro nome da Archimede, che li ha trattati in un’opera ora perduta, compaiono per la prima volta in un’opera di Pappo Di Alessandria (290 d.C. circa – 350 d.C. circa) un matematico greco antico, uno dei più importanti del periodo tardo imperiale, nella seconda parte del V libro della Collezione matematica, li elenca e li attribuisce ad Archimede. Ad Euclide di Alessandria (325-265 circa a.C.) va il merito di aver contribuito alla divulgazione della matematica e dei poliedri regolari grazie ai suoi 13 libri sulla geometria. Il numero 13 accomuna entrambi gli studiosi di epoca alessandrina. Cinque sono i solidi platonici, 13 sono solidi archimedei, cinque è il terzo numero primo, 13 è il sesto numero primo.
 
Il matematico Pappo fu probabilmente un insegnante, vissuto ad Alessandria d'Egitto nel IV secolo. Scrisse diverse opere - oltre che matematiche anche di musica e di idrostatica - ma a noi ne è pervenuta soltanto una: Synagoge, nota anche come Collectiones mathematicae, un compendio di matematica composto da otto volumi, di cui il primo e parti del secondo sono stati perduti, che tratta argomenti di geometria, matematica ricreativa, duplicazione del cubo, poligoni e poliedri. È preziosa, perché fornisce molte notizie su opere dell'antichità andate poi perdute.
 
Secondo Pappo, Platone avrebbe fatto un’esposizione della teoria dei corpi regolari (opera che non è pervenuta), mentre stando a Erone, risulta che Platone avrebbe aperto ad Archimede la strada verso i poliedri semiregolari convessi, con l’esempio di uno o forse 2 corpi a 14 facce (G. Loria, Le scienze esatte nell’antica Grecia).

Come si dimostra che esistono solo cinque poliedri regolari, analogamente si può dimostrare che esistono soltanto tredici solidi archimedei, i quali sono tutti inscrittibili in una sfera. I solidi di Archimede sono ottenuti troncando i vertici  (cuspidi) dei solidi platonici. La caratteristica unica delle Cinque forme Platoniche è che ognuna di esse è in equilibrio simmetrico con facce composte di soli triangoli equilateri, quadrati, pentagoni, tutte della stessa dimensione. Da questa semplice e simmetrica espressione della forma, emerge una grande complessità quando vengono “trasformate” tramite stellazione, troncatura, combinazione, sottrazione, distorsione, ecc.
 
Se prendiamo le singole cifre 13 e 5, in ordine progressivo dispari, di questi tre numeri primi: cioè 1, 3 e 5, e poi raddoppiamo la serie ottenendo le coppie 1-1, 3-3, e 5-5 (sei cifre in tutto), con un ordine simmetrico a partire dal centro si può ricavare la frazione o rapporto 355/113. Tale frazione fornisce il valore di pi greco π fino alla sesta cifra decimale, in questo caso 113 rappresenta il Diametro, l’Uno, la circonferenza 355 rappresenta l’anno lunare di 30 giorni. Il numero 113 è il trentesimo numero primo. Theone di Alessandria[1] chiamava in causa la misura del cerchio di Archimede, cioè il valore da lui calcolato per il “pi greco” in un rapporto ricompreso tra 22/70 e 22/71.
 
Un solido archimedeo o semiregolare è un poliedro convesso che soddisfa le proprietà seguenti:
  1. Le sue facce sono poligoni regolari.
  2. I vertici sono omogenei, isometrici, cioè le facce convergenti in uno di esso sono disposte in un ordine preciso e il vertice riceve ugual numero di spigoli.
  3. Gli spigoli sono congrenti, cioè per tutti i vertici passa la sfera circoscritta al solido.
  4. Il solido non è un solido platonico.
 
Un solido archimedeo ha almeno due tipi di facce distinte: i solidi che soddisfano le prime due ipotesi e che hanno solo un tipo di faccia sono proprio i solidi platonici (o regolari). I solidi archimedei sono quindi in un certo senso i solidi più regolari dopo quelli platonici, per tale motivo sono detto poliedri semiregolari. Non rappresentano gli Elementi.
 
Poiché tutti i vertici sono identici tra loro, questi solidi possono essere descritti indicando quali poligoni regolari si incontrano in un vertice e in quale ordine. Per esempio, il Cubottaedro ha due triangoli e due quadrati che si incontrano su ciascun vertice, alternativamente, così è indicato come (3,4,3,4).
 
Cinque solidi di Archimede derivano dai solidi platonici troncando (tagliando gli angoli). La percentuale di troncamento  varia in ciascun solido; l'obiettivo è ottenere nuovi poligoni regolari come facce.  Il  troncamento  è  la rimozione di una cuspide del poliedro: un “taglio”vicino al vertice elimina una piramide, la cui baseè ottenuta dal piano lungo cui è fatto il taglio. Il poliedro iniziale non possiede più un  vertice, ma  ha  una  nuova  faccia  (la  base  della  piramide  eliminata)  e “n” nuovi  vertici e anche nuovi spigoli. I solidi archimedei si realizzano con il troncamento prima di tutti i vertici dei cinque poliedri regolari  e  poi  con  ulteriori  troncamenti  dei  cinque  poliedri  troncati  così  ottenuti,  in  modo che i nuovi poliedri abbiano tutti gli spigoli identici; di conseguenza anche le facce saranno dei poligoni regolari, di due o più tipi, e i vertici saranno isometrici. I poliedri duali dei Solidi Archimedei, sono modernamente chiamati Solidi Di Catalan[2]. La relazione di dualità scambia i ruoli di vertici e facce: poiché i poliedri archimedei hanno i vertici omogenei (ma non le facce), quelli di Catalan hanno le facce omogenee (ma non i vertici).
 
  • Il primo dei poliedri di Archimede Tetraedro troncato, si ottiene asportando con un taglio netto i vertici del Tetraedro, si ottengono così 4 nuove facce triangolari e si trasformano le facce triangolari preesistenti in 4 esagoni.
  • Il secondo poliedro di Archimede Cubo troncato si ottiene troncando il Cubo. I piani asportano solamente piccole porzioni del cubo contenenti i vertici. Si ottengono 6 quadrati e 8 triangoli.
  • Il terzo poliedro è l’Ottaedro troncato. I piani entrano ulteriormente in profondità nel cubo[3], si ottengono 6 quadrati e 8 esagoni.
  • Il quarto poliedro è il Dodecaedro troncato, con 20 triangoli e 12 decagoni.
  • Il quinto poliedro è l’Icosaedro troncato, con 12 pentagoni e 20 esagoni. Si ottiene dall’icosaedro col taglio che dista dal vertice di un terzo della lunghezza del lato. Nel fullerene C60, terza forma allotropica del carbonio la posizione spaziale dei 60 atomi di Carbonio è tale da riprodurre il solido semiregolare di Archimede. Tutti i fullereni incorporano esattamente 12 anelli pentagonali e 20 anelli esagonali di atomi di carbonio, nel resto della struttura. Il nome è un omaggio a Buckminster Fuller.
  • Il sesto poliedro è il Cubottaedro, con 8 triangoli e 6 quadrati. Il cubo è troncato nel suo punto medio, cioè a metà del suo lato. Il Cubottaedro è stato chiamato Vector Equilibrium da Buckminster Fuller.
  • Il settimo poliedro è l’Icosidodecaedro, con 20 triangoli e 12 pentagoni. Si tronca il Dodecaedro a metà lato.
  • L’ottavo poliedro è il Rombicubottaedro, con 8 triangoli e 18 quadrati. Si tagliano i vertici del Cubottaedro.
  • Il nono poliedro è il Cubottaedro Troncato, con 12 quadrati 8 esagoni 6 ottagoni.
  • Il decimo solido è il Rombicosidodecaedro, con 20 triangoli 30 quadrati 12 pentagoni. Si troncano i vertici dell’Icosidodecaedro.
  • L’undicesimo poliedro è l’Icosidodecaedro Troncato, con 30 quadrati 20 esagoni 12 decagoni. Si ottiene dall’Icosaedro col taglio che dista dal vertice di un terzo della lunghezza del lato.
  • Il dodicesimo poliedro è il Cubo Camuso, Cubottaedro Camuso o snub cube (2 forme chirali, cioè che non sono equivalenti alla loro immagine riflessa). Con 32 triangoli e 6 quadrati.
  • l tredicesimo poliedro è Dodecaedro Camuso, Icosidodecaedro Camuso (2 forme chirali).
 
Il Cubottaedro e l’Icosidodecaedro, si definiscono anche quasi regolari perché oltre ai vertici hanno anche gli spigoli omogenei.
 
Gli studiosi moderni comprendono nel gruppo dei poliedri di Archimede anche il prisma archimedeo e l’antiprisma archimedeo; sono definiti impropriamente con questo nome dato che Archimede non li aveva presi in considerazione, pertanto in questo studio sono ignorati.
 
Figura 1. I 13 poliedri di Archimede
 

 
I solidi archimedei si possono osservare soprattutto in natura. Ne è un esempio il fungo Clathrus ruber, che con la maturazione si apre creando una struttura a forma di Icosaedro troncato.
 
Figura 2. Icosaedro Troncato fungo Clathus ruber
 
 
I poliedri di Archimede sono ora diventati strumento di lavoro per i chimico-fisici che hanno ricalcato la perfezione della loro struttura per realizzare speciali capsule in grado di ingabbiare molecole particolari.

Per la prima volta, ricercatori dell’Università di Milano-Bicocca e della New York University sono riusciti a costruire “gabbie” fatte di molecole che riescono a ospitare altre molecole cambiandone forma e proprietà. Le strutture, tenute insieme da legami a idrogeno, sono molto stabili e, cosa ancor più straordinaria, assumono le forme geometriche che gli studiosi decidono di volta in volta di realizzare. Tali forme durano nel tempo e, quando le gabbie vengono “smontate”, si rendono pronte all’azione le molecole ospiti cresciute al loro interno[4].   

[1] Theone di Alessandria era detto “Il Divino”, quale discendente della Divina Gens Potitia custode dei misteri della Sacra scienza di Eracles Invictus.
[2] Questi solidi vengono ricordati con il nome del matematico francese Eugène Charles Catalan, che li descrisse nel 1865 nella sua opera Mémoire sur la Théorie des Polyèdres.
[3] Se I piani arrivano a passare per i centri delle facce del cubo, si ottiene: l’Ottaedro.
[4] https://www.ilsussidiario.net/news/scienze/2011/7/28/nanoscienze-nelle-gabbie-di-archimede-si-riprogrammano-le-molecole/197101/
SULLE ORME DEI PITAGORICI

PIERO DELLA FRANCESCA E LUCA PACIOLI

Con la caduta dell’impero romano d’occidente le opere filosofiche e matematiche cadono nell’oblio, parte di queste trovano accoglienza in oriente. In occidente la traduzione delle opere di Archimede realizzata da Guglielmo di Maerbeke (1215 – 1286 circa) restò sconosciuta fino al Rinascimento inoltrato e quasi tutti i testi greci tradotti in Sicilia furono totalmente dimenticati. Con la caduta di impero Bizantino (impero Romano d oriente) nel 1453 giungono in Italia molti studiosi bizantini portando con sé molti scritti antichi. Nel 1505 viene pubblicata a Venezia una traduzione di “Elementi” di Euclide e le “Coniche” di Apollonio. Così tale tesoro di conoscenza restò occultato fino all’età di Piero della Francesca e di Luca Pacioli.

Il Piccolo Dodecaedro Stellato è raffigurato un mosaico in una Ruota prospettica nel pavimento della basilica di San Marco a Venezia, in un intarsio marmoreo del 1420, attribuito a Paolo Uccello. Una incisione che riproduce quasi esattamente il Grande Dodecaedro Stellato compare nell'opera Perspectiva Corporum Regularium dell'orafo di Norimberga Wentzel Jamnitzer.

FIGURA 1. BASILICA DI SAN MARCO PICCOLO DODECAEDRO STELLATO

Piero della Francesca (1415 - 1492) scrive il Libellus de quinque corporibus regularibus, e Luca Pacioli (1447 – 1517) ne dà una versione in volgare nel De divina Proportione, di fatto il Vasari, nelle sue “Vite”, accusa Pacioli di plagio, commissionando sessanta tavole a Leonardo da Vinci con lo scopo di illustrare le possibili variazioni dei poliedri regolari semplici. Scrive Giorgio Vasari che Piero della Francesca fu “maestro raro divino nelle difficultà de’ corpi regolari, e nella aritmetica e geometria, e sopraggiunto nella vecchiaia dalla cecità corporale e dalla fine della vita, non possette mandare in luce le virtuose fatiche sue et i molti libri scritti da lui”. Intorno alla metà del 1400, inizia a stendere i suoi tre testi teorici: il Libellus de quinque corporibus regolaribus, redatto in latino, il De prospectiva pingendi, conosciuto sia in latino che in lingua volgare, il Trattato d’abaco. In queste opere, l’artista sviluppa un confronto tra la matematica abachistica (l’applicazione del calcolo aritmetico a scopi pratici) e la geometria euclidea, operando una convergenza tra il sapere ‘dotto’ e il sapere tecnico. Piero della Francesca dipinge nel 1453 una tela misterica: “La flagellazione di Cristo”, con le sue dimensioni mutuate sul rettangolo aureo, con tre personaggi sconosciuti in primo piano e un Cristo lontanissimo flagellato di fronte ad un Pilato vestito con abiti che ricordano un imperatore bizantino. La scala di 7 gradini sullo sfondo; l’idolo d’oro ha bastone e sfera come Pitagora; nel cerchio sotto il Cristo c’è la Monade pitagorica; la stella a otto punte.

Il protagonista del quadro sarebbe il filosofo Marsilio Ficino ritratto mentre è iniziato a una loggia pitagorica. La scoperta è di Silio Bozzi, un poliziotto che ha applicato al dipinto le tecniche d’identificazione per i crimini. I due personaggi ai lati sarebbero il Cardinale Bessarione (a sinistra) e Giovanni Bacci. Con Ficino al centro cambia il loro ruolo, sarebbero infatti gli Iniziatori di Ficino ad una fratellanza pitagorico platonica (Bacci ha sulla spalla una fascia rossa tipica del rituale). E così i rimandi geometrici del quadro si trasformano in messaggi per iniziati (il simbolo della stella a otto punte rappresentata nel pavimento, le porte della conoscenza sullo sfondo …). È del 1452, l’anno successivo cadrà Costantinopoli. Nell’occasione viene immortalata la consacrazione di Ficino quale futuro erede del cardinale Bessarione. Due importanti membri del culto misterico pitagorico-platonico introdotto in Italia da Gemisto Pletone. Piero della Francesca si occupò dei poliedri archimedei e dei cinque corpi regolari nel suo Libellus de quinque corporibus regularibus, che applica le teorie sulla perfezione e sulle simmetrie dei poliedri regolari nello sviluppo delle sue opere pittoriche. Si può infatti notare in due dei suoi affreschi più celebri, come la Madonna del Parto e la Resurrezione (1450-1465), che la prima opera si sviluppa attorno all’ideale costruzione di un Dodecaedro mentre la seconda di un Icosaedro. Gli studi di Piero della Francesca sono stati utilizzati da Luca Pacioli nel suo trattato De Divina Proportione. Luca Pacioli fu in realtà una delle menti più brillanti e famose del Rinascimento: studiò con Piero della Francesca, conobbe il Bramante e insegnò a Leonardo da Vinci. Pitagorismo, Platonismo e teologia coesistono in modo perfetto nell’idea del frate: ed è la matematica a spiegare questo connubio perfetto di suggestioni, tanto complesse quanto lo è il creato stesso. Nella sua opera principale, matematica e metafisica coesistono, riassumendo appieno lo spirito rinascimentale: tutti i saperi sono connessi fra loro, non esistono speculazioni fini a se stesse bensì ogni elemento è utile a comprendere l’architettura divina di cui l’uomo è pilastro fondante.

Fu nel 1497 che Luca Pacioli, giunto a Milano su invito di Ludovico il Moro, conobbe personalmente Leonardo da Vinci. Iniziò in quel momento un sodalizio intellettuale che diverrà la chiave di svolta tanto per le ricerche del frate che per le opere del maestro. Analizzando attentamente il frontespizio originale del capolavoro del Pacioli De divina proporzione è importante notare la dicitura conclusiva dell’intestazione, ove il Pacioli, alludendo alla secretissima scientia, vuole mettere in risalto l’aspetto esoterico e misterico che scaturiva dalle trattazioni. Pacioli da buon seguace dell’insegnamento pitagorico dichiara che per scienza matematica si deve intendere la somma di aritmetica, geometria, astrologia, musica, prospettiva, architettura e cosmografia.

De divina proporzione trattato in lingua volgare, fu redatto collaborando con Leonardo da Vinci, sulle applicazioni della sezione aurea che Pacioli pubblicò a Venezia nel 1497, e i disegni dei poliedri presenti nel trattato in questione. Pacioli ne face dono a Ludovico il Moro, duca di Milano.

FIGURA 2. LUCA PACIOLI (1495), RITRATTO ATTRIBUITO A JACOPO DE' BARBARI -MUSEO NAZIONALE DI CAPODIMONTE

In un ritratto arbitrariamente attribuito a Jacopo de’ Barbari, Luca Pacioli è raffigurato con un allievo alle sue spalle. L’identità del giovane ritratto accanto a Pacioli è sconosciuta e frutto di discussioni, ma così non è dell’altro celeberrimo protagonista del quadro: al lato del frate matematico.

Il Francescano concentrato nello studio, tiene il segno sul libro aperto sul tavolo, gli Elementi di Euclide, nome che si legge sul bordo della lavagna dove si dimostra un suo teorema, mentre quello chiuso svela nella scritta il luogo di nascita di Luca Pacioli, Borgo Sansepolcro patria di Piero della Francesca, altro fine teorico della prospettiva. Sopra la copia rilegata in rosso della Summa de Arithmetica, scritta proprio da Pacioli, spicca un Dodecaedro platonico: altro rimando alle basi degli studi innovativi del frate. Un mistero è racchiuso nel poliedro sospeso a un filo, il Rombicubottaedro, in rimando simbolico chiarissimo alla geometria archimedea. Il solido archimedeo è raffigurato trasparente dell’acqua in cui si riflette la facciata di un edificio identificato da alcuni proprio con il Palazzo Ducale di Urbino, cenacolo dove illustri scienziati ed eruditi condividevano il loro sapere. In bella mostra strumenti del mestiere messi religiosamente in fila: compasso, goniometro, gesso e spugnetta, astuccio e calamai. Le illustrazioni del De Divina Proportione, eseguite da Leonardo, sono riprese con sorprendente maestria da fra’ Giovanni da Verona (c. 1457-1525) nella realizzazione delle tarsie della chiesa di Santa Maria in Organo a Verona. Troviamo due stipetti contenenti vari oggetti tra cui si riconoscono: nell’uno, un Rombododecaedro Stellato, un Cubottaedro e un Grande Dodecaedro Stellato; nell’altro, un Geode, un Icosaedro e un Icosaedro Troncato, tutti in forma “vacua”.
KEPLERO

Il pitagorismo di Keplero è rintracciabile senza fatica tanto nel Mysterium cosmographicum – pubblicato per la prima volta a Tubinga, nel 1596, un anno prima che iniziasse il suo carteggio con Galileo – quanto nell’Harmonices mundi (Linz 1619).
 
Le fonti usate da Keplero, ottimo grecista e latinista, furono quasi interamente antiche, egli poteva disporre di fonti molteplici di autorevoli pitagorici: Archita di Taranto e Filolao della Scuola Pitagorica di Crotone, da Aristeo a Ipsicle, da Stobeo a Speusippo, da Diogene Laerzio a Teone da Smirne, da Ateneo alle Argonautiche di Apollonio, da Oinopide (uno dei primi Pitagorici) al tramite romano costituito da Cicerone.
 
Il Somnium Scipionis, fu naturalmente un punto di partenza irrinunciabile per edificare la costruzione matematico-musicale dell’universo fisico-astronomico. Sul Somnium, in particolare, Keplero poté utilizzare i commentari di Favorino e di Macrobio. Di quest’ultimo, inoltre, lesse i Theologumena arithmetica, che gli servirono per approntare il discorso sul misticismo dei numeri consecutivi tre e quattro, i quali (moltiplicati) forniscono il dodici zodiacale.
 
In campo astronomico, Keplero fu il primo degli scienziati moderni a parlare di armonia del cosmo. A garantire l’equilibrio all’interno del sistema solare, a seguito di queste nuove speculazioni, vennero formulate dall’astronomo tedesco le famose tre leggi (appunto, le ‘Leggi di Keplero’), che regolano il movimento dei pianeti attorno al Sole, perno ad un tempo divino e celeste del cosmo, confermate poi dai Principia mathematica newtoniani[1].
 
Si può ipotizzare che Keplero abbia consultato opere pitagoriche e platoniche, custodite gelosamente da qualche gruppo o seguace dell’antica tradizione. Non deve stupire questa ipotesi, perché anche lo stesso Archimede sembra dimostrare quello che già sapeva in partenza. La prova è sotto gli occhi di tutti, il poliedro stellato commentato da Keplero, era già intarsiato due secoli prima sul pavimento della basilica di San Marco a Venezia. Ritroviamo i Poliedri di Keplero-Poinsot anche nelle illustrazioni leonardesche del “De divina proportione” di fra’ Luca Pacioli, accanto altri poliedri stellati. Pertanto ritengo che anche i poliedri di Keplero appartengano alla tradizione pitagorica italica rappresentata da Archimede.
 
La ricerca e classificazione dei poliedri non platonici è stata completata intorno al 1619 da Keplero, che ha ridefinito prismi, antiprismi, e due dei poliedri regolari non convessi ora il Dodecaedro Rombico e il Triacontaedro Rombico. A Keplero si deve la definizione delle relazioni tra prismi e solidi di Archimede.
 
     
                        
Figura 2. I Due poliedri di Keplero - Triacontaedro e dodecaedro rombico a facce romboidali
 
Contrariamente alle facce dei solidi platonici e dei solidi archimedei, le facce dei solidi di Catalan non sono poligoni regolari. Tuttavia le cuspidi ai vertici sono regolari e presentano angoli diedri uguali. I due poliedri di Keplero appartenenti al gruppo dei solidi di Catalan, il Dodecaedro Rombico e il Triacontaedro Rombico, sono uniformi sugli spigoli.
 
In geometria, il Dodecaedro Rombico, o Rombododecaedro, è un poliedro convesso con 12 facce rombiche congruenti. Ha 24 spigoli e 14 vertici di due tipi. È uno dei tredici poliedri di Catalan ed è il poliedro duale del Cubottaedro.
 
Il dodecaedro rombico ha 12 facce a forma di rombo le cui diagonali possiedono lo stesso rapporto che sussiste tra il lato e la diagonale di un quadrato.
 
Figura 3. Rapporto diagonali faccia Dodecaedro Rombico
 
 
Il Triacontaedro Rombico è uno dei tredici poliedri duali detti di Catalan, è duale dell’Icosidodecaedro. Le sue 30 facce sono rombi aventi il rapporto tra la diagonale maggiore e la diagonale minore pari alla sezione aurea φ.

[1] https://aispes.net/biblioteca/storia-delle-scienze/il-somnium-di-keplero-tra-fonti-neoplatoniche-e-misticismo-neo-pitagorico/
I POLIEDRI STELLATI
 
Da un punto di vista matematico, i poliedri stellati furono studiati per la prima volta intorno al 1600 dallo scienziato tedesco Keplero (1571-1630), ma erano noti già da Leonardo da Vinci e da Luca Pacioli. Trattando i poligoni regolari in “Geometria Pitagorica I” si è visto come dai vertici dei poligoni per diagonalizzazioni si ottenevano poligoni stellati. Le diagonali sono strumenti di generazione. È possibile fare qualcosa di simile con i poliedri regolari? Nel campo tridimensionale la retta diviene un piano, una superficie. I piani sono anch’essi strumenti di generazione. Estendendo gli spigoli di un Tetraedro, di un Cubo o di un Ottaedro non si ottengono nuovi poliedri. Invece, dal Dodecaedro e dall’Icosaedro, si ottengono due poliedri stellati: il Piccolo Dodecaedro e il Grande Dodecaedro. Essi sono considerati poliedri regolari concavi per la molta regolarità posseduta. Keplero notò inoltre che l’estensione degli altri tre poliedri regolari non faceva nascere alcuna stellazione. Keplero era estasiato dalla perfezione estetica dei poliedri regolari e da quella dei due poliedri stellati da lui riscoperti; infatti a tal proposito scriveva:“alle 'congruenze' perfettissime e regolari si possono aggiungere anche altre due 'congruenze' di dodici stelle pentagonali”.
 
Giovanni Keplero fu tra i primi studiosi dei poligoni stellati e si concentrò sulle loro analogie tridimensionali, i poliedri stellati. Per creare stellazioni poliedriche partendo da un poliedro usò due metodologie: la prima è la stellazione con inizio dagli spigoli, cioè il prolungamento degli spigoli del poliedro principalefino a quando si incontrano nuovamente tra loro; la seconda ha invece inizio dalle facce, cioè il prolungamento di quest’ultime finché non si incontrano nuovamente. Con questi procedimenti Keplero riuscì ad ottenere la prima coppia di poliedri stellati attraverso l’estensione di un Dodecaedro e di un Icosaedro; a prima vista sulle loro facce sembrano essere create delle piramidi regolari tutte identiche.
 
Il primo poliedro stellato è generato partendo dal Dodecaedro le cui facce sono pentagonali.
 
  1. Si parte dal pentagono e si tracciano le diagonali: si genera un pentagono stellato. Le diagonali sono parallele ai lati del poligono.
  2. Si parte dal pentagono e si prolungano i lati finché s’incontrano: si genera un pentagono stellato.
 
Figura 2. Poligono stellato a 5 punte
 
Passando dal piano allo spazio anziché prolungare i lati del poligono, si prolungano le facce non adiacenti del poliedro regolare fino ad intersecarsi (stellazione) ottenendo così sul poliedro di partenza delle punte che sono delle piramidi di base uguale alla faccia del poliedro.
                             
Figura 3. Costruzione di un poliedro stellato – Il Piccolo Dodecaedro Stellato – 12 piramidi
 
 
Per il Piccolo Dodecaedro Stellato, non vale la relazione di Eulero (F – S + V = 2), infatti: 12-30+12 = -6, per questo motivo più di un matematico ne negò l’esistenza.
 
Partendo dall’Icosaedro con lo stesso procedimenti si ottiene un altro poliedro stellato, il Grande Dodecaedro Stellato. I due poliedri possono dunque essere ottenuti unendo nei vertici – a cinque a cinque oppure a tre a tre – dodici pentagoni regolari stellati tutti uguali, in modo che le “facce” siano unite l’una all’altra lungo i loro lati, come negli usuali poliedri, tuttavia si attraversino nascondendo alla vista i pentagoni centrali di ogni pentagramma. In questa interpretazione, essi sono dei poliedri regolari, più precisamente dei dodecaedri, detti rispettivamente Piccolo Dodecaedro Stellato e Grande Dodecaedro Stellato.
 
  1. Piccolo Dodecaedro Stellato costituito da un Dodecaedro + 12 piramidi a base pentagonale, ha come facce 12 pentagoni stellati, ha 12 vertici e 30 spigoli.
  2. Grande Dodecaedro Stellato è formato da un Icosaedro + 20 piramidi a base Triangolare, ha ancora come facce 12 pentagoni stellati, ha 20 vertici e 30 spigoli.
 
Figura 4. Grande Dodecaedro Stellato - 20 piramidi
 
 
Nonostante che il Grande Dodecaedro Stellato non sia un poliedro convesso, per questo solido vale comunque la relazione di Eulero per cui: Facce – Spigoli + Vertici = 2. Infatti ha 12 Facce, 30 Spigoli, 20 Vertici e, conseguentemente si può scrivere: F – S + V = 12 – 30 + 20 = 2. Se si considerano facce soltanto i vari triangoli che stanno effettivamente sul bordo del poliedro si ottengono 60 facce, 90 spigoli e 32 vertici. Si avrà quindi, anche in questo caso: 60 – 90 +32 =2.
       
In geometria, il poliedro duale di un poliedro P è un altro poliedro Q, ottenuto scambiando i ruoli dei vertici e delle facce di P. Il duale del Dodecaedro Stellato è l’Icosaedro Stellato.
 
Figura 5. I 4 Poliedri Stellati di Keplero-Poinsot
 
 
Questi poliedri a un primo sguardo, ci appaiono rispettivamente come un Dodecaedro e un Icosaedro sulle cui facce sono state costruite delle piramidi regolari tutte uguali tra loro; l’altezza di queste piramidi è quella “giusta” affinché i sessanta triangoli che ne sono le facce laterali a cinque a cinque stiano su uno stesso piano e circondino un pentagono insieme al quale formano un pentagramma (la colorazione nella figura precedente mette in evidenza uno di questi piani).
 
All’inizio del diciannovesimo secolo il fisico matematico Louis Poinsot (1777-1859) trovò altri due poliedri regolari stellati di questo tipo, il Grande Dodecaedro e il Grande Icosaedro, ottenuti rispettivamente con dodici pentagoni e con venti triangoli che si intrecciano a cinque a cinque in ogni vertice, nel senso che vicino a ogni vertice il poliedro ha la forma di una piramide che ha per base un pentagramma. Questi poliedri regolari stellati hanno come facce poligoni regolari usuali che è possibile intrecciare, cioè hanno in comune dei segmenti che non sono lati delle facce. Sono quindi differenti dai poliedri di Keplero, le cui facce sono poligoni stellati.
 
Con i quattro poliedri stellati il numero dei poliedri pitagorici diviene 5+13+4=22, il numero della Creazione secondo il Sepher Yetzirah. Dei ventiquattro divisori del cerchio di 360°, solo 22 danno luogo a poligoni regolari con numero di lati n: 3, 4, 5, 6, 8, 9, 10, 12, 15, 18, 20, 24, 30, 36, 40, 45, 60, 72, 90, 120, 180, 360.
STELLA OCTANGULA
 
Dalla composizione-compenetrazione di poliedri regolari si ottengono Cinque poliedri composti e sono: Stella Octangula, Cinque Tetraedri nel Dodecaedro, Dieci Tetraedri nel Dodecaedro, Cinque Cubi nel Dodecaedro, Cinque Ottaedri nell’Icosaedro. Qui dei cinque composti poliedrici regolari, ci occupiamo solo del più semplice l’unico composto regolare un Tetraedro combinato con Tetraedro, cioè la Stella Octangula.
 
Figura 1. Stella Octangula visto come la composizione di due Tetraedri regolari (rosso e giallo)
 
 
Il nome di Stella Octangula fu dato da Giovanni Keplero, ma la stella era stata già rappresentata nel 1509 da Pacioli in De divina proportione. È ottenuta unendo due Tetraedri uguali ruotati di 180° e uniti nei baricentri. Ha come inviluppo convesso un Cubo e come cuore un Ottaedro. È erroneamente considerata una stellazione dell’Ottaedro. La Stella Octangula è un poliedro autoduale: il suo poliedro duale è ancora una Stella Octangula. Le facce sono triangolari. Si hanno 8 vertici, 8 facce, 12 spigoli.
 
La stella Octangula può essere vista come un'estensione 3D dell’Esagramma: due triangoli equilateri sovrapposti, centralmente simmetrici tra loro, e nello stesso modo la Stella può essere formata da due Tetraedri sovrapposti centralmente simmetrici.
 
Figura 2. Stella Octangula vista come estensione 3D dell’Esagramma

GNOSI PITAGORICA
 
Valentino “il più profondo dottore della Gnosi[1]”, e i suoi seguaci conoscevano bene l’Insegnamento Pitagorico. Ippolito scrive che, Valentino e altri Gnostici erano discepoli di Pitagora e di Platone, e che posero la scienza basata sui numeri e sulla geometria come principio fondatore della loro dottrina. Gli Gnostici Alessandrini parlavano nei loro annali della caduta degli Eoni nella loro doppia qualità. In tutti i Sistemi Gnostici è descritta una scala gerarchica di Eoni[2] che procede dal Padre Supremo per coppie maschio-femmine (Sigizie[3]), che si riproducono per emanazione a coppie sempre più dense e meno luminose, quanto più si allontanano dalla fonte[4]. Non siamo alla presenza di un sistema creazionistico, ex nihilo (dal niente), ma un processo di emanazione, dove la Radice Prima, l’Essere Perfetto eguale a se stesso e immutabile, proietta da se stesso, fuori se stesso (e quindi ritraendosi come la Monade di Pitagora) delle potenze a lui inferiori, e di sostanza diversa.
 
Il sistema Gnostico Pitagorico di Valentino spiega che all’inizio gli spazi eterici destinati ad essere la dimora del futuro sistema, sono vacui e informi. Dalla pienezza dell’energia potenziale del Pleroma, fluisce la corrente di potere, la forza di Vita a spirale, il Vasto Vortice di Orfeo – la Magna Vorago.
 
La prima Gerarchia eonica del Pleroma di Valentino fu detta Ogdoade o gruppo di Otto, considerato come una doppia Tetrade. Come l’Etere è considerato la sintesi degli altri Quattro Elementi (Aria, Acqua, Terra, Fuoco), così ogni Dio supremo (Brahma, Giove, ecc.) è considerato il rappresentante degli Dei Cosmici dei Quattro Elementi, le forze della Natura intesa come insieme del tutto. Così Ireneo scrive a proposito dei discepoli gnostici di Marco:
 
“Essi sostengono che i quattro elementi, fuoco, acqua, terra e aria furono creati per i primi secondo l’immagine della Tetrade primaria superiore, e che se noi vi aggiungiamo le loro operazioni, e cioè il calore, il freddo, l’umidità e la siccità, avremo una rappresentazione esatta dell’Ogdoade”.
 
La materia è un insieme di modelli di energia, dove i modelli sono un’organizzazione di elementi finiti, e dove ogni elemento ha un peso specifico - atomico o altro. La materia diventa forma, o un divenire-forma, quando gli elementi sono organizzati, o auto organizzati, in un modello che produce un equilibrio temporale.
 
Nel Timeo di Platone vediamo la Materia Cosmica spargersi e costituirsi in Elementi, raggruppati nei Quattro Elementi mistici entro il Quinto - l’Etere. Platone spiega che la forma fondamentale, quella del Fuoco, è un Tetraedro, caratterizzato da Quattro vertici. Il sistema di forze che sta dietro di esso consiste in due coppie in perfetto equilibrio, ossia una Doppia Sigizia. L’Ottaedro e il Cubo nascono dall’unione di due diversi Tetraedri, il Dodecaedro e l’Icosaedro emergono dall’unione mutua di cinque Tetraedri, una quintuplicazione. Così abbiamo i Cinque solidi regolari.
 
Il simbolo vivente del Pleroma ha prodotto gli Eoni, delle Sfere di Luce, perfette, il campo energetico emanato dagli Eoni, tutte a coppie, una luce e una luce minore, o globo più oscuro; poiché gli Otto, i Dieci, i Dodici, consistono di coppia.
 
  • Gli Otto sono rappresentati dagli otto vertici del Cubo, i centri di Otto Sfere tangenti fra loro che rappresentano quattro coppie in equilibrio.
  • I Dieci sono rappresentati dai movimenti delle sfere, la Decade dei movimenti. Le sei delle direzioni dello spazio, in basso, in alto, a destra, a sinistra, avanti e indietro, due rotazioni o spin destrogire e sinistrogire; se aggiungiamo altri due movimenti quali la contrazione e l’espansione, otteniamo un totale di Dieci, “Cinque coppie di movimenti”.
  • Dodici sono le Potenze Creatrici[5] che hanno origine dl Cubo Perfetto cui sono stati tolti Otto Tetraedri, ottenendo il Cubottaedro, un solido a 12 vertici. I Dodici possono essere visualizzati come i centri di 12 Sfere.

Si disegni su spazio tridimensionale una sfera, ponendo attorno ad essa altre sfere in mutuo contatto fra loro; si scopre che lo Spazio è riempito con Dodici Sfere attorno ad una Sfera Centrale, la Tredicesima[6]. Sei sfere attorno e sullo stesso piano della prima sfera i cui centri formano un Esagono; Tre sopra la sfera centrale e Tre sotto.
 
Figura 1. Le tredici Sfere
 
 
L’Insegnamento Pitagorico - misterico nei secoli mantenuto rigorosamente segreto, riguardante le Leggi della Natura e della creazione delle forme è basato sull’assioma di Ermete “Come in alto così in basso” cioè sull’auto somiglianza e sulla divisione ricorsiva, l’attuale matematica dei frattali. G.R.S. Mead scrive: “Se immaginiamo che queste sfere siano elastiche, in modo che fosse possibile di esercitare pressione da ogni lato contemporaneamente … la sfera centrale o tredicesima assumerebbe la forma dodecagonale – diverrebbe, infatti, un Dodecaedro Romboidale[7]. Il Dodecaedro Romboidale è duale del Cubottaedro, infatti, se si uniscono i centri delle 12 sfere si ottiene un Cubottaedro. Secondo i Cabalisti, il Dodecaedro, simbolo dell’Universo, giace celato nel Cubo Perfetto, ciò significa che nel Cubo è celato il Dodici.

[1] Ad Alessandria d’Egitto studiò presso il Maestro Teudas, che affermava di aver appreso da Paolo le rivelazioni segrete fatte all’apostolo direttamente da Gesù Cristo.
[2] Eone deriva dal greco Aion, che significa sia Emanazione, sia Eternità o lunga durata.
[3] Altra annotazione degna di nota riguarda il concetto di Sigizia, che concerne la natura binaria degli Eoni. Esso sottintende a una distinta e distinguibile natura maschile e femminile, ma profondamente complementare, tipica dei sistemi filosofici orientali.
[4] Gli Gnostici Alessandrini appartenenti alle ultime Scuole Misteriche Occidentali e nei loro annali hanno divulgato sufficientemente i segreti dell’Iniziazione parlando della caduta degli Eoni nella loro doppia qualità di Esseri Angelici e di Periodi Cosmici. Le tradizioni misteriche sono piene di allegorie intorno alla caduta del Pleroma o di quella degli Dèi, esse esprimono l’allegoria della Caduta come avente il significato del desiderio di imparare e di acquisire la conoscenza — il desiderio di sapere. La forza materializzante creatrice nel mondo della forma, agisce incontrastata nei regni minerale, vegetale e animale, per risalire nell’umano verso la spiritualità. È la legge di discesa nella Materialità e di una ascesa verso la Spiritualità. Platone a riguardo del male diceva che: “Nella materia esiste una forza cieca e inerte  che si oppone alla Volontà del grande Artefice”.
[5] Dodici sono per gli Indù i Figli di Aditi, lo Spazio; Dodici, divisi in coppie maschili e femminili, sono per i Greci i Titani Figli di Urano e Gea.
[6] Disegno realizzato dall’autore seguendo le indicazioni di G.R.S. Mead.
[7] G.R.S. Mead, Gnosticismo e Cristianesimo delle origini, pag. 240.
DAL  CUBO AL CUBOTTAEDRO

Ogni antica Cosmogonia inizia con un Cerchio, un Punto, un Triangolo e un Quadrato. Il Cerchio e il Punto, dei quali l’ultimo si ritira e si fonde con il Cerchio dopo aver emanato i primi Tre Punti e dopo averli congiunti con linee formando il Primo Triangolo, la Trinità Astratta. La Triade nel Cerchio della Materia Cosmica (la Madre Universale o Quarta Potenza), forma il Quaternario, il Quadrato perfetto, la Tetractis, i Quattro Sacri dentro il Cerchio. Sul piano noumenico, il Triangolo è l’immagine della prima concezione della Divinità manifestata (Padre – Madre - Figlio), mentre il Quadrato è il numero perfetto, l’unione dei Tre, come Unità.
 
Figura 1. I Sacri Quattro

 
Affinché l’Universo possa manifestarsi in modo intelligibile, il Triangolo Astratto primitivo deve perdere la sua qualità unidimensionale e spandersi attraverso la Materia, formando in tal modo la base manifestata dello spazio tridimensionale.
 
Quando il Quadrato Perfetto, la superficie astratta, il modello, cade nel mondo delle forme, allora la superficie diviene un volume, il Cubo Perfetto, e il Cerchio, la Sfera che lo contiene.
 
Figura 2. Il Cubo inscritto nella Sfera
 
 
Il Quadrato nel Cerchio nel mondo tridimensionale diviene il Cubo nella Sfera, il contenitore e il contenuto di ogni forma. Il rapporto tra il volume della sfera e quello del cubo è √3/2. Quando i Cerchi del medesimo e del Diverso s’intersecano per formare la Vesica Pisces, il rapporto tra gli assi è √3, l’altezza dei due triangoli equilateri opposto all’interno della Vesica è √3/2, appunto, il rapporto tra i volumi della Sfera e del Cubo.
 
Figura 3. Il Cubo il Padre Madre Sette
 
 
Per i Pitagorici il Cubo è la trasformazione nel creato del Quadrato mistico (Tetractis). Sei sono le facce del Cubo, tre coppie. Queste tre coppie trovano la sintesi o l’equilibrio nel Settimo, non visibile. Il Cubo sviluppato come figura piana, determina quattro Quadrati verticali e tre orizzontali, formando una Croce. In questo nel Cubo della Materia è imprigionato e crocefisso lo Spirito. La Crocifissione Cosmica ha a che fare con il Mistero del Primogenito che per manifestarsi si sacrifica ed è ucciso nella Croce della Materia donando la sua Vita per infondere Coscienza alla manifestazione[1]. Sotto questa forma il Cubo diventa il veicolo e il numero della vita, il Padre Madre Sette. Con questa raffigurazione, il numero Sette si può esprimere attraverso la somma di TRE o di un Triangolo Δ e di QUATTRO o di un Quadrato o. Il Cubo Primordiale e perfetto è citato nei Purana. La Ka’ba, un Cubo di pietra, è l’asse del mondo della cosmologia islamica[2]. Durante il loro pellegrinaggio alla Ka’ba, i pellegrini vi girano intorno per sette volte e questa inerzia della grande folla intorno alla Ka’ba, con il suo curioso vorticoso movimento liquido, se vista da una prospettiva aerea, assomiglia a un vortice immenso.
 
Nel Rig Veda, Aditi - lo Spazio Illimitato - è giustamente chiamata la “Madre degli Dèi”, poiché è dalla sua Matrice Cosmica che nacquero tutti i corpi celesti del nostro sistema. Perciò La Madre Aditi è allegoricamente descritta in questo modo: “Otto Figli nacquero dal corpo di Aditi; si avvicinò agli dèi con Sette, ma respinse l’Ottavo”. Il Figlio Respinto nei Veda è chiamato l’“Occhio del Mondo” che nel nostro sistema indica il Sole. Gli Aditya, nel loro significato primitivo più antico, sono gli Otto e i Dodici grandi Dèi del Pantheon indù. L’antico Commentario alle Stanze di Dzyan dà la seguente allegoria e relativa spiegazione: “Otto case furono edificale dalla Madre: otto case per i suoi otto Figli Divini; quattro grandi e quattro piccole. Otto Soli luminosi, secondo le loro età e i loro meriti.”
 
Il numero otto è collegato al Cubo, che è la seconda figura geometrica solida della Natura manifestata, dopo il Triangolo che diviene Tetraedro. Il Cubo è il due, moltiplicato per se stesso e ripiegato su se stesso il cui volume è otto: 2x2x2=23=8.
 
L’Uno dai Quattro Volti, Brahma “dalle Quattro Facce”, è detto Chatur-Mukham, il Cubo Perfetto, che forma se stesso dentro e dal Cerchio Infinito.
 
Si parte dal Cubo Perfetto, inscritto in una Sfera. Il Cubo ha 12 spigoli, 8 vertici, 6 facce; l’Ottaedro ha 12 spigoli, 8 facce e 6 vertici, riferendoci al tetracordo di Filolao dove ogni corda è divisa idealmente in 12 parti, questi numeri danno sia le lunghezze delle corde del tetracordo di Filolao, cioè della prima corda (12/12=1/1), nota DO, della terza (8/12=3/4) nota FA, e della quarta (6/12=1/2) nota DO’, e sia le frequenze. Si troncano con otto piani i vertici del Cubo togliendo al Cubo Otto Tetraedri[3]. Il taglio è effettuato nel punto di mezzo del lato del Cubo, ½ è il rapporto DO’ di ottava, l’Armonia.
 
Otto Tetraedri uniti formano Quattro Ottaedri. Cubo e Ottaedro sono legati dall’Armonia: Ciò che si ottiene troncando le otto cuspidi del Cubo è un Cubottaedro, uno dei tredici poliedri archimedei.
 
Figura 4. Dal Cubo al Cubottaedro
 

 
Si noti che la faccia triangolare del Cubottaedro si forma tagliando un angolo del Cubo, e che le facce quadrate si formano quando sono tagliati i 4 angoli del Cubo. Vi sono 6 facce quadrate una per ogni faccia del Cubo e 8 facce triangolari sul Cubottaedro, una per ogni vertice tagliato, il rapporto tra i due tipi di facce triangolo e quadrato è r/£=8/6=3/2, numero che rappresenta la frequenza legata alla nota SOL. Nel Cubo di partenza vi erano solo tre delle quattro frequenze del tetracordo, nel Cubottaedro vi è il rapporto di corda mancante, espresso come frequenza. Il Cubottaedro nella manifestazione tridimensionale è l’evoluzione e il completamento dell’opera iniziata con il Cubo
 
Il Cubottaedro ha 12 vertici, 14 facce e 24 spigoli. Si può creare un Cubottaedro da quattro piani esagonali intersecanti disposti come le facce di un tetraedro, infatti i 24 spigoli del Cubottaedro identificano, a gruppi di sei, 4 esagoni regolari.
 
Figura 5. Cubottaedro quattro piani esagonali intersecanti

   
I 12 vertici possono anche essere considerati essere composti di 3 quadrati ortogonali incentrati nel centro del cubo, i cui lati attraversano le facce quadrate del Cubottaedro come diagonali. In figura sono mostrati 3 quadrati incastro, gli angoli che sono i vertici del Cubottaedro. I punti d’intersezione nel Cubo dei 3 quadrati formano i vertici di un Ottaedro.
 
Figura 6. Cubottaedro tre quadrati intersecanti
 
 
Nella figura successiva è visualizzata la trasformazione da Ottaedro a Cubottaedro: i 6 vertici dell’Ottaedro si aprono fino a formare 6 Quadrati, i 6 Triangoli non subiscono alcuna trasformazione. Questa trasformazione è stata denominata da B. Fuller la “Trasformazione Jitterbug”.
 
Figura 7. Trasformazione Jitterbug
     

     

[1] Il mistero ci dice che l’uomo terreno è fatto a immagine (in analogia) con l’Uomo Celeste, il cui corpo è una croce di carne su cui egli è crocefisso ogni volta che s’incarna. Nell’antica Grecia, Mercurio era rappresentato sotto forma di un cubo senza braccia. I sacerdoti ogni sette giorni ungevano di olio sacro i cubi di pietra, le pietre miliari.
[2] Alcune fonti asseriscono che nelle antiche civiltà semitiche e mussulmane Saturno corrispondesse alla divinità “El” e fosse raffigurato sotto forma di un gigantesco cubo nero.
[3] Si ricorda che il Tetraedro, è la prima forma, quella del Fuoco.
CUBOTTAEDRO - VECTOR EQUILIBRIUM
 
Il raggio della Sfera inscritta nel Cubottaedro tocca tutti i 12 vertici ed è esattamente uguale alla lunghezza di tutti i suoi lati. Ciò significa che il Cubottaedro è l’unica forma geometrica in cui tutti i vettori che escono dal centro per terminare sugli spigoli hanno la stessa lunghezza e la stessa relazione angolare (60°). Purtroppo, il nostro punto di vista bidimensionale non è in grado di visualizzare con precisione il Cubottaedro nella vera prospettiva.
 
Figura 1. VE il Vector Equilibrium
 
 
Il VE possiede anche l’attributo dell’essere composto di Quattro Esagoni disposti simmetricamente in quattro piani. Come si osserva nell’immagine, il primo sul piano orizzontale (rosso); il secondo che circonda l’intero VE (blu); gli altri due inclinati verso destra e sinistra (verde e porpora)[1]. Gli Esagoni sono tutti a 60° tra loro e gli angoli che definiscono, sono gli stessi delle facce di un Tetraedro. Il Vettore Equilibrio individua un sistema di coordinate a 60° formato dall’intersezione di quattro facce esagonali che s’intersecano a 60°. Poiché il VE possiede questi quattro piani esagonali che definiscono le sue coordinate spaziali, B. Fuller[2] affermava che le fondamenta della geometria cosmica sono quadridimensionali, all’opposto del sistema di coordinate tridimensionali a 90° (X,Y,Z)[3].
 
Il Cubottaedro è stato chiamato Vector Equilibrium da Buckminster Fuller perché il “VE” è l'unica forma geometrica in cui tutte le forze sono uguali ed equilibrate in cui tutti i vettori sono della stessa lunghezza e della stessa relazione angolare (60°); da una prospettiva energetica, il VE rappresenta la perfetta condizione in cui il movimento dell’energia arriva in uno stato di assoluto equilibrio e quindi assoluta immobilità e vacuità. Il Vector Equilibrium (VE) è la disposizione energetica e geometrica primaria nel cosmo.
 
Figura 2. VE 2D Equilibrium
 
 
Il Vector Equilibrium (VE) è l’unico poliedro in cui i vettori radiali e vettori circonferenziali, esistenti nei suoi quattro piani, sono uguali in quantità numerica, da qui il suo nome. Non esiste altra forma strutturale con tale caratteristica, i 5 Poliedri platonici hanno tutti uguale lunghezza dei vettori esterni, ma minor lunghezza dei vettori radiali cioè che vanno al centro. Le 12 linee di energia (i vettori) sono di uguale lunghezza e forza. Esse rappresentano l’energia di attrazione e repulsione, come si può sentire con un magnete. Non si può effettivamente osservare il “VE” nel mondo materiale, perché è la geometria dell’equilibrio assoluto. Complessivamente il Cubottaedro o Vector Equilibrium[4] è composto di 24 vettori di uguali dimensioni, 12 interni al poliedro o radiali dal centro, e 12 esterni lungo i lati dell’esagono e dei due triangoli (3+6+3). Secondo B. Fuller, il VE è più appropriatamente detto “sistema” e non struttura, perché possiede facce quadrate instabili e quindi non-strutturali ... [5]
 
Con i vettori della stessa lunghezza e nella stessa relazione angolare, da una prospettiva energetica, il VE rappresenta la perfetta condizione in cui il movimento dell'energia arriva in uno stato di assoluto equilibrio e quindi assoluta immobilità e vacuità.
 
L’Equilibrio tra positivo e negativo è pari a zero. Il Vettore Equilibrio è il vero riferimento di zero della matematica e dei sistemi energetici. Il Vettore Equilibrio non in rotazione, con Zero pulsazione, rappresenta l’approccio più vicino sapremo verso l’eternità e Dio. La fase zero dell’integrità concettuale insita nelle asimmetrie positive e negative che si propagano i differenziali della coscienza[6]
 
  • Il “VE”, è la forma di energia in perfetto stato d’equilibrio: è la fase zero dalla quale emergono tutte le altre forme.
  • Il “VE” è la madre di tutte le forme e simmetrie che vediamo nel mondo.
 
Questa, secondo Fuller e numerosi altri ricercatori che l’hanno seguito, è la struttura di base del campo spaziotemporale nel suo stato di punto zero o stato di Campo Unificato, dove tutti i vettori di energia sono uguali in forza e fase, creando così una somma totale di zero[7].
 
Vi sono 6 facce quadrate e 8 facce triangolari sul Cubottaedro, una per ogni vertice. Secondo B. Fuller, il VE è il Tetraedro Zero, perché è composto di Otto Tetraedri che convergono simultaneamente sul suo punto centrale[8]. Le facce quadrate sono le basi di mezzo ottaedro, come la forma delle piramidi in Egitto.
 
Il Cubottaedro è composto di 8 Tetraedri e 6 mezzi Ottaedri, in totale 20 Tetraedri. Il corpo umano ha 12 meridiani regolari e 8 meridiani spirituali per un totale di 20 meridiani in cui scorre il Chi.
 
Figura 4. Stella Octangula nel Cubo
 
È importante far notare che le otto facce triangolari del VE, combaciano simmetricamente con le otto facce triangolari di un Tetraedro a Stella (due Tetraedri intrecciati), che è inscritto in un Cubo. Il volume che il Tetraedro a Stella (detto Stella Octangula) che lascia vuoto nel Cubo in cui è inscritta può essere riempito da 12 poliedri (uno per ogni spigolo del Cubo) tutti uguali tra loro. Il Tetraedro a Stella, è una geometria bilanciata polarmente della forma strutturale di base del Tetraedro.  

Altro modo per derivare la geometria del VE, è usare 13 sfere dello stesso diametro. Usando una sfera come punto centrale, possiamo riunire dodici sfere attorno a questa sfera “nucleo”, come vediamo sotto. Dato che il diametro è lo stesso per tutte le sfere, i centri di ognuna di esse saranno equidistanti da quelli vicini, incluso quello centrale. Le linee che connettono i loro centri sono i vettori del VE. All’inizio, le 12 sfere sono poste intorno ad una singola sfera centrale. Come le sfere restringono e scompaiono, generano un poliedro in cui tutti i bordi e tutti i raggi sono di uguale lunghezza. Questa forma è ciò che Fuller chiamava Vector Equilibrium. Questa rappresentazione geometrica del VE è quella dei 12 Eoni della Gnosi Pitagorica di Valentino!
 
Figura 5. VE e le 13 Sfere
 
 
La più affascinante lezione che si apprende dal concetto di VE si verifica nel momento in cui il modello di equilibrio è interrotto togliendo la sfera centrale. Il modello quindi, non è più in uno stato di equilibrio e di energia è libero di organizzarsi in nuovi modelli, disperdersi o attrarre energie necessarie. Il Cubottaedro si trasforma in un Ottaedro. Fuller denominato questa trasformazione “Trasformazione Jitterbug”. Questa scoperta è liberatoria perché consente di comprendere in quale modo i modelli geometrici hanno il potenziale di cambiare drasticamente forma nel tempo, pur essendo realizzata con gli stessi elementi. L’energia può essere attratta e dispersa ciclicamente affinché nuovo equilibrio possa essere stabilito. Così, VE è solo un momento finito di equilibrio all’interno di uno squilibrio.

[1] Altra caratteristica unica del VE è l’abilità di contrarsi ed espandersi dinamicamente in pulsazione spiraleggiante sia in simmetria sinistrorsa sia destrorsa.
[2] Buckminster Fuller (1895-1983) è stata una delle menti brillanti del XX secolo. Inventore, architetto, designer, filosofo, scrittore e professore alla Southern Illinois University ha contribuito con la sua visone del mondo a rivoluzionare il campo dell’architettura e della scienza può essere annoverato fra i seguaci del XX secolo di Pitagora e Platone. Fuller era una persona interessata alla sostenibilità e affermava che riciclando le risorse in prodotti nuovi e di maggior valore si potesse aumentare la ricchezza realizzando molto di “più” con “meno”. La sua visione più importante era quella di pensare “fuori dagli schemi” e di mettere in dubbio le concezioni finora date per scontate.
[3] Il sistema di Coordinate cartesiane è il risultato dall’intersezione di tre piani a 90 gradi rappresentati dai tre quadrati ortogonali, che si estendono, almeno teoricamente, all’infinito.
[4] La Cosmometria Strutturale definisce il Vector Equilibrium quale disposizione energetica e geometrica primaria nel cosmo.
[5] Tradotto da Richard per Altrogiornale.org.
[6] R. Buckminster Fuller, Sinergetica.
[7] http://www.altrogiornale.org/_/content/content.php?content.967.
[8] Cosmometria strutturale. http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.7936.
TENSEGRITÀ - L’ARCHITETTURA DELLA VITA
 
L’Antico Insegnamento orientale afferma che L’Atomo Cosmico, la Sfera, creato dalla Mente Universale, è sottoposto all’azione delle Tre Guna:     
Tamas, la forza di attrazione (-), Rajas, la forza di repulsione (+), Sattva, la forza stabilizzatrice (+/-) che bilancia le prime due.  

Figura 1. Azione lineare delle tre Guna
 
 
Queste tre Guna quando sono in perfetto equilibrio si dispongono a triangolo Equilatero, quando l’equilibrio si altera, il Triangolo si apre nello spazio tridimensionale come una spirale aperta triangolare. B. Fuller afferma che questo è il modello di un evento energetico quantistico. Unendo due eventi opposti, cioè due spirali triangolari opposte si ottiene il Tetraedro quale modello vettoriale di Quantum. B. Fuller ha osservato che quelle che chiamano forme geometriche, sono in realtà solo “eventi energetici” che si articolano geometricamente come vettori di energia. Il Tetraedro diviene così il modello base vettoriale, un sistema reticolare spaziale, denominato da Fuller: “Sistema strutturale fondamentale dell’Universo”. Il sistema reticolare spaziale è realizzato con cerniere esclusivamente nodali i cui elementi possono essere soltanto puntoni o tiranti. Ogni nodo della struttura connette un puntone e più tiranti, con la particolarità di avere un piccolo numero di elementi compressi (puntoni), mai contigui l’uno all’altro e collegati tra loro tramite un sistema continuo di elementi tesi (tiranti). Buckminster Fuller spiegò che questi due fondamentali fenomeni di spinta e di tiro non sono opposti ma complementari. Tensione e compressione sono appunto le azioni di Rajas e Tamas. I modelli geometrici che si trovano in natura possono intendersi basati sui principi della tensigrità.
 
In un sistema reticolare strutturale i nodi sono delle cerniere, i lati sono tiranti e puntoni. La proprietà che riflette il carattere peculiare di un sistema tensintegro[1], come inteso da Fuller, è la proprietà di ricerca di forma che ha importanza centrale quando si tenta di costruire uno di questi sistemi. Con il termine “tensegrità” s’indica un sistema che acquista stabilità grazie al modo in cui le forze meccaniche di tensione e di compressione sono distribuite e bilanciate all‘interno della struttura stessa. Sono dunque presenti all’interno del sistema/struttura forze opposte che equilibrandosi rendono la struttura intrinsecamente stabile. Fuller scoperto che la natura non costruisce rettangolare, ma al massimo con un angolo di 60°. Questo principio è stato applicato alzando cupole geodetiche formate da triangoli equilateri. In questo modo la stabilità dell’edificio non è stata raggiunta per compressione, come nella consueta costruzione di edifici, ma con la distribuzione e simultanea tensione e compressione. Caratteristica di queste strutture è che la tensione è trasmessa in modo continuo tra i vari elementi strutturali, cioè a un aumento locale della tensione su uno qualsiasi degli elementi, si ha un aumento globale della stessa su tutti gli altri secondo il fenomeno che Fuller definisce di “tensione locale a compressione continua”.
 
La Tensegrità, o la simultaneità di trazione e compressione, è una caratteristica diffusa in natura. L‘atomo di carbonio, la molecola dell‘acqua, le proteine in generale, le cellule, i tessuti, gli esseri umani e tutte le creature viventi usano il principio della tensegrità che è il sistema costruttivo preferito dalla natura perché il meno dispendioso e il più efficiente. È ormai noto ai biologi che tutta la materia, organica e inorganica, é composta dagli stessi elementi: carbonio, ossigeno, azoto e fosforo; la sola differenza risiede nel modo e nelle geometrie con cui gli atomi si dispongono nello spazio tridimensionale.
 
La Biotensegrità[2] è l’applicazione di principi tensegrità a strutture biologiche, una teoria in biologia molecolare sviluppata negli ultimi venti da Donald Ingber. La teoria nata per spiegare la struttura cellulare ha mostrato aspetti molto interessanti: è emerso che una quantità incredibilmente varia di sistemi naturali a diverse scale di grandezza è costruita seguendo il cosiddetto principio architettonico di “tensegrità”, auto-assemblaggio di composti, proteine, e anche gli organi. Ad esempio, le forme espresse di cellule, che si tratti di loro reazioni alla pressione applicata, le interazioni con i substrati, ecc, tutte possono essere matematicamente modellate quando si utilizza il modello di tensegrità per la cella citoscheletro.
  
Dagli studi di Levin e di Ingber nasce il modello tridimensionale di un Icosaedro, formato da tiranti ed elementi rigidi che formano svariati triangoli. Il modello ha come caratteristica la possibilità di deformarsi e ritornare alla posizione neutra originale, con qualsiasi forza esercitata su di esso e da ogni direzione spaziale, sia di compressione sia di trazione.  
Figura 2. Modello tridimensionale con tiranti di un Icosaedro
 
 
Quando il VE collassa all’interno e le facce quadrate si contraggono lungo una delle loro diagonali, la lunghezza di questa diagonale diviene la stessa dei lati del VE. In questo momento la simmetria dell’Icosaedro si mostra. Questa era detta fase icosaedrica da Fuller. Da notare che il Dodecaedro è il “doppio” simmetrico dell’Icosaedro ed è quindi implicato energeticamente in questa fase. Secondo il ricercatore Robert Gray, esiste anche una fase dodecaedrica lungo il moto in contrazione del VE. Continuando la contrazione, le facce quadrate del VE continuano a seguire la diagonale, finché la distanza non è completamente coperta. In questo momento si mostra la simmetria dell’Ottaedro. Questa fase ottaedrica ora evidenzia un raddoppio dei vettori del VE, creando un fortissimo legame di tensione, che troviamo negli elementi atomici con simmetria ottaedrica. Da notare che il Cubo è il doppio simmetrico dell’Ottaedro ed è quindi implicato anche in questa fase e come notato sopra, è inerente nella simmetria primaria del VE stesso[3].
 
Tutto il corpo e in particolare tutta la colonna vertebrale possono essere descritti come un sistema di tensegrità. Le ossa del corpo, gli elementi resistenti a compressione, cioè i montanti, i muscoli, i tendini, i legamenti, sono elementi corpo resistenti a trazione. Gli svariati legamenti della colonna vertebrale sono così capaci si sostenere il peso del corpo senza applicare forze compressive alle vertebre e ai dischi intervertebrali[4]. Il modello di Tensegrità sembra essere il più rappresentativo delle cellule del corpo e, in maniera più evidente, dei tessuti connettivi di cui il sistema miofasciale è il maggior rappresentante.
 
Nuovi Studi hanno poi portato a comprendere come la tensegrità sia ancora importante nella regolazione di fenomeni diversi dalla semplice stabilizzazione della struttura cellulare. Alcuni ricercatori della Michigan State University hanno dimostrato che l’esistenza di un equilibrio tra forze di tensegrità fornisce una chiave per integrare a livello molecolare fenomeni meccanici e biochimici. Più specificamente, in una neurite, lo spostamento del carico compressivo verso i punti in cui una cellula si collega alla materia extracellulare, può determinare la riparazione di un nervo danneggiato.
         
  • Compressione - Spinta          Tensione - Tiro            
  • Repulsione                           Attrazione            
  • Centrifugo                           Centripeto            
  • Espirazione                          Inspirazione            
  • Esplosione                           Implosione            
  • Divergente                          Convergente            
  • Arterioso (spinta divergente) Venoso (risucchio convergente)            
  • Le ossa                               Il sistema miofasciale            
  • Spermatozoo                       Uovo            
  • Yang                                   Yin
       
Tutto ciò è in accordo con la Dottrina Pitagorica delle Coppie:
 
1.   LIMITE                            ILLIMITE
2.   DISPARI                          PARI
3.   UNO                               MOLTEPLICE
4.   DESTRO                          SINISTRO
5.   MASCHIO                        FEMMINA
6.   IMMOBILE                       IN MOVIMENTO
7.   DRITTO                          CURVO
8.   LUCE                              OSCURITÀ
9.   BUONO                           CATTIVO
10.  QUADRATO                    RETTANGOLO

[1] B. Fuller conia il termine “tensegrity”, combinando le parole “tensile” e “integrity”, per sottolineare una caratteristica di questi sistemi: gli elementi tesi costituiscono un insieme connesso, che separa ogni elemento compresso da tutti gli altri.
[2] Termine coniato dal Dr. Stephen Levin.
[3] http://www.altrogiornale.org/print.php?news.7936.
[4] http://www.acsicraniosacrale.it/site01/images/articoli/Tensegrita.pdf.

SAPIENZA ANTICA E SAPIENZA MODERNA - UNIVERSO GEOMETRICO
 
L’Antica Dottrina, la sia chiami Insegnamento o Gnosi insegna che la Natura aborrisce il vuoto, lo Spazio è pieno. Per la filosofia esoterica, all’origine, esiste soltanto l’Æther, una Sostanza perfettamente Omogenea, enormemente densa indifferenziata, detta anche Materia Radice. I saggi antichi avevano sostenuto che “la Natura aborre il vuoto”, ma la fisica attuale non volendo sentire parlare di Etere preferisce usare la parola “campo” definita come stato del vuoto.
 
Figura 1. Modello dell’Universo con poliedri
 
 
La fisica quantistica predice l’esistenza di un mare sottostante di energia in ogni punto dell’universo, anche definita come energia del Punto Zero (ZPE): il più basso livello di energia possibile nel vuoto. Come i pesci nel mare, la pressione di questo fluido ci circonda costantemente, benché noi non notiamo la sua presenza. La legge del movimento vorticoso nella materia primordiale è una delle più antiche concezioni della filosofia greca, i cui primi Sapienti conosciuti storicamente, erano quasi tutti Iniziati agli antichi Misteri. Leucippo e Democrito di Abdera insegnavano che questo movimento rotatorio degli atomi e delle sfere esisteva ed esiste per l’eternità.
 
Figura 2. Tassellazione dello spazio bidimensionale
 
Poiché la Natura aborre il vuoto, lo spazio è pieno cioè è riempito di materia, tassellato. Una tassellazione dello spazio è un riempimento (rappresentato attraverso un suo frammento) dell’intero spazio infinito, realizzato affiancando solidi geometrici in modo da non lasciare spazi vuoti. Una tassellazione è dunque un insieme di figure (forme) che riempie lo spazio senza sovrapposizioni e senza lacune. Nello spazio bidimensionale, il Triangolo e il Quadrato tassellano lo spazio.
 
Attorno ad un punto centrale, tramite esagoni contigui, si ottiene il riempimento totale e indipendente dalla direzione (isotropo) del piano.
 
Nel caso di uno spazio tridimensionale:
  • Tra i cinque poliedri regolari (solidi platonici) solo uno tassella lo spazio: il Cubo dai 12 spigoli.
  • Tra i tredici poliedri semi-regolari (solidi archimedei) soltanto il Dodecaedro Rombico che ha 12 facce uguali, non regolari, a forma di rombo permette di tassellare lo spazio.
 
Cubo e Ottaedro sono duali fra loro, uno si trasforma nell’altro. Il Cubo e la sua progenie trasformata Ottaedro tronco e il Dodecaedro Rombico tassellano lo spazio.
 
L’ottaedro regolare non genera da solo una tassellazione dello spazio, ne genera una però in combinazione con il tetraedro, come mostrato in figura.
 
Figura 3. Tassellazione dello spazio con Ottaedro e Tetraedro
 
 
L’Ottaedro tronco ha 14 facce (6 quadrate, 8 esagonali), 36 spigoli 24 vertici. Viceversa i Cubottaedri da soli non possono tassellare lo spazio perché una volta affiancati rimane da riempire lo spazio creatosi dopo aver smussato il Cubo. Tale spazio è riempito esattamente da solidi con 8 facce triangolari uguali, si tratta di Ottaedri di spigolo uguale a quello del Cubottaedro. I Cubi tassellano lo spazio ma ogni cubo che tassella lo spazio può essere scomposto in due pezzi aventi una faccia esagonale. Rimuoviamo ora uno dei due pezzi. Se disponiamo i cubi in modo da incollare le facce esagonali del pezzo rimasto, allora si formano degli Ottaedri tronchi, uno ogni otto pezzi.
 
 
Figura 4. Tassellazione dello spazio Tridimensionale

Il Cubo e il Dodecaedrico Rombico[1] che hanno questa capacità di riempire lo spazio presentano ambedue l’uno nel numero degli spigoli l’altro nel numero delle facce, il Numero 12, che è intimamente collegato con l’Universo; infine occorre ricordare che i Pitagorici e i Platonici avevano preso simbolo dell’Universo proprio il Dodecaedro regolare.
 
Figura 5. Tassellazione con sfere e Dodecaedro rombico
 
 
Particolarmente interessante è la tassellazione regolare realizzata con il Dodecaedro Rombico: è proprio la configurazione che assumerebbero delle sfere deformabili, collocate nello spazio secondo un impacchettamento ottimale, se compresse fino a non lasciare spazi vuoti. Il Dodecaedro Rombico è duale del Cubottaedro, i cui vertici definiscono il Vector Equilibrium “VE” di Buckminster Fuller[2].
 
Un altro modo di guardare la natura strutturale del cosmo viene dalle intuizioni di Buckminster Fuller, come egli ha approfondito la sua ricerca per capire “sistema di coordinate della natura” che in ultima analisi ha chiamato Sinergetica. B. Fuller postulò che l’universo fosse composto con matrici di Tetraedri. Sviluppò questo concetto in diversi modi, dall’approssimazione delle sfere con altri solidi alla stabilizzazione degli oggetti nello spazio tramite tiranti. Il suo nome come architetto è legato principalmente alla progettazione e realizzazione delle cupole geodetiche, che sono parte anche delle moderne stazioni radar, di edifici civili e tensostrutture. La loro costruzione si basa sull’estensione di alcuni principi base dei solidi semplici, come il Tetraedro, l’Ottaedro e solidi con numero di facce maggiore che possono considerarsi approssimazione della sfera. Le strutture così concepite sono molto leggere e stabili.
 
Figura 6. Francobollo con B. Fuller
 
 
Pitagora e Platone e gli Istruttori dei Misteri dichiararono che la materia fisica era in ultima analisi di natura geometrica, che in tutte le cose “Dio geometrizza”. Così i Cinque solidi formavano l’apice della conoscenza geometrica della Scuola Platonica. Il complesso degli Elementi di Euclide, dice Proclo, era un’introduzione a questa scienza dei solidi perfetti. Dopo 2500 anni dal tempo di Pitagora, Scienza e Spirito stanno convergendo in una coscienza unitaria in cui le occupazioni puramente metafisiche e il puramente fisico di conoscenza diventano perfettamente integrati. Per i ricercatori moderni è disponibile un nuovo modello di Geometria Cosmica per comprendere il cosmo, la Cosmometria[3]. Questa geometria cosmica nasce sulla base delle ricerche di Buckminster Fuller, Arthur Young[4], David Bohm[5] e altri pionieri del 20° secolo (un po’ eretici secondo la visione ortodossa della comunità scientifica). Esistono tre aspetti fondamentali che producono il nucleo di quello che è in effetti un modello unificato. Essi sono:
 
  1. Forma Strutturale: la tensegrità inerente (integrità tensionale[6]) di interazione energetica che crea il set primario di strutture geometriche[7] (dette poly-vertexia) includendo il Tetraedro, l’Ottaedro, il Cubo, l’Icosaedro, il Dodecaedro e il Cubottaedro (Vector Equilibrium VE) e una miriade di permutazioni di queste strutture primare (Buckminster Fuller).
  2. Schema di Campo: il campo d’energia che circonda e permea un’entità come schema d’onda stazionaria (David Bohm).
  3. Processo di Flusso: il flusso d’energia dentro e attorno e tra tutte le entità nel cosmo. La nuova fisica dell’Etere rappresenta le particelle come vortici toroidali in rotazione e in particolare le due forze opposte di attrazione gravitazionale e di repulsione sono rappresentate con due vortici che ruotano in senso opposto. In questo modo l’energia fluisce sia dentro sia fuori attraverso i poli del sistema, piuttosto che dentro da uno e fuori dall’altro come in un sistema a singolo toroide (Arthur Young).
 
Il primo aspetto riguarda la forma strutturale è dovuto al lavoro di Buckminster Fuller sulle strutture a cupola geodetica. Fuller osservò che da un punto di vista energetico-sinergetico, le cupole geodetiche sono il risultato degli incroci di linee (vettori) di energia tensionale (tramite attrazione quanto elettromagnetica e gravitazionale) che si incontrano nei cosiddetti vertici, i punti agli angoli di un dato poliedro[8]. Buckminster Fuller spiega che non bisogna soffermarsi sula faccia del modello come ad esempio nel caso del poliedro ma sui vertici (punti di passaggio) che definiscono il contorno, perché essi sono il risultato dell’intersezione dei vettori energetici. Per Buckminster Fuller[9] il termine “polyvertexia” rappresenta una descrizione più accurata delle forme strutturali che ci sono familiari[10]. Uno dei polyvertexia è unico, viene chiamato in due modi diversi: Cubottaedro e Vector Equilibrium (VE) nel 1940.
 
Come affermato da Fuller … è la fase zero dalla quale emergono tutte le altre forme (così come tutti gli eventi energetici, come descritto di seguito). L’aspetto più fondamentale del VE da capire, è che, essendo una geometria dell’equilibrio assoluto in cui tutta la fluttuazione (e quindi il differenziale) cessa, è concettualmente la geometria di quello che chiamiamo campo di punto-zero o Campo Unificato, detto anche “vuoto” dello spazio. Perché qualsiasi cosa si manifesti nell'universo, sia fisicamente (energia) che metafisicamente (coscienza), è necessaria una fluttuazione nel Campo Unificato, grazie alla quale si manifestano i campi Quantistici e dello Spaziotempo, osservabili e misurabili. Prima di questa fluttuazione, il Campo Unificato esiste come puro potenziale e secondo la contemporanea teoria in fisica, esso contiene un’infinita quantità di energia (e in cosmometria, così come nelle filosofie spirituali, un infinito potenziale creativo della coscienza) [11].
 
Buckminster Fuller descrive il Cubottaedro come Vector Equilibrium perché è composta di 24 vettori di uguali dimensioni, 12 radiali dal centro e 12 sui bordi.
 
Non esiste altra forma strutturale con tale caratteristica (le strutture platoniche hanno tutte uguale lunghezza dei vettori esterni, ma minor lunghezza dei vettori che vanno al centro). Il “VE”, per semplicità, è la forma di energia in perfetto stato d’equilibrio. Questo, secondo Fuller e numerosi altri ricercatori che l’hanno seguito, è la struttura di base del campo spaziotemporale nel suo stato di punto zero o stato di Campo Unificato, dove tutti i vettori di energia sono uguali in forza e fase, creando così una somma totale di zero[12].
 
Figura 7. Campo unificato
 
 
Essendo il Cubottaedro una geometria con vettori identici e identici angoli di 60°, è possibile estenderne la disposizione in equilibrio all’infinito verso l’esterno dal punto centrale del VE, producendo la cosiddetta Matrice di Vettori Isotropica (IVM). Isotropica significa “sempre la stessa”, Vettore significa “linea di energia” e Matrice significa “schema di linee d’energia”. È questa matrice di vettori isotropica che può essere vista come geometria infinitamente presente in tutte le scale e in perfetto equilibrio del Campo Unificato di punto zero. Ogni punto in questa matrice è un potenziale punto centrale di un VE, attorno al quale può nascere una condizione di fluttuazione dinamica e manifestarsi[13]. L’IVM consiste in una semplice disposizione di tetraedri e ottaedri alternati.
 
I Solidi Platonici sono semplicemente rappresentazioni di formazioni d’onda in tre dimensioni. Questo punto non è stato sottolineato abbastanza. Per quanto riguarda le relazioni fra le onde stazionarie e i poliedri, i Solidi Platonici sono semplicemente rappresentazioni di formazioni d’onda in tre dimensioni. Ogni punto di vertice dei Solidi Platonici tocca la superficie di una sfera nella zona, dove le vibrazioni si fermano per formare un nodo, quindi, quello che si vede è un’immagine geometrica tridimensionale di vibrazione-pulsazione. Nell’universo di Newton, nella fisica classica, tutto si spiega con i movimenti dei corpuscoli materiali che obbediscono alle leggi in modo meccanico. In tale visione del mondo materialista e determinista, non c’è posto per lo Spirito. Contrariamente alla fisica classica, la Fisica Quantica ci permette di assumere una visione della realtà non fondata su una natura materiale ma piuttosto su una Coscienza. Uno degli aspetti imprevedibili della realtà quantica è la non-separabilità, cioè la totalità indivisibile della realtà. Degli esperimenti dimostrano che, in certe circostanze, i sistemi quantici cambiano il loro comportamento, quando cambia l’informazione che li riguarda. Essi rispondono a un cambiamento d’informazione, come se fosse importante ciò che pensiamo su di essi. Al livello delle particelle elementari, degli stati mentali diventano stati materiali. Il Verbo si è fatto carne. Gli stati non osservati delle onde di potenzialità assomigliano a pensieri. I risultati dei salti quantici sono delle entità materiali. L’attualizzazione è la materializzazione. Tutto ciò che il re Mida toccava si trasformava in oro. Tutto ciò che noi tocchiamo osservandolo si trasforma in materia, quello che noi crediamo di vedere come particella è in realtà il punto focale delle vibrazioni.
 
Postulato della Cosmometria è che l’universo è un fenomeno frattale-olografico composto di un’interazione sinergica di energia e coscienza. La visione del mondo frattale-olografica è semplicemente che “gli stessi schemi si ripetono in tutte le scale” (frattale), e “la tutto è presente ovunque in ogni momento” (olografica). Energia e coscienza coesistono sempre e solo nella creazione continua di esistenza fisica e metafisica a tutte le scale.
 
Il terzo aspetto del modello unificato riguarda il processo di flusso. Si è scoperto che l’energia Eterica può organizzarsi in schemi d’onda geometrici, descritti da Platone quasi 2500 anni fa, tramite i solidi Platonici. Questi modelli platonici si organizzano in quelli che la teoria del Caos chiama schemi frattali che formano una matrice nello spazio interconnettendo gli atomi alle stelle. Scienziati e ricercatori come Mishin, Aspden, Tesla e Keely hanno scoperto, indipendentemente gli uni dagli altri, che l’etere è suddiviso in differenti livelli di densità. Le scale dei solidi Platonici sono diverse ma il rapporto tra loro segue il principio Ermetico, “come sopra cosi sotto” quindi sempre Quello.
                                    
I fisici del 19° secolo erano in imbarazzo di fronte all’Etere perché esso mostra alcune proprietà che ci dicono che è un fluido e altre che ci dicono che è un solido. All’inizio del 20° secolo l’Etere fu negato dalla fisica per poi riapparire nel 21° secolo. N. Tesla diceva che l’Etere si comporta come un liquido di fatto, e come un solido per luce e calore. I Solidi Platonici in realtà si comportano come fossero strutture consolidate dell’Etere, organizzando i flussi energetici in schemi specifici. All’estremità opposta dell’energia dalla pura del VE, ancora stato di perfetto equilibrio vi è il processo dinamico di flusso chiamato toroide, l’unica forma di energia autosufficiente e il fondamento di tutti i sistemi sostenibili. Arthur Young, ha spiegato che un toroide è l’unico modello di energia o dinamica, che può autosostenersi ed è fatto della stessa sostanza che lo circonda, come un tornado, un anello di fumo nell’aria o un vortice nell’acqua. Arthur Young matematico, cosmologo e inventore dell’elicottero Bell. L’elicottero impiega due rotazioni ortogonali tra di loro, che è l’essenza del toroide.
 
Figura 8. Toroidi
 
 
Un toroide possiede un asse centrale con un vortice a entrambe le estremità e un campo coerente circostante. Il toroide è un vortice di energia a forma sferica con due depressioni polari, l’energia fluisce in un vortice, attraverso un asse centrale, esce dall’altro vortice e quindi si avvolge su di sé per tornare al primo vortice entrante. Secondo la Dottrina Arcaica e anche secondo Daniel Winter[14], l’Etere crea vortici, piccoli tornado di energia spiraleggiante che formano il nostro universo. I vortici nell’Etere sono paragonabili a piccoli mulinelli in un fiume. Il toroide è una forma di flusso che in idrodinamica, permette ai fluidi di muoversi a spirale verso l’interno e l’esterno sulla stessa superficie del toroide. I singoli toroidi eterici possono essere incorporati tra loro. Quando due di questi vortici si uniscono formano un toroide.
 
L’Universo è una frattalizzazione di flussi energetici toroidali incorporati. In fisica delle particelle la forma del toroide è nota per fornire un miglior ambiente all’interno del quale accelerare le particelle. Il Flusso toroidale presenta un asse verticale centrale di rotazione; riceve ed emette contemporaneamente energia; è autosufficiente e fatto dal mezzo in cui esiste. Il pulsare, pompaggio dinamica della VE crea un flusso toroidale, la VE essendo l’energica “struttura scheletrica” ​​di un sistema toroidale, la forza di Vita a spirale, la Magna Vorago, o Vasto Vortice di Orfeo.
 
Queste tre componenti il Vector Equilibrium, le linee di forza del Campo, il flusso di energia toroidale, sono in ultima analisi, un unico fenomeno nell’unità della totalità.
 
Nel 1985, un icosaedro troncato formato da esagoni e pentagoni è salito a grande popolarità in campo scientifico per la scoperta di una molecola, il fullerene C60, terza forma allotropica del carbonio. Tutti i fullereni incorporano esattamente 12 anelli pentagonali e 20 anelli esagonali di atomi di carbonio, nel resto della struttura. Il nome è un omaggio a Buckminster Fuller, inventore architetto docente universitario e filosofo le cui cupole geodetiche assomigliano. La presenza di fullereni è stata da allora riscontrata in natura. Più recentemente, nel 2010, sono stati rilevati fullereni in forma gassosa nello Spazio. Fullereni sono stati trovati sulla Terra e nei meteoriti, e ora nello spazio, e possono fungere da “gabbie” per catturare altri atomi e molecole. Alcune teorie suggeriscono che i fullereni possono aver portato alle sostanze terrestri che rendono possibile la vita. Essi sono le più grandi molecole conosciute nello spazio.  Secondo l’astronomo Letizia Stanghellini: “È possibile che i fullereni dallo spazio esterno, a condizione semi per la vita sulla Terra."
Figura 9. Fullereni
 
 
L’Aether Teoria Wave è un nuovo approccio alla comprensione della fisica contemporanea, una versione moderna, assai controversa, dell’antico concetto dell’Etere, l’Aether Wave Theory o AWT, si postula l’esistenza di un Etere “schiumoso, in cui lo spazio è strutturato in microscopiche bolle, la cui forma è continuamente cangiante e che sono in perpetuo movimento. La forma tridimensionale di queste bolle determinerebbe la natura della materia e questo potrebbe avvenire esattamente proprio come insegnato da Platone. L’Universo sarebbe dunque formato da una sorta di schiuma densa ed elastica, un coacervo di bolle, le cui deformazioni torsionali creerebbero le particelle della materia osservabile. Insomma, la forma delle bolle determinerebbe lo stato della materia cui la particella apparterebbe.
 
Ad esempio, l’acqua allo stato solido, cioè di ghiaccio, le bolle dell’etere schiumoso assumerebbero la forma cubica. Il passaggio dell’acqua dallo stato solido allo stato liquido si ottiene scaldando il ghiaccio; l’incremento di temperatura trasformerebbe le bolle cubiche in bolle icosaedriche. Il passaggio allo stato gassoso si ottiene fornendo altro calore in modo che le bolle diventerebbero ottaedriche e l’acqua si trasformerebbe in vapore. Fornendo altro calore e si genererebbero bolle tetraedriche con la formazione di un plasma.
 
Secondo la teoria esposta (forme che generano bolle che a loro volta determinano cambiamenti nello stato della materia) i Cinque Solidi di Platone sarebbero dunque dei veri e propri risonatori, ma di un tipo molto speciale: risonatori Eterici. Risonatori che genererebbero qualità diverse di Etere. Unendo l’insegnamento di Platone alla AWT avremmo:
 
  1. Che le bolle tetraedriche sono connesse all’Elemento Fuoco, cioè al plasma;
  2. Che le bolle ottaedriche sono connesse all’Elemento all’Aria, cioè ai gas;
  3. Che le bolle icosaedriche sono connesse all’Elemento all’Acqua, cioè ai liquidi;
  4. Che le bolle cubiche sono connesse all’Elemento Terra, cioè ai solidi.
 
Figura 10. Bolle tetraedriche
 
Ritornando ai Solidi Platonici nell’Etere, il prof. Harold Aspden afferma che essi agiscono come “cristalli fluidi”, cioè che si possono comportare come solidi e come liquidi allo stesso tempo. Così, dopo aver capito che le nuvole di elettroni sono tutte posizionate secondo il modello dei Solidi Platonici, diventa molto più facile capire come si formino i cristalli e anche come probabilmente si formino i quasi-cristalli.
 
Ci sono “nidi” di Solidi Platonici nell’atomo, un solido per ogni sfera principale nel “nido”, proprio come ci sono “nidi” di nuvole elettroniche a differenti livelli di valenza tutti co-esistenti. I Solidi Platonici formano una griglia e una struttura energetica attraverso cui l’energia eterica deve fluire non appena si avvicina al centro positivo di bassa pressione dell’atomo. Così, vediamo che ogni faccia dei Solidi funziona come un tunnel attraverso cui l’energia deve passare, creando ciò che D. Winter[15] ha chiamato “coni a vortice”, piccoli tornado nell’Etere, mattoni fondamentali della materia. Per incorporare i toroidi è necessario che i coni del vortice del toroide siano allineati con le facce dei solidi Platonici. La base piatta del cono del vortice deve toccare la faccia di un solido Platonico. Ad esempio il Cubo contiene 3 coppie di vortici o 3 toroidi allineati perpendicolarmente tra loro; un Dodecaedro contiene 5 toroidi incorporati.
 
Figura 11. Coni a vortice e poliedri platonici
 
 
Secondo la Dottrina Arcaica e anche secondo Daniel Winter, l’Etere crea vortici, piccoli tornado di energia spiraleggiante che formano il nostro universo. I vortici nell’Etere sono paragonabili a piccoli mulinelli in un fiume. Il toroide è una forma di flusso che in idrodinamica, permette ai fluidi di muoversi a spirale verso l’interno e l’esterno sulla stessa superficie del toroide. I singoli toroidi eterici possono essere incorporati tra loro. Quando due di questi vortici si uniscono formano un toroide.
 
Alla fine del 20° secolo, è formulata la teoria della “fisica dei microcluster”, che cambia interamente il punto di vista sul mondo quantico, presentandoci un intero nuovo stato della materia che non obbedisce alle “regole” comunemente accettate.
 
I microcluster sono minuscole particelle che presentano chiare e inequivocabili prove che gli atomi sono vortici nell’Etere che si riuniscono naturalmente in forma di Solidi Platonici tramite la loro vibrazione/pulsazione. La storia dei “microcluster” irrompe per la prima volta nel mondo ufficiale nell’edizione di dicembre del 1989 dello Scientific American, nell’articolo scritto da Michael A. Duncan e Dennis H. Rouvray.
 
Queste nuove scoperte affermano che gli elettroni si organizzano in forma di onde stazionarie di energia eterica assemblate in schemi geometrici. I Microcluster composti dai 10 ai 103 atomi, ma non tutti i gruppi composti di un numero casuale di atomi compreso tra 10 e 1000 formano dei microcluster; solo alcuni “numeri magici” di atomi, unendosi, diventano effettivamente dei microcluster. I numeri magici provengono dalla struttura a conchiglia degli elettroni di valenza. Un numero magico è una specifica grandezza N [cioè il numero di atomi nel cluster] dove accadono anomalie di abbondanza negli spettri della massa. Questo indica che i microcluster di quelle dimensioni sono relativamente stabili se comparati con quelli di grandezze vicine. La prova definitiva si è ottenuta dal fatto che microcluster di metalli alcalini e nobili in forma di striscia di cluster, quando sono della grandezza dei cosiddetti numeri magici, hanno una forma pressoché sferica, e le forme “pressoché sferiche” sono proprio i Solidi Platonici e le relative geometrie.
 
Si è discusso del fatto che le forme stabili dei microcluster siano date dai 5 poliedri di Platone: Tetraedro, Cubo, Ottaedro, Dodecaedro a Pentagoni, Icosaedro e da due poliedri di Keplero a facce romboidali, il Dodecaedro e il Triacontaedro romboidali.
 

 
 
 

[1] Il Dodecaedro Rombico è duale del Cubottaedro, i cui vertici definiscono il Vector Equilibrium “VE” di Buckminster Fuller.
[2] B. Fuller era architetto, inventore, designer, filosofo, scrittore e conduttore televisivo statunitense, professore alla Southern Illinois University.
[3] Informazioni dettagliate sulla Cosmometria si possono trovare in italiano nel sito altrogiornale.org.
[4] Arthur Young , l’inventore dell’elicottero Bell, è stato uno dei primi scienziati a studiare a fondo il toro come forma energetica fondamentale dell’Universo. Egli descrive splendidamente la semplice verità del toro come un modello di interezza universale.
[5] David Bohm, fisico quantistico inglese, fu il più accanito dei primi sostenitori di un modello olografico dell’universo. Molto rispettato nella comunità dei fisici fu un pioniere della fisica del plasma, è stato anche visto come un rinnegato il cui modo di pensare fuori dagli schemi tipici primo sistema gli ha dato una prospettiva unica che era libero di esplorare ogni ipotesi della fisica con occhi nuovi.
[6] Il termine tensegrità deriva dalla locuzione inglese “tensional integrity” (integrità tensionale) e descrive un principio in cui la forma di una struttura architettonica è stabilizzata dal comportamento “tensionale” continuo del sistema, controbilanciato da un effetto di compressione discontinuo e localizzato su alcuni elementi costituenti. Una struttura assemblata secondo questi principi si trova in uno stato di precompressione che la rende intrinsecamente stabile, tanto che è in grado di reagire a forze esterne e ristabilizzarsi modificando il grado di compressione su alcuni elementi: la stabilità è garantita grazie a un meccanismo che l’architetto Richard Buckminster Fuller descrisse come “trazione continua e compressione locale”.
[7] Si tratta di forme tridimensionali basati su vettori e sistemi comuni di accordi energetici atomici e cristallini.
[8] Da vedere lo splendido video che mostra le relazioni simmetriche incorporate dei polyvertexia Platonici di base. L’artista, li rappresenta come vettori di energia con facce sottili: http://vimeo.com/10689600.
[9] B. Fuller affermò che l’universo fosse composto da matrici di tetraedri. Sviluppò questo concetto in diversi modi, dall'approssimazione delle sfere con altri solidi alla stabilizzazione degli oggetti nello spazio tramite tiranti. È famoso principalmente per le sue cupole geodetiche, che sono parte anche delle moderne stazioni radar, di edifici civili e tensostrutture. La loro costruzione si basa sull’estensione di alcuni principi base dei solidi semplici, come il tetraedro, l’ottaedro e solidi con numero di facce maggiore che possono considerarsi approssimazione della sfera. Le strutture così concepite sono estremamente leggere e stabili.
[10] Nel contesto della Cosmometria, questa prospettiva è adottata in modo da contribuire a generare la percezione che tutto forma vista nei tre aspetti quali:  struttura geometrica, flusso toroidale, e campo di forze.
[11] http://www.cosmometry.net/.
[12] http://www.altrogiornale.org/_/content/content.php?content.967.
[13] http://www.altrogiornale.org. Cosmometria strutturale.
[14] Dan Winter, di origine americana, è accademico, fisico, autore, inventore rispettato a livello internazionale, e una della principali autorità in materia di Geometria Sacra.
[15] Dan Winter, di origine americana, è accademico, fisico, autore, inventore rispettato a livello internazionale, e una della principali autorità in materia di Geometria Sacra.
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