Lez. 3 - Il Loto e il Raggio Solitario - Sapienza Misterica

SAPIENZA MISTERICA
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Lez. 3 - Il Loto e il Raggio Solitario

La Dottrina del Filo d'Oro I Cosmogenesi
IL LOTO

L’ultima Vibrazione della Settima Eternità freme attraverso l’infinitudine. La Madre si gonfia espandendosi dall’interno verso l’esterno, come un bocciolo di Loto[1].

La “settima vibrazione” si applica sia al Primo Logos al di fuori dello Spazio e del Tempo, sia al Logos manifestato quando il Tempo è iniziato. È solo quando “la Madre si gonfia” che la differenziazione si stabilizza, poiché quando il Primo Logos irradia attraverso la materia primordiale e indifferenziata, non c’è ancora nessuna azione nel Caos. “L’ultima vibrazione della Settima Eternità” è la prima che annuncia l’Aurora, ed è un sinonimo per il Primo o Immanifestato Logos. In questo stadio, il Tempo non c’è.
La Madre Primordiale si gonfia ed espande e dal suo interno lascia uscire le energie che daranno vita al Cosmo. È la Madre-Loto, il grembo della Natura (in sanscrito, matri = madre e padma = loto). L’Aether o l’Acqua dello Spazio è la Madre, il Loto è il simbolo del Cosmo, ed anche dell’uomo. La Madre-Loto è ciò che poi diverrà Universo al sorgere del Manvantara; durante il Pralaya essa dorme. E’ qui riportata la similitudine con il bocciolo di Loto, che contiene in piccolo il modello del fiore adulto, significando che tutto quello che sarà generato è già presente latente nella causa.
L’espansione della Madre “dall’interno all’esterno” chiamata talvolta le “Acque dello Spazio”, la “Matrice Universale”, ecc., non allude a un’espansione da un piccolo centro o focolaio, ma significa lo sviluppo, della soggettività illimitata in una oggettività altrettanto illimitata, senza riferirsi a grandezze, limitazioni o superfici. Quest’espansione, non essendo un aumento in grandezza — poiché l’infinita estensione non ammette accrescimenti — era un cambiamento di condizione. Si espandeva come il bocciolo del Loto; poiché la pianta del Loto esiste già nel seme. Il seme del che contiene in sé una perfetta miniatura della pianta futura, e questo simboleggia la realtà che i prototipi spirituali di tutte le cose esistono nel mondo immateriale prima che esse siano materializzate sulla terra.
Il Loto rappresenta l’Universo Astratto e quello Concreto, ed è l’emblema dei poteri di riproduzione tanto della Natura Spirituale quanto di quella Fisica. Il Loto, è un simbolo scelto e antichissimo del Cosmo stesso, perché il seme del Loto contiene in sé una perfetta miniatura della pianta futura, e questo simboleggia la realtà che i prototipi spirituali di tutte le cose esistono nel mondo immateriale prima che esse siano materializzate sulla terra. In molte cosmogonie il Loto è il fiore primordiale, nato dal Caos e generante l’Universo. Il Loto, o Padma, è un simbolo del Cosmo, come pure dell’uomo: come il loto, la cui forma esterna assume gradatamente quella del modello che si trova dentro di esso, così, al princìpio, l’evoluzione della forma dell’uomo avvenne dall’interno all’esterno.
Una pianta molto occulta, sacra in Egitto, in India e dovunque; chiamata il Figlio dell’Universo che porta nel suo seno la sembianza di sua Madre.  
Poiché la pianta del Loto ha le proprie radici nell’Ilus o fango e cresce attraversando l’Acqua, per poi aprirsi come un fiore nell’aria sovrastante, simboleggia pure la vita dell’uomo quanto quella del Cosmo. La Dottrina Segreta insegna che gli elementi di entrambi Cosmo e Uomo sono i medesimi, e ambedue evolvono nella stessa direzione. Per il microcosmo, il simbolo del Loto assume il seguente significato: “Le radici immerse nella melma rappresentano la vita materiale, il fusto che passa attraverso l’acqua simboleggia l’esistenza nel mondo emozionale, e il fiore fluttuante sull’acqua, e che si dischiude al cielo, è l’emblema dell’esistenza spirituale”.
Il Loto è un fiore che pur affondando le sue radici nel fango si mantiene puro e immacolato. Padma è il Loto, il prodotto del Fuoco (calore) e dell’Acqua cioè dello Spirito e della Materia. Il fiore di Loto si apre all’alba e chiusura al tramonto. L’Alba e il tramonto sono termini che possono essere riferiti sia al nostro Universo e sia alla nostra vita terrena o umana. Il Loto è un simbolo antichissimo del Cosmo stesso, come pure dell’uomo.
Ci fu un tempo in cui il mondo era un Loto d’Oro, dice l’allegoria. In Egitto e in Cina il Loto ha una polarità femminile, significando la Matrice, nella sua funzione di ricettacolo originario della vita; è la sua forma a calice e a coppa che gli attribuiscono tale funzione. Ci sono due varietà in Egitto loto: il Loto Blu che fiorisce di Notte (Nymphaeacerulea) e il Loto Bianco che fiorisce di Giorno (Nymphaea lotus). Nell’antico Egitto il Loto Blu era il più sacro evocando la rigenerazione perpetua della rinascita e resurrezione – il dio solare Ra era racchiuso in un Loto galleggiante sull’Oceano Primordiale, prima di individuarsi. Egli in forza della sua volontà uscì fuori dal Loto e apri gli occhi, permettendo al fiore di aprirsi e la luce del sole si diffuse sull’Universo intero. La prima apparizione dalla Notte Cosmica della Matri-Padma è con il Loto Blu.

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Figura 1. Il Loto Blu

La simbologia esposta nel Vishnu Purana, descrive Vishnu immanifesto sotto le acque, e sta per il primo della Trimurti (Triplice Divinità), poi il Loto, che sta per il secondo, e il Loto aperto che mostra Brahma, il terzo aspetto, la Mente creativa. Brahma, il Creatore del Cosmo delle forme, nella cosmogonia indù è raffigurato nascente da un fiore di Loto rosa (Giorno) che spunta dall’ombelico di Vishnu.

Il significato della tradizione secondo cui Brahma è nato dal o nel Loto, è il medesimo. Il loto simbolizza un sistema mondiale, e Brahma vi dimora, rappresentando l’azione; perciò è chiamato il Kamal-asana, il Seduto nel Loto. Inoltre si dice che il loto nasce nel o dall’ombelico di Vishnu, perché l’ombelico di Vishnu o conoscenza integrale è “Desiderio necessario”, di cui la forma primaria, com’è inserita nel testo del Veda è: “Possa essere partorito (come progenie molteplice)”. Da questo Desiderio centrale ed essenziale, la Volontà di vivere, deriva tutto il divenire, tutto l’operare, tutti i vortici e turbini di cambiamenti e manifestazioni che costituiscono la vita. In questo divenire dimora Brahma, e da lui e con lui, cioè con attività incessante, sorge e si manifesta il mondo organizzato, il tribhuvanam, il triplice mondo. Poiché manifestato per primo, Brahma e denominato, il primo degli Dei; la manifestazione nasce dall’azione, ed egli è l’attore; e perché attore, egli è talvolta chiamato anche il conservatore o il protettore del mondo; perché chi fa una cosa, desidera anche che il suo manufatto sia conservato e preservato, e inoltre; facendo la cosa fornisce il fondamento e l’opportunità per l’operazione di preservare, che naturalmente a stretto rigore appartiene a Vishnu[2].

Vishnu, che ora si rappresenta con un loto che gli spunta dall’ombelico — o l’Universo di Brahmâ che evolve dal Punto Centrale, Nara - in uno dei più antichi bassorilievi è rappresentato con i due sessi (Vishnu e Lakshmi) in piedi su una foglia di loto galleggiante sull’acqua. I Vaishnava, che considerano Vishnu come il Dio Supremo e il modellatore dell’Universo, sostengono che Brahmâ scaturì dall’ombelico di Vishnu, l’“imperituro”, o piuttosto dal loto che da esso crebbe. Ma l’“ombelico” qui significa il Punto Centrale, il simbolo matematico dell’infinitezza o Parabrahman, l’Uno e il Senza Secondo.
Figura 2. Il Loto uscente dall’ombelico di Vishnu

Il fiore di Loto, su cui dimora Brahma il Creatore, rappresentato come uscente dall’ombelico di Vishnu, il Dio che riposa nelle Acque dello Spazio sul Serpente a Sette Teste, le Sette Eternità, è il simbolo più vivido che si sia mai immaginato. È l’Universo che evolve dal Sole Centrale, il Punto, il Germe celato. Lakshmi, rappresentata ai piedi di Vishnu è l’aspetto femminile che è pure chiamata Padma, cioè il Loto; la Dea nel Ramayana, è rappresentata come galleggiante su un fiore di Loto al momento della “Creazione” e durante lo “Sbattimento dell’Oceano” dello Spazio; come pure uscente dal “Mare di Latte” come Venere-Afrodite che esce dalla Spuma dell’Oceano.

LA MONADE - IL RAGGIO SOLITARIO NELLE ACQUE DELLO SPAZIO

La seconda stanza del Libro di Dzyan descrive uno stadio che, per una mente occidentale, è quasi identico a quello menzionato nella Stanza I. Viene ancora descritto lo stato iniziale di Non Manifestazione. I Sette Sublimi Signori o Sette Raggi che avrebbero in seguito guidato le varie fasi della formazione, giacevano ancora immanifesti, inconsci in quella sconosciuta Tenebra Primordiale, transizione tra due periodi di manifestazione, nell’Aurora che precede l’Alba del nuovo periodo (Mahamanvantara). Coloro che avrebbero dovuto produrre le forme intangibili e tangibili dell’Universo, giacevano ignari, inconosciuti e immanifesti nel Non-Essere.

Dov’era il Silenzio? Dov’erano gli orecchi per percepirlo? No; non vi era né Silenzio né Suono; nulla salvo l’incessante Alito Eterno, che non conosce se stesso[1].

Non vi era né Silenzio né Suono. E’ ancora ribadita l’assenza dell’unione tra i due opposti. Non é ancora stato dato inizio al mondo della dualità e della contrapposizione e Tutto era Uno. In particolare, per quanto riguarda il Suono, questi era la vibrazione generatrice (AUM) che avrebbe dato moto e vita all’Universo. Era solo presente l’Alito Eterno, il Grande Soffio.

L’Ora non era scoccata, e il Raggio non aveva dardeggiato nel Germe; la Matripadma non era ancora diventata turgida[2].

Ancora non é giunto il momento dell’inizio della manifestazione. Qui per “Germe” s’intende il principio attivo della formazione, e il Raggio è il principio vitale che l’avrebbe portato alla manifestazione. Una delle figure simboliche per esprimere il Duplice Potere Creativo in Natura (materia e forza sul piano materiale), è “Padma”, la ninfea dell’India, il Loto. Per “Matripadma” s’intende il principio generatore che dà luogo alla manifestazione, quell’insieme di materia radice ed energia primordiale e indifferenziate dal quale è nato l’Universo. Il raggio dell’“Eterna Tenebra” diviene, quando è irradiato, appare come un Raggio di Luce splendente o Vita, che dardeggia nel “Germe” - il Punto nell’Uovo del Mondo, rappresentato nel suo senso astratto dalla Materia. Il Punto nell’Uovo del Mondo Non è lo stesso del Punto nel Cerchio, che rappresenta il Logos immanifestato.
Dapprima abbiamo il piano del cerchio, la cui superficie è Nera, essendo il Punto nel Cerchio potenzialmente Bianco; e questa, nella nostra mente, è la prima concezione possibile del Logos invisibile. Le “Tenebre-Eterne” sono eterne, il Raggio è periodico. Essendo balenato da questo Punto Centrale e avendo sussultato attraverso il Germe, il Raggio si è ritratto di nuovo all’interno di questo Punto e il Germe si sviluppa nel secondo Logos, il triangolo entro l’Uovo del Mondo.
Figura 3. Il Logos Immanifestato

Pitagora parla della Monade mai manifestata che vive in solitudine e nelle tenebre; quando l’ora scocca, essa irradia da se stessa l’UNO, il primo numero. Questo numero, discendendo, produce DUE, il secondo numero, e il DUE, a sua volta, produce TRE, formando così un triangolo, la prima figura geometrica completa del mondo della forma. È questo triangolo ideale o astratto, che è il Punto nell’Uovo del Mondo, il quale, dopo la gestazione e nel terzo intervallo, balzerà dall’Uovo a formare il triangolo. A questo punto la Monade torna nel Silenzio e nelle Tenebre da cui era apparsa come Punto al centro del Cerchio. La Monade pitagorica, il Primo Logos, avendo emanato la prima Triade, scompare nel silenzio e nell’oscurità. Il Primo Logos Manifestato è la Potenzialità, la Causa non rivelata; il Secondo è il Pensiero ancora latente; il Terzo è il Demiurgo, la Volontà attiva che evolve dal suo Sé Universale l’effetto attivo, il quale a sua volta diventa la causa sul piano più basso. In greco Monas significa “Unità” nel suo senso originale. Vi è una grande differenza tra la Monade — l’Unità Universale — e le Monadi o l’Unità manifestata, come anche quella che intercorre fra il Logos eternamente celato e quello rivelato, o Verbo.
Le stanze di Dzyan descrivono la caduta del Raggio nell’Uovo Vergine che lascia cadere il Germe che si condensa in un Punto, il Primo Logos, estendendosi poi nel Secondo Logos, il Due emanato dalla Monade di Pitagora. Il Secondo numero a sua volta girandosi di nuovo per formare la linea base, genera il Tre, e da lì ascendendo di nuovo al Numero Uno formando così il Triangolo e scompare nel regno del Non-Essere. Questo Triangolo astratto è il Punto nell’Uovo del Mondo. La vera Tetractis di Pitagora[3] opera della Monade. Il Cerchio e il Punto, dei quali l’ultimo si ritira e si fonde con il Cerchio dopo aver emanato i primi Tre Punti e dopo averli congiunti con linee formando il Primo Triangolo, la Trinità Astratta. Nella Dottrina Segreta vi sono le Cifre e i Numeri sacri il cui valore è conosciuto dagli occultisti per mezzo dell’Iniziazione. Le prime non sono che glifi convenzionali; gli altri, i simboli fondamentali di tutto. Il Numero è un’Entità e, in pari tempo, un Soffio emanante da ciò che egli chiamava Dio e che la Sapienza Antica denomina il TUTTO. Solo il Soffio poteva organizzare il Cosmo fisico, “dove niente riceve la sua forma se non attraverso la Divinità, che è un effetto del Numero”.

Figura 4. Il Triangolo Astratto nel Cerchio

Il primo Triangolo è il terzo Logos o il Logos manifestato - in altre parole, l’Universo soggettivo e oggettivo. Successivamente da questo Logos manifestato procederanno i Sette Raggi che, nello Zohar, sono chiamati i Sette Sephiroth inferiori e, nell’Occultismo orientale, i Sette Raggi Primordiali. L’Universo non era ancora pronto a ricevere il Germe di Vita. L’“Uovo Primordiale” dal quale sarebbe scaturito non era ancora maturo per poter ricevere il “Raggio”, cioè quell’Energia che gli avrebbe permesso di nascere dando luogo al fenomeno noto come “Big - bang”.

Il suo cuore non si era ancora aperto per lasciare entrare il Raggio Unico e quindi cadere, come il Tre nel Quattro, nel grembo di Maya[4].

Il suo cuore non si era ancora aperto, significa che la Sostanza Primordiale non aveva ancora abbandonato lo stato di latenza.  Il Tre è Padre-Madre-Figlio, cadere come il Tre nel Quattro, significa che l’Energia cade nella Materia, rappresentata simbolicamente dal numero Quattro. Quando “ll Tre cade nel Quattro”, dona vita al mondo transitorio, e quindi illusorio, delle forme materiali, quello che per la sapienza orientale è detto il mondo di Maya.


[1] Stanze di Dzyan, II, 1.
[2] Pranava Vada, pp. 84, 311.
[3] Stanze di Dzyan, II, 2.
[4] Stanze di Dzyan, II, 3.
[5] Pitagora trasse il suo insegnamento dall’India e negli antichi libri menzionato come Yavanacharya, il Maestro Greco.
[6] Stanze di Dzyan, II, 4.
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