Antichi riti egizi di morte e di resurrezione
Egitto misterico
<> PREFAZIONE <> I TESTI FUNERARI EGIZI <> I PRINCIPI COSTITUTIVI DELL’UOMO SECONDO LA TRADIZIONE EGIZIANA <> IL RITO INIZIATICO DELLA MUMMIFICAZIONE <> IL PASSAGGIO NEL DUAT <> LA DISCESA NELLA CRIPTA <> LE PORTE DELLA MORTE <> RITO DELL’APERTURA DELLA BOCCA <> IL PASSAGGIO NELLA PELLE <> IL GIUDIZIO <> RITO DELL’EREZIONE DELLA COLONNA DJED <> IL CAMPO DI AANROO <>
PREFAZIONE
L’Egitto è una terra molto antica, il mito narra che fu colonizzata dagli Schesoo-Hor, o“servitori di Horus”, popoli che si erano stabiliti in Egitto; e, come afferma G. Maspero, è a questa “razza preistorica” che spetta l’onore di aver costruito l’Egitto, quale noi lo conosciamo, fin dall’inizio del periodo storico. Essi fondarono le principali città dell’Egitto, e vi eressero i santuari più importanti.
A causa della perdita dei documenti arcaici egiziani, poiché, “i materiali e i dati storici che possediamo per lo studio della storia dell’evoluzione religiosa in Egitto non sono completi, e spesso non sono molto intelligibili”, è necessario esaminare gli inni antichi e le iscrizioni che si trovano sulle tombe, per corroborare parzialmente e indirettamente le esposizioni date dalla Dottrina Arcaica.
Nei Testi delle Piramidi, la resurrezione avviene allorché ci si addormenta sul letto rivestiti da una pelle o da una stoffa che la sostituisca. La pelle è stata in seguito sostituita nei riti dalle bende della mummia o dal bianco lenzuolo.
La mummificazione era un rito molto antico nella terra dei Faraoni, e veniva considerato come una delle cerimonie più sacre. Il prof. di egittologia Boris de Rachewiltz afferma che nell’antico Egitto la conquista dell’immortalità era riferita a tre distinte categorie:
- Il Faraone, che con i riti misterici dell’incoronazione diveniva il Mediatore fra il Cielo e la Terra, e in virtù di questi riti salendo al trono assumeva il nome di Horos.
- Gli Iniziati, i frequentatori della Casa della Vita, coloro che hanno vinto la morte durante la propria esistenza terrena.
- Il popolo che dopo la rivoluzione democratica, per il quale il rituale funerario con l’imbalsamazione diveniva l’illusoria condizione necessaria per conseguire l’immortalità. Il mistero dell’Iniziazione era precluso a questa terza categoria, che legata alla forma, si accontentava dell’esteriorità del rituale svolto dal clero.
L’iniziazione misterica tende a riprodurre nell’iniziando le vicende di Osiride, il prototipo di coloro che avevano vinto la morte.
Il rito della mummificazione inizialmente era destinato solo agli Iniziati che avevano sperimentato in vita la morte e poi mistericamente risorti. La pratica dell’imbalsamazione nei tempi antichi non era presa in considerazione per la massa in quanto succube del Ba, l’anima passionale, il Kama Manas degli Indù e dei suoi appetiti animaleschi.
Durante i Misteri dell’Iniziazione, il candidato, rappresentante il Dio Solare, doveva scendere nel Sarcofago e rappresentare il raggio vivificatore che entra nella matrice feconda della Natura. Il suo riemergere da questo, la mattina seguente, simbolizzava la resurrezione della Vita dopo il cambiamento chiamato Morte. Nei Grandi Misteri la sua “morte” figurata durava due giorni, finché la terza mattina egli risorgeva, dopo un’ultima notte piena delle prove più crudeli. Mentre il postulante rappresentava il Sole o l’astro che tutto vivifica e che “risorge” ogni mattina solo per dare vita a tutto — il Sarcofago era simbolo del princìpio femminile.
I TESTI FUNERARI EGIZI
L’essenza principale della Religione egiziana e l’intenzione originale del suo culto cerimoniale sono ben lontane dall’essere stati rivelati completamente. Nessun popolo quanto l’egizio ha posto l’accento sul problema della morte e degli stati post mortem. I testi funerari quali il libro dell'Amduat, Il libro delle Due Vie, il Libro dei Due Cammini, i Testi dei Sarcofagi, il Libro delle Lamentazioni, il celebre Libro dei Morti ed altri ancora, seppur nelle loro importanti diversità, siano tutte descrizioni dell'Aldilà e del modo in cui la si può raggiungere, una raccolta di formule, invocazioni, incantesimi e preghiere destinate alla salvezza dell'anima.
Gli antichi testi sono andati apparentemente perduti, nulla è rimasto se non i geroglifici e le sculture. I documenti egizi più antichi sono noti come i “Testi delle Piramidi” risalenti all’Antico Regno I Testi delle Piramidi sono considerati i testi funerari più antichi che si conoscano ed in essi sono presenti tradizioni religiose risalenti all'origine della civiltà egizia, al periodo Arcaico (I-II dinastia 3000-2700 a.C.). Le iscrizioni più note sono quelle presenti nella piramide di re Unis (2380-2350 a.C.) ultimo faraone della V dinastia egizia a Saqqara. La camera funeraria di tale mausoleo è completamente ricoperta di geroglifici. Si tratta di un "libro di pietra" in cui si descrive l'Aldilà ed il passaggio dell'anima alla vita eterna per mezzo di formule magiche destinate a respingere le forze del male.
I libri successivi, compresi quelli del Nuovo Regno citati, traggono origine ed ispirazione proprio dai Testi delle Piramidi. A differenza dei successivi Testi dei Sarcofagi e del ben più tardo Libro dei Morti, i Testi delle piramidi erano riservati ai soli faraoni. I Testi furono scoperti e analizzati la prima volta nel 1881 da Gaston Maspero. Il Libro dei Morti è un antico testo funerario egizio, utilizzato stabilmente dall'inizio del Nuovo Regno (1550 a.C. circa) fino alla metà del I secolo a.C. Il Libro dei Morti si inserì in una tradizione di testi funerari che include i ben più antichi cosiddetti testi delle piramidi, dell'Antico regno (XXVII–XXII secolo a.C.) e i “Testi dei sarcofagi” risalenti al Primo Periodo Intermedio e al Medio regno (XXI–XVII secolo a.C.), che erano appunto inscritti su pareti di camere funerarie o su sarcofagi, ma non su papiri.
Il titolo originale del Libro dei Morti traslitterato in “ru nu peret em heru”, è “Libro dell’Uscire al Giorno”. Si tratta di un testo funerario scritto in geroglifico, accompagnato da illustrazioni, su fogli di papiro disposti a formare una lunga striscia che veniva arrotolata: una raccolta di testi, preghiera e formula magica religiosa che il Defunto, l’accoglienza nel “cerchio degli Dei”, la vita eterna nei “campi Hotep” nel Duat e la possibilità di “Uscire al Giorno”, ossia di tornare a vedere i viventi e la natura nel nostro mondo. Non vi fu mai un'edizione canonica e unitaria del Libro dei morti e non ne esistono due esemplari uguali.
Nel libro dell'Amduat è spiegato “Chi è nel Duat”, che è poi la traduzione del titolo. Duat deriva dal termine dwat, adorare, pregare. Per gli egizi l’universo era costituito da tre parti: Terra, Cielo e Duat. Quest’ultima, secondo le credenze, si trovava in mezzo alle altre due, un luogo particolare e non propriamente definito, misto di materialità terrena e spiritualità celeste.
Duat chiamato Amenti o Necher-Jertet, Il termine Amenti deriva dalla radice "imn" (nascondere), che ha dato origine anche al nome del dio Amon, e venne impiegato anche per indicare l'occidente. Era anche il luogo in cui le anime delle persone andavano dopo la morte per essere giudicate. È stata rappresentata nei geroglifici come una stella in cerchio. Il Duat è la regione attraverso la quale Ra, il Sole viaggiava da ovest a est ogni notte, ed era qui che combatteva contro il Serpente Apep, che incarnava il Caos primordiale che il Sole doveva sconfiggere per potersi alzare ogni mattina e riportare l'ordine nella terra. Il dio entrava nel regno dell'oltretomba come sole "morto", raffigurato nella sua forma notturna con la nera testa di ariete, ed era denominato "if ", ossia la carne, il cadavere; il colore nero della sua testa era il simbolo di Osiride, il colore del limo che assicurava la rinascita della vegetazione; la rinascita del sole all'alba avveniva grazie alla presenza e alla mediazione di Osiride. Le ore della notte rappresentavano quindi anche il periodo di gestazione del nuovo sole, che nelle acque del fiume sotterraneo (anch'esse, come il Nilo, un'emanazione dell'Oceano Primordiale Nun) subiva un processo di rigenerazione recuperando la propria energia. Il viaggio notturno di Ra diventa anche lo stesso viaggio che il Defunto farebbe subito dopo la sepoltura. Al Duat poteva accedere solo Ba, mentre Ka restava presso il corpo privo di vita.
Secondo l'Amduat, il Duat è costituito da dodici regioni che indicano le dodici ore del viaggio del dio del sole attraverso di esso. La rappresentazione del viaggio notturno del sole viene suddivisa in dodici scene, una per ogni ora della notte, composte di tre registri: quello centrale rappresenta il corso del fiume sotterraneo, gli altri due le sponde con i relativi abitanti.
Ad oggi, il più lungo e più completo esemplare tra i Libri dei Morti ritrovati e studiati negli ultimi due secoli è il «Papiro di Torino», di epoca Tolemaica, denominato così dal luogo della sua conservazione: il Museo Egizio di Torino, secondo al mondo dopo di quello di “Il Cairo”. Il primo a pubblicarne una traduzione in italiano, nel 1986, è stato l’archeologo ed etnologo italo russo Boris de Rachewiltz, docente di Egittologia presso il Pontificio Istituto Biblico di Roma e presso l’Università di Il Cairo, direttore di diverse campagne archeologiche in Medio Oriente e in Sudan, autore di numerosi testi di egittologia e archeo-etnologia.
Una versione è composta da quattro fogli di papiro che provengono dal Libro dei Morti di Amen-hotep, scriba contabile delle mandrie del tempio di Amon a Tebe, collocabile cronologicamente, grazie anche allo stile delle immagini, durante i regni di Hatshepsut-Thutmosi III ed Amenofi II della XVIII dinastia (1491-1398 a.C.).
Nel primo foglio, Osiride, seduto in trono sotto un chiosco e davanti a un tavolo con offerte, riceve un mazzo di fiori di loto da parte del defunto Amen-hotep, seguito da sua moglie Uret e sua figlia Ta-khat.
Nell’altro è dipinto il rito dell’Apertura della Bocca: Amen-hotep chiuso nel suo sarcofago, sorretto da uno dei figli, viene purificato da un altro suo figlio, seguito dal terzo figlio. Questo indossa la pelle di leopardo distintiva della carica di sacerdote Sem, e impugna lo strumento rituale per il taglio delle bende all’altezza della bocca e degli occhi della mummia al fine di restituire al defunto l’uso dei sensi, in modo che il suo Ka possa vivere pienamente nell’aldilà.
Sugli altri fogli vi erano invocazioni alle principali divinità egizie perché concedessero al Defunto protezione e la liberazione dal male per l’eternità nei secoli dei secoli. Inoltre preghiere augurali affinché lo spirito del defunto fosse reso perfetto e potesse salire sulla barca del sole ogni giorno; o ancora elenchi di nomi di guardiani che dovevano essere invocati correttamente dal defunto per essere lasciato entrare nei Campi di Iaru o di Aanroo.I PRINCIPI COSTITUTIVI DELL’UOMO SECONDO LA TRADIZIONE EGIZIANA
Khat nei Testi delle Piramidi è indicato come il corpo fisico Boris de Rachewiltz in “Egitto magico e religioso” ci dice che un altro termine per indicare il cadavere è Djet.
Sahu è il Khat trasformato dal rituale della mummificazione. Sahu viene tradotto con nobile ed indica la mummia, resa incorruttibile attraverso il rito.
FIGURA 1. Statua del Ka del Faraone Hor I, XIII dinastia
Sekhem è l'energia, la forza, la potenza e la luce di una persona in altri termini è il potere, la personificazione della forza vitale dell’individuo.
Collegato indissolubilmente al corpo fisico, vi è la sua controparte energetica, il Kha un’entità priva di coscienza, che nasce con l’embrione e si sviluppa fino a raggiungere l’aspetto di un adulto senza seguire più il corpo nella fase dell’invecchiamento. Solo il Kha fornisce all’uomo vivente stabilità, forza e vitalità e la coesione delle membra. Solo il Kha del faraone il Râ vivente poteva essere rappresentato, mai quello dei comuni mortali. Il suo antico simbolo ideografico è dato dalle braccia alzate, segno di protezione, talvolta poste sullo stendardo riservato agli dèi, per indicare che esso partecipa all’essenza divina. Il valore fonetico del simbolo del Kha con le braccia alzate designa il toro, simbolo della potenza sessuale.
Il Kha è portatore di sentimenti e di volontà e può essere personalizzato come nel caso delle quattordici (2x7) qualità del dio Sole dette al plurale “Kau”, cui vengono fatti corrispondere altrettanti Kha del Faraone. Nel rituale della nascita del Faraone l’Enneade concede 7 Kha o Geni Maschili e 7 Hemesout o corrispondenti Geni Femminili, i cui nomi sono forza, potenza, onore, prosperità, nutrimento, durata di vita, radianza, splendore, gloria, magia, volontà creatrice, vista, udito, conoscenza.
Strettamente associato al Ka, vi era il Ren, il Nome che esprimeva l’identità di una persona, era considerato come una parte importante della persona stessa. Nominare una persona per gli egizi significava renderla viva. Tutte le divinità egizie possedevano un nome segreto che racchiudeva tutta la potenza divina. Non lo rivelavano mai, e solo Iside, una volta, riuscì a farsi rivelare da Ra il suo nome segreto.
Ba l’anima passionale era rappresentata con un uccello con il volto umano sempre in movimento dotato di forza prodigiosa che cerca di tornare a visitare la mummia, posandosi sul suo cuore. L’anima personale, il Ba, era collegata con il cuore, l’organo sede sia del pensare che del sentire. Tale organo rappresenta la memoria delle emozioni e dei pensieri dell’uomo in incarnazione. “Il cuore (jb) della tua anima (Ba) si ricorda del tuo corpo”. Il cuore era una parte necessaria del Giudizio post mortem, perché era anche sede della memoria e per questo motivo veniva sottoposto alla pesatura.
Il Kha e il Ba insieme sono il Shut o Shuit e impropriamente detto Khaibit, entità rappresentata nei geroglifici come un’ombra scura, una ripartizione fra l’eterico e l’astrale della cosiddetta “anima”. È l’equivalente dell’eidolon dei greci e dell’umbra dei latini.
Khaibit è la parte più materiale, una sorta di guscio vuoto di essenza ma che può permanere, post mortem, con caratteristiche di memoria eterica non superiori a quelle intellettuali ed esperienziali del morto.
FIGURA 2. Il BA e l’Ombra
Nell’arte egiziana, l’ombra è mostrata come un essere umano nero, o simbolizzata da un ventaglio o da un’ombra solare. L’ombra il cui campo d’influenza accompagna le virtù del Ba e dell’Akh, essa è visualizzata in forma di corpo umano, veicola l’irradiamento dell’energia del corpo, il suo campo di manifestazione è terreno. Se l'insieme delle emozioni positive viene conservato dal Ka, quelle negative vengono conservate dall'ombra. Dato che nessun essere umano può liberarsi completamente dei sentimenti e dei pensieri negativi, l'ombra segue sempre il corpo.
La Formula 91 del Libro dei Morti recita: “Che una strada sia fatta per il mio Ba, per il mio Akh e per l’ombra che è in me … verso il luogo dove è Ra, Atum, Kepra e Hathor”.
Boris de Rachewiltz ci informa che un altro nome di cuore usato dagli egizi è hatj, temine usato per anatomia. Gli egizi distinguevano l’aspetto fisico del cuore con hatj e la controparte energetica jb sede del pensiero dell’intendimento e della coscienza
Come il Kha, anche il Ba deve procedere aduna reintegrazione periodica energetica, ed è quindi raffigurato mentre si alimenta con i cibi elargiti dalla dea Albero, la Forza Vitale (bassorilievo della tomba n.158 Tebe). Quando il flusso energetico delle offerte cessava anche l’esistenza del Ba cessava e si avviava verso la dissoluzione, ciò significa che il Ba appartiene al piano terrestre.
Se il Kha era raffigurato sedentario, il Ba era raffigurato sempre in movimento e dotato di forza prodigiosa. Il Ba è lo spettro, l’eidolon dei greci, era molto temuto dagli egiziani e avevano paura che se non fosse appagato sarebbe uscito dalla tomba per disturbare i vivi, per tale motivo all’interno della tomba venivano posti gli indumenti intimi del defunto e gli oggetti del suo desiderio.
L’Akh, vocabolo che significa il glorioso, il risplendente raffigurato con un Ibis con ciuffo, che costituisce la forza divina È l'elemento luminoso che alla morte si ricongiunge al creatore salendo nel cielo brillando come una stella. Opposto al corpo, che appartiene alla terra, l'Akh appartiene al cielo. L’Akh è l’anima trasfigurata del divino nell’uomo, è la meta spirituale, è l’aspetto spirituale del Ba materiale.
FIGURA 3. L’Akh con l’Uovo di Vita Eterna
Se il Ba era raffigurato come un uccello tozzo con volto umano, l’Akh era raffigurato come un armonioso Ibis, accompagnato da un Uovo simbolo di immortalità. Particolare curioso di questo uccello è che, quando nasconde il collo e la testa, assume una forma che rassomiglia a quella del cuore umano. Nel Libro dei Morti è scritto che l’Akh riposa nei “Campo di Giunchi” (Aanroo) in compagnia degli dèi.
L’Ibis era altamente venerato in Egitto. Esso era consacrato ad Iside, che viene spesso rappresentata con la testa di quell’uccello; ed era pure consacrato a Thoth, che si diceva avesse assunto quella forma per fuggire da Seth, Tifone. Secondo Erodoto vi erano due specie di Ibis nell’Egitto; una completamente nera e l’altra bianca e nera. Si diceva che la prima combattesse e sterminasse i serpenti alati che a primavera venivano dall’Arabia ed infestavano il paese. La seconda era consacrata alla Luna, perché questo pianeta è bianco e brillante dal lato esterno, oscuro e nero dal lato che esso non rivolge mai alla Terra. Inoltre l’Ibis uccide i serpenti terrestri e fa pure una terribile strage di uova di coccodrillo. La verità esoterica sottostante a questi miti popolari è che Thoth Ermete, vegliava sugli egiziani sotto forma di quell’uccello, ed insegnava loro le arti e le Scienze Segrete. Ciò significa semplicemente che l’Ibis religiosa possedeva, e possiede tuttora, delle proprietà “magiche” in comune con molti altri uccelli e specialmente con l’albatros e con il mitico cigno bianco, che porta l’Uovo del Mondo.
Boris de Rachewiltz ci dice che originariamente l’Akh era attribuito solo agli dèi e per assimilazione al Faraone e aggiungiamo ai frequentatori della casa della Vita, gli Iniziati, e poi al resto dei mortali. La massa non era presa in considerazione in quanto succube solo del Ba passionale e dei suoi appetiti animaleschi. Nel corso della "cerimonia dell’apertura della bocca", il Faraone, e in seguito il Defunto nome dato all’Iniziato si trasforma in Akh.
Al di sopra del Akh non viene dato alcun termine perché era un argomento misterico. Veniva citato il corpo glorioso Sahu, assimilabile alla Ragion Pura. Se il Ba trova corrispondenza indù nel Manas (Mente) Inferiore, l’Akh trova corrispondenza indù nel Manas Superiore e il Sahu nel Buddhi.
La generazione simultanea del Sahu e del Kah è descritta nel Libro dei Morti nel capitolo “del venire al giorno”. Nella raffigurazione sul pannello esterno di sinistra del secondo sarcofago di Tutankhamon si vede il Sahu chiamato fuori dal dio Râ per respirare l’aria divina. Ho attraversato tutto il Duat, ho visto mio padre Osiride, ho dissipato l’oscurità della notte, sono diventato un Sahu, sono diventato un Akh, mi sono attrezzato. O voi Dèi e Akh tutti, apritemi la Via …
L’ultimo stato di esistenza segreto era quello assimilato ad Osiride, lo Spirito, l’Atma indù.
Alla Terra, o mondo fisico, appartiene il Khat o corpo fisico e il Ka o doppio eterico.
Al Duat, o mondo intermedio, appartiene il Ba, l’anima personale o passionale.
Al Cielo, o mondo spirituale appartiene l’Akh la mente spirituale. Il Sahu e lo Spirito.
La parola Duat è tradotta superficialmente oltretomba, la traduzione dovrebbe essere luogo che precede il mattino, l’alba. Duat è anche Amentet (Amenti) che vuol dire luogo nascosto. È un luogo che si trova sul percorso che conduce a un regno superiore.
IL RITO INIZIATICO DELLA MUMMIFICAZIONE
Durante la cerimonia d'imbalsamazione, il capo dei sacerdoti, indossando la maschera, del dio Anubis, dalla testa di sciacallo, che, secondo il mito, aveva presieduto all'imbalsamazione rituale di suo padre Osiride. La exoterica prevedeva l'asportazione degli organi interni e la disidratazione del corpo attraverso il suo trattamento con il natron, prima dell'avvolgimento del corpo con bende intrise di resine. Era un processo che implicava una notevole conoscenza di chimica e chirurgia.
FIGURA 1. Rituale finale della mummificazione con il sacerdote Anubis
Il Khat, il corpo fisico, è soggetto alla morte e alla decadenza, a meno che non sia mummificato. Solo attraverso l’imbalsamazione il Khat diventa un Sahu, la mummia purificata e nobilitata. Sahu deriva dalla radice sah che significa dignità, per questo Sahu viene tradotto con la parola nobile ed indica la mummia. Il corpo mummificato è necessario alla vita illusoria del Kha, perché questo continua ad identificarsi con esso.
L’esistenza del Kha è condizionata a quella della mummia, ecco perché l’idea che il corpo mummificato supporto materiale del Kha potesse andare distrutto, indusse gli egizi a realizzare statue del doppio, dette statue viventi, che dovevano raffigurare il più fedelmente possibile le caratteristiche somatiche del defunto. Su queste statue nulla di prezioso veniva messo in modo che non costituisse uno stimolo al furto queste statue venivano consacrate con una cerimonia magica, e agli scultori delle statue viventi fu dato il nome di Sankh, composto dal sostantivo “S” e dalla parola Ankh (vivere), che significa “colui che fa vivere”.
Quando una statua di divinità era completata, per essa veniva officiata la cerimonia dell’Apertura della Bocca (come pure per la mummia, il Sahu). Questa cerimonia cambiava ciò che era pienamente riconosciuto come un semplice pezzo di pietra, legno o metallo, foggiato dalla mano di un artigiano mortale, in un tramite in cui il Ka di un Dio o di un re poteva prendere dimora. Il Kha divino o regale poteva entrare a piacimento nella statua o nel ritratto, o quando veniva evocato da una persona che vi si trovava davanti.
Il Peseshkaf era usato nel rito simbolico dell’apertura della bocca, del Defunto, in seguito con la profanazione dei misteri applicato alla mummia. E sulle raffigurazioni geroglifiche appare sempre vicino alla bocca della mummia o della statua del morto. La bocca era considerata come l’ingresso e l’uscita della vita e le cerimonie che riguardavano l’animazione di una statua avevano come oggetto la bocca. La bocca rappresentava il confine tra la vita e la morte, e in questo rito tra la morte e la rinascita.
A partire dal Medio Impero compare il rito dell’erezione del Djed (la colonna vertebrale di Osiride), ma i caratteri arcaici del rito rendono assai presumibilmente la sua applicazione anche durante l’Antico Impero e il silenzio dei testi menzionati potrebbe riferirsi al carattere di segretezza che accompagnava tutte le cerimonie faraoniche dell’epoca più antica …[1]
Il significato misterico dell’imbalsamazione è legato al ciclo delle rinascite, il Ciclo Inevitabile. Nelle cripte sotterranee di Tebe e di Menfi si celebravano i Misteri del Kuklos Anagtés, il Ciclo Inevitabile, Obbligato, al cui termine l’Entità doveva ritornare alla sua mummia cioè ad una nuova incarnazione. La filosofia dei cicli, allegorizzata dagli Ierofanti egiziani nel “ciclo della necessità” spiega, nello stesso tempo, l’allegoria della “caduta dell’uomo.” Secondo le descrizioni arabe, ciascuna delle sette camere delle piramidi — i più grandi simboli cosmici esistenti — era indicata con il nome di un pianeta.
La particolare architettura delle piramidi rivela l’orientamento del pensiero metafisico dei loro costruttori. La sommità si disperde nel chiaro cielo azzurro della terra dei Faraoni, e rappresenta il punto primordiale perduto nell’universo invisibile, da cui si diparte la prima razza dei prototipi spirituali dell’uomo.
[1] Boris de Rachewiltz, Egitto magico e religioso, p.149.
IL PASSAGGIO NEL DUAT
Tutti gli Iniziati e tutti i Gerofanti erano simboli del Sole e del Principio Creatore. L’antico Egitto ha conosciuto riti di iniziazione che, dato il carattere rigorosamente riservato delle cerimonie, non assunsero mai forme di diffusione “popolare” (come i misteri di Iside), ma rimasero al contrario legate al ristretto entourage della corte del Faraone.
Si deve a Boris de Rachewiltz, uno dei più prestigiosi studiosi dell'Egitto, uno studio relativo ad un testo che ben illustra l’aspetto misterico della religione egizia. Tale testo, comunemente conosciuto come "Libro dell’Amduat"[1], descrive il viaggio che il Sole compie, dopo il tramonto, nelle regioni infere, la Via di Sinistra, per poi risorgere vittorioso, sulla Via di Destra, assumendo l’aspetto di Kepri (il sacro scarabeo), dopo aver compiuto vittorioso il suo viaggio notturno in spaventose regioni popolate da entità mostruose e terrificanti.
L’Amenti è il Paese dell'Occidente, dove tramonta il Sole, il paese delle tenebre e la casa senza porte era anche il Kerneter, la dimora degli dèi ed il paese dei fantasmi, come l'Ade dei Greci. Era anche la casa del Padre Buono (in cui vi sono molti edifici). Esotericamente e letteralmente è la 'Dimora Segreta'del Dio Amen o Amon, o il Dio Segreto, Nascosto. Exotericamente è il regno di Osiride diviso in quattordici parti, ognuna delle quali era a se stante per qualche fine connesso con lo stato post - mortem del Defunto. In una di queste, fra le altre cose, vi era l'Aula del Giudizio.
Le dodici divisioni del Duat o dell’Amenti comprendevano, la sala delle Due Verità, l’Aahla che significa “Campo di Pace, Aanroo (Aanru, A'Aru) il Campo delle Canne, il Paese della Beatitudine, il Neter-xer il luogo funebre (o di sepoltura), Otamer-xer, i Campi amanti del Silenzio e anche molte altre aule mistiche e dimore, una simile allo Sheol degli Ebrei, un'altra al Devachan degli Indù, ecc.
Nell'Amenti non esisteva un luogo che rappresentasse l'Inferno descritto della tradizione cristiana, ma vi era la peggiore di tutte era l'Aula del sonno eterno e delle Tenebre. In questo luogo i defunti dormono in forme incorruttibili, non si svegliano per vedere i loro fratelli, non riconoscono più il padre e la madre, il loro cuore non sente niente per la loro moglie e i loro figli. Questa è la dimora del dio Tutto Morto. Ognuno trema nel pregarlo, poiché egli non ode. Nessuno può venerarlo, poiché egli non rivolge la sua attenzione a coloro che lo adorano. Né nota qualsiasi offerta a lui fatta', perché questo Dio è il Karma.
Nel linguaggio misterico si definiva il “Defunto”, il non-iniziato, in quanto é solo dopo lo svegliarsi al termine dell’iniziazione che si configura lo status di “Vivente”. Nell’antichità, il candidato all’Iniziazione, doveva vincere la morte, morire per poi risorgere come uomo nuovo. Doveva essere capace da vivo riprodurre uno stato equivalente a quello della morte. Per tale motivo era identificato con il Defunto.
Tu dormi e tu ti svegli, tu muori e tu vivi (Testi delle Piramidi).
La morte consiste nell’esiliarsi dal corpo; il sonno nel fuggirlo come uno schiavo fugge dal suo padrone. (Plutarco).
Questo è lo stadio dell’apertura della Porta della Tomba. “Il luogo della costrizione viene aperto, ciò che era stato chiuso è ora aperto … al mio Ba”.
Nella prima ora il candidato, assimilato al Sole notturno, inizia il suo viaggio da “morto”. Ra il dio Sole è rappresentato nella forma di un uomo a testa d’ariete, in virtù del fatto che il segno geroglifico dell’ariete è una delle grafie più usuali per Ba, l’aspetto con il quale il dio sole attraversa l’aldilà durante le dodici ore della notte. Nel testo Ra è sempre denominato “Iuf, la carne”.
È un percorso che si svolge in una regione, il Duat, detto anche Amenti. L’iniziando nel suo viaggio notturno è assimilato al dio Sokar, patrono dei morti a Menfi, assimilato a Osiride. Il carattere particolare di questo libro è il suo contenuto misterico: esso, infatti, fa da guida non al morto, bensì al vivo. Si comprende perché nel linguaggio misterico si definiva il “morto”, il non-iniziato, in quanto é solo dopo lo svegliarsi al termine dell’iniziazione che si configura lo status di “vivente”.
Appena il Defunto entra nel Duat deve affrontare una serie di insidie, prove e ostacoli. Queste insidie sono formate da cancelli, che separano e suddividono l’Amenti in dodici regioni, dodici come le ore che impiega la barca di Ra a compiere il suo viaggio di notte, e che devono essere oltrepassati per poter arrivare al Giudizio dove il Defunto viene riaccompagnato da Anubi per essere sottoposto alla psicostasia, la pesatura del cuore. Dentro la sala del Tribunale di Osiride, sono presenti, oltre ad Osiride e Anubi, Maat e 42 giudici. Ed è proprio di fronte a questi, che il Defunto in giudizio deve recitare la sua confessione dichiarandosi non colpevole dei '42 peccati'. I luoghi dove infine le anime giuste si sono guadagnate il riposo celeste, sono chiamati Campi Aanroo, o Iaru, detti Campi Hotep o dei giunchi.
[1] Boris de Rachewiltz, ha preferito rendere, in più libera traduzione, come "Libro egizio degli Inferi". Questo libro era in uso dei faraoni e di una ristretta cerchia sacerdotale a partire dalla XVIII dinastia, iniziatrice del Nuovo Impero.
LA DISCESA NELLA CRIPTA
In Egitto, in Grecia, i Misteri duravano sette giorni, ed erano celebrati in epoche prefissate. Il primo giorno il rito era pubblico, i candidati venivano accompagnati in pompa magna al tempio o alla piramide e sparivano dalla vista. Il secondo giorno era dedicato alle cerimonie di purificazione, al termine delle quali il candidato veniva presentato con una veste bianca[1]. Il terzo giorno venivano esaminate le sue conoscenze. Il quarto giorno dopo aver superato durissime prove, veniva mandato da solo in una cripta sotterranea, in completa oscurità per una durata di due giorni e due notti. In uno stato di trance, il neofito veniva collocato in un sarcofago vuoto, in una bara.
Nel rituale di morte e iniziazione, l’iniziando, vestito di bianco, simbolo di purità rituale, si avvia da solo o accompagnato da un sacerdote che indossa la maschera di Anubis, si avvia verso il luogo della sua morte. Anubis il patrono dei Defunti e Iniziati era rappresentato con la testa di sciacallo. Sirio è nota come il cane celeste.
FIGURA 1. Avvio del Defunto verso la Porta della Morte con il sacerdote Anubis
Per l’iniziando che si appresta a sperimentare da vivo lo stato di Defunto, la via è sbarrata da una Porta, la porta della Morte. La Porta è sorvegliata dagli Occhi di Osiride e in alto da una Croce a bracci uguali.
Il Candidato era introdotto nella Camera dell’Iniziazione e fatto distendere per terra a braccia aperte nella posizione dell’uomo crocifisso. Poi veniva toccato con il tirso (asta circondata da pampini e da edera) che in quest’occasione rappresentava la “lancia della crocifissione”. Quando il suo corpo diveniva simile a quello di un morto (in trance) era portato nella cripta sotterranea e messo nel sarcofago, o una tomba (taphos), dove era sorvegliato per tutto il tempo dell’Iniziazione.
Nelle sale sotterranee dei Templi egiziani, dopo la loro distruzione, si è trovata una grande quantità di questi giacigli a croce, dove il Candidato era posto e assicurato, immerso in un sonno profondo, alla fine della sua suprema Iniziazione.[2]
Mariette Bey, ha dimostrato che in Egitto, i sepolcri primitivi avevano la pianta a forma di croce. Inoltre, sempre in Egitto, la croce era sospesa sul collo dei serpenti sacri.
Il quarto giorno… in India e nell’Asia Centrale, egli veniva legato su un asse e quando il suo corpo diventava simile a quello di un morto (in trance) era portato nella cripta.[3]
… era legato lungo disteso con le braccia allungate su un tornio di legno, simbolo di purificazione, e le sue impurità dovevano essere limate vie, come da un pezzo informe di legno grezzo. Dopo di che era lasciato solo in una cripta sotterranea, in completa oscurità, per due giorni e due notti.[4]
FIGURA 2. Il Dio dalla testa di ariete crea sulla ruota del vasaio
Il tornio, quale strumento di formazione, lo ritroviamo nell’antico Egitto quando viene descritto il rituale misterico della nascita sul tornio del Faraone, per opera del dio Khum, l’Ariete. Il dio Khum invita la dea Hathor, la vacca celeste, a stendersi sul letto del parto. Assiste alla nascita Bes il dio dell’iniziazione misterica.
Recitare la formula di Khum sul tornio; dopo averti modellato con le mie mani, io creo il tuo corpo… Fino a quando durerà il cielo sarai re.[5]
Il più antico dei Veda dell’India, il Rig Veda narra che Vishvakarman, il Dio del Mistero degli Ariani primitivi (considerato l’Architetto dell’Universo, il Costruttore degli Dei), offrì se stesso in sacrificio affinché i mondi venissero in esistenza. Sacrificando sé stesso, imponendosi le limitazioni della materia, divenne l’Agnello sacrificale all’inizio dei mondi, l’Uomo Celeste, il Logos. Vishvakarman offre prima di tutto il mondo in sacrificio, e poi termina col sacrificare sé stesso.
In questo stadio il candidato diventava il Defunto, morto per il mondo fisico, ma vivo per quelli spirituale, egli era una mummia vivente, era immerso nel Sonno di Siloam (in trance) durante il quale, si diceva che la sua Anima confabulava con gli Dèi. Lo stato di catalessi era uno stato di morte apparente, in cui il corpo era messo in uno stato ricettivo. Il sistema nervoso era sottoposto ad una elevata stimolazione energetica. Il Ba, l’anima personale, il kama-manas degli indù, sotto forma di uccello con volto umano, usciva e si staccava dalla sua prigione-bara, il corpo fisico.
FIGURA 3. Il BA si stacca dal corpo fisico
Il luogo della costrizione viene aperto, cioè che era chiuso è stato aperto, il luogo della costrizione è stato aperto al mio Ba.
Il candidato egizio all’Iniziazione inizia nella tenebra, il viaggio del Defunto nell’Amenti, è nell’offuscamento di tutto ciò che prima dava conforto e sicurezza. Il Defunto dice:
Che razza di luogo è questo in cui sono arrivato? Non ha acqua, non ha aria; è di profondità insondabile, è nero come la notte più nera…[6]
La discesa nella cripta buia e tenebrosa equivale alla discesa degli Inferi o dell’Ade. Gli Inferi sono descritti come un Abisso, un luogo dove regna l’oscurità, un pozzo profondo, una tomba, un luogo di morte, la porta degli Inferi.
FIGURA 4. L’ingresso nel mondo capovolto
Una raffigurazione nella tomba di Ramesses IX ci mostra il viaggiatore nell’oltretomba di fronte ad un mondo capovolto. Le leggi del Duat non sono le stesse del mondo fisico, è difficile decidere come comportarsi, tutto ciò causa una sensazione di confusione e disorientamento.
La discesa nell’oscurità era nella cripta buia e tenebrosa, la discesa nell’oltretomba dell’Averno descritto come un Abisso, un luogo dove regna l’oscurità, un Pozzo profondo, una Tomba, un luogo di morte. Il pozzo era collegato attraverso canali sotterranei con il fiume Nilo. Da questi canali giungevano in fondo al pozzo dei coccodrilli, animali tanto temuti quanto sacri[7].
Nell’antico Egitto ogni tempio era dotato di un lago sacro. Giunto con una Barca, l’Iniziatore porge le seguenti domande:
Sei tu giunto fino alle sorgenti del Mare? Hai tu passeggiato nella profondità dell’Abisso? Libro di Giobbe
Se le risposte non erano corrette veniva fatto nuovamente salire sulla barca. Le sorgenti del Mare, sono quelle del Mare dello Spazio, gli elementi con cui sono fatte tutte le cose. Il passeggiare nelle profondità dell’Abisso è avviarsi verso l’oscurità della materia grossolana per essere inghiottiti nel luogo delle Tenebre, nella bara.
Il passeggiare nelle profondità dell’Abisso è avviarsi verso l’oscurità della materia grossolana per essere inghiottiti nel luogo delle Tenebre della materia. Nella prima ora notturna il Candidato, assimilato al sole notturno, inizia il suo viaggio da “morto”, oltrepassa la porta e scende nel ventre liquido della materia. È un percorso che si svolge in una regione, il Duat. L’iniziando nel suo viaggio notturno è assimilato al dio Sokar, patrono dei morti. L’iniziando nel suo viaggio notturno è assimilato al dio Sokar, patrono dei morti.
Il Candidato, s’immerge nell’acqua che simboleggia gli elementi dell’oceano celeste, nuotando come un pesce, l’unica forma ammessa nel Grande Mare.
I pesci nel santuario di Apollo in Licia erano chiamati Orphoi. Il nome di Orfeo è in relazione all’oscurità dell’Ade, si hanno di fatti: Orphos dio del mondo infero, Orphne ninfa del lago Averno, Orphnaios cavallo di Plutone.
Come nel mare i pesci, esistiamo immersi nel profondo buio. La Tenebra ci riempie e ci condensa.
I sacerdoti egizi si rifiutavano di mangiare i pesci. I pesci, vivendo nell’acqua, elemento emozionale, erano l’immagine dell’anima non evoluta. In una raffigurazione (papiro di Nefer-Ubenef – Nuovo Regno) tre babbuini cercano di catturare con le reti i defunti sotto forma di pesci.
FIGURA 4. I BABBUINI CHE PESCANO CON LA RETE
I babbuini erano i custodi, i guardiani, delle porte di oriente e di occidente, cioè dell’alba e del tramonto.
“O voi pescatori che vagate nelle dimore delle acque, non mi prenderete nella vostra rete in cui prendete gli imbelli! … Io sono sfuggito alle sue grinfie, mi sono innalzato come Sobek (il Dio coccodrillo)”
[1] Il bianco era il colore della veste di lino degli Iniziati orfici.
[2] H.P. Blavatsky, La Dottrina Segreta , Antropogenesi.
[3] H.P. Blavatsky, la Dottrina Segreta , scritti esoterici.
[4] H.P. Blavatsky, la Dottrina Segreta , scritti esoterici.
[5] Daumas, Les Mummisis, 409.
[6] J. Naydler, Il Tempio del Cosmo, Religione magia e miti nell’antico Egitto, p. 285.
[7] Alla loro morte, i coccodrilli, venivano mummificati e alcune mummie sono ancora visibili all’interno della cappella di Hathor che si trova vicino all’entrata.
Nella mappa delle Due vie vi è un fiume di fuoco che separa la via inferiore da quella superiore. Sul fondo di un sarcofago egizio del Medio Regno si trova un disegno detto Libro delle Due Vie. La superiore sinuosa con sette curve ben definite, è di colore azzurro come un corso d’acqua; la via inferiore, di forma irregolare è nera come una strada di terra. Il Defunto entra all’estremità destra, dove ci sono due porte: la Porta di Fuoco e la Porta di Tenebra a forma semicircolare. Di guardia sopra quest’ultima vi è una strana creatura dal corpo mummiforme con un coltello in mano: il suo nome è Colui che ostacola il criminale. È solo la prima di una serie di creature ostili in cui ci si deve imbattere. I nomi dei guardiani ad ogni curva hanno nomi spaventosi: L’oppressore, Colui che brucia, il Saltatore, il Feroce, Colei che ha il coltello, il Bestemmiatore, il Divoratore… Su quella inferiore, i demoni guardiani sono in numero inferiore ma più spaventosi: Coltello, Muso d’ippopotamo, Faccia schifosa che vive nel letame…
FIGURA 1. Le due Vie. Sarcofago del Medio Regno
Nella dottrina Indù, anziché i Guardiani della Porta, abbiamo il Signore della Porta, il dio Agni, nel suo duplice aspetto maligno e benigno, a seconda che distrugga colui che bussa alla Porta o lo lascia passare. Agni[1] è anche chiamato Il Signore delle Due Vie.
A colui che è giunto (alla Porta), Egli chiede: “Chi sei Tu?” Se egli s’annuncia con il proprio nome… Egli dice: “Quel tuo sé che è stato in Me, sia ora tuo. Giusto in quel sé, inciampato giusto sulla soglia del successo, le stagioni lo portarono via… ma egli deve rispondere così: “colui che sono io è il Cielo che sei tu… Egli gli dice: “Chi tu sei, quello sono io; e chi io sono, quello sei tu. Vieni… Chiunque pronunci “io” e “noi” alla Porta è scacciato e permane nel non-essere.[2]
Oltrepassata la Porta, il Defunto, fronteggiava Bes, tenendo in una mano un Uovo simbolo di immortalità. Il Signore delle Due Vie, il Guardiano della Porta stretta, per gli egizi era il dio Bes, patrono delle Iniziazioni, rappresentato in vari modi: come una figura grottesca spesso a carattere leonino, ornata da una lunga barba, mentre una lingua viene volutamente messa in mostra. Nel suo aspetto punitivo, maligno, l’attitudine vigilante e aggressiva è talvolta accentuata dalla spada, pronto ad annientare il Defunto, che non era pronto per il passaggio. Quale Guardiano, Bes, trova riscontro in Dioniso, anch’esso iniziatore misterico, Liberatore, ma allo stesso tempo Guardiano della prigione. Nel tardo impero Bes era raffigurato come un nano grottesco che portava una maschera tipica dei Misteri Orfici. Bes era l’Iniziatore misterico, mistero, in egizio è reso con la parola bes-shete.
Il Defunto veniva rappresentato radiante nel suo Uovo quando s’incamminava verso la terra dell’immortalità. “Io sono l’Uovo che sta nel Grande Starnazzatore (il dio Geb) e sorveglio e difendo quella cosa potente che è entrata nella vita e con cui il dio Geb ha aperto la terra” (Papiro di Ani, 54). Un altro papiro (Nefer-Ubenef) mostra il Defunto che tiene un uomo suo cuore mentre fronteggia Bes. Il cuore è sempre puro e si nutre di Maat. “Il mio cuore è con me e mai succederà che mi venga portato via … Io mi nutro di Verità (Maat)…”
FIGURA 2. Il Defunto con l’Uovo di Vita - Bes armato[3]
Boris de Rachewiltz ci dice che nel senso iniziatico il temine Mistero è reso egiziano con l’ideogramma Bes rappresentato da un pesce, il Petrocephalus bane, munito di un paio di gambe umane, che riunisce in sé i significati di “introdurre” e “iniziare qualche cosa”. Letteralmente quindi bes sheta equivale a “iniziazione segreta”.
FIGURA 3. Bes Sheta
Nel suo aspetto benefico il Guardiano di Soglia, era rappresentato come un pesce munito di due gambe umane. Il simbolo del pesce lo ritroviamo nelle tradizioni misteriche tra cui nel Cristianesimo. Il pesce trova riscontro nella simbologia misterica rappresentando l’essere in grado di muoversi nella corrente astrale.
Bes veniva rappresentato come bifronte, in modo duale, per significare che egli era il Signore dei due poteri, rappresentati dai due serpenti. Bes bifronte, è come il dio Giano dei Misteri dell’antica Roma, il Guardiano delle Due Porte, colui che apriva e chiudeva la porta (Janua). Janua Coeli, la Porta di mezzanotte, nel simbolismo cristiano è la Porta stretta come la cruna di un ago, mentre in quello strettamente misterico è paragonata una bocca che divora l’indegno non permettendogli di passare oltre. Giano in una mano tiene una chiave, nell’altra mano un bastone o una sferza che colpisce.
La via stretta e difficile che dovrà percorrere il Candidato che ha varcato la Porta di mezzanotte è la difficile via verticale del “pozzo dei ladri” che collega il sentiero discendente con quello ascendente.
Dopo aver evitato di cadere nella rete dei tre babbuini, il Defunto deve attraversare un Lago di Fuoco. Il lago di fuoco è la vasca rettangolare che il Candidato trova davanti a se.
La vasca presumibilmente era riempita con liquido infiammato. Tale lago è sorvegliato da quattro babbuini ai quali il Defunto si rivolge per essere purificato delle colpe e dei peccati commessi in vita, attraverso l’elemento Fuoco. In questa fase col Fuoco, viene bruciato ogni impedimento, ogni difetto, ogni scoria. Ai lati della vasca di fuoco quattro pilastri.
FIGURA 4. IL LAGO DI FUOCO PAPIRO DI ANI
Secondo la mitologia egizia il luogo dove era venuto alla luce Ra, era considerato la Prima Terra sorta dall’Oscuro Mare Primordiale di Nun. La Prima terra è talvolta raffigurata come un fiore di loto, a volte come un Uovo, infine come un’Isola di Fuoco. Come i babbuini di Thoth ogni mattino salutano eccitati Ra il Sole che sorge dal Mare primordiale, abbandonandosi alla gioia mentre i suoi raggi illuminano le tenebre tutt’intorno.
È in questo grandioso avvenimento primordiale che il Candidato dell’Oltretomba è proiettato quando giunge al Lago di Fuoco, che minaccia di tagliare ogni impurità dell’anima così che se entra in esso identificato con le parti che non sono state rigenerate, e non sono capaci di trasmettere la luce di Ra apportatrice di vita, e allora soffrirà il tormento di essere tagliato a pezzi. Il capitolo XVII del Libro dei Morti ammonisce: “Coloro che cercano di attraversare il Lago di Fuoco e sono impuri cadranno tra i coltelli”.
Omaggio a voi, quattro babbuini che sedete sulla prua della barca di Ra, che fate avanzare la verità di Dio … che vivete di Maat … Depuratemi di tutto il male che mi è rimasto addosso. (Libro dei Morti CXXVI).
Il viaggio nell’Amenti è un viaggio di purificazione durante il quale il Ba deve liberarsi da tutti quegli elementi che non sono in armonia con Maat.
[1] Agni è descritto come Colui che apre la Via. Rig Veda I, 127, 6.
[2] A. K. Coomaraswamy, Il Grande brivido, pag. 451.
[3] Il Candidato, il Defunto, tiene in una mano un uovo simbolo di immortalità. Il Defunto veniva rappresentato risplendente nel suo uovo quando s’incamminava verso la terra dell’immortalità.
LE PORTE DELLA MORTE
Cosa accadeva all’iniziando in stato di morte apparente, non ci viene detto, di certo subiva una certa serie di prove dalle quali poteva o no uscirne vincitore e risvegliarsi dallo stato di morte apparente.
FIGURA 1. IL BA SI TRASFORMA IN IBIS
L’Ibis era chiamato il messaggero di Osiride perché è il simbolo della Saggezza, del Discernimento e della Purezza, perché non sopporta l’acqua seppur minimamente inquinata. Durante la cerimonia di Iniziazione uno degli Ierofanti portava un cappuccio a forma di Ibis, che stava a simboleggiate Thoth, il Dio della Sapienza e dell'Insegnamento Segreto. L’Ibis veniva spesso impiegato per raffigurare con la sua testa l'immagine della dea Iside. Thoth, colui che conosce l’Essenza delle cose era rappresentato con la testa di un Ibis. Con il Corpo di Beatitudine, ritornava nel corpo fisico e lo rianimava.
Ulteriori notizie le abbiamo nel Crata-Nepoa dove vengono descritti i sette gradi di Iniziazione praticata in Egitto in tempi più recenti. Nel terzo stadio, il candidato veniva portato in una cripta sotterranea di fronte alla bara di Osiride, ucciso da Tifone o Set, col il corpo mutilato e coperto di sangue. Osiride mutilato è la vittima autosacrificantesi, l’Agnello ucciso alla fondazione del mondo, muore nello spirito, per cadere nella materia, nella carne e salvare il mondo dalla distruzione, o meglio dallo spopolamento. Questa vittima sparge il proprio sangue per amore dell’umanità. Questa sala era nota come le Porte della Morte, quelle che Apuleio chiama le Porte di Proserpina.
Io ho raggiunto il confine della morte, ho oltrepassato il limitare (le Porte) di Proserpina (Persefone), ho navigato attraverso tutti gli elementi. Nel cuore della notte ho visto il Sole corruscante di candida luce: mi sono apprestato agli Dei Superni e Inferi e li ho adorati da vicino.[1]
[1] Apuleio, Metamorfosi, XI, 23.
RITO DELL’APERTURA DELLA BOCCA
All’Iniziato, si dava il nome di Pamylach, cioè oris circumcisio (circoncisione della lingua). Il senso iniziatico del rito dell’apertura della bocca, si riferisce al Verbo, al Logos che viene espresso, alla fine dell’iter, attraverso la bocca. Sia le illustrazioni del Libro dei Morti e sia le pitture murali nelle tombe mostrano la mummia sollevata, in piedi, di fronte alla quale sta Horos o un sacerdote che munito del Peseshkaf di ferro pronto ad eseguire il rito dell’apertura della bocca. È una sbarra piatta con una lama a coda di rondine. La sua funzione rimane oscura. Il significato del nome deriva dalla radice egizia pssh che significa tagliare in due. Lo scopo originale del coltello è presumibilmente il taglio del cordone ombelicale, come un'azione reale e simbolica, pari alla vittoria sul serpente Apophis, che presumibilmente raffigura il cordone ombelicale. Pertanto, tagliare il cordone ombelicale è una vittoria sulle forze del caos, questo è un legame preciso con la nascita, ma nello Spirito.
“Ti ho aperto la bocca con lo strumento di Anubis, con l’utensile di ferro con cui furono aperte le bocche degli Déi” .
“Apro la tua bocca, di modo che tu possa parlare per mezzo di essa; apro i tuoi occhi, affinché tu veda Ra; apro le tue orecchie, così che tu possa udire la trasfigurazione; di modo che tu usi le tue gambe per camminare, il tuo cuore e le tue braccia per difenderti dai nemici.”
FIGURA 1. Rito di apertura della bocca con il Peseshkaf
Nella rappresentazione situata a destra,[1] si osserva il sacerdote indossante una pelle di leopardo[2], che tiene nelle mani un oggetto simile a quello ritrovato nel condotto della piramide, il Defunto è in posizione verticale non vi è traccia di sarcofago.
“La mia bocca, dice l’Iniziato, viene aperta da Ptah per mezzo delle sue forbici di ferro celeste, con le quali egli ha aperto la cocca degli Dèi”[3]. All’uomo appena rinato nello spirito, gli Dei offrono una nuova bocca, un nuovo cuore e un nuovo autentico nome di eternità. D’ora in avanti vengono sacralizzati i suoi capelli, il suo viso, i suoi occhi, le sue orecchie, il suo naso … Allora l’Iniziato pronuncia la frase. “Non esistono in membra che sono prive di Dio” (Libro dei Morti, cap. 42).
La cerimonia dell’apertura della bocca è raffigurata eseguita da Horos accompagnato, dai sui Quattro figli che simboleggiano i quattro punti cardinali. Horos con uno strumento tagliente disegnato come l’ascia curva del falegname e simile ad un serpente apriva la bocca della mummia, mentre i suoi quattro figli compivano lo stesso rituale usando le loro dita fatte di ferro celeste. I Quattro figli di Horos sono simboleggiati dalle quattro sezioni uguali della nicchia. Questa cerimonia doveva avvenire due volte, la prima volta quando il figlio del Cielo veniva Iniziato, la seconda volta con la mummia regale, cioè dopo l’effettiva morte fisica. In tutti due i casi, il rituale avveniva solo in determinati momenti con particolari allineamenti stellari.
Il ferro usato nelle cerimonie misteriche sia in oriente sia in occidente è sempre stellare o di origine meteoritica. Il ferro era chiamato l’Osso di Seth che era attirato dal magnete che era chiamato l’Osso di Horos. Il principale “Apritore della Bocca” risiedeva in Letopoli la città del ferro meteorico.
L’Iniziato aveva acquisito tutte le conoscenze che si poteva dargli, la sua lingua era finalmente sciolta, e che gli era permesso di parlare di tutto. Dopo il rituale dell’Apertura della bocca, l’iniziando cessava di essere Defunto ed era chiamato Maakheru termine, tradotto con “Giustificato” ma più correttamente “giusto quanto a voce”, cioè in possesso della capacità di creare con la parola.
A Giobbe, che ha superato prove durissime, l’Al-om-jah[4], gli proferisce le seguenti domande:
Ti si sono state aperte le Porte della Morte, hai veduto le porte dell’ombra della morte?
Qual è la Via dove abita la Luce?
Qual è il luogo delle Tenebre?[5]
[1] Illustrazione riportata da Boris de Rachewiltz Egitto magico religioso, pag. 115 Fratelli Melita Editori.
[2] I sacerdoti di Osiride indossavano una pelle di leopardo.
[3] Christian Jacq Potere e Sapienza nell’antico Egitto.
[4] Nome egizio dell’Iniziatore.
[5] Giobbe, XXXVIII, 16, 17, 19.
IL PASSAGGIO NELLA PELLE
Il libro di Apuleio è una delle poche fonti sui riti misterici Isiaci, del II secolo d.C. “Giunsi al confine della morte, ho oltrepassato il Limite (le Porte) di Proserpina, ho navigato attraverso tutti gli Elementi. Nel cuore della notte ho visto il Sole corruscante di candida luce: mi sono apprestato agli Dèi Superni e Inferi e li ho adorati da vicino”. Apuleio, Metamorfosi, XI, 23.
Apuleio dice di aver raggiunto il confine della morte posto nell’emisfero celeste che sta al di sotto dell’orizzonte ovvero a Occidente. Egli ha navigato attraverso tutti gli elementi, diventando un marinaio particolare. Iside (Demetra), era sia la patrona degli Iniziati, che dei marinai. L’Iniziando s’immerge negli elementi del grande mare, nuotando come un pesce. Si ricorda che i pesci nel santuario di Apollo in Licia erano chiamati Orphoi, e che Orfeo era paragonato ad un pesce, al pari di Bacco denominato IKΘYΣ, e di Gesù denominato IHΣ, il Pesce. Gli elementi che Apuleio attraversa, sono quelli del nostro globo: egli passa nel grembo della madre terra, nella placenta della Madre Terra, dove è avvolto dagli elementi e ricoperto di pelle!
Gli Elementi che Apuleio attraversa, sono quelli del nostro globo: egli passa nel grembo della madre terra, nella placenta della Madre Terra, dove viene avvolto dagli elementi e ricoperto di pelle! Nel cuore della notte a mezzanotte, vede brillare il Sole, cioè Osiride che attende le Anime o i Defunti per il Giudizio. In realtà egli vede l’Iniziatore che fa le veci di Osiride. Adora gli Dèi, cioè si sottomette, sia agli dèi inferiori, i costruttori del mondo materiale che gli forniscono il rivestimento di pelle, il corpo di carne ed ossa, sia agli dèi superiori, gli esseri spirituali. Lo stadio, del passaggio nella pelle[1], rappresenta la nascita animale, puramente fisica. Iside, rivolgendosi ad Osiride esclama:
Ecco la tua pelle (Meskhent), il luogo dove il tuo Ka rinnova la sua vita. (Testi delle Piramidi).
Questo era lo stadio della rinascita in un nuovo e possente corpo fisico e psichico. Questo rito è descritto nei Testi delle Piramidi[2] il Candidato era descritto come Morto su un giaciglio, e rivestito di pelle o da una stoffa che la sostituisca. La pelle, la stoffa, il lenzuolo sostituiva nel rito le bende che viceversa erano usate nel rito dell’imbalsamazione. Questo rito doveva svolgersi nella parte occidentale del Tempio in una Grande Camera Sotterranea. Il rito funerario che doveva portare al risveglio nella via della luce era caratterizzato dal passaggio nella pelle, simile a un lenzuolo funerario che protegge le trasformazioni che si riproducono nel passaggio dalla morte alla vita.
Io sono Osiride … io mi sono cinto di pelle.
Io sono colui che passa nella pelle.[3]
Sei tu (Horos) figlio mio che passi nella pelle (meskhent.)
Ed esci dal Num, tu non muori più.[4]
Horos uscendo dallo spazio indifferenziato s’individualizza passando nella pelle. In Egitto il vocabolo meskhent deriva da mes o nascere e da Kha corpo vitale, ed è il determinativo di pelle animale, Meskhent era il nome della divinità che presiedeva alle nascite. Nel Libro dei Morti il Dio Anubis, il patrono dell’imbalsamazione ha il titolo di colui che è nelle bende, come quelle che avvolgono il corpo di Osiride morto. Anubis la divinità che presiede il mistero della rinascita animale afferma di essere passato nella Meskhent.
Il candidato varcata la Porta Khons caratterizzata dalla dualità, effettua un passaggio a carponi, nel ventre della materia, mediante la riproduzione dello stato embrionale. La placenta fu chiamata in tarda età Khons, il duplice toro, due animali che spingono in direzione opposta, simbolo di due forze opposte fra loro. Khons come parola significa anche traversare. Il passaggio nell’Amenti o nella pelle è attestato da una conversazione fra il Defunto e i Guardiani della Porta:
Apritemi!
Chi sei? Dove vai? Qual è il tuo nome?
Io sono uno di voi.
Chi è che ti accompagna?
Le due Dee Serpenti Merti.
Separati da loro, testa a testa, quando entri nella divina pelle.[5]
La condizione preliminare è quella di separarsi dal potere dei due serpenti che nel linguaggio simbolico rappresentano gli opposti poteri nella materia, che devono essere equilibrati. La pelle è pure il determinativo del Dio Bes che appare nel rituale della nascita del Faraone. Bes è raffigurato come un nano grottesco che porta una maschera tipica dei Misteri Orfici nell’antica Grecia, maschera dietro di cui si celava l’iniziatore[6]. È spesso raffigurato sotto forma felina che fronteggia il Defunto armato di coltello. Nel suo aspetto punitivo, maligno, l’attitudine vigilante e aggressiva è accentuata dal coltello, pronto ad annientare il Defunto, che non era pronto per il passaggio.
Boris de Rachewiltz[7], ci fornisce una visione diversa da quella propinata dagli accademici.
“Il vocabolo che in egiziano designa la pelle è Meksha, costituito da tre segni: mes = nascere, Ka = doppio e il determinativo di una pelle animale. Risulta chiara l’associazione concettuale tra la pelle e la nascita. Secondo la dottrina egizia il Faraone[8] era un gemello. La sua placenta era il suo fratello abortivo che non lo abbandonava mai, il suo potere vitale, il Ka, il suo occulto assistente. Se l’insegna della placenta appare sin dall’epoca protostorica, il suo nome ci giunge solamente in testi di epoca tarda: Khons, lo stesso che designa il duplice toro, costituito da due protomi di toro riuniti per il dorso… Simbolo dell’equilibrio fra antagonistici poteri della stessa natura, il duplice toro equivale al duplice leone… il nome Khons deriva dalla radice khns = traversare… così Khons designa sia la placenta, sia il duplice toro, simbolo della porta e dell’atto di attraversare [9]“. I due tori o i due leoni opposti, appaiono anche in Mesopotamia. Talvolta in mezzo ai due animali, in regno di resurrezione, sorge il sole.
“Un interessante papiro del Museo del Cairo, mostra i due leoni tra cui sostenuto da un bucranio, è raffigurato il serpente che si mangia la propria coda. Al centro è Horos il giovane e dall’alto, in atto protettivo si stendono le braccia del Ka celeste… la placenta si trova così situata esattamente in mezzo al simbolo del duplice leone[10]”.
FIGURA 1. Papiro di Huberen, I Due Leoni
Al centro del papiro di Huberen (vedi figura), sorretto dai due leoni, è raffigurato il Serpente che si morde la coda è l’Uroboros, simbolo dell’Eternità e dell’Infinito Spazio Indifferenziato, e di tutti i corpi formati all’inizio della creazione, nella nebbia di fuoco. Il Serpente si confonde con la placenta da cui nasce il figlio di Iside e di Osiride, Horos il Giovane, tra le due forze opposte.
Il passaggio cosciente nella pelle è la seconda nascita, o la nascita del Divino Fanciullo, la caratteristica dell’Iniziazione misterica. Su una stele leggiamo le parole che Osiride rivolge al suo figlio Horos:
Sei tu figlio mio che passi nella pelle ed esci dal Nun, tu non muori più.[11]
Horos il Giovane, il Figlio, uscendo dallo Spazio Indifferenziato, il Nun, si individualizza e si differenzia, passando attraverso la pelle. Il giovane Horos, viene raffigurato come un bimbo gracile, seduto, incapace di reggersi in piedi, con un dito in bocca. Plutarco chiama questo dio Arpocrate e spiega che non deve essere considerato come un dio incompiuto, in quanto egli è il patrono e il precettore dell’umana attività di comprensione del divino che è imperfetta, immatura e inarticolata. Ecco perché il dio tiene un dito in bocca, indicando prudenza e silenzio misterico. Si dice che Iside partorì Arpocrate all’epoca del solstizio invernale, dandolo alla luce ancora immaturo a significare che il frutto spirituale deve ancora crescere.
Colui che passava attraverso la pelle, o attraverso la Porta di Khons, veniva raffigurato su molte tombe rivestito di una pelle di pantera con i capelli raccolti a treccia come un fanciullo, per indicare di essere rinato. Il passaggio nella pelle è la nascita animale, il passaggio attraverso la placenta, la matrice. In India, l’Iniziazione avveniva attraverso il passaggio nella matrice di una mucca. In Egitto solo le vittime animali sacre fornivano la pelle per il rito del passaggio. Colui che passava nella pelle era raffigurato sulle tombe rivestito di una pelle di pantera con i capelli raccolti a treccia come un fanciullo, per indicare che egli è rinato.
FIGURA 2. Passaggio attraverso la porta di Khons,
Il mantello screziato del leopardo serviva a dar veste a Seth, e rappresentava la forza della materia. I sacerdoti egizi indossavano tutti una pelle di pantera, per significare che essi domavano la forza. Non solo i sacerdoti egiziani, indù, ma anche quelli cretesi, si servivano come abbigliamento della pelle di pantera. Dioniso e Bacco, venivano raffigurati vestiti con queste pelli. La cavalcatura di Dionisio era la pantera.
I sacerdoti di Osiride, a differenza di quelli di Iside, non si radevano mai la chioma, al pari degli Indù e della setta ebraica dei Nazorei[12]. I sacerdoti di Osiride[13] avevano una lunga chioma, segno del loro stato sacerdotale, che, non si tagliavano mai. Per gli Indù e per i seguaci di Zoroastro, i capelli sono la sede della forza psichica, dei canali attraverso cui scorre nel cervello la potenza magnetica proveniente dall’anima. Quando la parola Nazar è un sostantivo, significa corona, testa consacrata, come la testa dei Giustificati. La Genesi descrive Giuseppe come sommo Nazar. Samuele e Sansone nei Numeri vengono individuato come Nazar. Elia il profeta viene descritto come un Nazoreo[14]. I Nazorei, dalla lunga chioma, erano gli appartati, non permettevano il taglio dei loro capelli[15].
[1] In India, l’Iniziazione avveniva fatta attraverso la placenta di una vacca.
[2] Boris de Rachewiltz opera citata pag. 124.
[3] Testi dei sarcofagi.
[4] Stele di Metternich.
[5] Libro dei Morti, LVIII.
[6] In Egitto, mistero è reso con la parola bes-shete.
[7]Docente di egittologia, presso più università, capofila della scuola egittologia di A. Varille, che si basa sull’applicazione del più assoluto rigore scientifico nell’analisi filologica ed esegetica dei reperti.
[8] Nella tavolozza di Narmer, figura l’insegna della placenta del re, portata da un personaggio che precede il sovrano.
[9] Boris de Rachewiltz, “Egitto magico religioso”, edizione seconda, anno 1982.
[10] Boris de Rachewiltz, “Egitto magico religioso”.
[11] Stele di Metternich.
[12] La setta dei Nazorei esisteva molto tempo prima delle leggi di Mosè e trasse origine dai popoli nemici di Israele, cioè dai popoli della Galilea.
[13] Secondo il sacerdote egizio, Maneto o Manetone, Mosè era prima del suo abbandono dell’Egitto, un sacerdote di Osiride, nel tempio di Elio poli. Pochi sanno che S. Freud, oltre ad interessarsi di psicologia, si interessò anche dell’ebreo più famoso Mosè, affermando sia che Mosè era egiziano, e sia i Leviti erano una casta sacerdotale egizia.
[14] II, Re, 8; Giuseppe Ebreo, Ant. Giud. IX.
[15] “Sopra il cui capo non passerà mai il rasoio, perché il Fanciullo sarà un Nazoreo, consacrato a Dio dal seno di sua madre”. Giudici XIII, 5.
IL GIUDIZIO
La cerimonia del Giudizio, quale appare nel linguaggio figurato nel Libro dei Morti che, avviene nel mondo dello spirito, veniva celebrata anche sulla terra durante il funerale della mummia.
Il papiro del sacerdote Nevo-loo (o Nevolen), al Louvre, illustra quanto segue.
In Egitto ogni città importante era separata dal suo cimitero da un lago sacro dove si svolgevano i sacri misteri.
Dietro la cappella … è la tomba di Uno del quale considero empio divulgare il nome ... nel recinto sacro si trovano grandi obelischi di pietra, e vicino c’è un lago … su questo lago celebrano di notte le rappresentazioni della passione di questo personaggio, che gli egiziani chiamano Misteri. Ma su questo soggetto, benché io conosca tutti i particolari, devo osservare un sacro silenzio. Erodoto, Le Storie, II, 170, 171.
Questo era il lago di Osiride, dove i sacerdoti facevano di notte la rappresentazione della sua vita. Questi luoghi di acqua consacrata o bagni cerimoniali si trovano presso tutti i principali templi di ogni popolo. In India fuori del tempio vi è o un lago, o un fiume, o un serbatoio di acqua sacra dove gli Indù si bagnano continuamente. Un Inno Orfico cita l’acqua come la massima purificatrice degli uomini e degli Dei.
L’Amenti è caratterizzato dalla presenza dell’acqua, e il mezzo per attraverso è la barca. Prima di tutto, vi è una barca che reca la bara, una cassa nera contenente la mummia del Defunto (nome sostitutivo dell’Iniziando). La madre, Ammenbem-Heb, e la sorella Hooissanoob, le stanno vicino. Alla testa e ai piedi del cadavere stanno ritte Neftys e Iside, vestite di rosso e, accanto, un sacerdote di Osiride vestito con la sua pelle di pantera, l’incensiere nella mano destra e quattro assistenti che recano gli intestini della mummia. La bara è accolta dal Dio Anubi (dalla testa di sciacallo). Quindi l’Anima sorge dalla sua mummia e dal Khou (il Ba o corpo astrale) del defunto. Essa inizia la propria adorazione dei quattro geni dell’Oriente, dei sacri uccelli, e di Amon sotto forma di ariete. Portato nel “Palazzo della Verità,” il Defunto è al cospetto dei suoi Giudici. Mentre l’Anima, uno scarabeo, è alla presenza di Osiride, mentre il suo Khou o Ba astrale è alla porta.
Vinto i terrori dei varchi della Morte, il Defunto, nome sostitutivo dell’Iniziando, che era morto nella personalità, veniva portato nella “Camera degli Spiriti”, per essere giudicato. Nel Libro dei Morti “Libro per venire alla Luce”, il Defunto viene giudicato da un tribunale composto da 42 Giudici[1] o Assessori dei morti a cui capo vi è Osiride, seduto su un trono su uno zoccolo a forma di cubito reale, simbolo della dea Maat, l’Ordine, la Conoscenza, la Giustizia. Osiride , nel suo duplice aspetto, tiene in una mano il Tau, la Croce della Vita, nell’altra il Vaglio, il Flagello della giustizia.
FIGURA 1. Il Giudizio raffigurato sul Libro dei Morti Egizio
Un altare è immediatamente davanti al trono, coperto di doni e sormontato dal sacro loto, sul quale stanno Quattro spiriti. Sull’ingresso sta l’anima che deve essere giudicata, e a cui Thmei, il genio della verità, dà il benvenuto in questa conclusione della probazione. Thoth in sembianze di un babbuino e Maat, la sua sposa, la Giustizia, pesano il cuore del Defunto.
Il cuore svolge un ruolo fondamentale nel Giudizio, dove esso è posto sulla Bilancia Divina. Il tribunale è composto da 42 Giudici a cui capo vi è Osiride, seduto su un trono su uno zoccolo a forma di cubito reale, simbolo della dea Maat, l’Ordine, la Conoscenza, la Giustizia. Al centro della sala vi è una bilancia controllata da Anubis, su un piatto è posto il cuore del Defunto, sull’altro piatto una piuma di struzzo, simbolo della dea Maat, la Misura, la Giustizia, l’Ordine. Thoth o il suo rappresentante, il sacro babbuino con una canna registra i risultati della pesatura nel Libro della Vita. Anche nel Libro Tibetano dei morti vi sono 42 Entità connesse col cuore del defunto e il dio della morte dalla forma scimmiesca. Su un piedistallo vi è una cagna, simbolo dell’Accusatore, che abbaia in faccia al Defunto i suoi peccati. Il famelico mostro Ammit attende il Defunto nel Corridoio delle Due verità, per compiere se necessario la sua funzione di divoratrice dei morti. Quando i 42 Giudici divini pesano il cuore, in realtà pesano i pensieri e le passioni dell’individuo.
FIGURA 2. Pesatura del cuore del Defunto
Thoth, con una canna, registra il processo nel Libro della Vita. Oro e Anubi, presso la bilancia, verificano il peso che determina se il cuore del Defunto controbilancia il simbolo della verità o se questo prevale. Su di un piedistallo vi è una cagna, simbolo dell’Accusatore.
Il famelico mostro Ammit, attende il Defunto nel Corridoio delle Due Verità, per compiere se necessario la sua funzione annichilatriche. Ammit è rappresentato con la testa di un coccodrillo, il torso di leone e i quarti posteriori di un ippopotamo. Nel Libro di Giobbe, l’Ammit si chiama Leviatan: Puoi trarre su il Leviatan con l’amo?… Porre un anello alle sue narici?
L’aspetto malefico dell’Ammit è quello del guardiano di soglia e della fine riservata agli empi, ai nemici di Osiride, le anime troppo malvagie e involute nella materia, che secondo il Libro dei Morti, venivano sminuzzate e sezionate con lunghi coltelli, dai Guardiani, orribili entità e gettati in un altro lago di fuoco ove regna il Divoratore di milioni d’anni. Questa era la seconda e definitiva morte. Superata la pesatura vi è la purificazione nel Lago di Fuoco. Nel Giudizio, il Defunto invoca Quattro Spiriti che presiedono al Lago di Fuoco, ed è purificato da essi. Il Defunto invoca i Quattro Spiriti sotto forma di cinocefali che presiedono il Lago di Fuoco.
O voi, sette Giudici che portate sulle vostre spalle la Bilancia!
Quando nella Grande Notte del Giudizio,
l'Occhio divino, al vostro ordine, mozza le teste, recide le gole, svelle, spezza i cuori e massacra i Dannati nel Lago di Fuoco.
In verità io vi conosco e conosco i vostri Nomi, e come io conosco i vostri Nomi, voi mi conoscete ...
Questa era la seconda e definitiva morte. Superata la pesatura vi è la purificazione nel Lago di Fuoco. Il Defunto invoca i Quattro Spiriti sotto forma di cinocefali che presiedono il Lago di Fuoco.
…Voi che vivete nella verità esenti dal male … rimuovete da me ogni iniquità …
Voi che vivete nella verità esenti dal male… rimuovete da me ogni iniquità…
I Quattro rispondono:
Entra nel Ro-stau e attraversa i misteriosi portali dell’Amenti. Esci ed entra a tua volontà come i Glorificati. Libro dei Morti Egizio, CXXVI, 69.
Questa fase è la purificazione col Fuoco, viene bruciato ogni impedimento, ogni difetto, ogni scoria. A giudizio favorevole il Defunto riceve il nome del suo dio cioè Osiride, diventando così un Iniziato. Osiride, sul trono, pronuncia la sentenza:
Osiride (nome dell’Iniziato) è stato purificato nello stagno… vada è senza colpa… visse e si nutrì di verità… diede da mangiare agli affamati, diede da bere agli assetati e vestì gli ignudi…
Poi è condotto alla sua dimora celeste, dove è ricevuto da Athar e da Iside, e si trova dinanzi ad Atum, il Dio essenziale. Adesso è Turu, l’uomo essenziale, puro spirito, e da questo momento è Onati, l’occhio di fuoco, associato degli dèi.
Quarantadue Giudici o Assessori si riunivano sulla riva e giudicavano l’Anima dipartita secondo le azioni che aveva compiuto nel corpo, e solo in base all’unanime approvazione di questa giuria post mortem il barcaiolo, che rappresentava lo Spirito della Morte, poteva portare il corpo del Defunto, così giustificato, al luogo del suo ultimo riposo. Dopo di che i sacerdoti tornavano nei loro sacri recinti per istruire i neofiti sul solenne dramma che probabilmente avveniva in quel momento nell’invisibile regno verso cui l’anima si era involata. L’immortalità dello spirito era fortemente inculcata dall’Al-om-jah, lo Ierofante.
Tra le regole impartite all’Iniziato, gli si comandava:
Di non desiderare, né mai cercare la vendetta; di essere sempre pronto ad aiutar un fratello in pericolo, anche a rischio della propria vita; di seppellire ogni corpo morto; di onorare soprattutto i genitori; di rispettare i vecchi e proteggere i più deboli di lui; ed infine aver sempre in mente l’ora della morte e quella della resurrezione in un nuovo imperituro corpo.
La purezza e la castità erano altamente raccomandate, e l’adulterio era minacciato di morte. Superate le prove avveniva la Rivelazione chiamata dai greci, l’Epopteia. Dopo la Rivelazione, l’Iniziato, conosceva i segreti della vita e gli veniva cinta con una fascia la testa, o lo si incoronava, come rappresentato in taluni dipinti vascolari dell’Italia Meridionale, dove l’Iniziato al cospetto di Ades e Persefone aveva in testa una corona di spighe di grano. Secondo Plutarco, i vincitori della morte ricevevano una corona come dei trionfatori. La corona della giustificazione era il simbolo di conoscenza superiore dell’Iniziato. In Egitto veniva eseguito un rituale simile:
Sono colui che cinge la testa con la fascia della conoscenza, la fascia del Nun brillante e risplendente, attorno alla sua fronte, quella che rischiara le tenebre, e che riunisce i due Urei (cobra reali)[2].
La corona esterna era solo un segno di una trasformazione del corpo e delle capacità cerebrali in grado di accogliere potenti energie. Pitagora disse di essere stato incoronato dagli Dei, alla cui presenza aveva bevuto “le acque della vita”. Nei Misteri Indù vi era la fonte della vita e soma una bevanda sacra, la bevanda degli Dei. Il soma è chiamato dagli Indù il latte di Aditi, la Madre Cosmica , Aurobindo chiarisce che Aditi è la Coscienza Universale , bere soma è partecipare a questa Coscienza Onnicomprensiva.
[1] Anche nel Libro Tibetano dei morti vi sono 42 Entità connesse col cuore del defunto e il dio della morte dalla forma scimmiesca.
[2] Libro dei Morti cap. LXXX.
RITO DELL’EREZIONE DELLA COLONNA DJED
Boris de Rachewiltz in “Egitto magico e religioso” scrive che in uno dei bassorilievi rilevati da Mariette è raffigurato Osiride Sokar patrono di Menfi mummiforme disteso sul letto. I pilastri che sorreggono la volta sono a forma di Djed che è la base del vocabolo Djedet indicante il “sepolcro di Osiride”. Nel bassorilievo in questione è anche raffigurato il Djed munito di testa umana coronata, di braccia e degli attributi di Osiride. Il Djed è una colonna sormontata da quattro capitelli circolari sovrapposti. A Menfi il Gran Sacerdote di Ptah portava il titolo di “Profeta del Djed venerabile”.
FIGURA 1. Bassorilievo del tempio di Dendera
Boris de Rachewiltz descrive un’altra scena riportata su un bassorilievo a Dendera che fa parte della resurrezione di Osiride Djed a Busiris. Anche in questo caso i pilastri della cappella sono costituiti da Djed e un simulacro di questi, alto quanto le figure delle divinità, è posto dietro a Horus che sostiene il padre Osiride innanzi ad Iside a Neftys. Che Horus, nel rituale il Faraone, compisse l’atto di rialzare il Djed è chiarificante, in quanto da una parte conferma che il principio Osiride rappresentato dal Djed è inerte fin quando non interviene Horus o il Faraone con l’assistenza di Iside, d’altra parte risollevato il Djed dà magicamente inizio a una nuova vita di Horus.
Il simbolo del Djed è anche legato alla città di Busiris, l’antica “Djedu”, situata nel delta del Nilo, nel IX distretto del Basso Egitto e non lontano da Damietta. Il vocabolo djedet (ddt) che significava durata, stabilità. Dunque il Djed simbolizza, sicuramente, qualcosa di stabile di duraturo. Non per niente nei Testi delle Piramidi è raffigurato nell’atto di reggere la volta del cielo. Talvolta anche il disco del sole è sorretto dal pilastro Djed.
Ad Abido, l’antica “Abedju”, città che un tempo conservava la reliquia importantissima della testa di Osiride, il Djed impera sulle bellissime pitture geroglifiche policrome del tempio di Seti I, dove in un bassorilievo viene rappresentata la cerimonia completa del raddrizzamento del Djed. La figura a sinistra mostro il Djed che viene raddrizzato dal Faraone Seti I con l’assistenza di Iside, e poi a destra vediamo che dopo essere stato eretto, non compare più Iside, e il Djed risulta legato con un telo, mentre a lato Seti I presenta offerte consistenti in due teli di lino. Il telo intorno al Djed indica la fasciatura della mummia che rappresenta il corpo fisico sorretto dalla colonna vertebrale.
Il Djed, la colonna vertebrale di Osiride, è rappresentato in cima un disco solare con due serpenti cobra ai lati. I due serpenti richiamano il simbolo del caduceo. La colonna centrale è la Nadi Sushumna, il cobra di destra la Nadi Pingala, il cobra di sinistra la Nadi Ida.
“Alzati Osiride, tu hai la tua colonna vertebrale, tu hai i legamenti del tuo collo sulla schiena. Poniti sulla tua base”.
FIGURA 2. Seti i raddrizza il Djed – simbolosmo dei due cobra
Il ritorno alla vita di Osiride era simboleggiato dalla cerimonia del raddrizzamento della colonna Djed espressa dalla posizione verticale. Superata la prova finale, avendo vinto la morte in vita il Defunto nome l’Iniziando si elevava, Risorgeva, innalzava la propria colonna dorsale dal sarcofago, e assumeva il nome del proprio Dio, cioè Osiride.
Quest’ultimo veniva sollevato dal sarcofago ed adagiato rivolto ad Oriente pronto per l’alba del terzo giorno.
Le forze che scorrono nell’uomo i cui atomi, centri, involucri e corpo causale formano un’unità coerente in attività piena e radiante, hanno una tal forza e purezza da produrre un effetto definito sulla natura di coloro con cui vengono in contatto. Esse guariscono, stimolano ed accrescono la vibrazione dei loro simili.
I corpi sottili dell’Iniziato sono formati col grado più elevato di sostanza, e quindi ogni atomo singolo è capace di vibrare intensamente e di splendere per la luce del proprio fuoco centrale. Il corpo eterico risplende e diviene simile al Corpo del Sole. (Trattato del Fuoco Cosmico).
IL CAMPO DI AANROO
Dopo il Giudizio il Defunto, il cui cuore pesato sul piatto della bilancia scende verso il male finisce nelle fauci di coccodrillo della dea Ammit. Tutti coloro soggetti alla "seconda morte" di Ammit sono condannati all'irrequietezza nel Duat. Viceversa, il Defunto che supera la Pesatura del Cuore si spostava su un sentiero che conduceva al Lago del Giglio o del Loto sulla cui riva incontrava il Divino Traghettatore dalla testa di falco, Hraf-hef (Colui che guarda dietro lui) che era perennemente sgradevole, verso cui deve mostrarsi degno di continuare il viaggio.
Dopo di che era portato verso est verso il Sekhet-A'Aru, o Campo dei Giunchi (canne) di Aanroo. Qui si trovavano i propri cari che erano morti in precedenza, i propri cani o gatti preferiti, gazzelle o scimmie, o qualunque animale domestico caro si fosse perso.
Sekhet-A'Aru o Campi di Giunchi detti di Iaru e anche di Aanroo è la seconda divisione dell’Amenti, dove il Defunto riceve la sua Retribuzione e dove cresce il grano della Vita, e lì resta non per un periodo eterno, come comunemente affermato, ma per un periodo definito, sottoposto al Ciclo di Necessita. Negli antichi Testi delle Piramidi, il Campo dei Giunchi di Iaru o Aanroo era pensato nel cielo orientale costituito da un’indefinita distesa di acqua era ritenuto un luogo di purificazione, dominato da Osiride non il paradiso.
Nel Medio Regno questo spazio era attribuito al dio Hotep, il cui nome indica pace, e pertanto fu definito come un Campo di Pace. Le dodici zone dell’Amenti sono descritte ognuna composta di tre registri. Il primo registro del campo dei Giunchi è composto di tre più quattro isole. Il registro centrale, è il luogo dell’aratura e della raccolta dell’orzo e del grano. Nei Libri dei Morti del Nuovo Regno i campi centrali sono descritti come solcati da ruscelli e coperti di messi, qui il Defunto arava, seminava e mieteva, teneva puliti i canali dalla sabbia.
Sotto vi è una terza zona raggiungibile con una barca a remi condotta dai Quattro Figli di Horus. Nei Testi delle Piramidi si dice che portano la barca al Re affinché egli possa essere traghettato alle spiagge dell’Aldilà. Essi legano e fissano la scala di corda affinché il re possa salire alle stelle divenendo così una stella immortale.
Il registro inferiore è detto “Mare degli Dèi”, un mare misterioso le cui misure non vengono confidate nemmeno ad Osiride.
Nel Libro dei Morti l’allegoria egiziana del Campo di Aanroo (Iaru) nei domini di Osiride si riferisce alla “ricompensa dell’Anima” negli stati che seguono la morte fisica. Al Defunto viene assegnato un pezzo di terreno nel Campo di Aanroo (la regione detta “terra di rinascita degli dèi”), Aanroo è “circondato da un recinto di ferro, nel quale cresce alto sette cubiti il grano della vita”.
Nel capitolo XCIX è scritto il Defunto potrà uscite nei Campi Iaru e gli saranno dati i campi di grano e di orzo di Sette Cubiti che saranno lavorati dai servitori di Horus. Nel Capitolo CIX si precisano i particolari.
Io conosco tutte le porte da cui esce Ra. (4) Io conosco i Campi Iaru il cui muro di cinta è in ferro: il suo Grano è alto Sette cubiti, le sue Spighe Tre cubiti, (5) il suo Stelo Quattro cubiti. Sono i Glorificati, alti ciascun Otto cubiti, che lo mietono a fianco dei spiriti orientali. Io conosco (6) Gli Spiriti orientali: Horus dai due Orizzonti… Degli scritti sono con te per la distribuzione dei donativi di campi di grano in cui germina grano dalle emanazioni (10) del Dio Ut’eb. L’altezza del Grano è di Sette cubiti, le Spighe di Due cubiti e tu lo mieterai con i Glorificati a fianco degli Spiriti orientali. Tu entrerai coraggiosamente nei (11) portali misteriosi e sarai purificato da coloro che vi sono. Libro dei Morti Egizio tradizione di Boris de Rachewiltz.
Nel campo celeste di Aanroo i “Defunti” sono rappresentati nell’atto di mietere il grano per il “Maestro dell’Eternità”. I sette cubiti sono connessi con i sette principi umani, i quattro cubiti dello stelo rappresentano i principi materiali, i tre cubiti delle spighe rappresentano i principi spirituali.
- Khat, il corpo fisico un involucro.
- Sekhem il Potere, la personificazione della forza vitale dell’individuo, il Prana della filosofia indù.
- a il doppio o copia eterica della forma del corpo fisico.
- Ba l’anima personale o passionale una fusione di emozioni desiderio del cuore jb, e della mente. corrisponde a Kama-Manas (desiderio-mente) della tradizione indù. Queste Quattro parti formano il Quaternario materiale.
- Akh la mente superiore il Manas superiore della tradizione orientale
- Sahu corrisponde al Buddhi della tradizione esoterica orientale.
- Lo Spirito, era chiamato Osiride, nome assunto da ogni Iniziato dopo aver vinto la morte in vita e risorto al terzo giorno nel rituale misterico. Corrisponde all’Atma degli Indù, e al Nous di Platone. Queste Tre parti formano la Triade spirituale.
L’annientamento completo, è destinato allo stelo alto Quattro Cubiti, cioè è solo nel Quaternario inferiore. La personalità temporanea, la sua ombra,i suoi desideri e istinti animali non possono diventare eterni.
L’altezza Sette Cubiti è riferita quelli appena trapassati, che si suppone siano ancora settupli, con tutti i loro princìpi, essendo anche il corpo rappresentato astralmente nell’Amenti, nel Kama Loka indù, o l’Ade greco, prima della loro separazione. L’altezza di Tre Cubiti è riferita a quelle anime già separate, i cui tre princìpi superiori sono nei mondi spirituali, la sede degli splendenti (il Devachan indù o terra degli Dèi) cui è permesso di raccoglierlo”. Questa regione è chiamata “la terra di rinascita degli Dèi”, e si dice abitata da Shoo, Tefnoot e Seb.
Coloro che raggiungevano gli ultimi Due Cubiti entravano in uno stato di beatitudine. I Due cubiti sono riferiti alla condizione di Osiride e di Sahu, dello Spirito e del suo primo involucro, Atma e Buddhi. Cosa ritorna dopo il ciclo di necessità? Ciò che si rincarna non è lo Spirito, Osiride o Atma, e nemmeno Sahu considerato Uno con lo Spirito. Si incarna la mente divina Akh o Manas.
Gli spiriti disincarnati la cui messe è alta solo tre cubiti, andavano come Ba nelle regioni inferiori. Per gli Egiziani il grano è il simbolo della Legge di Retribuzione o Karma. Questo grano è il nutrimento del quale vivranno e prospereranno, o che li ucciderà nell’Amenti, il regno di cui il campo di Aanroo è un dominio. Gli egiziani avevano la stessa filosofia esoterica che si insegna in oriente, e questi, quando erano seppelliti, vengono ricoperti di cereali e di frumento. L’idea del cibo della giustizia divina, del grano raccolto dalle ombre deificate dei morti come “frutto delle proprie azioni” da loro compiute nella vita fisica è molto eloquente.
l cubiti del grano nel Campo di Aanroo sono connessi ai sette principi umani. Il Libro dei Morti dà una lista completa delle “trasformazioni” che ogni defunto subisce mentre si spoglia, uno ad uno, di tutti questi princìpi. Si credeva che il Ba, l’anima astrale della mummia attendesse presso il corpo per tutti i tremila anni del Ciclo della Necessità. Era legata a esso da un filo magnetico, che poteva essere rotto solo da un suo sforzo.
Fra i morti solo quelli che conoscono il nome dei guardiani delle porte delle “Sette Camere” saranno ammessi per sempre nell’Amenti, altrimenti resteranno nei campi inferiori. In Amenti si diventa puri spiriti per l’eternità (XXX 4); mentre in Aanroo l’Ombra, il Ba, il Manes, la Forma Astrale, è annientata, viene divorata ogni volta da Uraeus, il serpente, figlio della Terra. Vale a dire, il Ba o Corpo Astrale del defunto o “l’Elementare” svanisce e sparisce nel figlio della Terra”. L’anima lascia i campi di Aanroo e va sulla terra sotto un’altra forma che le piace assumere. (Libro dei Morti cap. XCIX). Il Defunto è distrutto, oppure diviene puro Spirito per l’Eternità, come conseguenza delle “sette volte settantasette vite” trascorse o da trascorrere sulla Terra.
Nel Libro dei Morti, viene mostrato il Defunto che entra in Sekhem, con Horus-Thot, e “ne emerge come puro Spirito”. Sekhem è la residenza del dio Khem, e Khem è Horus che vendica la morte di suo padre Osiride, e punisce quindi i peccati dell’uomo, quando questi diviene un’anima disincarnata. Poiché Sekhem è la residenza del Dio Khem è quindi la terra degli Dèi dove risiedono i due principi spirituali superiori dell’uomo Sahu e Osiride. Così il Defunto dice:
Io vedo le forme di (me stesso, come diversi) uomini che si trasformano eternamente... Io conosco questo (capitolo). Colui che lo conosce... assume ogni specie di forme viventi- Cap. LXIV, 29, 30.
E rivolgendosi con una formula magica a ciò che nell’Esoterismo egiziano è chiamato il “cuore ancestrale” o il princìpio che si reincarna, l’Ego permanente, il Defunto dice:
O cuore mio, mio cuore ancestrale, necessario per le mie trasformazioni ... non ti separare da me dinnanzi al guardiano delle bilance. Tu sei la mia personalità nel mio petto, il divino compagno che veglia sulle mie carni (corpi)”. (Cap. LXIV, 34, 35).
È in Sekhem che si trova celata la “Faccia Misteriosa”, o l’uomo reale nascosto sotto la personalità, rappresentati in Egitto dalla Triade umana Inferiore dal triplice coccodrillo, riflesso della o Triade umana Superiore: i tre aspetti dell’Anima Spirituale Akh, Sahu, Osiride. Nel papiro di Nakht tre coccodrilli sfidano il Defunto armato di un lungo coltello.
Il coccodrillo è un animale che sta rintanato e nascosto nelle profondità del fiume, senza che nessuna ne avverta il pericolo, è proprio questa sua particolarità che lo rende temibile e una volta uscito dalle acque non vi è scampo. In altri termini il coccodrillo sta rintanato nelle profondità dell’inconscio e il cui scopo è attirare nell’abisso il Viaggiatore e cadere in pasto alla bestia. Il Defunto armato di coltello minaccia di dire il vero nome del coccodrillo. “Possa io non dire il tuo nome al Grande Dio che ti ha acconsentito di apparire”. Pronunciare il nome dell’Avversario a Ra, equivale a distruggerlo, il coccodrillo non potrebbe sopportare il Fuoco Solare, e tramite il coltello del discernimento dimostra di comprendere la sua vera natura.
Io sono il coccodrillo che presiede la paura, io sono il Dio-coccodrillo, all’arrivo della sua Anima fra gli uomini. Io sono il Dio-coccodrillo venuto per la distruzione.
Questa è un’allusione alla distruzione della purezza spirituale divina, quando l’uomo acquisisce la conoscenza del bene e del male; così come agli Dèi o Angeli “caduti” di tutte le Teogonie.
II coccodrillo è il primo ad aspettare e a ricevere il fuoco divorante del sole mattutino; e ben presto esso personificò il calore solare stesso. Il sorgere del sole era simile all’arrivo sulla terra e fra gli uomini “dell’anima divina che dà vita agli Dèi”. Da ciò lo strano simbolismo. La mummia prendeva la testa del coccodrillo per mostrare che essa era un’Anima che giungeva dalla terra.
Io sono il pesce del grande Horus. (il “Coccodrillo” in india è Makara). Io sono immerso in Sekhem. (Cap. LXXXVIII).
Nel Libro dei Morti, viene mostrato il Defunto che entra in Sekhem, con Horus-Thot, e “ne emerge come puro spirito”. H.P. Blavatsky nel primo volume della Dottrina Segreta (p. 241) ci spiega che in Egitto, il Defunto era rappresentato emblematicamente, trasformato in coccodrillo, Sebekh o Sevekh (“Settimo”). Gerald Massey dimostra che il coccodrillo era la “settima Anima”, l’Anima suprema delle sette.
Nel Libro dei Morti o Rituale, il Defunto “Osiridificato” e rappresentato sotto il glifo di un Dio in forma di mummia, dalla testa di coccodrillo, che dice:
Io sono il coccodrillo che presiede la paura, io sono il Dio coccodrillo, all’arrivo della sua Anima fra gli uomini. Io sono il Dio coccodrillo venuto per la distruzione.
Nell’Alto Egitto a Kom Ombo, su una collinetta che guarda il Nilo, vi sono due templi d’età Tolemaica dedicati al dio Horos il Vecchio, dalla testa di falco ed a Sevekh che significa il settuplice, che ha testa di coccodrillo. Safekh scritto anche Sebek, Sevekh e Sebakh, è il dio delle tenebre e della notte, con il coccodrillo quale emblema. Sebekh o Sevekh (o “Settimo”), come dice Gerald Massey, che ce lo indica come il tipo dell’intelligenza, è, in realtà, un Drago e non un coccodrillo. È il “Drago di Saggezza”, l’Anima Umana, la Mente o Manas, il Princìpio Intelligente.
FIGURA 2. Sebek dalla testa di coccodrillo
In India come in Egitto il compito di quegli Esseri misteriosi che presiedono alla costellazione del Capricorno, detta in India Makara o “Coccodrillo” di animare le forme animali vuote ed eteree, per trasformarle nell’Uomo Razionale. Si tratta di un soggetto di cui ben poco può esser detto al pubblico in generale, per esso è un mistero.
Così il Defunto Osiridificato diveniva il Dio Khem, che “raccoglie le messi del campo di Aanroo”; cioè raccoglie la propria ricompensa o la propria punizione, perché quel campo è la località celeste dove al Defunto viene dato del grano, il cibo della giustizia divina.
La mummia era disposta nel miglior modo per aiutare la fuoruscita dell’“Anima, ” e questa doveva passare attraverso le Sette Camere planetarie prima di poter uscire dalla simbolica sommità. Ogni camera rappresentava, nello stesso tempo, una delle sette sfere e uno dei setti tipi dell’umanità fisico-spirituale ritenuti superiori ai nostri. Ogni 3000 anni l’anima rappresentante la sua razza doveva ritornare al suo primitivo punto di partenza, prima di sottoporsi ad un altro ciclo di evoluzione in una trasformazione fisica e spirituale più perfetta.
Alcune iscrizioni, dicono che “l’anima giustificata, una volta arrivata ad un certo periodo delle sue peregrinazioni (semplicemente alla morte del corpo fisico) doveva essere unita al suo corpo (cioè, all’Ego), e non essere mai più separata da esso”. Cos’è questo cosiddetto corpo? Non può essere la mummia, perché il corpo svuotato e mummificato non può risorgere. Può essere solo la veste spirituale, eterna, l’EGO, che non muore. La “Resurrezione” non ha mai significato per gli Egiziani la resurrezione della mummia mutilata, bensì quella dell’Anima che l’aveva informata, dell’Ego, in un nuovo corpo. Il periodico rivestirsi di carne dell’Anima o Ego, era un credo universale, e niente può essere più conforme alla giustizia e alla legge Karmica. H. P. Blavatsky ci dice che ogni mummia dal momento che veniva imbalsamata, perdeva, in un certo senso, la sua individualità fisica, e per questo simboleggiava la razza umana.
Il canto della Resurrezione” cantato da Iside per richiamare il suo sposo alla vita, potrebbe essere tradotto “Il canto di Rinascita”, poiché Osiride è l’Umanità collettiva. Questa era la preghiera del sacerdote recitata sul Defunto. “Oh! Osiride (segue il nome della mummia del defunto) sorgi di nuovo su questa santa terra (la materia), augusta mummia nella bara, sotto le tue sostanze corporee”. Questa era la preghiera del sacerdote recitata sul defunto. La “Resurrezione” non ha mai significato per gli Egiziani la resurrezione della mummia mutilata, bensì quella dell’Anima che l’aveva informata, dell’Ego, in un nuovo corpo. Il periodico rivestirsi di carne dell’Anima o Ego, era un credo universale.
Khem, “il seminatore del seme” è mostrato su una stele in un’immagine della Resurrezione dopo la morte fisica, quale creatore e seminatore del chicco di grano che, dopo il disfacimento, germoglia di nuovo quale spiga nuova sulla quale è posato in equilibrio uno scarabeo. In Egitto lo scarabeo sacro Kepher significava essere, divenire, costruire di nuovo, ricostruire, era simbolo di resurrezione ed anche di rinascita, di resurrezione per la mummia.
FIGURA 3. Monile con scarabeo alato tomba di Tutankhamon
Lo Scarabeo in Egitto era simbolo di resurrezione ed anche di rinascita; di re-surrezione per la mummia o, meglio, per gli aspetti più elevati della personalità che l’animava, e di rinascita per l’Ego, il “corpo spirituale” dell’Anima umana inferiore. Gli Egittologi dicono che “l’anima giustificata, una volta arrivata ad un certo periodo delle sue peregrinazioni (semplicemente alla morte del corpo fisico) doveva essere unita al suo corpo (cioè, all’Ego), e non essere mai più separata da esso”. Cos’è questo cosiddetto corpo? Non può essere la mummia, perché il corpo svuotato e mummificato non può risorgere. Può essere solo la veste spirituale, eterna, l’EGO, che non muore mai, ma dà l’immortalità a chiunque diventa unito con esso.
L’incisione di un papiro nell’Oedipus Egyptiacus (III, 124) di Kircher, mostra un uovo fluttuante sopra la mummia. Questo è simbolo di speranza e promessa di una seconda nascita per il Defunto Osiridificato; la sua anima, dopo la necessaria purificazione nell’Amenti, avrà un periodo di gestazione in questo Uovo dell’Immortalità, per rinascere quindi da esso in una nuova vita sulla terra. Lo Scarabeo alato è una forma del Globo Alato, la dimora di Beatitudine. I Ierofanti Egizi portavano sul petto il mistico scarabeo.
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