Geometria Pitagorica II - Irrazionali Geometrici - Sapienza Misterica

SAPIENZA MISTERICA
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Geometria Pitagorica II - Irrazionali Geometrici

Arithmòs e Geometria Pitagorica
 
Il secondo volume di Geometria Pitagorica Árrethos riguarda un argomento che non doveva essare divulgato, quello degli irrazionali geometrici. Platone chiama il numero irrazionale árrehetos, ossia Mistero Ineffabile. Nel Teeteto (147d), Platone si vergogna dei greci che non sono sensibili al grande problema delle grandezze incommensurabili. Si riteneva che l’esperienza iniziatica fosse di per sé indicibile e per questo in Grecia si indicava col termine árrethos (άρρητος) che vuol dire appunto in-esprimibile. Árrethos è la negazione di rètòs il cui significato è di espresso, razionale, misurabile, dunque esprimibile. La Diade è rappresentata con il numero “2”, che crea per raddoppio il Quadrato, quando inscritto in un Cerchio di raggio Uno, ha come confini o lati, √2. La Divinità è rappresentata con il numero 3, il Triangolo, quando inscritto in un Cerchio di raggio Uno, ha come confini o i lati, √  3.

 
ARITHMÒN ÁRRETHOS
 
Arithmòs è una presenza costante nei dialoghi di Platone, che Platone riferisce soprattutto al Logos. Gli Arithmòi (αριθμοί) di cui parlano i personaggi dei dialoghi platonici si riferiscono alla concezione “monadica” di numeri, perché appartengono al mondo delle Idee. Arithmòn viceversa è il riferimento al numero non monadico. L’espressione arithmòn árrethos άριθμόν άρρητον, significa “numero inesprimibile” o “indicibile”, o anche “misterioso” e “sconosciuto”, e l’aggettivo árrethos άρρητος, è un termine misterico ampiamente in uso negli ambienti delle antiche confraternite iniziatiche occidentali. Poiché l’esperienza iniziatica è di per sé indicibile, per questo in Grecia s’indicava col termine árrethos (άρρητος) che vuol dire appunto in-esprimibile[1].
 
La geometria ha una portata propriamente spirituale, poiché il suo compito più alto è quello di orientare lo sguardo verso la contemplazione degli equilibri cosmici risultanti dai contrari, educando alla loro imitazione realizzativa, evitando la prepotenza disarmonica[2].
 
Giamblico[3] narra che sarebbe stato Talete a convincere Pitagora ad andare in Egitto. L’alone leggendario circonda la figura e l’opera di Talete, tanto che Diogene Laerzio, lo individua come uno dei sette sapienti, anzi, come il più savio di loro[4]. Questo gentile e modesto insegnante, scrisse Giamblico, si scusò per la “sua vecchiaia e la sua debolezza” e raccomandò al suo brillante allievo di proseguire la sua strada, sostenendo che la propria sapienza era derivata dagli egizi e che Pitagora era ancora più dotato di lui per beneficiare del loro insegnamento. Porfirio insegnava che quel che Talete e Pitagora avevano soprattutto da imparare dagli egizi era la geometria. «Gli antichi egizi eccelsero nella geometria, i fenici nei numeri e nelle proporzioni e i caldei in teoremi astronomici, riti divini e culto degli dèi». «Si dice», scrisse Porfirio, «che Pitagora abbia imparato da tutti loro». Aritmetica e Geometria possedevano per Platone l’immenso merito di guidare l’anima verso la verità e perciò costituiscono la premessa fondamentale per lo studio della stessa filosofia.
 
Pitagora non fu l’inventore del suo famoso “Triangolo”, questa figura insieme al Quadrato e al Cerchio, è una descrizione dell’ordine dell’evoluzione dell’Universo, sia spirituale e sia fisico. La geometria pitagorica è una scienza sacra. La parola “scienza” deriva dal latino scire cioè conoscere, la scienza o conoscenza pitagorica era volta verso l’Esseità, la scienza della scuola Aristotelica[5]  era volta verso la Molteplicità, anche se non si può fare a meno di rilevare che queste forme di conoscenza concreta sono altrettanto fondamentali per il bene e il progresso dell’uomo. Il metodo Pitagorico e Platonico, scende dall’Universale all’individuale. Questo è il metodo adottato in Matematica la sola scienza esatta che esista oggi. Euclide, anch’egli un Iniziato decise di divulgare l’Insegnamento Pitagorico per quell’aspetto legato al mondo fenomenico delle forme fisiche inaugurando così l’inizio dell’era della specializzazione e della scienza della quantità, fine a se stessa, spezzando così i contatti con l’Unità creatrice.
 
Il numero inesprimibile άρρητος (árrethos), è sinonimo di “irrazionale”. In realtà, qui, non si tratta affatto di quanto si pone al di sotto della ragione, ma di ciò che, all’opposto, la supera verso l’alto. L’Uno per azione della Diade si riflette e si occulta; perciò il “numero indicibile” è appunto questa stessa infinità considerata nel suo stato di occultamento nell’Uno, il quale ne è l’origine e la sintesi inesprimibili.
 
Valentino, lo Gnostico Pitagorico, si dilunga intorno al potere dei grandi Sette che ricevettero l’incarico di produrre questo universo, dopo che Ar(r)hetos o l’Ineffabile, il cui nome è composto di sette lettere, ebbe descritto il primo Settenario. Il nome di sette lettere άρρητος indica la natura settenaria dell’Unico, del Logos. “La Dea Rhea” dice Proclo, “è una Monade, una Diade e un Settenario[6]. Rhea, la Materia Prima è fluida, perché non ha confini determinati, all’interno o all’esterno; la materia è in continua trasformazione, sempre in movimento. Arrethos nella spiegazione di Valentino è il nome del Demiurgo, il Dio, l’artefice del Mondo materiale che per opera della Diade, Rhea, procede dal razionale al Caos, all’irrazionale.
 
La parola άρρητος, è formata con 7 lettere, come la parola armonia ἁρμονία, ma a differenza di quest’ultima[7] è formata con 3 vocali e 4 consonanti.
  • Sette lettere tre vocali un triangolo D e quattro consonanti un quadrato ¨.
  • Il valor numerico delle sette lettere greche è, 1+100+100+8+300+70+200 = 779. Il numero 779 è composto di una coppia i sette e un nove.
  • La coppia di sette è il numero 14, la coppia delle sette potenze per lo Spirito e per la Materia, il corpo di Osiride fu smembrato in 14 parti. Il numero 9 indica il cerchio che unisce e non permette di andare oltre disperdendosi.
  • Il numero ridotto 7+7+9 = 23, che è il 9° numero primo o incorruttibile perché procede dall’Uno dal Primo.
  • Ridotto al suo pitmene 2+3 = 5, il numero misterico delle cinque cifre che compongono il numero "π", 31415 = 3+1+4+1+5 = 14 = 1+4 = 5. Il numero π, è l’irrazionale per eccellenza, dopo di lui per importanza vi è il numero aureo Ф.
 
Eudosso, un Pitagorico discepolo di Archita, evitò di introdurre il valore numerico degli irrazionali, utilizzando la rappresentazione geometrica, perché soltanto i geometri potevano maneggiare i rapporti incommensurabili. La geometria divenne quindi la base per la matematica. All’ingresso dell’Accademia di Platone fosse affissa l’epigrafe “Non entri chi non è geometra”. Plutarco ci tramanda il detto di Platone secondo cui “Dio sempre geometrizza”.
 
Platone chiama inizialmente l’irrazionale árrethos, ossia Mistero Ineffabile.
 
L’esegesi moderna sulle scorte delle opinioni espresse dal matematico francese del diciannovesimo secolo Paul Tannery la scoperta degli irrazionali o “inesprimibili” (αλóγον) fu un véritable scandale logique nei Pitagorici e che abbia portato a una crisi o quantomeno a una tensione nelle dottrine pitagoriche, basate in gran parte sulla centralità del numero nell’ordine del cosmo. Secondo il diffuso pregiudizio degli studiosi moderni, la scoperta degli irrazionali sfociò in una crisi che minava nel profondo la dottrina pitagorica, perché tutta la vita della comunità era basata sui numeri, sui numeri interi, nell’assoluta certezza che fossero gli unici numeri possibili. Pitagora come tutti i grandi Maestri non scrissero nulla, la segretezza sull’insegnamento era assolutamente vincolante. I primi testi riguardanti l’insegnamento di Pitagora sono dovuti a Filolao che, scrisse su di essa, solo per quella parte non connessa ai Misteri. Aulo Gellio ci informa che Platone comprò da Filolao tre testi che riguardavano l’insegnamento di Pitagora, e un testo di commento. Platone, risentì fortemente l’influenza del pitagorismo, tanto che possiamo consideralo un Pitagorico, anche se non appartenne propriamente alla Scuola. Senza Platone, l'astruso sistema numerico di Pitagora sarebbe rimasto incomprensibile alla mente media.
 
Meno antichi sono i biografi di Pitagora, cioè Giamblico, Porfirio e Diogene Laerzio che furono Neopitagorici della nostra era, e gli scrittori matematici Theone da Smirne[8] e Nicòmaco di Gerasa i cui scritti costituiscono la fonte che ci ha trasmesso l’aritmetica pitagorica. Molte notizie si devono a Plutarco, anch’egli un Neopitagorico.
 
Gli storici moderni tendono a seguire i personalismi di Aristotele e dei suoi eccessi polemici, sia nei confronti dei Pitagorici alludendo a possibili divergenze tra i Pitagorici, e sia nei confronti dell’Accademia di Platone. In particolare, presentando la filosofia pitagorica, Aristotele ripiega volentieri su superficiali schematizzazioni, che finiscono spesso per ridicolizzare tale pensiero.
 
Mentre sia Pitagora sia Platone furono Iniziati dei Misteri, Aristotele non fu mai iniziato e dipendeva da speculazioni logiche per lo sviluppo delle sue teorie. Questo spiega le sue molte divergenze dagli insegnamenti di Platone, la cui filosofia era basata sulla saggezza dell’antico Oriente. Secondo Diogene Laerzio, Aristotele si staccò dal suo maestro mentre Platone era ancora vivo, e Platone osservò: “Aristotele mi ha preso a calci, come fanno i loro puledri quando sono nati“. Mentre ci sono prove che Aristotele non ha mai perso il suo personale riguardo per Platone, resta il fatto che nei suoi ultimi scritti non menziona mai Platone se non per confutare le sue dottrine, sostenendo che il metodo platonico è fatale per la scienza.
 
Scrive Arturo Reghini[9]  che le scarse notizie che, oggi si possiedono sulle scoperte geometriche dei pitagorici; le dobbiamo a Proclo che a sua volta le ha tratte dalla fonte attendibile di Eudemo. Bisogna però notare che il Tannery, nel magnifico studio citato, non solo condivide il punto unanimemente concesso che Proclo non ha conosciuto personalmente nessuna opera geometrica anteriore a Euclide, ma sostiene anche la tesi che Proclo non ha neppure utilizzato direttamente la storia geometrica composta in precedenza a Euclide da Eudemo, quantunque lo citi assai spesso, e che conosce e cita Eudemo solo di seconda mano, e precisamente attraverso Gemino, autore del primo secolo a.C., un greco, probabilmente, nonostante il nome latino.
 
Quanto ad Eudemo, per spiegare l’origine delle indicazioni passabilmente numerose e circostanziate pervenuteci per suo mezzo riguardante i lavori della scuola pitagorica, il Tannery sostiene che deve essere esistita un’opera di geometria, relativamente considerevole, che Eudemo deve avere avuto tra le mani, opera composta dopo la morte di Pitagora, approssimativamente verso la metà del V secolo. È forse l’opera, che Giamblico designa come: la tradizione circa Pitagora. Osserva il Tannery che, in base al riassunto storico di Proclo, nel trattato di geometria greca di cui si può sospettare l’esistenza, il quadro era già quello che riempie gli «Elementi» di Euclide, dal I libro (teorema dei due retti), al 10° (scoperta degli incommensurabili), al 13° (costruzione dei poliedri regolari). Questo è il coronamento dell’uno e dell’altro; cioè del riassunto di Proclo e degli Elementi di Euclide. Nulla però sappiamo circa le dimostrazioni dei teoremi, le risoluzioni dei problemi ed in generale la trattazione delle questioni riportate da Proclo, Gemino ed Eudemo; nulla, all’infuori, della dimostrazione del teorema dei due retti cui a prima vista non manca niente …

[1] Árrethos è la negazione di rètòs il cui significato è di razionale, misurabile, dunque esprimibile.
[2] Platone, Gorgia 508a-b.
[3] Giamblico, Vita di Pitagora, (II, 12).
[4] Diogene Laerzio, Le vite dei filosofi, I, 28-33.
[5] Aristotele parlava dei cosiddetti Pitagorici, mettendo in dubbio l’esistenza stessa di Pitagora.
[6] H.P. Blavatsky, Cosmogenesi, sez XIII.
[7] Armonia è formata con 4 vocali e 3 consonanti.
[8] Theone di Smirne (70 circa – 135 circa) filosofo e matematico, profondamente influenzato dalla scuola pitagorica. Scrisse diversi commentari su lavori di matematici e filosofi, tra cui tre sulla filosofia di Platone: due di essi sono andati persi; il terzo, Matematica utile per comprendere Platone, è un compendio d’informazioni matematiche necessarie per comprendere le opere di Platone.
[9] Per la Restituzione della Geometria Pitagorica e Dei Numeri Pitagorici alla Loro Forma Primitiva.
 
LA FAVOLA D’IPPASO DI METAPONTO
 
Nel V secolo d.C. , Proclo nei suoi “Commentari su Euclide”, cita un passo della “Storia della Geometria” di Eudemo di Rodi[1] in cui s’indica in Pitagora lo scopritore dei numeri irrazionali e delle figure cosmiche.
 
I Pitagorici narrano che il primo divulgatore (Ippaso) di questa teoria (degli irrazionali) fu vittima di un naufragio; e parimenti si riferivano alla credenza secondo la quale tutto ciò che è irrazionale, completamente inesprimibile e informe, ama rimanere nascosto; e se qualche anima si rivolge ad un tale aspetto della vita, rendendolo accessibile e manifesto, viene trasportata nel mare delle origini, ed ivi flagellata dalle onde senza pace. (Proclo)
 
Il racconto di Proclo della caduta di Ippaso nel mare, è la metafora della materia caotica che conduce alla sofferenza e della prova. Navigare sui flutti - affermava Porfirio - era un modo per “placare il demone della nascita”, cioè della ricaduta nella forma, allo scopo di raggiungere un approdo finale nella terra promessa. La caduta nella forma, la nascita nel mondo della forma era paragonata alla morte dello spirito che veniva racchiuso in una bara di carne. Ma appena fuori dei flutti s’incontra il numero intero. Nell’Odissea Proteo, divinità del mare, tanto ambiguo quanto veridico, appena fuori dall’acqua passa in rassegna il suo gregge di foche contandole a gruppi di cinque.
 
I matematici moderni lontani dal linguaggio allegorico e misterico, intesero la morte per naufragio di Ippaso come una finzione dei Pitagorici volta a mascherare il loro fallimento. Pappo di Alessandria (IV secolo d.C.) uno dei più importanti matematici e sicuramente il maggior cultore della geometria del periodo tardo ellenistico, spiega:
 
“Con questo, come in una parabola, intesero che tutto ciò che al mondo è irrazionale, o inconcepibile, debba venire nascosto. Inoltre, ogni anima che per errore o per sbadatezza scopre o rivela alcunché di questa natura in questo mondo erra nel mare della non-identità, immerso nel flusso del divenire, in cui non c'è regolarità né certezza”.
 
Per il suo tradimento, Ippaso fu messo al bando dai Pitagorici che, si racconta, gli innalzarono un monumento funebre, perché fosse chiaro che per loro era morto. Proclo narra che, lo stesso Giove, adirato contro di lui, lo fece perire in un naufragio. Prendendo spunto dalle vicende del “traditore” Ippaso, che divulgò l’esistenza dei numeri irrazionali, i commentatori moderni descrivono i Pitagorici in gravi difficoltà quando essi scoprirono l’esistenza dei segmenti incommensurabili[2] che avrebbero dovuto segnare il crollo delle loro convinzioni. Ammettere l’esistenza degli irrazionali per impossibile, per i Pitagorici numero significava solo numero intero, perciò essi erano infastiditi dalla scoperta che alcuni rapporti non fossero esprimibili mediante numeri interi.                 
 
Pregiudizio è un giudizio su qualcosa che non si conosce o si crede di conoscere. I numeri razionali e irrazionali erano perfettamente conosciuti dai Pitagorici, le vicende di Ippaso appartengono alla divulgazione di un segreto iniziatico.
 
La vicenda di Ippaso non è l’unica nella Scuola Pitagorica, Ipparco, un Pitagorico della Scuola di Reggio Calabria, fu espulso dalla Scuola Pitagorica per averne resi noti i segreti iniziatici. Per questo motivo fu considerato morto prima di esserlo e gli fu dedicata una colonna sepolcrale. Ippaso di Metaponto, secondo Giamblico (La Vita Pitagorica, 257) avrebbe partecipato allo scontro che oppose due fazioni dei Pitagorici dopo la distruzione di Sibari (avvenuta nel 510 a.C.) per opera dei Crotoniati, schierandosi dalla parte dei democratici, quando in seguito ad una congiura furono uccisi a Crotone i Pitagorici.
 
Il Pitagorico Liside scampato all’eccidio di Crotone, con una sua lettera rimprovera Ipparco dopo l’espulsione dalla Scuola, di aver insegnato pubblicamente la Dottrina Pitagorica, e quindi di aver consentito a persone spiritualmente impure di impadronirsi del sapere. Liside chiede all’amico Ipparco di essere diverso perché anche lui non fosse costretto a considerarlo morto.
 
Ma dicono molti che tu professi pubblicamente la nostra filosofia, atto che Pitagora ha proibito: egli infatti, lasciati alla figlia Damo i suoi commentari, vietò di consegnarli ad alcuno al di fuori della famiglia. Quella, pur potendo vendere quei discorsi a gran prezzo, non volle, e giudicò le indicazioni del padre più preziose dell'oro. Dicono inoltre che Damo, al momento della sua morte, abbia raccomandato alla figlia Bistela un simile ordine. Ma noi, che pur siamo uomini, teniamo un contegno ingiusto verso di lui, e siamo divenuti dei trasgressori dei suoi insegnamenti. Se muterai il tuo animo, ne sarò lieto, altrimenti, sarai per me come morto[3].
 
La severa punizione, per chi come Ippaso di Metaponto e Ipparco di Raggio Calabria, avesse rivelato gli insegnamenti segreti appresi dopo l’iniziazione, è erroneamente interpretata come un espediente per nascondere il fallimento dottrinale della Scuola Pitagorica.

[1] Il frammento giunto fino a noi e contenente tale asserzione viene detto “Sommario Eudemiano”.
[2] Due segmenti a, b, sono commensurabili se il loro rapporto b/a è sempre esprimibile con numeri interi, il cui risultato è un numero che oggi chiamiamo razionale, ad esempio il rapporto: b/a = 4/5.
[3] Lettera apocrifa attribuita a Liside, riportata da Giamblico in Vita Pitagorica.
 
PLATONE E I PITAGORICI TEETETO E TEODORO DI CIRENE
 
Caos-Theos-Kosmos, il “Dio dai Tre Aspetti”, rappresenta il primo Triangolo della Triade Pitagorica. Theos evolve dal Caos, o Grande Abisso. Kosmos significa “ordine”, con questo termine gli antichi Greci intendevano l’universo armonico ed ordinato nato dal disordine originario chiamato Caos. Pitagora e poi Platone concepivano il Cosmo come insieme di quattro elementi: Fuoco, Aria, Acqua e Terra.
 
Il Timeo scritto intorno al 360 a.C. da Platone non ha mai cessato di interessare e di stupire gli studiosi, è il dialogo platonico che maggiormente ha influito sulla filosofia e sulla scienza posteriori. Platone inizia il suo più famoso dialogo in un modo prettamente pitagorico: “Socrate - Uno, Due, Tre: e dov’è, caro Timeo, il Quarto di quelli che ieri invitai a pranzo e che oggi m’invitano?” Il Quarto invitato alla discussione giunge 2300 anni dopo nelle vesti eretiche di fisici quantistici dell’Etere e della Cosmometria, una geometria delle relazioni energetiche. In particolare, la Cosmometria Strutturale è l’esplorazione dei solidi geometrici, le forme che compongono la struttura architettonica di materia ed energia. Questa include i Cinque solidi Platonici, le forme di Archimede e la miriade di forme geometriche derivanti che nascono da esse tramite costellazione, troncamento, combinazione, ecc.
 
Pitagora era stato istruito per 22 anni nei templi egizi, dove apprese tutti i segreti dei numeri interi e irrazionali compreso il π che è parte integrante del cubito[1] e il numero aureo Φ la base di ogni costruzione armonica in natura e in architettura. Il Grande Sacerdote di Ptah, Imhotep, ideatore della piramide a gradoni di Saqqara, architetto, astronomo, primo scrutatore delle stelle, sommo guaritore, è ritenuto il più grande rappresentante delle Scuole di Sapienza Misterica, Iniziato ai Misteri del Cielo e della Terra cui nessuna conoscenza era preclusa.
 
Le Scuole di Sapienza in passato s’identificavano completamente con le Scuole Misteriche. Da queste antiche Scuole uscì l’opera di architettura dell’epoca augusta di Vitruvio Pollione contenente le regole e le proporzioni insegnate solo durante le iniziazioni. Quest’opera fu divulgata solo per errore perché doveva rimanere segreta. Secondo queste proporzioni armoniche furono costruiti i templi dell’Egitto, dell’India, della Grecia. Rapporti armonici e allineamenti astronomici si ritrovano nelle disposizioni delle pietre megalitiche del Nord Europa. Un risveglio alle antiche conoscenze matematiche e perfettamente assimilato dalla matematica moderna, fu dato nel XII secolo da Fibonacci, che nei suoi numerosi viaggi in Oriente poté abbeverarsi alla fonte originaria delle conoscenze matematiche arabe pitagoriche, quella indù. Pertanto, occorre distinguere due campi di applicazione dell’Antica Dottrina:
 
  1. L’Insegnamento che aveva lo scopo di ricondurre l’uomo alla sua sorgente spirituale, al Nous. Quest’aspetto, che riguarda il reame del pensiero astratto e dell’intuizione, chiamata in oriente Buddhi, ora non è preso in considerazione dai ricercatori.
  2. L’Insegnamento riguardante le Leggi della Natura e della creazione delle forme. La conoscenza della sezione aurea applicata all’architettura e alle forme ne è una testimonianza. Questo secondo aspetto che riguarda il campo di azione della mente razionale, è oggi studiato con nuovi metodi d’indagine da matematici che hanno elaborato la geometria frattale dell’auto somiglianza che si ripete in dimensioni sempre più piccole. Sull’auto somiglianza, sui frattali, sulla simmetria è stato creato l’Universo.
 
La realtà fisica che ci circonda è formata non da entità finite ma da un insieme di entità infinitesime e indefinite. A dimostrazione della caoticità della nostra realtà possiamo porre l’attenzione su due argomentazioni che, quanto mai, ci sono vicine e ci circondano ogni giorno: il numero p e la geometria frattale dell’auto somiglianza nel ripetere sempre più in piccolo la sua forma. Il numero p non esiste in modo finito, quantunque ricorra nella geometria e nella matematica. Ad esempio nel calcolare gli angoli in radianti, sappiamo che la misura dell’angolo piatto è uguale a p. Come può p, un numero trascendente, non proveniente da nessuna equazione a coefficiente reale, ed avente un numero infinito di cifre decimali, essere la grandezza di un ente geometrico e sempre considerato finito?
 
Non deve perciò stupire che il concetto pitagorico di Dynamis sia la base della moderna matematica dei frattali e del Caos simmetrico e deterministico.
 
Lo scritto platonico che tratta di questo particolare argomento è il Teeteto, un dialogo di Platone, appartenente alla prima parte del periodo “della maturità”, dopo il suo incontro col Pitagorico Archita di Taranto. Teeteto un giovane e famoso matematico, che diede contributi decisivi alla geometria, era membro dell’Accademia di Platone, allievo del Maestro Pitagorico Teodoro di Cirene. Il suo amico Platone gli dedica uno dei suoi più importanti dialoghi. Gli Elementi di Euclide capitolo X e XIII si basano sul lavoro di Teeteto[2].
 
Il Teeteto può essere è un dialogo matematico a tutti gli effetti: la scelta di Platone di sfruttare come interlocutori di Socrate due pitagorici, Teeteto e Teodoro di Cirene, esperto soprattutto in geometria, è molto indicativa. Teodoro di Cirene, presenta a Socrate uno dei suoi allievi più brillanti, un ragazzo diciassettenne di nome Teeteto[3]. Il Teeteto di Platone è un dialogo dedicato alla matematica, ma è anche dedicato al confronto tra la conoscenza dei sensi e quella intellegibile (quest’ultima è quella vera e propria). La discussione del Teeteto inizia con la richiesta da parte di Socrate di una definizione per la “scienza”. Teeteto inizia a rispondere, dicendo che “scienza” sono le nozioni di geometria insegnate da Teodoro. In questo modo, osserva Socrate, si fanno solo esempi di conoscenze specifiche, che non rispondono alla domanda sulla natura della scienza in sé Teeteto prova allora a definire la conoscenza come “sensazione”, riprendendo la definizione di Protagora (151e). Tutto ciò che ci sta intorno, è in movimento, cioè soggetto a continui cambiamenti, e l’unico modo che abbiamo per conoscerlo sono le sensazioni, le quali altro non sono che il risultato del contatto tra gli organi di senso e l’oggetto di conoscenza.
 
Quando si parla della conoscenza sensibile, viene citato Protagora, che sosteneva che le cose sono come ci sembrano e che l’uomo è misura di ogni cosa: si tratta del relativismo assoluto. Protagora diceva che tutto è vero, nel senso che ciò che appare a ciascuno è vero per lui: il sano percepisce dolce il miele e quindi per lui è dolce, il malato invece lo percepisce amaro e quindi per lui è amaro. Platone è interessato a ciò perché siamo di fronte al rapporto tra vero e falso. La posta in gioco per Platone qui è altissima perché se si nega la possibilità di distinguere tra vero e falso. Per Platone è inaccettabile l’impossibilità di distinguere tra vero e falso ed è consapevole che le risposte tradizionalmente date al problema sono insoddisfacenti. Platone obietta a Protagora che, se tutte le opinioni sono vere, è vera anche l’opinione che sostiene che non tutte le opinioni sono vere e, quindi, anche quella che sostiene che la tesi di Protagora è falsa. Questa discussione permette a Platone di affermare che, per avere una dottrina della conoscenza accettabile, non ci si può fermare alla sensazione, ma bisogna ammettere che, oltre agli organi di senso, interviene anche l’anima, la quale da sé riesce a “osservare quello che è comune a tutte le cose”, cioè l’Essere. L’anima percepirà dunque la durezza o il colore attraverso il tatto o la vista (che fungeranno solo da tramite), e cercherà “l’Essere in particolar modo nei rapporti delle une con le altre, confrontando in se stessa qual è stato, il presente e quel che sarà”.
 
Il numero aureo φ, e il p greco π, appartenevano all’Insegnamento Misterico ed erano conosciuti e utilizzati dalle Scuole Misteriche di Oriente e Occidente, ai fini dell’addestramento del discepolo che doveva riconoscere le Due Vie: quella della Caduta nella differenziazione, di cui gli irrazionali, il Caos, sono il segreto motore, e quella verso la Dimora Spirituale contrassegnata dai numeri della Decade.

[1] Il Cubito è la sesta parte della Circonferenza di Diametro Uno, precisamente di diametro un metro.
[2] Le quarantasette proposizioni degli Elementi di Euclide, furono formulate da Pitagora. Euclide imparò la geometria nei Misteri. Platone ed Euclide erano Iniziati, ma Socrate no. In passato, nessun vero Iniziato ai sacri Misteri era sposato.
[3] Teeteto morì al suo ritorno ad Atene dopo essere stato ferito nella battaglia di Corinto.
 
DYNAMIS POTENZA
 
La Dottrina Pitagorica identifica la perfezione con il finito, l’imperfezione con l’infinito e l’infinitesimo perché sono identificati con l’imperfezione perché rappresentano ciò che non misurabile, non è perfettamente conoscibile. L’incommensurabilità, comporta un graduale allontanamento dall’Uno principiale verso la molteplicità e la dispersione. Quanto premesso non vuol dire com’è il comune pregiudizio degli studiosi che i Pitagorici e i Neopitagorici aborrivano l’irrazionale evitandolo come un’infezione letale. Il segmento incommensurabile rapportato al segmento razionale, fornisce un rapporto indeterminato con i numeri decimali che non finiscono mai. L’immagine è di una continua e infinitesima crescita tramite valori sempre più piccoli come avviene nella geometria dei frattali.
 
I numeri irrazionali o incommensurabili sono quelli che non possono essere scritti come una frazione a/b, con a e b interi, e b diverso da zero. Alcuni numeri irrazionali sono algebrici come la radice quadrata di 2 e la radice cubica di 5, e la sezione aurea φ, altri sono numeri trascendenti come il p greco π[1].
 
Accanto alla sequenza di numeri interi, N= 1, 2, 3, 4, 5, 6, 7 … vi è la sequenza dei corrispondenti numeri irrazionali √2, √3, …, √5, √6, √7, √8, … √10, √11 e così via, con eccezione dei numeri che sono dei quadrati perfetti, come 4, 9, 16, 25 ecc.
 
I numeri irrazionali espressi sotto forma di radici quadrate, sono esprimibili sotto forma geometrica come diagonali di rettangoli sempre rapportati all’unità, cioè a 1, fa eccezione √2 perché i due lati sono quelli di un quadrato di lato unitario. La diagonale è l’ipotenusa del triangolo rettangolo che ha come cateti i lati del rettangolo. In termini mistici i cateti sono i genitori, la diagonale il loro figlio.
 
Teeteto con Socrate il Giovane escogita una definizione generale ripartendo i numeri in classi il cui dominio è infinito. Distinguono i numeri quadrati o equilateri, prodotto di due fattori uguali, la cui radice quadrata è un numero intero (come 4 o 9), dai numeri rettangoli, in altre parole numeri che non possono essere espressi come il prodotto di due fattori uguali, ma solo dalla moltiplicazione di uno maggiore per uno minore. La ragione di tale distinzione è la possibilità di averne una rappresentazione grafica dei numeri sotto forma di figure piane. Il concetto importante da tenere presente è che i Quadrati sono della natura della Monade, dell’Identico, mentre i Rettangoli, sono della natura della Diade, del Diverso, e pertanto sono all’origine del Dynamis.
 
Ebbene, i quadrati saranno della natura dell’Identico, perché hanno contemporaneamente i lati e gli angoli uguali e identici poiché a principiarli, è l’unità, la quale né moltiplicata per se stessa né per un altro numero si allontana da se stessa; infatti 1x1 è di nuovo 1, e per un altro numero perché 1x2=2, 1x3=3, e così per tutti, la qual cosa non si può trovare in un altro numero che non sia l’1. Gli eteromechi invece sono della natura del Diverso, infatti a principiarli, è il 2, il quale sia moltiplicato per se stesso sia per un altro numero, si allontana da sé .[2]
 
Teeteto non nomina mai gli irrazionali. Non pronuncia nel passo degli irrazionali, i termini alogos e árrethos. Teeteto denomina i lati dei quadrati, lunghezze e i lati dei rettangoli dynamis, potenze (√5 è potenza di un quadrato di area 5), poiché, pur essendo incommensurabili per se stesse, hanno comunque la potenzialità di diventare commensurabili se elevate al quadrato.
 
Figura 1. Spirale di Teodoro - Dinamizzazione tramite rettangoli                                                                                                          
      
    
La dinamizzazione si ottiene partendo da un quadrato di lato unitario proiettando la sua diagonale si ottiene un rettangolo il cui lato maggiore è pari alla diagonale del quadrato originario. Questo processo, che può essere ripetuto ottenendo sempre rettangoli in radice quadrata di √2, √3, √4, √5, è tipico degli avori tardi romani, dei fregi bizantini e delle composizioni medievali. La dinamizzazione è esposta nel Teeteto, nella figura nota sotto il nome di spirale di Teodoro. Ci si chiede perché Teodoro il Maestro Pitagorico di Teeteto e di Platone, abbia iniziato con √3 e finito con √17. Il commento formale è che la spirale degli irrazionali disegnata da Teodoro, dopo il √17 si sovrapponeva, accettare questa conclusione è il massimo della superficialità.
 
Plutarco, ci dice che i Pitagorici hanno in odio il 17 più di ogni altro numero, e lo chiamano “ostacolo”. Esso infatti cade fra il 16, che è un quadrato, e il 18, che è un rettangolo[3], i soli fra i numeri a formare figure piane che abbiano il perimetro uguale all’area; il diciassette si pone come un ostacolo fra loro, e li separa uno dall’altro, e spezza la proporzione di uno e un ottavo (1/8 un Tono) in intervalli disuguali: 16(1+1/8) =16(9/8) = 18     17 = 8+9 = 8+ (8+1). Il diciassettesimo numero triangolare (la somma dei numeri dei numeri da 1 a 17 compresi) è 153, uno dei due numeri di Archimede della Misura dei Pesci che dà la dimensione della diagonale minore della Vesica Piscis.

[1] Occorre attendere il 1767, quando il matematico svizzero Johann Heinrich Lambert, dimostrò che p è un numero irrazionale. Nei tempi moderni, si è giunti a trovarne più di 100.000 cifre decimali, senza alcuna periodicità.
[2] Giovanni Filopono, Introduzione Aritmetica di Nicòmaco di Gerasa, II 56.
[3] Il Quadrato è la stabilità dell’Identico, il Rettangolo è la dinamicità del Diverso, della Diade.
 
SEGMENTI INCOMMENSURABILI - L’EQUIVALENTE GEOMETRICO DELL’IRRAZIONALITÀ
 
 
I Pitagorici definivano due segmenti commensurabili a, b, se il loro rapporto b/a fosse sempre esprimibile con numeri interi, il cui risultato è un numero che oggi chiamiamo razionale, ad esempio il rapporto: b/a = 4/5. Pitagora chiamava:
  • Logon un rapporto tra grandezze misurabili attraverso una stessa unità di misura, o «commensurabili»;
  • Alogon un rapporto come quello tra la diagonale e il lato del quadrato, che erano invece «incommensurabili». Alogon era utilizzato da Pitagora e Platone per indicare l‘anima irrazionale nell’uomo.
 
La verità è che i numeri irrazionali appartengono ai segreti dell’Iniziazione, in quanto sono in relazione con l’azione del divino nel mondo materiale. Una statua di Arpocrate, sotto forma di un giovane con l’indice della mano destra sulle labbra che raccomandava il silenzio era collocata sulla porta dei templi egizi, per avvertire gli uomini che l’imperfetta conoscenza che essi avevano del divino non permetteva loro di tenere discorsi in proposito. I Romani avevano fatto del silenzio una dea alla quale avevano imposto il nome di Muta e Tacita. I culti misterici rimasero segreti perché la pena di morte era la punizione che attendeva colui che avesse osato divulgarne anche solo in parte i contenuti. Tantalo fu gettato nelle regioni infernali perché aveva rivelato il segreto degli Dei. Nell’antica Roma, i custodi dei Libri Sibillini erano passibili di morte anche se rivelavano una sola parola del loro contenuto. Il più grave delitto era il tradimento[1] del giuramento tramite la rivelazione a persone non iniziate di pari grado.
 
Figura 1. Silenzio iniziatico                           
 
Pitagora, Platone, Timeo di Locri e tutta la  Scuola d’Alessandria, dicevano che l’anima umana procedeva dall’Anima Universale. Platone indica con il termine Nous[2], la Mente Superiore, o Anima, l’Intelligenza del mondo, un principio assolutamente separato e libero dalla Materia, che agisce su di essa. È la Mente spirituale e divina, il Mahat degli Indù. Platone individua tre diverse anime, ovvero tre diverse manifestazioni della Mente, disposte in un preciso ordine gerarchico. Al livello terreno più basso, corruttibile, c’è l’anima irrazionale degli istinti e dei comportamenti viscerali. A livello intermedio c’è l’anima delle emozioni: ha sede nel torace e oscilla continuamente tra razionalità e irrazionalità. Infine, in alto, c’è l’anima razionale: la mente pura, che risiede nel cervello, da dove controlla le altre due anime sottoposte.
     
  1. Nous, Anima razionale o Anima spirituale.
  2. Tumoides, Phren (secondo Pitagora), la parte unita allo Spirito, Anima umana.
  3. Thumos, la parte legata alla materia, Anima animale.
 
L’Anima umana è dunque in rapporto con la coppia di opposti:
  1. La razionale o noetica (Nous, Intelligenza Divina)
  2. L’irrazionale o agnoia, priva di ragione (follia)
La parola razionale indica qualcosa che emana dalla Saggezza Eterna. Platone, nel dialogo Filebo, paragona il piacere a un numero “irrazionale”. Il piacere, in effetti, si sviluppa secondo il più e il meno: l’eccesso e il difetto.
 
Pratichiamo il metodo matematico secondo le dottrine Pitagoriche, trascuriamo sempre ciò che è indeterminato e particolare e ci soffermiamo di risalire a ciò che è generale e determinato, fino a ricondurre l’intera teoria della trattazione matematica all’unità di tutte le grandezze matematiche.[3]
 
Il Timeo è incentrato sulla necessità di spiegare il mondo fisico e la sua compartecipazione alle Idee: le Idee sono perfette, le cose no. Da un lato le cose tendono alla perfezione del mondo delle Idee e ciò è bene, dall’altro non riescono a imitare perfettamente e ciò produce il male.
 
Su queste cose non c'è un mio scritto, né ci sarà mai. In effetti la conoscenza della verità non è per niente comunicabile come le altre conoscenze, ma, dopo molte discussioni fatte su questi temi, e dopo una comunanza di vita, improvvisamente, come luce che si accende dallo scoccare di una scintilla, essa nasce dall'anima e da se stessa si alimenta.[4]
 
Come suggerisce il contenuto della Lettera VII, Platone nei suoi scritti omette di parlare di alcune questioni della massima importanza. Tra gli “agrapha dogmata” (le dottrine non scritte) di Platone troviamo la Diade indefinita, concepita come norma di grande e piccolo nel senso che è infinita grandezza e infinita piccolezza, poiché è tendenza all’infinitamente grande e all’infinitamente piccolo. Essa è una molteplicità indeterminata e indefinita che, produce la molteplicità delle cose in tutte le sue forme. La Monade ingenerabile, imperitura, incomprensibile, contiene in Sé un altro Essere, una Coppia Maschile e Femminile, che Platone chiama il Medesimo e il Diverso, Spirito e Materia. La Materia per ricevere le forme non deve avere forme, se si da forma alla materia, la forma stessa determina che essa sia nei suoi limiti, né più grande né più piccola di ciò che è: piccolo e grande sono una coppia di concetti simmetrici e polari, entrambe indeterminati (esiste sempre qualcosa di più grande e qualcosa di più piccolo). È la Diade che genera scompiglio e indeterminazione. Questo ragionamento di Platone è in accordo con quello del Limite e dell’Illimitato dei Pitagorici, che identificavano:
 
  • La perfezione con il finito.
  • L’infinito e l’infinitesimo con l’imperfezione perché rappresenta ciò che, perché non misurabile, non è perfettamente conoscibile.
 
Ne segue che:
  • L’incommensurabilità, comporta un graduale allontanamento dall’Uno principiale verso la molteplicità e la dispersione.
  • Il sentiero tracciato da Pitagora e ripetuto da Platone, implica un percorso a ritroso, cioè il ritorno alla semplicità dell’Uno, vale a dire il superamento e il riassorbimento della molteplicità e delle contrarietà che caratterizzano il mondo manifesto.
 
Il fine della Dottrina Pitagorica era il raggiungimento dell’Armonia universale, intesa come “Unificazione della molteplicità frammista e messa in concordanza del discordante”[5].
 
Dagli scritti di Aristotele, si apprende della Dottrina Pitagorica delle Dieci Coppie:      
 
1.      LIMITE          ILLIMITE
2.      DISPARI        PARI
3.      UNO             MOLTEPLICE
4.      DESTRO        SINISTRO
5.      MASCHIO       FEMMINA
6.      IMMOBILE      IN MOVIMENTO
7.      DRITTO         CURVO
8.      LUCE             OSCURITÀ
9.      BUONO          CATTIVO
10.   QUADRATO      RETTANGOLO              
 
Figura 2. Le 10 Coppie                          

Filolao, precisava che: “Ciò che mantiene la salute è l'equilibrio delle potenze: umido-secco, freddo-caldo, amaro-dolce e così via; invece il predominio d'una di esse genera malattia, perché micidiale è il predominio di un opposto sull’altro [...]. Invece la salute è la mescolanza proporzionata delle qualità” (Framm. 4). Il compito del medico pitagorico era quello di individuare gli squilibri, e di favorire il ritorno all’equilibrio salutare, togliendo le energie in eccesso e potenziando quelle in difetto. La medicina tradizionale cinese, è interamente basata sulla distinzione tra gli opposti noti con i nomi di Yang e Yin: ogni malattia è dovuta a uno stato di squilibrio, cioè a un eccesso di uno di questi due.
 
Folte e irsute sterpaglie crescono intorno alla mente e al cuore di quanti si sono avvicinati alle scienze con animo impuro: esse oscurano la parte buona dell'anima ... impedendo all'intelligenza di espandersi ed esplicarsi in piena libertà ... tali brutture sono l'intemperanza e la cupidigia .... È inutile e controproducente comunicare certi contenuti spirituali ai profani impreparati, i quali non hanno purificato la loro anima e perciò li storpierebbero, non avendo alcuna qualificazione per intenderli. Occorre una lunga disciplina per cancellare le impurità impresse nell'anima: solo a seguito di ciò, si diventa idonei ad accogliere le dottrine[6].   
 
I Numeri Interi indicano delle entità incorrotte. I Numeri Irrazionali indicano entità disintegrate il Caos, il disordine. L’irrazionalità è data da due elementi, che simboleggiano la molteplicità. La ragione è ordinata e unica, l’irrazionalità è molteplice.
 
“E i sapienti, invece, dicono, … che a tenere insieme cielo e terra, dei e uomini, sono la comunanza, l’amicizia, l’ordine, la temperanza, la giustizia, e, proprio per questo, amico mio, essi danno a questo insieme il nome di cosmo (ordine), e non quello di acosmia (disordine), né quello di dissolutezza. Ma mi pare che tu non presti attenzione a queste cose, e questo benché tu sia sapiente, e non ti sei accorto che l’uguaglianza geometrica ha grande potere fra gli dei e fra gli uomini, e pensi invece che si debba coltivare l’eccesso: infatti tu trascuri la geometria[7]”.
 
Nel dialogo platonico, Gorgia, si ripete l’importanza della geometria e della matematica, legata al concetto di uguaglianza e giusta proporzione, che caratterizza l’ordine dell’universo, il cosmo, e che, per analogia e necessità, si presta a suggerire il criterio del giusto equilibrio. Per Platone, dunque, la geometria è la Scienza Matematica più correlata alla Scienza dell’Essere Spirituale.
 
Proclo, capo della Scuola di Atene (V secolo), nel commento al Primo Libro di Euclide ci fornisce importanti informazioni sulla geometria di Pitagora e sulla sua Scuola. Secondo Proclo, Pitagora trasformò lo studio della geometria e ne fece un insegnamento liberale ricollocandoli ai principi superiori. A Pitagora si devono la rivelazione degli irrazionali e la costruzione delle figure del cosmo, cioè i poliedri regolari.

[1] Ogni Iniziato di qualsiasi grado appartenga che riveli la formula sacra deve perire … L’Iniziato che tradisce i segreti dell’Iniziazione comunicandoli ai membri di altre caste, per le quali la scienza sacra deve restare segreta, gli si deve strappare la lingua (Agrushada Parikashai).
[2] Il Nous, è stato preso in prestito da Platone dall’Egitto, dove era chiamato Nout; fu in seguito adottato dagli Gnostici per il loro primo Aeon cosciente; per gli Occultisti è, cosmicamente, il Demiurgo.
[3] Giamblico, il Numero e il Divino, Matematica comune, 20.
[4] Platone, Lettera VII, 341 C 5 - D 2.
[6] Giamblico, La vita pitagorica, XVII.
[7] Platone, Gorgia [ 508, a - b ]
 
L’INCOMMENSURABILE CELESTE π
 
La Dottrina Segreta orientale tramite le Stanze di Dzyan afferma:
 
I Tre, l’Uno, i Quattro, lUno, i Cinque”, nel loro totale Due Volte Sette, rappresentano 31415 - la Gerarchia numerica dei Dhyan Chohan di vari ordini, e del mondo interiore o circoscritto. Posto sui confini del grande Cerchio “Invalicabile” - chiamato pure il Dhyanipasha, la “ Corda degli Angeli”, la “Corda” che separa il Cosmo fenomenico da quello noumenico.[1]
 
I Due Principi, il Medesimo e il Diverso intersecandosi, delimitano una zona Vesica Piscis che ricorda la forma dell’occhio umano; al suo interno si inserisce la pupilla, cioè un cerchio, il suo diametro è la metà, un 1/2 rispetto a quello dei due cerchi maggiori. La circonferenza della pupilla dell’occhio è un Cerchio di Diametro unitario e di perimetro π, che nelle Stanze di Dzyan è chiamato Dhyanipasha, “La Corda Dhyan”[2]. Questo Cerchio di Diametro Uno, è il Cosmo Manifestato, l’Uovo del Mondo delle varie mitologie. Le Potenze o Arcangeli che formano la Corda Non Passare, rappresentano una Gerarchia Numerica dei Dhyan Chohan (Potenze Cosmiche Angeliche) che circoscrive il Mondo e segna il limite fra il Cosmo Fenomenico e quello Noumenico, il limite assolutamente insuperabile per la coscienza umana.
 
Pasha è anche il nodo scorsoio della corda che Shiva Mahayoghi tiene nella sua mano destra inferiore. Assomiglia all’Ank egizio rappresentato sotto forma di nodo. Il nodo scorsoio, un Cerchio che si può stringere, assume il significato di “porta stretta” che conduce al Regno dei Cieli. Il Pasha è tenuto in mano da Shiva in modo che il primo dito e la mano formino una croce. Allora esso è la Croce nel Cerchio, equivalente alla Croce Ansata egizia, quella sulla quale devono essere crocefisse le passioni umane se si vuole attraversare la porta stretta, il cerchio ristretto che si dilata all'infinito, non appena l’uomo interno ne ha superata la soglia.
 
Figura 1. il nodo Ank              
 
Il numero trascendente, incommensurabile per eccellenza, nasce dal rapporto tra il Diametro che rappresenta il Divino Primogenito e il Cerchio, cioè 1/π.
 
Nel Mondo Noumenico delle entità incorrotte, l’unione del Primo Numero Pari o Femminile (Due) col Primo Numero Dispari o Maschile (Tre) chiamata dai Pitagorici il Matrimonio genera il numero Cinque: 2+3=5. I Pitagorici, scrive Plutarco, hanno riservato a questo numero, un grande onore. È il numero di mezzo della Decade, l’Equilibrio, rappresentato dal numero del Figlio, dell’Uomo sia Divino che umano.
 
Nel Mondo Fenomenico delle entità indefinite l’unione dei primi due numeri incommensurabili fornisce quasi esattamente un altro numero irrazionale, precisamente l’Incommensurabile Divino (√2 + √3)=π .
 
La Diade è rappresentata con il numero “2”, che crea per raddoppio il Quadrato, quando inscritto in un Cerchio di raggio Uno, ha come confini o lati, √2

La Divinità è rappresentata con il numero 3, il Triangolo, quando inscritto in un Cerchio di raggio Uno, ha come confini o i lati, √3.   
La somma dei due confini, le radici quadrate di Due e di Tre 3,14626437… approssima per eccesso il numero π, con un errore pari a 1,496 per mille. (√2 + √3) ≥ π
 
Figura 2. Approssimazione per eccesso di π                 
 
Qual è la relazione che occultamente lega il numero Cinque con il π greco? In Egitto, il FaRAone, il rappresentante del dio Ra sulla Terra ha come segno di riconoscimento il numero Cinque. Le stanze di Dzyan citano espressamente come Gerarchia numerica dei Dhyan Chohan solo i primi Cinque numeri del numero incommensurabile π e precisamente: 31415 = 3 + 1 + 4 + 1 + 5 = 14 = 2x7. In Quattordici, o due volte sette parti fu spezzato il corpo di Osiride. Cinque è il numero doppio, maschile e femminile, dell’Uomo Celeste. Questi Cinque numeri 31415 rappresentano gli Elohim della tradizione di Mosè, istruito in sapienza nei Templi egizi.
 
Il rapporto del diametro di un cerchio con la sua circonferenza è uguale a quello di 1 a 3,1415, o il valore di π com’è chiamato. Questa combinazione di cifre deve avere lo stesso significato, poiché tanto 1:3,14159 quanto 1:3,1415927 sono usate nei calcoli segreti per esprimere i vari cicli e le diverse età del “Primogenito”, o 311.040.000.000.000 con frazioni, ed ottenere il medesimo risultato 31415.[3]
 
La conoscenza contemporanea o unione dei misteri di √2 e √3 permette di superare π, la porta stretta, la barriera della Corda degli Angeli, e di uscire dal mondo della forma per entrare nei mondi o Piani divini senza forma. Questa Conoscenza in occidente era insegnata nei gradi più elevati dell’Iniziazione egizia.
 
Gli antichi egizi conoscevano molto bene il numero p incommensurabile tanto che era scritto nei rapporti fra le dimensioni della Grande Piramide e nella definizione del Cubito Reale.  
Figura 3. Cubito reale egizio π/6                 
 
La “misura base” nell’antico Egitto era il Cubito Reale o Faraonico, non un numero intero, ma un numero che era in relazione geometrica con la circonferenza, con l’incommensurabile celeste p. Il Cubito simbolo dell’equilibrio e dell’armonia, prerogative di Maat, è l’arco sotteso dal lato di un Esagono equilatero, è calcolato come la sesta parte della Circonferenza di Diametro Uno.
 
1 CUBITO = π/6 m
 
In Egitto in una pittura del muro Nord della tomba di Amen-Hotep-Si-Se, Tebe (XVIII dinastia) è rappresentato il Defunto con in mano l’Uovo di Vita, che corre da Est verso Ovest, dunque verso il tramonto l’Amenti, l’al di là. Il rapporto misurato da Schwaller de Lubicz fra l’altezza e l’apertura della porta è p.
 
Figura 4. Tomba egizia di Amen-Hotep-Si-Se a Tebe                  
 
A Menfi, in Egitto, Pitagora andò a perfezionarsi dal suo ritorno dall’India. Poiché Pitagora trascorse un ventennio quale discepolo presso i sacerdoti egizi e istruito, leggessi Iniziato, ai loro Misteri, è impensabile che egli non venne istruito sulla natura dei numeri incommensurabili, in particolar modo sul numero celeste p. La crisi dottrinale dei Pitagorici dovuta alla scoperta degli irrazionali esiste solo nella mente dei moderni studiosi che non prendono in considerazione l’aspetto filosofico dell’Insegnamento Pitagorico e Platonico.

[1] Stanze di Dzyan, IV, 3.
[2] I Dhyan orientali sono equivalenti agli Alhim o Elohim dell’Insegnamento occidentale.
[3] H.P. Blavatsky, Cosmogenesi, commento alla Stanza di Dzyan IV, 3.
 
IL SEGMENTO AUREO Φ
 
J. Keplero (1571-1630), che fondava la sua teoria dei cieli sui cinque solidi platonici, sulla proporzione divina dichiarava che:
 
La geometria ha due grandi tesori: uno è il teorema di Pitagora, l’altro è la divisione di un segmento in estrema e media ragione: il primo può essere paragonato a un sacco di oro, il secondo, “sectio divina”, infatti a un gioiello prezioso.
 
Durante il soggiorno Milano, presso la corte sforzesca di Ludovico il Moro, Leonardo da Vinci, ebbe modo di conoscere il frate matematico Luca Pacioli, al quale egli fu legato anche da profonda amicizia e da reciproca collaborazione.  Infatti nella stesura del trattato “del Divina Proporzione “, che il Paioli compose attorno al 1498, Leonardo da Vinci come allievo, collaborò con Paioli con la realizzazione di ben sessanta disegni esplicativi. Il titolo incentra l’attenzione su quella proporzione, nota oggi come “sezione aurea”, secondo la quale una quantità qualsiasi può essere divisa in due parti diseguali, così che la minore stia alla maggiore, come questa sta alla quantità intera. «Forza tra le più potenti dell’universo dei numeri» a tal punto da condividere con la divinità alcuni dei suoi caratteri, e perciò detta “divina”, questa proporzione.
 
… (la Divina Proportione) è “unica” nel suo genere, è “trina” perché abbraccia tre termini, è “indefinibile” perché irrazionale, è “invariabile”, e, secondo Platone, dà l’essere formale alla Quintessenza, attraverso la quale Dio conferisce la Virtù Celeste a tutti gli elementi naturali … a questi cinque elementi corrispondono le figure dei cinque corpi o solidi regolari … che sono legati, proporzionati tra loro e circoscritti da una sfera, solo ricorrendo alla Divina Proporzione che fra loro li accorda “con certa irrazionale sinfonia”[1].
 
Figura 1. Ritratto di Luca Pacioli                    

In questo trattato Pacioli espresse nella proporzione dei numeri i principi ispiratori in architettura, scienza e natura: la regola aurea introdotta fu in seguito chiamata praxis italica. In quello che potrebbe essere il più bel ritratto in assoluto di un matematico, Jacopo de ’Barbari raffigura il Pacioli mentre tiene una lezione di geometria a un ignoto allievo. Uno dei poliedri platonici – un dodecaedro – è raffigurato sopra un volume della Summa del Pacioli. Il frate stesso, sta copiando un diagramma dal Libro XIII degli Elementi di Euclide. Un solido trasparente, pieno d’acqua per metà e sospeso a mezz’aria, simboleggia la cristallina eternità della matematica: si tratta di un rombicubottaedro, uno dei tredici solidi archimedei, formato da 26 facce, di cui 18 a forma di quadrato e 8 a forma di triangolo equilatero.
 
Figura 2. Segmento aureo                   
 
Il rapporto aureo o numero aureo detto anche sezione aurea e proporzione divina, indica il rapporto fra due lunghezze disuguali, delle quali la maggiore è medio proporzionale tra la minore e la somma delle due. Lo stesso rapporto esiste anche tra la lunghezza minore e la loro differenza. Indicando con la lunghezza maggiore e con b la lunghezza minore, vale la relazione:
 
(a+b) : a = a : b = b : (a-b) = φ

 
La soluzione positiva di tale equazione (unica ammissibile essendo una quantità positiva per definizione) porta alla determinazione del valore della sezione aurea dato da:

 
Il valore così definito, che esprime la sezione aurea, F = a/b è un numero irrazionale o incommensurabile. Tale rapporto è in relazione con la radice quadrata di cinque √5.
Questo numero è segnato dal numero cinque, infatti: φ =0,5+0,5*50,5=1,618…
 
Se imponiamo a=1, allora a+b=1,618 e risulta che: b=1,618-1=0,618 risolvendo la seconda uguaglianza a : b = b : (a-b) = φ si ricava
 

Vale la relazione φ=1/φ=1/1,618=0,618  
Figura 3. Segmento aureo 2
 
 
Per distinguere questi due calori numerici con φ = 0,618 generalmente s’intende il numero Aureo, o piccola sezione aurea, mentre con Φ = 1 + φ = 1,618 s’intende la grande sezione aurea.
 
La sezione aurea o numero aureo è anch’essa costruibile geometricamente con squadra e compasso partendo dalla diagonale primo rettangolo di lati 1 e 2 e tracciando dal centro della figura un cerchio di raggio 1/2.
 
Costruisci due quadrati di lato unitario, accostali per formare un rettangolo di base il doppio dell’altezza, poi traccia una diagonale che interseca il lato centrale del quadrato. Da quel punto traccia una circonferenza di diametro unitario, il punto d’intersezione con la diagonale ti fornirà il valore del segmento aureo, cioè 1,61803. [2]
       

Figura 4. Costruzione geometrica sezione aurea  
 
Il numero irrazionale e trascendentale p greco π è anch’esso esprimibile geometricamente con il compasso tracciando un cerchio con diametro 1. La circonferenza o corda del cerchio è appunto il numero p greco π.
 
La definizione del rapporto aureo viene fissata attorno al VI secolo a.C., ad opera della Scuola Pitagorica, dove secondo gli studiosi che male interpretarono il pensiero di Giamblico, fu scoperto da Ippaso di Metaponto, che associò ad esso il concetto di incommensurabilità. L’irrazionalità della Sezione Aurea è dunque racchiusa nel numero Cinque. Eppure molte delle proprietà uniche del rapporto aureo sembrano tessiture del numero Uno. Aggiungendo 1 a Φ troviamo il suo quadrato  1 + Φ = Φ2, mentre sottraendolo troviamo il suo inverso 1 – Φ = 1/ Φ. Attraverso una sequenza di radici nidificate, utilizzando sempre e solo il numero 1 otteniamo:    
 
La bellezza di questo numero irrazionale, chiamato da Euclide il Logos-Alogos, risiede nel fatto che esso tende inevitabilmente verso l’infinito. Tra le tante particolari formule che legano la sezione aurea al numero 5 è la seguente :  
 
 
[1] A. Marinoni, Leonardo, Luca Pacioli e il “De ludo geometrico”.
[2] Il numero 1,618, compare nella successione di Fibonacci, dove ciascun valore è ottenuto sommando tra loro i due numeri precedenti. In questa successione il rapporto tra un numero e quello che lo precede tende a 1,681 … Gli Egizi conoscevano questa successione e la utilizzavano per calcolare il valore del rapporto aureo.
 
IL TRIANGOLO ISOSCELE AUREO
 
Sulla diagonale del rettangolo di lati 1 e 2, si individuano i due segmenti aurei F e j la cui somma è radice di cinque. Con questi segmenti si costruiscono due triangoli isosceli di lati 1 φ e Φ, i quali hanno come angolo al vertice 36° e angoli di base 72°. Il rapporto fra il lato maggiore del triangolo isoscele e il lato minore è uguale a 1/0,618 = 1,618 che si può scrivere: 1/φ = Φ. Rammentiamo che con φ= 0,618 s’intende il numero Aureo, o piccola sezione aurea, mentre con Φ = 1 + φ = 1,618 s’intende la grande sezione aurea. I due angoli stanno fra loro in rapporto di un’ottava, cioè armonico.
 
                                                                                                                                                                                                             
                      
       

 Figura 1. Costruzione geometrica del triangolo aureo                       
              
 
Ma cos’ha di così importante questa sezione per meritarsi l’aggettivo “Aureo”? “Ogni segmento è sezione aurea della sua somma con la sua sezione aurea”. Ne segue che: “Tolta la sezione aurea, la parte rimanente di un segmento è la sezione aurea della sezione aurea del segmento”. È come se la sezione aurea si auto rigenerasse per sottrazione o addizione.
Prendendo in esame il Triangolo Aureo con angolo al vertice di 36°, sommando i lati fra loro ritroviamo ancora numeri aurei, infatti: la somma della base sezione aurea minore con il lato unitario dà luogo alla sezione aurea maggiore Φ, sommando anche il terzo lato si ottiene Φ + 1 = Φ2 si ottiene in definitiva la sequenza, φ - Φ - Φ2.  
Figura 2. progressioni auree               
 
 
La proporzione aurea fu molto utilizzata dagli antichi Greci come rapporto armonico nelle costruzioni architettoniche e nelle rappresentazioni scultoree, per esempio nelle proporzioni delle Cariatidi che reggono l’Eretteo o nel Partenone nell’Acropoli Ateniese. Il rapporto aureo fu largamente ripreso anche nel Rinascimento: le dimensioni della Venere del Botticelli, della Monna Lisa, di Leonardo da Vinci, sono in rapporto aureo. Leonardo da Vinci, utilizzò la sezione aurea nei suoi dipinti affinché guardando le opere, si poteva creare un sentimento di ordine e di armonia. L’aggettivo divina applicato alla proporzione si giustifica perché essa ha diversi caratteri che appartengono alla divinità: è unica nel suo genere, è trina perché abbraccia tre termini, indefinibile in quanto è irrazionale, è invariabile.
 
Nel tredicesimo libro degli Elementi, Euclide parla di un numero irrazionale, che corrisponde alla "sezione aurea" Φ, la "divina proporzione", come di un logos alogos.
 
Il processo della Creazione inizia dall’Uno e precipita nel Molteplice. Il processo di frammentazione procede all’infinito, i numeri non commensurabili o irrazionali descrivono tale fenomeno. La creazione materiale tende a una sua perfezione che è data dal numero d’oro o sezione aurea Φ, che è un numero irrazionale, ma che esprime il perfetto equilibrio fra Spirito e Materia, fra il Medesimo e l’Altro.
 
Pitagora è rimasto per 22 anni in Egitto per studiare quale discepolo dei sacerdoti le scienze sacre, egli era a conoscenza delle proporzioni geometriche della Grande Piramide che a quei tempi era un centro d’Iniziazione misterica.
 
DECAGONO E PENTAGONO AUREI
 
L’Uomo Celeste, il Demiurgo, è rappresentato dal Due volte Cinque, Il 10, la cui forma è il Decagono. Se il Decagono è iscritto in un Cerchio di raggio Uno, si può dimostrare che ogni suo lato vale:

Figura 1. Il triangolo aureo nel Decagono                 
 
I lati o confini del Decagono sono in relazione con la radice quadrata di 5, il numero dell’Uomo, il cui simbolo è il Pentagono o una Stella a Cinque Punte[1]. L’elica del DNA, vista al microscopio in una sezione trasversale, dà forma a una struttura decagonale. La radice quadratica di cinque √5 è un numero irrazionale il cui valore , si ritrova nel Decagono, e nel Pentagono e nel Pentalfa stellato, il simbolo del sodalizio dei Pitagorici. Si racconta che come simbolo sia stato ideato da Pitagora, dopo che ebbe risolto il problema concernente, il segmento aureo, che è quella parte del raggio di un cerchio corrispondente al lato del decagono in esso inscritto. La scoperta della divisione della circonferenza in 10 e 5 parti e la costruzione del Decagono regolare, del Pentagono regolare e del Pentalfa vanno attribuite senz’altro a Pitagora. Il Decagono si costruisce partendo dalla Vesica Piscis che ci permette di realizzare la quadratura degli assi. Si determina il punto di mezzo del raggio del cerchio con un secondo cerchio con centro nell’estremità del raggio. Da questo punto C si disegna un cerchio di raggio 0,5, si unisce C con A in modo da realizzare un triangolo rettangolo CAO di cateti o,5 e 1 con ipotenusa AC=√5/2, la differenza BA è un segmento aureo di valore φ = 0,618. Si traccia un cerchio di raggio aureo AB e si determina sulla circonferenza il lato del Decagono.   
 
Figura 2. Costruzione con riga e compasso del Decagono dalla Vesica Piscis                         
 
             
Sempre con il compasso con lo stesso raggio aureo si determinano in successione i 10 lati. Un Decagono divide la circonferenza in Dieci Triangoli Isosceli, la cui base è un lato del Decagono, ogni lato diviene la base di un triangolo isoscele aureo con angolo di 36° al centro del cerchio e angoli di base 72°. Questi triangoli sono denominati sublimi[2].
 
Una delle questioni più appassionanti della geometria pitagorica concerne la costruzione di un Pentalfa o Pentagono Stellato, cioè la figura, avente la forma di una stella a cinque punte, delimitata dalle diagonali di un Pentagono regolare. Plutarco aggiunge che ogni Pentagono a sua volta può essere scomposto in 30 Triangoli rettangoli: i Cinque lati generano 30 triangoli rettangoli scaleni. I punti d’intersezione delle diagonali dividono queste ultime in maniera sorprendente. Ogni punto divide la diagonale in due segmenti disuguali tali che il rapporto dell’intera diagonale al segmento maggiore è uguale al rapporto di questo segmento al segmento minore. Questa suddivisione è nota come sezione aurea di un segmento.
 
Il triangolo AEG ha angolo al vertice 36° e quindi EG=EC=EM è la parte aurea del lato AE del Pentalfa. Il lato del Pentagono l5 è la parte aurea del lato s5 della Stella a cinque punti o Pentalfa. Per semplicità s’indica con l5 = EG = lato pentagono regolare e con s5 = AE = lato stellato del Pentalfa.
Figura 3. Stella a cinque punte e segmenti aurei                      
 
             
 
Siccome il triangolo isoscele CIG ha l’angolo al vertice di 36°, la base GI= l5 (lato del Pentagono) è la parte aurea del lato stellato CI = s5, che a sua volta è diviso in due punti M, R da altri lati stellati del Pentalfa in modo che CM = RI. I lati del Pentalfa determinano un Pentagono interno MNPQR di lato PQ = l’5 i cui vertici sono anche i vertici di un altro Pentalfa il cui lato è s’5 = MQ = PG. Poiché il triangolo AMR ha il vertice in “A” di 36°, la base MR = l’5 è la parte aurea del lato AM = CM = s’5. Si ha così la proporzione:
 
s5 : l5 = s’5 : l’5                     1: φ = (1-φ):(2φ-1)          oppure   (2Φ+1):(Φ+1) = Φ:1
 
    s5 : l5 = l5 : s’5  = s’5 : l’5         1: φ = φ:(1-φ) =(1-φ):φ    oppure    (2Φ+1):(Φ+1) = (Φ+1):Φ = Φ:1

Si ottiene in definitiva la sequenza: (2φ - 1) = 0,23607 → (1 - φ) = 0,38197 φ = 0,61804 → 1Φ = 1,61804 → (1 + Φ) = Φ2 = 2,61804  →  (2Φ + 1) = 3,61804
 
Figura 4. Stella a cinque punte valori dei segmenti aurei      
             
 
In questa proporzione in cui ogni segmento è la parte aurea del precedente, accade la stessa relazione riscontrata nel Tetracordo di Filolao dove la seconda corda-segmento è la media aritmetica degli estremi e la terza corda-segmento è la media armonica degli estremi. Inoltre, come la gamma pitagorica si ottiene con la Legge di Quinta dal Tetracordo di Filolao, così ogni termine della catena di rapporti uguali si ottiene prendendo la parte aurea del termine precedente, ossia mediante la divisione di una circonferenza in 10 e 5 parti uguali.
 
Il Pentalfa reca impressa nella suddivisione naturale dei suoi lati una legge di armonia a somiglianza della corda SOL che è la media armonica della fondamentale DO e della sua armonica DO’, così il lato del Pentagono è la media armonica tra l’intero lato e la parte di esso compresa tra gli altri due lati del Pentalfa[3]. Il Pentalfa è in grado di generare ciò che i matematici chiamano frattali, una serie infinita di Pentagoni e di Pentalfa a dimensioni decrescenti.
 
Il rapporto tra l’area del Cerchio circoscritto al Pentagono esterno, e il cerchio circoscritto al Pentagono interno è: 1,05146/0,40162=2,618 che corrisponde al quadrato della sezione aurea Φ2 = (1,618)2. Il rapporto tra i due Pentagoni è: 0,6571/0,0958 = 6,854 che corrisponde a Φ4 = (1,618)4.
 
I segmenti  OC=r e AD=s10, si tagliano nel punto V e gli angoli AVO e DCV sono di 72° nei vertici e di 36° nelle basi. La base VO del Triangolo Aureo VAO è la parte aurea di OA, cioè del raggio r. E poiché VO=VD=CD=l10,  e AV=OA=r significa che VD è la parte aura di AD. Il raggio r della circonferenza  è dunque la parte aurea del lato del Decalfa, e si ha la semplice relazione:  l10 + r = s10.
 
I Dieci punti sulla circonferenza di raggio “r”, creano 4 figure regolari, un Decagono, un Pentagono, un Decalfa e un Pentalfa, i cui lati sono rispettivamente: l10, l5, s10, s5.
 
E come gli elementi della geometria: il Punto, il Segmento (Due Punti), la Superficie (Tre Punti, Triangolo), il Volume (Quattro Punti, Tetraedro), riempiono ed esauriscono lo spazio tridimensionale, corrispondentemente la somma dei primi 4 Numeri interi dà la Decade, relazione fondamentale pitagorica che dall’Unità attraverso la sacra Tetractis conduce alla Decade. Se consideriamo gli archi successivi uguali rispettivamente a 1/10, 2/10, 3/10, 4/10 della circonferenza, la loro somma 1/10+2/10+3/10+4/10=10/10=1 è uguale alla circonferenza. Le corrispondenti corde di questi archi sono li segmenti che collegano fra lori i 10 punti del Decagono.
La corda con passo 1 è la diagonale che individua il lato del Decagono l10, la corda con passo 2 è la diagonale che individua il lato del Pentagono l5, la corda con passo 3 è la diagonale che individua il lato del Decalfa s10, la corda con passo 4 è la diagonale che individua il lato del Pentalfa s5.  
Il quadrilatero che ha per lati l10, l5, s10, s5 è diviso in due triangoli rettangoli dalla diagonale 2r e si ha quindi: l102+ s52 = 4 r2           …           l52 + s102 = 4r2.
 
La relazione che lega il raggio con i lati dei Quattro poligoni è: l102+ l52 + s102+ s52 = 8r2. Questi Quattro lati poligonali e stellati formano una Tetractis, la cui somma dei quadrati è uguale al doppio quadrato del diametro.
 
Figura 5. Decagono - segmenti aurei   
            
 
 
Il teorema pitagorico si enuncia così: La somma dei quadrati costruiti sopra il lato del Decagono regolare, del Pentagono regolare, del Decalfa, del Pentalfa, inscritti in una circonferenza è uguale a Otto volte il Quadrato costruito sul raggio.
 
Si può dimostrare raggio e lati del Decagono e del Pentagono sono legati dalla relazione: l102+ r2= l52.
 
Il teorema pitagorico si enuncia così: Il lato del Pentagono inscritto è l’ipotenusa di un triangolo rettangolo che ha per cateti il raggio e il lato del Decagono inscritto[4].
 
Con r=1, il lato del Decagono vale l10=j e il valore del lato del Pentagono è: φ2 + 1 = l52. Questa relazione è un’altra forma del famoso teorema di Pitagora che confrontato con il Triangolo sacro egizio ci dice che il Figlio Horus è il Pentagono, L’Uomo nella forma fisica, il Padre Osiride è il Decagono, l’Uomo Celeste, la Madre Iside è simboleggiata dal cerchio, lo Spazio tramite il raggio r.
 
L’Esagono regolare ha la proprietà di dividere la circonferenza in Sei triangoli Equilateri e che per tale ragione il suo lato l6 è uguale al raggio r del cerchio, di conseguenza la relazione precedente si trasforma in l102+ l62= l52. Questa legge è stata enunciata da Euclide che elaborò il suo insegnamento dai Pitagorici, nel libro XIII degli Elementi, che tratta di alcune proposizioni relative alla sezione aurea, si legge che:
“Se s’iscrive in un cerchio un pentagono equilatero, il quadrato del lato del pentagono è uguale alla somma dei quadrati dei lati dell'esagono e del decagono regolare che siano inscritti nello stesso cerchio”.  
Figura 6. Triangolo rettangolo - Decagono e Pentagono     
            
 
 
L’affermazione di Euclide accade applicando il Teorema di Pitagora disponendo sul cateto verticale il lato del Decagono, sul cateto orizzontale il lato dell’Esagono e sull’ipotenusa il lato del Pentagono. Affinché la relazione sia vera, il quadrato dell’ipotenusa è la somma dei quadrati dei cateti. I valori dei lati Pentagono e il Decagono e l’Esagono l5, l10 e l6, all’interno di un cerchio di raggio r=1 sono i seguenti:

Figura 7. Pentagono   relazioni geometriche

Il cateto verticale, il lato del Decagono appartiene allo Spirito, rappresentato da Osiride (Padre) che marchia il suo rapporto raggio (Madre) col numero aureo j. L’ipotenusa appartiene a Horus (il Figlio), la cui relazione con il raggio (la Madre) non è il numero aureo Φ=1/φ, bensì √(1+φ2). Il cateto di base il raggio del Cerchio rappresenta la Madre Iside, di cui l’Esagono esprime il Macrocosmo.
In questo triangolo rettangolo non abbiamo più la relazione monadica 3→ 4→ 5, con tre numeri interi che appartengono alla divinità[5], ma con numeri che appartengono all’armonia delle forme: 1>φ> √(1+φ2).

Figura 8. Triangolo Rettangolo  aureo - Decagono e Pentagono ed esagono                      
 
                     
La relazione del lato del Pentagono con il Raggio Unitario non è immediata come quella del Decagono, anche se dipende dal numero Cinque e dal numero aureo φ. Si è abituati a vedere lato del Pentagono l5=EG=φ e le sue diagonali stellate s5=CI=1, ma in questo caso il raggio r del Cerchio non è uguale a Uno, bensì minore. Si è in precedenza verificato che l’Esagono (il Macrocosmo) e il Pentagono (il Microcosmo) costruiti sulla diagonale unitaria della Vesica Piscis, sono inscritti in cerchi di diametro diverso: il Pentagono è inscritto in un cerchio di raggio più piccolo (del 15%) rispetto al cerchio di raggio unitario dell’Esagono, per indicare che si tratta della figura del microcosmo, riferibile all’Uomo. Viceversa per il Decagono il raggio del cerchio continua a rimanere Uno e il lato j. L’Uomo celeste, il Decagono non subisce la contrazione dell’Uomo Terreno, il Pentagono.

 
[1] In Egitto, il Defunto (l’Iniziato, morto nella materia) era simboleggiato col Pentagramma o la stella a cinque punte, poiché le punte rappresentano le membra dell’uomo.
[2] Il Triangolo Isoscele con gli angoli di base di 36° e l’angolo al vertice di 108° è chiamato il Delta luminoso.
[3] Arturo Reghini, I Numeri Sacri e la geometria Pitagorica - Per la restituzione della Geometria Pitagorica, cap. III.
[4] Arturo Reghini, Per la restituzione della Geometria Pitagorica, cap. III, il Pentalfa.
[5] Nel Triangolo Egizio 3, 4, 5, il raggio del cerchio inscritto è 1, il diametro è 2, mentre 1 il diametro del cerchio circoscritto è 5. Nel caso di triangoli rettangoli, l’ipotenusa coincide sempre col diametro del cerchio.
 
ÁRREHETOS IL MISTERO INEFFABILE
 
  • Platone chiama inizialmente l’irrazionale árrehetos, ossia Mistero Ineffabile.
  • Proclo rammentava che i Numeri svelavano gli Dèi e i Pitagorici presentavano il calcolo come iniziazione alla teologia.
  • Nel Timeo Platone parla del Medesimo o dell’Altro, l‘Uno essendo l’Unità, la singolarità, la forma o idea, l’altro il Disordine, il crescere o sminuire che getta nell'errore.
  • Nel Teeteto (147d), Platone si vergogna dei greci che non sono sensibili al grande problema delle grandezze incommensurabili.
 
L’Unico, è rappresentato con un numero intero 1, la Diade con il numero “2”. Il Tre, la Triade, è la sintesi dell’unità e della Diade (1 + 2 = 3). La Divinità è rappresentata con il numero 3, il Triangolo Equilatero i cui confini sono i lati della Divina forma. Il Triangolo Equilatero, la forma divina, se è inscritto in un Cerchio di raggio Uno, ha come lati √3. Platone quando deve descrivere gli Elementi Cosmici, costruisce un secondo Triangolo Equilatero con Sei Triangoli Rettangoli con gli angoli di 60° al centro con rapporto di ottava ipotenusa cateto 2/1. In definitiva Platone nel passaggio dal mondo delle superfici a quello dei volumi costruisce 7 Triangoli 6 scaleni e 1 Equilatero, la Sintesi. La Triade, la Divinità Astratta crea il Settenario, la Divinità Manifestata.
 
La Diade per raddoppio crea il “4”. Il Quadrato se è inscritto in un cerchio di raggio Uno, ha come lati √2, i cui confini della forma sono rappresentati da un numero irrazionale. Platone quando deve descrivere gli Elementi Cosmici, più precisamente il Cubo simbolo dell’Elemento Terra, costruisce il Quadrato con Quattro Triangoli Rettangoli isosceli con rapporto ipotenusa cateto √2/2.
 
Il numero √5 è connesso, sebbene in modo meno semplice, con la divisione della circonferenza in dieci e cinque parti uguali e con la misura del Pentagono e de Decagono inscritto. Cinque è il numero dell’Uomo e di Horus, il cui simbolo in Egitto era il Pentagono. L’Uomo Celeste, rappresentato dal Due volte Cinque, Il 10, la cui forma è il Decagono. Si può dimostrare che se il Decagono è iscritto in un Cerchio di raggio Uno, ogni suo lato vale j = √5/2  - 1/2 = 0,618…
DUE, la Diade, la Materia, la polarità maschile e femminile. Per raddoppio forma il Quadrato entro il Cerchio
La scissione primordiale della Diade forma un Quadrato i cui lati o confini sono √2.
 
    
     
TRE, la Divinità, lo Spirito, il mondo delle Idee. Il Triangolo Equilatero.  
 
√3, il Sacrificio Primordiale dovuto alla caduta nella forma della Divinità. La caduta genera il Settenario: Sei Triangoli Rettangoli e la loro sintesi, il Triangolo Equilatero.
CINQUE, l’Uomo Pensante, l’Anima, il Pentagono.
 
√5, combinato con l’armonia 1/2, genera la sezione Aurea:
 
Φ = √5/2 + ½ = 1,618…  
 
φ= √5/2  - ½  = 0,618…
 Il lato del Pentagono è in rapporto aureo con la sua diagonale stellata d/l = Φ.
 
DIECI, l’Uomo Celeste, il Decagono.
Il lato del Decagono è in rapporto aureo con il raggio del cerchio che lo circoscrive
 
IL CORPO UMANO STATICO E DINAMICO     
                            
Vitruvio Pollone celebre architetto dell’epoca imperiale romana, in De Architectura descrive l’homo ad circulum e l’homo ad quadratum inscritti in un Cerchio e in un Quadrato, con entrambi i baricentri nell‘ombelico. S’inserisce il corpo umano in un Quadrato con braccia e gambe divaricate con le estremità coincidenti con i quattro vertici e con l’ombelico disposto esattamente al centro della figura. S’individua un perfetto Triangolo Equilatero i cui vertici sono il centro della fronte[1] e i piedi.
 
Figura 1. Homo ad circulum e ad quadratum             
 
 
Leonardo da Vinci, nel suo celebre disegno interpretò le misure perfette e armoniche dell’uomo secondo i dettami di Vitruvio. L‘interpretazione vitruviana dell’uomo di Leonardo eludendo qualsiasi rigidità astrattiva dinamizza i due livelli geometrici, cerchio e quadrato, non coincidenti: l’ombelico il centro del cerchio e il pube il centro del quadrato. Leonardo li ricongiunge attraverso la una azione dell’uomo, data dal suo movimento, sospesa tra le perfezione macrocosmica, il Cielo il Cerchio, e la perfettibilità microcosmica, il Quadrato la Terra.
 
L’uomo nel Quadrato, descrive una figura statica, una Croce, con le gambe unite e le braccia orizzontali, l’uomo nel Cerchio con le braccia sollevate al Cielo e le gambe divariucate che poggiano  sul Cerchio, impone un andamento cinetico alla figura umana che viene così a perdere la caratteristica di staticità. Il Cerchio è indicato dai Pitagorici e da Platone come la forma più perfetta. Il Quadrato, disegnato da Leonardo, rispetto al centro del cerchio si trova spostato verso il basso in una posizione non casuale ma ben precisa dove il punto d’incontro delle diagonali del Quadrato coincide con i genitali dell’uomo. Genitali che qui indicano l’origine fisica, come l’ombelico indicava quella spirituale.
 
Figura 2. Uomo di Leonardo da Vinci               
 
 
Leonardo, invece, spiega come un uomo “homo ad quadratum” possa trasformarsi in “homo ad circulum”, scrive infatti: “se ttu apri tanto le gambe che ttu cali da capo 1/14 di tua alteza, e apri e alza le bracia che colle lunghe dita tu tochi la linia della sommità del capo, sappi che'l cientro delle stremità delle aperte membra fia il bellico, e llo spazio che ssi truova infra lle gambe fia triangolo equilatero”. Perché Leonardo afferma di ridurre di 1/14 l’altezza dell’uomo affinchè l’homo ad quadratum possa trasformarsi in homo ad circulum? Dal punto di vista geometrico con il compasso si può verificare l’affermazione. Dal punto di vista misterico si ricorda che 14 è la somma dei primi Cinque numeri di p, l'incommensurabile celeste. Inoltre Osiride venne smembrato in 14 parti, di cui una parte, il membro virile, l’organo della riproduzione fisica, non venne più ritovato da Iside.
 
Leonardo stabilì che le proporzioni umane sono perfette quando l’ombelico divide l’uomo nel Quadrato in modo aureo. Nel disegno di Leonardo il rapporto aureo è riscontrabile nelle dimensioni del corpo umano. È questo il celebre “homo ad quadratum” che Vitruvio ricorda nel terzo libro del De architectura, la cui realtà geometrica viene da Leonardo sintetizzata con una semplice frase: “tanto apre l'omo ne' le braccia, quanto è lla sua alteza”. L’unità di riferimento è il raggio r=1 del cerchio. Il corpo umano con le braccia orizzontali è inserito in un quadrato di lato: Φ = 1 + φ = 1,618. La distanza fra la testa dell’uomo e la circonferenza è ancora aurea perché vale: 1 - φ = 0,3819 = φ2. Infatti, φ2 = (0,618)2 = 0,3819.
 
Figura 3. Rapporti aurei nell’uomo di Leonardo                     
 
 
Moltiplicando per 1,618 la distanza che va dai piedi all’ombelico di un uomo, si ottiene la sua statura. Così la distanza dal gomito alla mano (con le dita tese), moltiplicata per 1,618, dà la lunghezza totale del braccio. La distanza che va dal ginocchio all’anca, moltiplicata per il numero d’oro, dà la lunghezza della gamba, dall’anca al malleolo. Anche nella mano i rapporti tra le falangi delle dita medie e anulari sono aurei, così il volto umano è tutto scomponibile in una griglia i cui rettangoli hanno i lati in rapporto aureo. Se misuriamo le dita della nostra mano, noteremo che i rapporti tra le lunghezze delle falangi del dito medio e anulare sono aurei. Sotto il disegno Leonardo scrive le seguenti annotazioni:
 
  • Vetruvio architecto mette nella sua opera d'architectura che lle misure dell'omo sono dalla natura distribuite in questo modo:
  • Tanto apre dell’omo nelle braccia, quanto è la sua altezza (4 cubiti[2]) .
  • Dal nascimento dei capelli al fine di sotto del mento è il decimo dell'altezza dell'uomo.
  • Dal di sotto del mento alla sommità del capo è l'ottavo dell’altezza dell'omo.
  • Dal di sopra del petto alla sommità del capo fia il sesto dell’omo.
  • Dal di sopra del petto al nascimento de capelli fia la settima parte di tutto l'omo.
  • Dalle tette al di sopra del capo fia la quarta parte dell’omo.
  • La maggiore larghezza delle spalle contiene insè la quarta parte dell'omo.
  • Dal gomito alla punta della mano fia la quarta parte dell’omo, da esso gomito al termine della spalla fia la octava parte d'esso omo; tutta la mano fia la decima parte dell'omo.
  • Il membro virile nascie nel mezzo dell’omo (2 cubiti) .
  • Il piè fia la sectima parte dell’omo.
  • Dal di sotto del piè al di sotto del ginocchio fia la quarta parte dell’omo.
  • Dal di sotto del ginocchio al nascimento del membro fia la quarta parte dell’omo.
  • Le parti che si trovano infra il mento e 'l naso e 'l nascimento de capelli e quel dei cigli ciascuno spazio per se è simile allorchè è 'l terzo del volto».
  • L’altezza totale dell’uomo è divisa dall’ombelico in due grandezze che sono fra loro come 1 e j.
  • L’altezza dell’uomo è dunque proporzionale a Φ cioè:  Φ = 1 + φ = 1,618
 
[1] Considerando il centro della fronte dove per inciso gli Indù collocano il chakra Ajna.
[2] La Misura Settenaria, basata sul numero sette, fu istituita nell’antico Egitto, perché il cubito reale egizio era composto di sette palmi. Nel sistema di misura romano: 4 dita = 1 palmo (come per gli egizi), 4 palmi = 1 piede (circa 30 cm), 6 palmi = 1 cubito di 0,4439 metri (per gli egizi un cubito vale 7 palmi).
 
LE MISURE DEL FIGLIO DELLA LUCE
 
Sappiamo che Pitagora ha studiato per 22 anni presso i santuari egizi, la sua conoscenza ha le fonti in Egitto.
 
  • L’altezza di un uomo, per gli antichi egizi valeva 4 cubiti reali; poiché un cubito reale vale π/6 m, l’altezza è di 2,094 m. Leonardo scrive che l’altezza dell’uomo è di quattro cubiti.
  • L’altezza del faraone, il figlio di Râ, la Luce, per gli antichi egizi valeva 5 cubiti reali 5/6π m.
  • Un cubito reale vale π/6 m = 0,5236 m.
 
 
 

Figura 1. Tomba di Ramsete IX dipinto mummia reale
Schwaller de Lubicz, ha trovato, nelle dimensioni della porta principale del Tempio di Karnak[1] la relazione che lega il numero π al numero aureo Φ[2].  Nella Valle dei Re a Tebe la tomba di Ramsete IX lungo la parete destra del grande corridoio, nel corridoio di accesso della tomba di Ramsete IX[3], si ritrova dipinta la mummia reale itifallica posta in obliquo sull’ipotenusa del Triangolo sacro 3-4-5, cubiti reali. Il Faraone è l’incarnazione di Horus, il Divino Figlio, di Osiride il cui valore, secondo Plutarco è appunto Cinque. Schwaller de Lubicz ci dice che questo dipinto, ci dà le misure del cubito reale, cioè di 0,5236 = π/6 m. La mummia reale è dipinta inclinata sull’ipotenusa del triangolo rettangolo sacro di dimensione 3, 4, 5 Cubiti Reali. L’altezza del Faraone è di 5 cubiti, con il braccio sollevato l’altezza diviene 5+1=6 cubiti. L’altezza del Faraone riportata all’Unità, più la sua Quinta Parte dovuta al braccio alzato è (1 + 1/5) = 6/5, e poiché l’altezza del Faraone è Φ2, si ricava che con le braccia alzate, l’altezza diviene π, infatti:
 
Φ2+1/5Φ2=6/5Φ2=12/10Φ2= π      Φ2 = 10/12p
 
Figura 2. Rapporti tra Φ e π               
 
La differenza Φ2 - 10/12p = 40*10-6 è in eccesso di soli 40 milionesimi pari ad un errore di 0,1276 per mille. L’Uomo Reale supera p, la barriera della Corda degli Angeli, ed esce dal fenomenico per entrare nello splendore del noumenico.

LA CRESCITA VERSO IL   DIVINO            
Altezza dell’uomo: Φ = 1,618           
Altezza   dell’uomo perfetto, il Figlio della Luce: Φ2 = 2,618            
Altezza del Faraone, che alza le braccia verso il cielo, l’Uomo Dio,   l’Iniziato Perfetto: π = 3,1415


[1] Il tempio di Karnak, il grande santuario di Tebe, afferma R.A. Schwaller de Lubicz, era noto come “l’edificio il più calcolato dei luoghi”, tanto che i minimi dettagli della costruzione possono essere considerati come il risultato di un’operazione matematica e geometrica lungamente meditata.
[2] Come spesso accade, gli eruditi accademici, smentiscono che nella Grande Piramide vi siano i due numeri p e F perché dai calcoli risultano dei valori vicini, approssimati, ma non esatti, affermando che Erodoto non ne parla. Per quanto riguarda le misure approssimate, poiché il rivestimento esterno è stato rimosso e utilizzato per costruire la città del Cairo è ben difficile risalire alle misure rigorose. Erodoto narra una storia velata, che inizia con le parole: “narravano, dicevano”, ciò che la sapienza popolare ha codificato nella frase “c’era una volta”. Il racconto è una strana mescolanza di storia e di mito, tipica della mentalità dei sacerdoti egizi che dovevano ripettare il giuramento misterico che imponeva loro di tacere su determinati argomenti, pena la morte. Erodoto, era vincolato con giuramento al silenzio, infatti scrive di aver assistito a Sais ad una cerimonia misterica notturna, su cui doveva tenere un sacro silenzio. Erodoto, Le Storie, II, 123, 1.
[3] R. A. Schwaller de Lubicz “Il Tempio dell’Uomo” e “La Scienza Sacra dei Faraoni”,  capitolo l’uomo e le misure.
 
La rivoluzione siderale è il tempo che un corpo nello spazio impiega per compiere un’intera orbita intorno al Sole. Per la Terra è di 1 anno di circa 365 giorni. La rivoluzione sinodica è il tempo che impiega un corpo per ritornare nella stessa posizione nel cielo. La rivoluzione sinodica differisce dalla rivoluzione siderale perché la Terra stessa gira intorno al Sole. Le rotazioni dei corpi celesti obbediscono alla legge del numero aureo Φ. La tabella seguente è stata presa dal sito http://www.spirasolaris.ca/.
 
         
Pianeta                     Esponente di Φ      Periodo in anni           
Mercurio siderale         - 3            Φ-3         0,236068   
Mercurio sinodico        - 2            Φ-2         0,381966           
Venere siderale            - 1            Φ-1         0,618034           
Terra                               0             Φ0           1,000           
Marte siderale             + 1            Φ1           1,618034           
Marte sinodico            + 2            Φ2           2,618034           
Asteroidi siderale        + 3           Φ3           4,236068           
Asteroidi sinodico       + 4           Φ4           6,854102           
Giove siderale              + 5           Φ5          11,09017       
Giove sinodico             + 6           Φ6          17,94427           
Saturno siderale          + 7           Φ7          29,03444           
Saturno sinodico         + 8           Φ8          46,97871           
Urano siderale             + 9           Φ9          76,01316           
Urano sinodico           + 10          Φ10        122,9918           
Nettuno siderale        + 11          Φ11        199,0050
 
LA TRISEZIONE AUREA
 
Poiché il rapporto aureo che si ritrova nel pentagono con lato unitario, una correlazione simile è stata fatta da Steinbach Peter con un’altra figura misterica, l’eptagono con lato unitario.
 
Figura 1.Trisezione segmento              
 
Come il segmento aureo φ è la lunghezza della diagonale di un pentagono di lato unitario, allo stesso modo, la coppia di numeri d’ora in poi chiamati ρ=1,80194 e σ = 2,24698 che rappresentano le lunghezze delle due diagonali di un ettagono con lato unitario. I valori esatti di ρ e σ sono stati calcolati usando il teorema trigonometrico del seno. Si parla di trisezione perché il segmento è diviso in tre parti.
    

                                
Figura 2.Rapporti aurei Pentagono ed Eptagono            
 
Il quadrato del primo “ρ“ equivale al secondo “σ “ più uno: 1,80194 2 = 3,24698= 2,24698+1, cioè:
  • ρ2= σ+1.
Il quadrato del secondo “σ “ è un'altra unità aggiunta a entrambi: 2,24698 2=5,04892=1,80194+2,24698+1.
  • σ 2= ρ + σ +1= ρ2 + ρ.
Si noti la somiglianza con
  • φ 2 = φ + 1
  • φ 2 * φ = φ 2+ φ.
 
Se si divide il secondo dal primo “σ/ρ “, si ottiene: 1,80194 / 2,24698 = 0,80194 = 1,80194 - 1 cioè il primo meno un’unità σ/ρ=ρ-1. E lo stesso accade nel modo inverso: 2,24698 / 1,80194 = 1,24698 = 2,24698 - 1. Confrontali con 1 / φ = φ / φ 2 = φ - 1. Quindi possiamo vedere che questa coppia di numeri speciali esibisce proprietà numeriche simili alla sezione aurea[1].
 
L'eptagramma contiene quattro diversi tipi di triangolo σ-σ-1, 1-1-ρ, ρ-ρ-σ, ρ-σ-1, che includono diverse proporzioni ρ σ, e 1, a seconda dei loro angoli che sono sempre multipli di α = π / 7.
     

                                                                                                                                                                                                                                                                                                         
Figura 3. Eptagramma tipi di triangoli                      
 

[1] http://www.sacred-geometry.es/?q=en/content/golden-trisection
 
LA GEOMETRIA DELLA FRAMMENTAZIONE O DEL CAOS
 
Che cosa c’entra con Pitagora e il suo Insegnamento con la moderna matematica degli irrazionali, dei frattali, e la geometria del Caos? L’Insegnamento Pitagorico-Misterico nei secoli mantenuto rigorosamente segreto, riguardante le Leggi della Natura e della creazione delle forme è basato sull’assioma di Ermete “Come in alto così in bassocioè sull’autosomiglianza e sulla divisione ricorsiva, l’attuale matematica dei frattali.
 
I commentatori accademici descrivono i Pitagorici in gravi difficoltà quando essi scoprirono l’esistenza dei segmenti incommensurabili che avrebbero dovuto segnare il crollo delle loro convinzioni. Altri affermano che i Pitagorici, nell’argomentare su un concetto matematico che imponesse l’uso di un numero irrazionale e trascendente si arrestassero pieni di timore tracciando il simbolo di Chaos (*):
 
Figura 1. Simbolo del Chaos
Come è stato precedentemente spiegato, sia gli irrazionali, che lo Zero appartenevano all’Insegnamento Misterico ed erano conosciuti e utilizzati dalle Scuole Misteriche di Oriente e Occidente, ma ai fini dell’addestramento del discepolo che doveva riconoscere le Due Vie: quella della Caduta nella differenziazione, di cui gli irrazionali, il Chaos, sono il segreto motore, e quella verso la Dimora Spirituale dei numeri interi.
 
Nel mondo delle forme oltre il dominio dei numeri irrazionali regna l’eterna legge della simmetria e che prende il nome di geometria dei frattali basata sull’auto somiglianza che si ripente in dimensioni sempre più piccole che è stata spesso indicata come “la matematica del Chaos”. Un frattale è una semplice espressione matematica che, attraverso la recursività[1] (moltiplicata per il suo risultato moltissime volte), genera forme geometriche infinitamente complesse. Le recenti scoperte legate alle formazioni dei frattali hanno mostrato che la recursività infinita è una delle proprietà fondamentali dell’Universo. Diminuendo sempre più la dimensione e la portata, si continuano a vedere emergere le medesime strutture. Più è complicata la strumentazione, più accurata può diventare la misurazione. Il termine frattale, deriva dal latino fractus, participio del verbo frangere, che significa “rompere, frangere”, “l’ondata si infrange sullo scoglio”.
 
La geometria frattale sembra essere la più adeguata a descrivere l’apparente caos e la complessità dei fenomeni naturali. Dalla forma del cervello a quella delle diramazioni dei dendriti nervosi, dal profilo frastagliato delle foglie allo schema di sviluppo dei coralli, dalla forma dei cavolfiori alle diramazioni dei bronchi, dalle scariche dei fulmini ai profili delle montagne e delle nubi, tutto sembra essere caotico mentre nasce da rapporti matematici complessi e armonici: la geometria frattale.
 
Contrariamente a qualsiasi altro oggetto geometrico, un frattale, invece di perdere i dettagli quando è ingrandito, si arricchisce di nuovi particolari, nuove forme prima invisibili solo perché troppo piccole. In molti frattali questi particolari, che si vanno man mano scoprendo, assomigliano alla figura nella sua totalità, auto-similarità o auto-somiglianza: una parte dell’oggetto è simile al tutto. Un frattale è un oggetto geometrico che si ripete all’infinito nella sua struttura allo stesso modo su scale diverse, non cambia aspetto anche se visto con una lente d’ingrandimento.
 
Da un punto di vista matematico, il modello de frattale si deve a Mandelbrot che ebbe l’idea originale di iterare la semplice forma ricorsiva “X2 + c” dando a “x” e “c” valori complessi. Se “x” è un numero complesso qualunque, elevandolo al quadrato e sommando “c” si ottiene un nuovo numero complesso. Ripetendo per questo numero lo stesso procedimento si ottiene un nuovo numero, e così via indefinitamente. Questa semplice operazione d’iterazione genera, sullo schermo del computer che la implementa, una figura inquietante, l’insieme di Mandelbrot. Una delle sue proprietà caratteristiche è infatti l’autosomiglianza: se si guarda il contorno della figura, una parte qualunque riproduce in scala la forma dell’insieme. Mandelbrot era convinto che questa fosse la naturale armonia, ed ha fissato (i principi) per dimostrare che aveva ragione.
 
Secondo Mandelbrot, la rivoluzione frattale, annuncia l’avvento di una nuova stagione nella matematica e nella scienza, una nuova geometria della natura, che consente di descrivere i più disparati fenomeni dal comportamento irregolare e caotico, dalla turbolenza alla distribuzione della materia nell’universo, e traduce in termini moderni le celebri parole di Galileo.
 
Galileo nel Saggiatore scriveva: “Le figure geometriche, piane o solide, il triangolo, il quadrato, il cerchio, il cubo, il tetraedro sono gli elementi essenziali del mondo, le strutture fondanti della realtà; infatti il grande libro della natura è scritto in lingua matematica, e i suoi caratteri sono triangoli, cerchi, e altre figure geometriche”.
 
1.  La geometria dei frattali è la geometria del Caos;
2.  Può anche descrivere la geometria delle montagne, delle nuvole e delle galassie.
 
I frattali sono in grado di rappresentare egregiamente una gran varietà di oggetti e fenomeni della Natura: non solo un tratto di costa una montagna, ma anche i rami o le radici di un albero, una nuvola, le ramificazioni di un fulmine e la dentellatura di una foglia ne sono alcuni esempi. Una testa di cavolfiore (romano) è facilmente divisa in piccoli fiori; ogni fiore è come un piccolo cavolfiore, che può essere ancora diviso in altri fiori ancora più piccoli. Usando una lente d’ingrandimento, questo processo può essere osservato in vari stadi. Una formula di matematica che imitasse questa struttura potrebbe continuare all'infinito.
 
Figura 2. Testa cavolfiore romano
 
Gli esempi nella natura si sprecano: gli alberi, si stacca un rametto e si scopre che possiede, in piccolo, la stessa struttura dell’albero. Un picco di montagna, composto a sua volta da piccole cime, che sono a loro volta composte di picchi ancora più piccoli o ancora. Un litorale, formato da una serie di ondulazioni irregolari composte da tutta una serie di piccole ondulazioni, che a loro volta … e poi il fiocco di neve, il battito del cuore, la distribuzione delle Galassie nell’Universo. Una volta che l’occhio della mente è sensibile alla geometria frattale, si vede dappertutto.
 
Contrariamente a qualsiasi altra figura geometrica un frattale invece di perdere dettaglio quando è ingrandito, si arricchisce di nuovi particolari. La matematica dei frattali ha rapidamente invaso qualsiasi campo dello scibile umano: dalla struttura dei polmoni umani, alla trasmissione dei segnali digitali nelle reti di computer, alla misurazione di strutture irregolari. E non è tutto: è grazie ai frattali che si possono ammirare ricostruzioni in 3D, dove le montagne sembrano vere e altrettanto le nuvole, o le piante.
 
Fra gli innumerevoli frattali basati sull’autosomiglianza e la simmetria di notevole importanza sono:
 
1.  Quelli basati sulla simmetria delle figure geometriche magistralmente descritte da Platone, e soprattutto quelli basati sul numero sacro Sette[2].
2.  Quelli basati sul numero aureo Φ e sulla spirale di Fibonacci che tramite un avanzamento vorticoso passa senza discontinuità dal Macrocosmo al microcosmo.
 
Gli schemi ripetitivi dei solidi Platonici che rientrano uno nell’altro, sono frattali. Un frattale è uno schema ripetitivo che può essere portato a ogni scala dimensionale. La scala può cambiare ma il rapporto rimane costante. Ora gli schemi frattali che danno forma all’atomo, secondo Daniel Winter, danno anche forma ai pianeti e alle stelle, all’Universo. Un frattale possiede auto similarità in tutte le scale, è la stessa geometria ripetuta. La struttura interna in un frattale è riflessa nell’altra struttura. Frattale significa frazione del tutto, indicando che ogni pezzo è parte dell’intero.
Questo principio di autosomiglianza dell’Universo fu formulato da Ermete Trismegisto, come uno dei sette principi Ermetici “Come sopra, così sotto, come sotto, così sopra”. Ermete voleva dire che c’è una corrispondenza tra i diversi piani d’esistenza, il macro-cosmo e il micro-cosmo. Questo principio Ermetico ci dice che quello che vediamo la fuori nell’Universo, nelle galassie, nelle stelle e nei pianeti, lo troveremo anche in scala atomica.
 
[*] Geometrie Sacre? Fabio Gasparri  - www.esonet.it
[1] Recursivo = determinazione di una successione di elementi (come numeri o funzioni) per mezzo di operazioni su uno o successivi elementi secondo una regola o formula basata su un numero finito di passi successivi.
[2] La Tabella periodica degli Elementi è costruita su base sette, e può essere assunta come una serie di ottave musicali.
 
UNIVERSO FRATTALE SINERGICO
 
Negli antichi Insegnamenti filosofici orientali e occidentali il Principio di Analogia[1] riveste un aspetto fondamentale secondo il quale tra le cose corrono nessi corrispondenti a quelli che corrono fra gli enti matematici. Platone usa spesso l’Analogia perché, non essendo possibile attribuire a Dio qualità o particolarità espresse in termini propri degli esseri finiti, gli attributi di Dio possono essere nominati solo per Analogia. Attraverso la legge dell’Analogia, inizia quel processo mentale che porta alla comprensione fra il Microcosmo e il Macrocosmo. L’analogia indica una simmetria e sottintende una “unicità sorgente” l’analogia è una rappresentazione o trasformazione a immagine e somiglianza cioè sull’autosomiglianza e sulla divisione ricorsiva, l’attuale matematica dei frattali.
 
L’analogia indica una proporzione matematica, l’uguaglianza di due rapporti, questo conduce al concetto di frattale, perché tutto il mondo è costruito su base analogica cioè come replicazione dello stesso atomo o della stessa cellula.  La scala può cambiare ma il rapporto rimane costante. Il principio secondo il quale qualcosa ha la stessa forma sia dentro sia fuori si chiama frattalità. Che cosa c’entra con Pitagora e il suo Insegnamento con la moderna matematica degli irrazionali, dei frattali, e la moderna geometria del Caos? L’Insegnamento Pitagorico - misterico nei secoli mantenuto rigorosamente segreto, riguardante le Leggi della Natura e della creazione delle forme è basato sull’assioma: Tutto ciò che è in alto, è come ciò che è in basso, tutto ciò che è in basso, è come ciò che è in alto. E questo per realizzare il miracolo di una cosa sola da cui derivano tutte le cose, grazie ad un’operazione sempre uguale a se stessa”[2]. Questo principio di autosomiglianza dell’Universo fu formulato da Ermete Trismegisto, come uno dei sette principi Ermetici. Ermete voleva dire che c’è una corrispondenza tra i diversi piani d’esistenza, il macro-cosmo e il micro-cosmo. Questo principio Ermetico ci dice che quello che vediamo la fuori nell’Universo, nelle galassie, nelle stelle e nei pianeti, lo ritroviamo anche in scala atomica.
 
Ora gli schemi frattali che danno forma all’atomo, secondo Daniel Winter, danno anche forma ai pianeti e alle stelle, all’Universo. Un frattale possiede auto similarità in tutte le scale, è la stessa geometria ripetuta. La struttura interna in un frattale è riflessa nell’altra struttura. Frattale significa frazione del tutto, indicando che ogni pezzo è parte dell’intero. La proprietà frattale è copia, replica su altra “scala” dell’energia. Si è visto che i poligoni regolari attraverso il tracciamento di diagonali hanno la proprietà di replicare in se stessi la loro forma in scale sempre più piccole.
 
Luciano Pietronero negli anni Ottanta, dimostrò, tramite studi di fisica statistica, che almeno a livello locale l’universo presentava una struttura frattale con l’auto similarità che si manifestava da 0,1 fino a 100 Mpc (Megaparsec, equivale a un milione di parsec, dove quest’ultimo equivale a 3,26 anni luce) implicando una diminuzione di densità della materia all’aumentare del volume considerato, cioè al crescere della scala, secondo una legge di potenza.
 
Sia gli irrazionali, che lo Zero appartenevano all’Insegnamento Misterico ed erano conosciuti e utilizzati dalle Scuole Misteriche di Oriente e Occidente, ai fini dell’addestramento del discepolo che doveva riconoscere le Due Vie: quella della Caduta nella differenziazione, di cui gli irrazionali, il Chaos, sono il segreto motore, e quella verso la Dimora Spirituale dei numeri interi. La geometria frattale sembra essere la più adeguata a descrivere il Chaos e la complessità dei fenomeni naturali. Dalla forma del cervello a quella delle diramazioni dei dendriti nervosi, dal profilo frastagliato delle foglie allo schema di sviluppo dei coralli, dalla forma dei cavolfiori alle diramazioni dei bronchi, dalle scariche dei fulmini ai profili delle montagne e delle nubi, tutto sembra essere caotico mentre nasce da rapporti matematici complessi e armonici: la geometria frattale.
 
Le indiscrezioni allegoriche furono fornite da Platone tramite i dialoghi con Pitagorici dell’epoca. Dall’Egitto venne l’insegnamento riguardante la sezione aurea o al numero irrazionale Φ. La conoscenza della sezione aurea applicata all’architettura e alle forme ne è una testimonianza. Nei primi anni XII secolo, Leonardo Fibonacci che si può definire come un seguace degli Insegnamenti tradizionali, tantoché nei suoi numerosi viaggi in Oriente apprese dagli Arabi le conoscenze matematiche che provenivano dall’India[3], patria delle conoscenze matematiche e pitagoriche.
 
Nella moderna cosmometria assumono notevole importanza i rapporti frattali del raddoppio di Ottava, e di Φ “Phi” in espansione/contrazione. Il raddoppio di Ottava si trova nella struttura primaria del Campo Unificato, così come nella musica (sia in termini di tono e ritmo) e in natura quale base dei sistemi digitali binari. Il Φ è onnipresente in natura in forme sia strutturali sia di flusso. La frattalizzazione settenaria trascurata o non vista dalla Cosmometria, assume importanza fondamentale nella Filosofia e nella Scienza Misterica.
 
Come con l’aspetto frattale, il concetto del cosmo olografico è riassumibile nella frase: “Il Tutto è presente ovunque”. Anche in questo caso, la scienza della olografia e il principio olografico dell’universo è profonda e ricca di effetti e la bellezza estetica. La teoria dell’Universo olografico la dobbiamo a un grande fisico del 20° secolo, David Bohm. È questo principio dell’olografia che è primario di cosmometria - che l’intera immagine è contenuta in ogni punto nel cosmo. Quest’affermazione può sembrare strana, soprattutto perché sembrerebbe se così fosse avremmo visto solo tutto l’universo, ovunque guardiamo. Un semplice esperimento mentale ci suggerisce che in ultima analisi, questo è vero, ma dipende solo il nostro quadro di riferimento su ciò che effettivamente vediamo di tutto (relatività). Immaginiamo di guardare il brillante cielo notturno pieno di stelle. Non importa dove ci si sposta, non importa dove dirigiamo gli occhi, ci sono fotoni di luce da ognuna di quelle stelle presenti in ogni punto. L’intera immagine del regno celeste è contenuta in ogni punto - la definizione di un ologramma nel nostro contesto.  È anche possibile invertire questo esperimento mentale e immaginare se stessi in una stanza in cui tutte le pareti, pavimento e soffitto sono specchi. Ovunque si guardi, si vedrà un riflesso di noi stessi. Questo significa che la nostra immagine nella sua interezza è presente in ogni punto che ci circonda.
 
La definizione di sinergia è che il comportamento dell’intero sistema è completamente imprevedibile dal comportamento delle parti quando analizzate separatamente: il tutto è maggiore e imprevedibile dalla somma delle parti. Anche gli esseri umani sono un fenomeno sinergico. Sinergia è la capacità di un gruppo di superare anche il suo miglior membro individuale. Prendiamo tutti i pezzi del nostro corpo e osserviamoli separatamente. Anche immaginando che essi svolgano tutte le funzioni e le mutue relazioni, si potrebbe forse prevedere che questo insieme potesse scrivere una sinfonia o trasportare se stessi in tutto il mondo alla velocità di un Jet? Ad esempio, se un neutrone è isolato, dopo pochi minuti tende a disintegrarsi, ma se lo stesso neutrone è messo in relazione con uno o due protoni, potrebbe esistere per miliardi di anni. Questo è uno dei modi in cui la sinergia funziona nella teoria quantistica.
 
Synergos parola greca significa “lavorare insieme”. Buckminster Fuller, che ha coniato la parola sinergia, la definisce come “la sintesi più energia”. B. Fuller usa la parola sinergia, per descrivere - tra molte cose - il potere di modelli geometrici specifici di equilibrio in cui la somma dell’energia del modello è maggiore della somma combinata delle energie individuali. Per esempio, il modello organizzazione di quattro sfere uguali accostate in tre dimensioni è un modello sinergico che forma un Tetraedro quando i centri di ciascuna sfera sono connessi da linee rette. Per Fuller, la gravità è l’effetto sinergico di due Tetraedri.
 
Ciò che è importante per la sinergia come aspetto primario del cosmo è che, anche se non possiamo prevedere cosa sarà, sappiamo che quando si combinano le cose (come ad esempio nelle leghe di metalli, o anche il combinato contributo di un gruppo di individui per uno scopo comune), si manifesterà qualcosa di più grande solo dopo l’unione, e non prima. Abbiamo sperimentato che quando i giusti ingredienti si uniscono, come un pasto straordinariamente delizioso, otterremo qualcosa che va oltre a quello che avremmo potuto immaginare, quando abbiamo iniziato a combinare tutte le parti. La bellezza di questo fatto è che quello che ci piace chiamare il mistero rimane sempre tale, anche se raggiungiamo sempre maggiori gradi di comprensione.
 
Attraverso l’utilizzo cosciente della Sinergia tramite Conoscenza, Saggezza Amorevole e Potere, l’umanità può facilmente espandere il bene. La Sinergia favorisce notevolmente la nostra capacità di espandere la nostra coscienza, e in tal modo giungere al bene più grande. La Sinergia, l’energia che si espande attraverso la cooperazione, ci permette di diventare consapevoli co-creatori, e diventare così molto efficaci, partecipanti attivi nel grande risveglio nella coscienza superiore, una vasta coscienza unitaria. La potenza è generata negli sforzi di cooperazione supera di gran lunga le capacità di ogni individuo che agisce da solo.
 
Il cosmo si espande in realtà quando siamo in accordo con la primordiale Volontà-di-Bene. Gli antichi greci erano a conoscenza della legge di crescita attraverso il partenariato. Essi hanno osservato che il Potere Vita risponde a quello che chiamavano agape, “l'amore fraterno”.
 
[1] Analogia dal Greco analogos, “che ha relazione, simile”.
[2] Ermete Trismegisto “La tavola di Smeraldo”.
[3] Susantha Goonatilake scrive che lo sviluppo della sequenza di Fibonacci è attribuito in parte a Pingala (200 a.C.), poi essendo associato a Virahanka (c. 700 d.C.), Gopala (c. 1135), e Hemachandra (c. 1150).
 
LA SUCCESSIONE FIBONACCI ARMONIA NELLA CRESCITA
 
 
Nei primi anni XII secolo, un matematico di nome Leonardo Fibonacci ricordato per la sua famosa sequenza numerica, fu l’autore di parecchi scritti andati perduti[1] fra i quali suo commento al Libro X degli Elementi di Euclide, che conteneva una trattazione numerica dei numeri irrazionali, ai quali Euclide si era avvicinato dal punto di vista geometrico. Un altro dei libri di Fibonacci è il Practica geometriae[2], scritto nel 1220, l’ultimo capitolo presenta ciò che Fibonacci chiama sottigliezze geometriche: “Tra quelli, incluse il calcolo dei lati di un pentagono e di un decagono dal diametro di circonferenze circoscritte e inscritte; è nominato il calcolo inverso, come anche quello dei lati dalle superfici … per completare la sezione sui triangoli equilateri, un rettangolo e un quadrato sono inscritti in un triangolo e i loro lati sono calcolati algebricamente …
 
Nella successione di Fibonacci ciascun numero si ottiene pitagoricamente sommando tra loro i due numeri precedenti, come avviene per i segmenti aurei:
 
    • 1,  1+1=2,  2+1=3,  3+2=5,  5+3=8,  8+5=13,  13+8=21…
    • F = 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55, 89, 144, 233, 377, 610, 987, 1597 …
 
Da questa successione, se ne forma una di tipo frazionario, formata dai rapporti fra due numeri successivi:
 
    • 1/1=1;  2/1=2;  3/2=1,5;  5/3=1,666;  8/5=1,625, …89/55=1,618…
 
La proprietà principale di questa successione, è quella per cui il rapporto fra due numeri vicini della serie di Fibonacci Fn/Fn-1 al tendere di n all’infinito tende al numero aureo.
 
  • Il limite che tende a infinito del rapporto tra il numero e il successivo è uguale a  φ =0,61803.
  • Il limite che tende a infinito del rapporto tra un numero e il suo precedente è uguale a Φ=1,61803.
  • Il rapporto di un numero per il secondo che lo precede è sempre pari (tendente a) 2,61803=Φ2.

 
Figura 1. Sequenza Fibonacci  e poliedri platonici
 
La sequenza di Fibonacci si riscontra sommando il numero dei vertici con i rispettivi centri (invisibili) dei 5 poliedri platonici. I Cinque solidi platonici hanno complessivamente 55 vertici: essi comprendono i 21 vertici e centri per il Tetraedro, Ottaedro e Cubo e la 34 vertici e centri per l’Icosaedro e il Dodecaedro. Si noti che il rapporto 21:34 divide i 5 poliedri regolari in due sottoinsiemi: uno con Due solidi e l’altro con 3 solidi, e che i numeri 2, 3 e 5 sono i primi numeri consecutivi di Fibonacci.
 
Esaminando l’Uomo Vitruviano di Leonardo, la serie di Fibonacci espressa tramite i rapporti compare nelle proporzioni del disegno leonardesco. Si può affermare che il riempimento volumetrico e la crescita, tendono al numero aureo F.
 
La Scala musicale naturale, fu ideata dal Pitagorico Archita di Taranto, e si fonda sulla successione dei suoni armonici (1/1, 9/8, 5/4, 4/3, 3/2, 5/3, 15/8, 2/1). Osserviamo che, i primi rapporti della successione di Fibonacci, corrispondono agli intervalli musicali della scala naturale:
 
Unisono                       1/1=1
Quinta (SOL)                3/2=1,5
Sesta maggiore (LA)      5/3=1,666
Sesta minore[3]             8/5=1,625
Ottava                          2/1=2
 
Nel pianoforte, i tredici tasti delle ottave, sono divisi in distinti in otto bianchi e cinque neri, a loro volta divisi in gruppi da due e tre tasti ciascuno; 2, 3, 5, 8, 13 appartengono infatti tutti alla successione di Fibonacci.
 
Osservando la forma di fiori come la margherita, il girasole notiamo che esiste una stretta relazione con i numeri di Fibonacci. Per esempio il giglio ha 3 petali e tre sepali, i ranuncoli ne hanno 5, la cicoria 21, la margherita spesso 34 o 55.

Figura 2. Sequenza Fibonacci  nella fillotassi
 
 
La sequenza Fibonacci si ritrova anche nella fillotassi o “disposizione delle foglie”. Si comprende come mai le foglie sui rami e i rami lungo il tronco tendono a occupare posizioni che rendono massima l’esposizione al sole, alla pioggia e all’aria. Poiché le foglie sui rami e i rami lungo il tronco tendono a occupare posizioni che rendono massima l’esposizione al sole, alla pioggia e all’aria, la successione delle foglie e dei rami ha una componente rotatoria, che con l’avanzamento verso l’alto traccia intorno al fusto un’elica immaginaria. Secondo  come le foglie si collocano su un fusto, si parla di quoziente di fillotassi.
 
Nei boschi di tigli le foglie si collocano in genere da due parti opposte (corrispondenti a un mezzo giro intorno al fusto), uno schema descritto come “quoziente di fillotassi 1/2”. In altre piante, come il nocciolo, il rovo e il faggio, il passaggio da una foglia all’altra comporta un terzo di giro (“quoziente di fillotassi 1/3”).
 
Il melo, alcune querce e l’albicocco hanno foglie ogni 2/5 di giro; il pero e il salice piangente ogni 3/8 di giro.
 
Ogni 3/8 di giro (come nella figura: occorrono otto rami per fare tre giri completi). Si nota che tutte le frazioni citate sono rapporti di termini alternati della successione di Fibonacci. La pianta è caratterizzata da una frazione (3/8) n° giri/n° foglie e questi sono numeri della serie di Fibonacci. È sorprendente come i numeri della serie di Fibonacci e della sezione aurea si trovino in natura, ma in generale tutte le piante non seguono questa legge che però appare come una meta di perfezione. Tutta la creazione tende alla perfezione dell’incommensurabile numero aureo Φ.
 
Figura 3. Sequenza Fibonacci  e DNA
 
 
Il nostro codice genetico, il DNA nella cellula appare come una catena doppia elica denominato B-DNA. Questa forma di DNA presenta una scanalatura in due sue spire, con un rapporto di F nella proporzione del solco maggiore al solco minore, o circa 21 nm a 13 nm. La molecola di DNA, misura 34 nm di lunghezza e 21 nm di larghezza per ogni ciclo completo della sua spirale doppia elica. I numeri 13, 34 e 21, naturalmente, appartengono alla serie di Fibonacci 34/21 = 1,6190476.
 
Entrambi i numeri di Fibonacci e la sezione aurea possono essere trovati non solo nelle proporzioni ma anche nel codice DNA di ogni cellula del nostro corpo. Jean-Claude Perez scoperto una supracode DNA destinata a controllare l’auto-organizzazione della tiamina nucleotidi, citosina, adenina e guanina (T, C, A, G), che costituisce i passaggi della scala doppia elica del DNA. Ha scoperto che se si considerano 144 nucleotidi contigui è il risultato di 55 basi T, e 89 basi CAG, tutti i numeri della serie di Fibonacci. Così, anche all'interno degli elementi di base dei nostri corpi le sequenze di Fibonacci e F esistono a un livello primordiale.
 
La serie di Fibonacci e la sezione aurea sono fra loro collegate. La natura nelle sue leggi di crescita segue entrambe le armonie. Se a una rosa misuriamo la larghezza della foglia e la moltiplichiamo per 1,618 otteniamo la lunghezza della foglia stessa.
 
[1] Fibonacci visse nel periodo antecedente l'invenzione della stampa a caratteri mobili, per cui i suoi libri furono scritti a mano e l'unico modo per averne una copia era di possedere un’altra copia scritta a mano.
[2] Dedicato a un certo Maestro Domenico, probabilmente lo stesso Domenico che appare, nella dedica a Federico II del Liber Quadratorum, nelle vesti di chi introduce Leonardo Fibonacci alla presenza dell’imperatore.
[3] L’intervallo di sesta minore (tra Mi e Do2 o acuto), complementare all'intervallo di terza maggiore (tra Do1 e Mi), ha per misura 5/8, il termine successivo alla serie di Fibonacci.
 
LE SPIRALI
 
Il termine spirale è generalmente usato per indicare curve che ricordano forme naturali. Una spirale può avere le spire equidistanti oppure sempre più distanti a ogni giro. Nel primo caso viene chiamata "spirale evolvente" o di Archimede mentre nel secondo viene detta "spirale logaritmica" quando nella relativa formula matematica (equazione) si trova un termine con l'esponente. Inoltre una spirale logaritmica può avvicinarsi a una evolvente (distanza fra le spire quasi costante) oppure essere molto aperta (espansa).
 
Figura 1. Spirale Logaritmica
 
 
In matematica il numero “e” è una costante matematica il cui valore è approssimativamente 2,7182818284. È la base della funzione esponenziale ex e del logaritmo naturale. Può essere definita in vari modi, il più comune tra i quali è come il limite della successione (1+1/n)n al tendere di n all’infinito. Insieme a π è la costante matematica più importante, per via della sua presenza in molte formule apparentemente non correlate. Il numero “e” è il punto centrale della commutazione dell'elevamento a potenza.
 
In  natura, le spirali più ricorrenti sono quella la spirale logaritmica che ha un ritmo di sviluppo legato a φ e un altro tipo di spirale il cui sviluppo è legato a √φ. Questi due tipi di spirali sono l’archetipo della forma di molte conchiglie e anche del ritmo col quale spuntano i rami laterali di molti vegetali e la disposizione dei loro semi nei fiori.
 
       
 
Figura 2. Esempi di spirali
 
 
LA SPIRALE AUREA
 
 
La spirale “Φ” deriva dal semplice processo del costruire ed espandere una serie di quadrati adiacenti di dimensione crescente secondo la sequenza di Fibonacci, quindi disegnare un arco di un quarto di cerchio in ogni quadrato, con un raggio uguale alla lunghezza del lato di ogni rispettivo quadrato. Si costruisca una serie di quadrati in cui il lato di ognuno di questi è dato dalla somma delle misure dei lati dei due precedenti. Si dispongano come in figura e si tracci un arco di cerchio avente per raggio il lato del quadrato, la figura che si ottiene è una spirale logaritmica. Dove la spirale risultante interseca l’angolo di ogni nuovo quadrato nell’espandersi, abbiamo un nodo. Ogni nodo è un rapporto “Φ” sempre più lontano dal centro, lungo la spirale, rispetto a quello precedente. Partendo dal centro come zero, ogni nodo è identificato con 1, 2, 3, 4, 5, 6...
 
Figura 1. Spirale aurea
 
Leonardo da Vinci restò ammaliato dalla spirale, immortalandola nell’opera Leda e il Cigno nei capelli raccolti, e ancora sotto forma di vortici in un’impressionante serie di schizzi catastrofici ispirati al Diluvio. E lo stesso Shiva, danzante, ha in mano la conchiglia come simbolo della Creazione. Quando si sommano onde sinusoidali pure con lunghezza d’onda di  … 1/Ф6, 1/Ф5, 1/Ф4, 1/Ф3, 1/Ф2, 1/Ф, 1, Ф, Ф2, Ф3, ... queste producono una perfetta spirale Ф. Queste onde sinusoidali implodono all’interno in lunghezze d’onda più piccole. L’implosione delle onde sinusoidali Auree in lunghezze d’onda sempre più piccole non solo incrementa la frequenza delle onde, ma anche la velocità delle onde.
 La spirale logaritmica ha la proprietà di allargarsi man mano che ci si allontana dal centro e di conseguenza il volume aumenta. Lo spazio celeste è riempito di materia in espansione, ad esempio la Galassia Vortice (M51) è un tipico esempio di galassia a spirale logaritmica vista “di faccia”.
 
FRATTALIZZAZIONE  A SPIRALE AUREA
 
                                                                                                                       
Per la filosofia esoterica, all’origine, esiste soltanto una Sostanza perfettamente Omogenea, enormemente densa indifferenziata, cui si è assegnato il nome di Mulaprakriti o Materia Radice. A questa Materia o Æther, è stato dato da Annie Besant il nome occidentale di Koilon, dal greco Vuoto. Il primo impulso, il Suono Primordiale emanato dal Grande Soffio, causa un movimento circolare, d’inconcepibile rapidità vorticosa creando così nel Koilon un numero incalcolabile di vortici che assumono la forma di piccole bolle, ognuno determinato dalla propria divina energia, e circondato di materia spaziale. Le bolle vuote nel Koilon sono il quantum foam, la schiuma quantistica descritta dalla fisica teorica. La legge del movimento vorticoso nella materia primordiale è una delle più antiche concezioni della filosofia greca, i cui primi Sapienti conosciuti storicamente, erano quasi tutti Iniziati agli antichi Misteri. I greci la ricevettero dagli egiziani, e questi ultimi dai caldei, essi stessi allievi dei Brahmani della Scuola Esoterica. Leucippo e Democrito di Abdera — quest’ultimo discepolo dei Magi — insegnavano che questo movimento rotatorio degli atomi e delle sfere esisteva ed esiste per l’eternità. L’Etere dello Spazio non si muove attraverso le dimensioni con un movimento qualsiasi ma a vortice seguendo una geometria ben precisa. Tale geometria la ritroviamo ovunque in natura perché essendo l’Etere, la quintessenza da cui tutto ha origine è naturale che in natura i “sistemi” (galassie, piante, vita biologica, movimento dei pianeti etc. etc.); ovviamente tale geometria è la spirale o “vortice”, più nel dettaglio l’Etere si muove secondo la spirale “Φ”.
 
Figura 1. Vortice aureo
 
 
Nell’oceano di Etere del nostro universo si creano vortici, dei Toroidi[1], piccoli tornado di energia spiraleggiante. Il vortice è il flusso naturale per i fluidi. I vortici nell’Etere sono come piccoli mulinelli[2], quando due di questi vortici si uniscono, formano un toroide. In Natura, il vortice si vede comunemente nei flussi di aria e acqua e nelle galassie. Ripetendo la spirale Φ in modo circolare, mantenendo un centro comune, si crea un vortice Φ. Sovrapponendo due vortici di senso opposto, creiamo una doppia spirale Φ. Questo è uno schema di campo sferico/toroidale di energia.
 
Quando creiamo un vortice o una doppia spirale Φ, osserviamo un fenomeno sinergetico altrimenti non apparente con una singola spirale Φ. Nella figura a tre nodi dal centro della doppia spirale vorticosa, è presente un cerchio distinto, centrato nel nodo 4. Questo è il risultato della spirale Φ che prima si espande dal centro verso l’esterno e poi, dopo tre archi frattali (nodi), si contrae momentaneamente su se stessa, prima di espandersi nuovamente. Questo crea una condizione di confine, un cerchio (o sfera), sul noto 7, che definisce un potenziale confine di superficie e una relazione tra dentro e fuori col campo energetico. Questo confine può essere visto come limite necessario di una data entità, perché essa possa prendere forma[3].
                                            
Sulla testa di un tipico girasole, per esempio, il numero delle spirali rientra molto spesso in questo schema:  89 spirali che si irradiano ripide in senso orario; 55 che si muovono in senso antiorario e 34 che si muovono in senso orario ma meno ripido.  Il più grande girasole che si sia mai conosciuto aveva 144, 89 e 55 spirali[4].
 
 
Figura 2. Spirali nel girasole - Pigna
 
Un cono di pigna mostra uno schema a doppia spirale nella sua forma, con un limite nel quale ferma la sua manifestazione fisica (benché energeticamente il suo campo si estenda oltre tale limite). Uno studio di oltre 4000 pigne di dieci specie di pino rivelò che oltre il 98 per cento di esse conteneva un numero di Fibonacci nelle spirali che si diramavano in ogni direzione. Inoltre, i due numeri erano adiacenti, o adiacenti saltandone uno, nella sequenza di Fibonacci - per esempio 8 spirali (verde) in un senso e 13 (rosso)nell’altro, o 8 spirali in un senso e 21 nell’altro.
 
[1] Il muggito del Toro era imitato dal roteare dei rombi nei Misteri.
[2] Lo stesso flusso vorticoso si crea ogni volta che si toglie il tappo dal lavandino!
[3] Cosmometria http://www.altrogiornale.org/news.php?extend.7892.
[4] Tutti questi numeri appartengono alla serie di Fibonacci.
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