La discesa e la salita iniziatica dal Pozzo dell'Abisso - Sapienza Misterica

SAPIENZA MISTERICA
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La discesa e la salita iniziatica dal Pozzo dell'Abisso

LA MORTE INIZIATICA
 
Plutarco ci spiega che, la condizione di chi si preparava alla Iniziazione era paragonata con quella di chi si preparava alla morte. Il termine greco morire è teleutai, mentre quello di Iniziato è teleisthai che evidentemente sono simili. La condizione di chi si preparava all’Iniziazione, era paragonata con quella di chi si preparava alla morte: il termine morire è teleutai, quello di Iniziato è teleisthai, che evidentemente sono simili.
 
Raggiunta la morte, l’anima sente una sensazione simile a quella degli Iniziati ai Grandi Misteri.[1]
 
La Monade il Noûs, quando cade nella generazione perde la sua Coscienza Originaria e divine Psiche. La caduta dell’Anima-Psiche nella materia equivale alla caduta di Adamo, entrambi sottoposti alla legge del divenire e della generazione fisica. Questa dottrina tramite S. Paolo passò in seguito nel Cristianesimo nell’insegnamento tramite l’insegnamento della costituzione trinitaria dell’uomo: Spirito Anima e Corpo, in seguito successivi i Concili della Chiesa Cristiana, decisero di “uccidere” lo spirito nell’uomo riducendolo ad un essere duale di anima e corpo.
 
“Il primo uomo è stato fatto creatura vivente, ma l’ultimo Adamo, Cristo, è stato fatto Spirito che dà vita. Ma non viene prima ciò che è spirituale, prima viene ciò che è materiale. Quel che è spirituale viene dopo. (…) Ecco, fratelli, quel che voglio dire: il nostro corpo fatto di carne e di sangue non può far parte del regno di Dio, e quel che muore non può partecipare all’immortalità”. Paolo, I lettera ai Corinzi (45, 46 e 50).
 
La caduta dell’Anima nella materia equivale alla caduta di Adamo, entrambi sottoposti alla legge del divenire e della generazione fisica.
 
Difatti dicono che il corpo è tomba (sema) dell’anima, quasi che essa vi sia presentemente sepolta … Tuttavia mi sembra che siano stati soprattutto i seguaci di Orfeo, ad avere stabilito questo nome, quasi che l’anima espii le sue colpe che appunto deve espiare e abbia intorno a sé questo per essere custodita, questo recinto a sembianza di prigione. Tale carcere dunque, come dice il suo nome, e custodia (soma) dell’anima, finché essa non abbia finito di pagare i suoi debiti, e non c’è nulla da cambiare, neppure una sola lettera. Platone Cratilo, 400c.
 
Platone per non essere frainteso, aggiunge che non vi è nulla da cambiare, neppure una sola lettera.
 
Dicono, infatti, che l’anima dell’uomo è immortale, e che talora giunge ad una conclusione – ciò appunto chiamiamo morire – talora invece risorge di nuovo, ma che non va mai distrutta: proprio per questo bisogna trascorrere la vita più santamente possibile. Platone, Menone, 81 b-c.
 
I Pitagorici affermavano che  il corpo è un carcere (σωμα-σημα). Secondo gli Orfici, “l’anima deve espiare delle colpe che appunto deve espiare”, finché non abbia finito di pagare i suoi debiti. Gli Orfici diedero i seguenti insegnamenti riguardanti il destino dell’anima:
 
  1. L’Anima è divina, mentre il corpo è la tomba che la imprigiona.
  2. La nascita fisica è la caduta o morte nella materia.
  3. La morte iniziatica, la morte cosciente nel corpo fisico, quella del demone personale, equivale alla riconquista della coscienza originale, quella divina.   
     
In Egitto, il candidato all’Iniziazione, come Osiride, doveva vincere la morte, morire per poi risorgere. Per tale motivo era identificato con il Defunto. Doveva essere capace da vivo riprodurre uno stato equivalente a quello della morte.
 
Tu dormi e tu ti svegli, tu muori e tu vivi (Testi delle Piramidi).
 
Il Neoplatonico Plotino specifica: “Il vero risveglio consiste nello svegliarsi fuori dal corpo” Enneadi, III, 6, 6.
 
Coloro che dicono che prima si muore poi si risorge, si sbagliano. Se non si riceve prima a resurrezione mentre si è vivi, quando si muore non si riceverà, nulla (Il Vangelo di Filippo).
 
La morte iniziatica o seconda morte altro non è che la morte psichica, tale morte, non è fittizia è invece, in un certo senso, anche più reale della morte intesa nel senso ordinario della parola. La parola morte deve essere presa qui come un cambiamento di stato. L’iniziazione viene descritta come una seconda nascita, cosa che essa è effettivamente; ma questa nascita nel mondo della Luce implica necessariamente la morte all’oscuro mondo profano. Il candidato all’iniziazione deve passare attraverso l’oscurità completa prima di accedere alla vera Luce. È in questa fase di oscurità che si effettua quella che viene indicata come la discesa nell’Ade dei Greci, nel Pâtâla degli Indù, agli Inferi dei Cristiani. Gli inferi secondo la Tradizione misterica sono i densi mondi materiali, dove dimorano gli uomini, prigionieri all’interno della terra, in una caverna, come scrisse Platone.
 
l’Iniziato, che era passato vittoriosamente attraverso tutte le prove immerso in un sonno profondo, il “Sonno di Siloam”. Era lasciato in questo stato per tre giorni e tre notti in cui il suo Ego spirituale si diceva che “confabulava” con gli “Dèi”, discendeva nell’Ade, Amenti o Pâtâla. Durante la notte precedente il terzo giorno, era trasportato all’entrata di una galleria, dove ad una certa ora i raggi del Sole nascente battevano direttamente sulla faccia del Candidato in trance, che si svegliava a nuova vita.

Figura 1. Resurrezione iniziatica
 
L’iniziazione è generalmente descritta come una “seconda nascita”, cosa che essa è effettivamente; ma questa seconda nascita implica necessariamente la morte al mondo profano e la segue in qualche modo immediatamente, poiché non si tratta, per esprimerci esattamente, che delle due facce di uno stesso cambiamento di stato.
 
L’Iniziato veniva in Occidente chiamato “il primo nato” e in Oriente “il due volte nato”.

[1] Plutarco, fr. 178.
IL LIBRO MISTERICO DI GIOBBE
 
Questo Libro è ancora più antico del Pentateuco, cioè di Mosè.  Jehovah non è menzionato nel poema originale e, se il suo nome appare nel prologo, il fatto deve essere attribuito ad un’aggiunta successiva. Invece di questo nome troviamo Al, Aleim, Ale, Shaddai, Adonai ecc.
 
Il Libro di Giobbe è un libro misterico oltre a narrare le varie tappe dell’iniziazione, fornisce anche informazioni riferenti al macrocosmo, per accennare per chi ha gli occhi della mente aperti che microcosmo e macrocosmo sono tra loro collegati.
 
È il creatore dell’Orsa, d’Orione, delle Pleiadi, e delle misteriose regioni del cielo australe (Giobbe IX, 9).
 
Le Pleiadi sono considerate il punto centrale attorno al quale ruota il nostro universo delle stelle fisse, il punto focale dal quale, e nel quale, il Soffio Divino, il Movimento Divino, opera incessantemente durante il Grande Ciclo o Manvantara.
 
Puoi tu fermare il dolce influsso delle Pleiadi o slegare la cintura di Orione?
 
Puoi tu far spuntare a suo tempo la stella del mattino, puoi guidare l’Orsa insieme con i suoi figli? Giobbe XXXVIII, 31 - 32.
 
I vincoli di Orione sono le tre stelle (I Tre Re) della sua cintura. La stella del mattino è Sirio. Dal punto di vista misterico, Sirio ha un profondo significato. “Il nostro Dio è un Fuoco che consuma” e Sirio è il simbolo sia dell’Anima Universale che dell’anima individuale, esotericamente è la stella dell’iniziazione. Un collegamento di Sirio con le Pleiadi lo troviamo nel mito di Orione che con il suo Cane Sirio inseguiva le Sette Sorelle. Il Libro misterico di Giobbe menziona e in qualche modo collega insieme Orione, le Pleiadi e il Bovaro o Guardiano dell’Orsa Maggiore:
 
Quando nel firmamento le Pleiadi annunciano che la notte sta per finire, sono seguite da Sirio, la stella della testa del Cane di Orione, lanciato nel vano inseguimento, sembra quasi che siano le Pleiadi nel loro movimento apparente a trascinarsi dietro Sirio, che con la sua luminosità segnala l’imminenza del giorno. Le Sette Pleiadi sono le costellazioni più occulte che esistano, perché sono collegate con i Sette  Rishi rappresentati dalle Sette stelle dell’Orsa Maggiore; "Rishi" è anche un termine sanscrito per indicare grandi Saggi e Adepti.
 
La frase guidare l’Orsa e i suoi figli è un riferimento al Guardiano dell’Orsa, cioè la stella Arturo in greco Ἀρκτοῦρος (Arktôuros) il cui significato è il derivando da ἄρκτος (árktos), orso più οὖρος (ôuros), guardiano Arturo è la stella più luminosa nella costellazione del Bovaro, Boote, raffigurato come un uomo che ha in mano un guinzaglio con cui guida i cani.
 
Arturo con le altre stelle ruota nella sfera celeste, ma non scompare mai dall’orizzonte. L’Orsa che Arturo sta sorvegliando, nel mito greco è sua madre, Callisto, trasformata in Orsa Maggiore. Arturo nell’astronomia vedica indù è la stella Swati Nakshatra.
 
La costellazione di Boote si trova a nord della Vergine. A nord-est, c’è il Grande Carro. La costellazione collega ad arco il manico del Grande Carro alla Stella Spica nella Vergine, la Grande Madre. Il poeta greco Arato di Soli descrisse la costellazione di Boote come un uomo che fa girare l’Orsa attorno al polo.
 
La Stella Arturo nella costellazione del Boote è il Fuoco primario, il Condottiero regale dell’Orsa Maggiore. Boote è il Guardiano e Custode dell’Orsa, cioè dei Sette Rishi dell’Orsa Maggiore, “Fonte delle Sette Energie Primarie”.

Figura 1. Allineamento Sirio stelle Cintura Orione e Pleiadi
 
Un Asse del Cielo è individuabile con una linea immaginaria che partendo da Sirio attraversa le tre stelle della cintura di Orione, si dirige nella costellazione dl Toro, sfiora la stella Aldebaran per finire nelle Pleiadi. L’asse punta alle sette sorelle, le Pleiadi, e in particolare ad Alcione,  il Sole Centrale del nostro universo, il centro galattico, attorno cui ruota il nostro sistema solare.
 
Il Libro di Giobbe è suddiviso in 42 capitoli, cioè sette volte sei 7x6. Giobbe visse 140 anni cioè 2x70, un periodo doppio di settant’anni. Giobbe ebbe Sette figli maschi di cui non fa il nome, e Tre figlie di rara bellezza. Sette per la forma e Tre per lo Spirito. Sette più Tre fa Dieci, il numero perfetto della manifestazione, la divina Tetractis. I nomi delle tre figlie di Giobbe dati all’epilogo del Libro sono la prima Jemimah (Y'mimah), la seconda Ketsiah (K'tzi'ah) e la terza Keren-Happuk (Giobbe XLII, 13-14).
 
La Vulgata, la Settanta, e il Caldeo, evidentemente consideravano il nome della prima figlia Jemimah come derivato da yôm "giorno" chiamarono l'unica Jemima, sia perché la sua bellezza era come il giorno,  e sia perché il nome così conferito indicherebbe che Giobbe era ormai uscito dalla "Notte" dell'afflizione, e che la luce del Giorno risplendeva di nuovo sul suo tabernacolo. Altri traduttori stranamente hanno reso Jemimah con «Colomba», visto che in ebraico tale nome ricorre soltanto qui. La Colomba è segno del nuovo Giorno di Manifestazione, Noè dopo il diluvio liberò un nero corvo che non ritornò, poi liberò una bianca colomba che ritornò per indicare il nuovo Giorno del genere umano.
 
La seconda figlia Giobbe la chiamò Kezia, che significa cassia, una corteccia simile alla cannella, ma meno aromatica "Gesenio". Cresceva in Arabia ed è stata usata come profumo prezioso. Si ipotizza che il Monte Casius in Arabia possa riferirsi al suo nome.
 
La terza figlia è chiamata Keren-happuch, nome che è stato reso in vario modo dai diversi traduttori per alcuni perché grande era lo splendore della gloria del suo volto, come lo smeraldo. Per la Vulgata ha “corno di antimonio”; e per la versione dei Settanta (traduzione greca dell’AT) “corno di Amaltea”, la nutrice di Zeus, lo nutriva con latte di capra quando era giovane. La capra che aveva accidentalmente colpito il suo corno. Zeus collocò la capra nei cieli e le diede un posto tra le costellazioni, che tiene ancora e ne ha fatto del corno l'emblema dell'abbondanza. Una delle tre figlie di Giobbe è collegata alla costellazione del “corno dell’abbondanza”, sempre raffigurato o descritto come pieno di frutti, fiori. È molto strano come questo mito sia entrato nella Settanta, oppure è tanto antico da abbracciare conoscenze antidiluviane, e allora non stupisce che il Libro di Giobbe menziona e collega insieme altre costellazioni: Orione, le Pleiadi e il Bovaro o Guardiano dell’Orsa Maggiore, l’Orsa e Sirio.
 
Il Libro di Giobbe è una completa rappresentazione dell’antica iniziazione, e del processo che generalmente precedeva la massima delle cerimonie. Il neofita si vede privato di tutto ciò che aveva per lui valore e afflitto da ogni infermità. Sua moglie lo invita ad adorare Dio e morire: non vi è più speranza per lui. Tre amici appaiono sulla scena per reciproco accordo: Eliphas, il dotto temanita, pieno della scienza “che i saggi hanno appreso dai loro padri, e soltanto alla quale è stata data la terra”; Bildad, il conservatore, che prende le cose come vengono e giudica che Giobbe si è comportato male e perciò è stato afflitto; e Zophar, intelligente e abile nelle cose pratiche, ma non intimamente saggio.
 
Ai suoi tre amici il dotto, il conservatore, e l’abile nelle cose pratiche, che lo rimproverano, facendogli credere che le sue disgrazie siano la giusta punizione a sua colpe,  egli risponde: ”Perché mi perseguitate e non vi accontentate di vedere la mia carne così corrotta? Ma io so che il mio Campione vive e che un giorno sarà al mio fianco…”.
 
Il Campione, il Liberatore, il Vendicatore è stato interpretato come un riferimento diretto al Messia e pertanto questo libro misterioso è stato introdotto fra i libri canonici. Nei Misteri d’Eleusi, nel Libro dei Morti egiziano e in tutte le opere che trattano dell’Iniziazione, questo essere eterno, lo spirito, il Nous, ha un nome diverso, ma tutti sono chiamati Campioni e Liberatori.
 
Finché il neofita è soddisfatto della sua saggezza terrena e della sua irriverente stima della Divinità e dei suoi fini; finché egli ascolta le fuorvianti cavillosità dei suoi consiglieri, Giobbe nella terza replica a Zofar (XII, 12) domanda:
 
Con l'Antico è la Sapienza; e in lunghi giorni di comprensione. La traduzione corrente è che negli antichi che sta la sapienza, ma il Kabalista applica l'aggettivo "Antico" alla PAROLA manifestata o LOGOS (Dabar) della divinità per sempre nascosta e irriconoscibile. Il riferimento velato e occulto è all’Antico dei lunghi Giorni.
 
L'uomo che nasce da una donna è ... come un fiore, ed è abbattuto: egli fugge anche come ombra, e non continua (XIV 1, 2). Giobbe qui parla della personalità, e ha ragione; poiché nessun Iniziato direbbe che la personalità sopravvisse a lungo alla morte del corpo fisico; solo lo spirito è immortale.
 
E nell’ottava replica a Elifaz (XXVIII, 12) Giona domanda:
 
Ma la Sapienza da dove si trae? E il luogo dell'Intelligenza dov'è?  L'uomo non ne conosce la via, essa non si trova sulla terra dei viventi. L'Abisso dice: Non è in me! E il mare dice: Neppure presso di me! Non si scambia con l'oro più scelto, né per comprarla si pesa l'argento. Non si acquista con l'oro di Ofir, con il prezioso berillo o con lo zaffiro.
 
Giobbe agli errori dogmatici dei suoi tre amici nell'amarezza del suo cuore aveva esclamato: "Senza dubbio, ma voi siete il popolo, e la sapienza morirà con voi … Miserabili consolatori siete tutti voi … Sicuramente parlerei all'Onnipotente e desidero ragionare con Dio. Ma voi siete falsari di menzogne, voi siete medici di nessun valore!"
 
Ad un certo punto, all’inizio del capitolo trentaduesimo appare un quarto uomo Elihu, figlio di Barachel buzita, della stirpe di Ram (ariete). L’espressione “della stirpe di Ram” indica che egli era un arameo o un Siro della Mesopotamia. Buz era un figlio di Nahor. “Elihu figlio di Barachel” può essere tradotto in due modi: Eli-Hu, Dio è, o Hoa è Dio; e Barach-Al, l’adoratore di Dio, o mistericamente Bar-Rachel, il figlio di Rachel o figlio della pecora.
 
Elihu lo Ierofante inizialmente tace, finché il neofita era soddisfatto della propria saggezza mondana e della stima irriverente della Divinità e dei Suoi propositi; finché diede ascolto ai sofismi perniciosi dei suoi consiglieri, lo Ierofante rimase in silenzio. Ma, quando questa mente ansiosa era pronta per il consiglio e l'istruzione, la sua voce viene ascoltata e parla con l'autorità dello Spirito di Dio che lo "costringe":
 
Sicuramente Dio non ascolterà la vanità, né l'Onnipotente la considererà … Egli non rispetta nessuno che sia saggio nel cuore.
 
Elihu comincia con un rimprovero,  e i sofismi dei falsi amici di Giobbe vengono spazzati via come sabbia dal vento dell’occidente. Elihu stranamente è descritto come giovane, dopo l’iniziazione iniziava una nuova vita e gli anni nella luce si contavano da qual momento, ecco perché il saggio Istruttore e descritto come un giovane. Così parlò Elihu:
 
Ecco, io apro la bocca, parla la mia lingua entro il mio palato. Il mio cuore dirà sagge parole e le mie labbra parleranno chiaramente. Lo spirito di Dio mi ha creato e il soffio dell'Onnipotente mi dà vita (XXXIII, 2, 4).
 
Giobbe trova qualcuno che risponde al suo grido di agonia. Ascolta la Saggezza di Elihu, lo ierofante, il maestro perfezionato, il filosofo ispirato. Dalle sue labbra severe esce il giusto rimprovero per la sua empietà nell'caricare sull’Essere Supremo i mali dell'umanità. "Dio", dice Elihu, "è eccellente nel potere, nel giudizio e in abbondanza di giustizia; Egli non affliggerà".
 
Dio parla una volta, e anche due, ma l’uomo non se ne accorge. Nel sonno in una visione notturna, quando il profondo sonno cade sull’uomo che giace nel suo letto. Dio gli apre gli orecchi e da in segreto le sue istruzioni. Libro di Giobbe, XXXIII, 14, 16.
 
… O Giobbe, ascoltami … ti insegnerò la Sapienza … (XXXIII, 31, 33).
 
Barachel è Bar-Rachel, il figlio di Rachel della stirpe dell’ariete o della pecora. Fu un discepolo di Orfeo che ad Eleusi fondò i Misteri. Pochi sanno che Eleusi, era chiamata ovile e gli Iniziati agnelli, governati dallo Gerofante, il loro Pastore. Orfeo era spesso raffigurato come il Buon Pastore. Dietro Elihu, il figlio della mistica pecora, si cela il Maestro o il Gerofante. Giobbe ascolta le parole della saggezza (quarto discorso) dello Gerofante.
 
Stai fermo, o Giobbe, stai fermo! E considera le meravigliose opere di Dio; poiché solo da loro puoi conoscere Dio. 'Ecco, Dio è grande, e noi non lo conosciamo', Colui che “fa piccole le gocce d'acqua; ma versano la pioggia secondo il vapore di essa” (XXXVI, 24-27).
 
Infine il “Signore” risponde a Giobbe “attraverso il Turbine” della natura, prima manifestazione visibile di Dio.
 
Chi è costui che oscura i miei Disegni con parole senza conoscenza? Dove eri tu quando io posi le fondamenta della terra? Dillo, se hai qualche intelletto! … E chi sei tu che osi dire alla natura: Tu puoi giungere fin qui ma non oltre, e qui si fermeranno le tue orgogliose onde? (XXXVIII, 1-11).
LE SORGENTI DEL MARE LE PORTE DELL’ABISSO
 
L’iniziazione ai Misteri era una rappresentazione drammatica delle scene del mondo sotterraneo. L’intera allegoria di Giobbe è un libro aperto per chi capisce il linguaggio figurato dell’antico Egitto, quale appare nel Libro dei Morti. Il nome egizio dell’Iniziatore  è l’Al-om-jah.
 
L’Iniziatore che fa le veci del Signore porge a Giobbe, all’uomo del dolore, le seguenti domande:
 
Sei tu giunto fino alle sorgenti del Mare?
 
Hai tu passeggiato nella profondità dell’Abisso? XXXVIII,16.
 
Qui si allude al terzo grado di iniziazione, detto “le Porte della Morte”. Le sorgenti del Mare, sono quelle del Mare dello Spazio, gli elementi con cui sono fatte tutte le cose. Il passeggiare nelle profondità dell’Abisso è avviarsi verso l’oscurità della materia grossolana per essere inghiottiti nel luogo delle Tenebre, nella bara.
 
Nel Libro dei Morti, il mostro Ammit, rappresentato con la testa di un coccodrillo, quale strumento di morte, attende al varco, alle Porte della Morte, il Defunto o l’iniziando, per compiere se necessario la sua funzione annichilatrice.
 
Il viaggio nell’oltretomba del Defunto, il candidato egizio all’iniziazione inizia nella tenebra, nell’offuscamento di tutto ciò che prima dava conforto e sicurezza. Il Defunto dice:
 
Che razza di luogo è questo in cui sono arrivato?
 
Non ha acqua, non ha aria; è di profondità insondabile,
 
è nero come la notte più nera…[1]
 
Il passeggiare nelle profondità dell’Abisso è avviarsi verso l’oscurità della materia grossolana per essere inghiottiti nel luogo delle Tenebre, nella bara.
 
L’iniziando, s’immerge negli elementi del grande mare, nuotando come un pesce, l’unica forma ammessa nel grande Mare. Si ricorda che i pesci nel santuario di Apollo in Licia erano chiamati Orphoi, e che Orfeo era paragonato ad un pesce, al pari di Bacco denominato IKΘYΣ, e di Gesù denominato IHΣ, il Pesce. Il nome di Orfeo è in relazione all’oscurità dell’Ade, si hanno di fatti: Orphos dio del mondo infero, Orphne ninfa del lago Averno, Orphnaios cavallo di Plutone. Come nel mare i pesci, esistiamo immersi nel profondo buio. La Tenebra ci riempie e ci condensa. Aristofane nelle Rane scrisse che: ”Orfeo, ci ha dato le iniziazioni e ci insegnò ad astenerci dall’omicidio”.
     
Nei Misteri Egizi, Bes, il dio delle rappresentazioni misteriche, è raffigurato come un nano grottesco che porta una maschera tipica dei Misteri Orfici nell’antica Grecia, maschera dietro cui si celava l’Iniziatore[2]. Bes nel suo aspetto benefico veniva anche rappresentato come un pesce munito di gambe umane.

Figura 1. Simbolismo di Bes-pesce, l’Iniziatore
 
Come nel mare i pesci, esistiamo immersi nel profondo buio. La Tenebra ci riempie e ci condensa.
 
I sacerdoti egizi si rifiutavano di mangiare i pesci. I pesci, vivendo nell’acqua, elemento emozionale, erano l’immagine dell’anima non evoluta.
 
In una raffigurazione nel Libro dei Morti Egizio tre babbuini cercano di catturare con le reti i defunti sotto forma di pesci. I babbuini erano i custodi, i guardiani, delle porte di oriente e di occidente, cioè dell’alba e del tramonto.
 
O voi pescatori che vagate nelle dimore delle acque, non mi prenderete nella vostra rete in cui prendete gli imbelli!
 
Figura 2. Tre babbuini catturano i pesci nella rete
 
 
A Giobbe, che ha superato prove durissime, Signore Iniziatore tramite il suo rappresentante in terra l’Al-om-jah nome egizio dell’Iniziatore, gli proferisce le seguenti domande:
 
Ti sono state aperte le Porte della Morte, hai veduto le Porte dell’ombra della morte?
 
Qual è la Via dove abita la Luce?
 
Qual è il luogo delle Tenebre? XXXVIII, 16,17,19.
 
Il Signore dice a Giobbe:
 
Puoi tu pescare il Leviatano con l'amo e tener ferma la sua lingua con una corda, ficcargli un giunco nelle narici e forargli la mascella con un uncino? Ti farà forse molte suppliche e ti rivolgerà dolci parole? Stipulerà forse con te un'alleanza, perché tu lo prenda come servo per sempre? (XL, 25-28) … Chi mai lo ha assalito e si è salvato? Nessuno sotto tutto il cielo. Non tacerò la forza delle sue membra: in fatto di forza non ha pari. Chi gli ha mai aperto sul davanti il manto di pelle e nella sua doppia corazza chi può penetrare? Le Porte della sua Bocca chi mai ha aperto? Intorno ai suoi denti è il terrore! (XLI, 1-6) … Il suo starnuto irradia luce e i suoi occhi sono come le palpebre dell'aurora. Dalla sua bocca partono vampate, sprizzano scintille di fuoco. Dalle sue narici esce fumo come da caldaia, che bolle sul fuoco. Il suo fiato incendia carboni e dalla bocca gli escono fiamme. Nel suo collo risiede la forza e innanzi a lui corre la paura … Fa ribollire come in una caldaia l’Abisso, fa del mare come un vaso da unguenti. Si lascia dietro una scia di luce e l’Abisso appare coperto di bianca chioma. Giobbe XLI, 10-22.
 
Chi “fa risplendere la luce” per coloro che hanno la temerarietà di avvicinarlo? E allora essi, al pari di lui, vedranno “tutte le cose elevate perché egli regna solo sui figli dell’orgoglio”?
 
Il Leviathan degli Ebrei è una specie di mostro acquatico, descritto come ippopotamo e coccodrillo, come l’Ammit degli Egizi. Nel Libro dei Morti, il mostro Ammit, rappresentato con la testa di un coccodrillo, il torso di leone e i quarti posteriori di un ippopotamo. Quale strumento di morte, attende al varco, alle Porte della Morte, il Defunto o l’iniziando, per compiere se necessario la sua funzione annichilatriche.
 
L’Ammit rappresenta il segno occidentale del Capricorno, in parte acquatico, il delfino unito al capro anch’esso. Il delfino era il veicolo di Poseidone, il Signore delle Acque. Il riferimento è alla Porta del Capricorno, la mezzanotte del ciclo solare annuale. La mezzanotte del solstizio d’inverno nel Capricorno è l’ora della massima prova della discesa nell’oscurità.
 
In Grecia, Delfo, il tempio del Delfino, famoso per gli oracoli, aveva, secondo quanto afferma Plutarco, inciso sul portale la lettera E, che significa Cinque. Due volte cinque è il segno del Capricorno. In Egitto, l’iniziando, il Defunto, aveva come simbolo un pentagramma o una stella a cinque punte, che veniva poi misteriosamente trasformato in coccodrillo.
 
Il Leviatano come l’Ammit egiziano, e il Makara fra gli Indù, rappresenta il guardiano del Porta stretta del decimo segno dello zodiaco, il Capricorno. In India, un coccodrillo è denominato magar. Nell’antichità il termine indù di makara significava     misteriosa creatura del mare, in seguito è stato rappresentato sia come un coccodrillo che come un elefante acquatico. Il Leviathan, o il Makara, è duale: nell’aspetto benefico rappresenta la Sapienza segreta, su cui si mette una corda sulla lingua in modo che nulla venga divulgato.

 
Figura 3. Leviatan e Ippopotamo di William Blake
 
L’aspetto malefico è quello del guardiano di soglia  e della fine riservata agli empi, ai nemici di Osiride, le anime troppo malvagie e involute nella materia, che secondo il Libro dei Morti, venivano sminuzzate e sezionate con lunghi coltelli, dai Guardiani, orribili entità e gettati in un altro lago di fuoco ove regna il Divoratore di milioni d’anni. Questa era la seconda e definitiva morte. Il Guardiano della Porta stretta, per gli egizi era il dio Bes, patrono delle Iniziazioni, rappresentato in vari modi, ad esempio come una figura grottesca spesso a carattere leonino, ornata da una lunga barba, mentre una lingua viene volutamente messa in mostra. Nel suo aspetto punitivo, maligno, l’attitudine vigilante e aggressiva è talvolta accentuata dalla spada, pronto ad annientare il Defunto,  che non era pronto per il passaggio. Quale Guardiano, Bes, trova riscontro in Dioniso, anch’esso iniziatore misterico, Liberatore, ma allo stesso tempo Guardiano della prigione.

 
Figura 4. Bes armato di fronte al candidato      
 
Il Candidato, il Defunto, tiene in una mano un uovo simbolo di immortalità. Il Defunto in alcune rappresentazioni veniva rappresentato risplendente nel suo uovo quando s’incamminava verso la terra dell’immortalità.
 
Superata la pesatura vi è la purificazione nel Lago di Fuoco. Il Defunto invoca i Quattro Spiriti sotto forma di cinocefali che presiedono il Lago di Fuoco.
 
Voi che vivete nella verità esenti dal male… rimuovete da me ogni iniquità … I Quattro rispondono:
 
Entra nel Ro-stau e attraversa i misteriosi portali dell’Amenti. Esci ed entra a tua volontà come i Glorificati.[3]
 
Giobbe, con modesta fiducia, risponde al Signore:
 
Io so che tu puoi fare ogni cosa e che a nessun tuo pensiero si può resistere. Chi è colui che ostenta un’arcana saggezza Di cui nulla sa? Così io ho detto ciò che non capivo. Cose superiori a me, che non conosco. Ascoltami, ti imploro e parlerò; Ti farò domande e tu rispondimi: Ti ho ascoltato con le mie orecchie, e adesso ti vedo con i miei occhi; Perché sono repellente e mi dolgo nella polvere e nella cenere? (XLII, 1-6).
 
 
Figura 5. Le Porte della Morte – in alto la croce – sopra i battenti gli occhi di Osiride
 
Egli comprese le Sue vie e i Suoi occhi si aprirono per la prima volta. La Sapienza Suprema discese su Giobbe; e se il lettore rimane perplesso davanti a questo Petroma finale di iniziazione, almeno Giobbe, o l'uomo afflitto nella sua cecità, allora si rende conto dell'impossibilità di catturare "Leviatano mettendogli un uncino nel naso" Il Leviatano è Scienza Misterica e Occulta, sulla quale si può posare la mano, ma "non fare di più" la cui potenza e "proporzione cosmica" Dio non vuole nascondere.
 
Egli riconobbe il suo “campione” e fu assicurato che il tempo della sua ricompensa era giunto. Immediatamente il Signore disse ai suoi due amici: “La mia ira è accesa contro di te e contro i tuoi due compagni, perché non avete detto di me la cosa giusta, come ha fatto il mio servo Giobbe”. Così “il Signore trasse Giobbe dalla sua cattività”, e “benedisse gli ultimi tempi di Giobbe più ancora dei primi”.

[1] J. Naydler, Il Tempio del Cosmo, Religione magia e miti nell’antico Egitto, p. 285.
[2] In Egitto, mistero è reso con la parola bes-shete.
[3] Libro dei Morti Egizio, CXXVI, 69.
APULEIO – LE METAFORFOSI
 
Il libro Le metamorfosi o l’Asino d’oro di Apuleio è una delle poche fonti sui riti Isiaci, del II secolo d.C. Il protagonista, Lucio, è un giovane originario di Patrasso, e da cui si allontana, per cadere nella oscura Tessaglia, terra di magia nera famosa per le sue streghe nell’antichità.
 
Patrasso (Patrae) il nome della città di Lucio, insiste etimologicamente sull’idea della Patria Originaria, ultraterrena, cui l’anima aspira a ritornare. Lucio si allontana da Patrasso e inizia un viaggio, una caduta in quanto è ospitato nella oscura casa della materia che intorpidisce i sensi, dove si intrattiene con:
 
  1. Una maga nera, al cui servizio ha una sensuale schiava. Simbolo di Potere  e sensualità.
  2. Un Usuraio. Simbolo di Avidità verso le ricchezze.
   
Il giovane s’innamora sensualmente della schiava, Photis, al servizio della maga e nel contempo arde dal desiderio di apprendere quel tipo di magia. Irretito, dalla sensualità della schiava, Lucio prova un unguento che dovrebbe trasformarlo come la maga in un gufo. La schiava gli porge l’unguento sbagliato che lo trasforma in un asino.
 
Le vicende di Lucio sono un racconto iniziatico, narrano la Caduta dell’uomo nelle sensuali spire della Materia per poi dopo molte tribolazioni riconquistare la coscienza originaria.
 
Sotto forma di asino, Lucio, sarà costretto a vagare per il mondo cambiando padrone e subendo maltrattamenti. Nel corso delle peregrinazioni avrà il modo di conoscere gli uomini quali sono in realtà. L’Asino  con le parti genitali, molto sviluppate, è il simbolo dell’istinto sessuale e della forza generativa maschile.
 
Come Lucio viene trasformato in Asino, dall’amore sensuale per il corpo di Photis, così il Sé spirituale, prima libero, cade in balia del corpo, attraverso la procreazione sessuale. L’Asino  con le parti genitali, molto sviluppate, è il simbolo dell’istinto sessuale e della forza generativa maschile. Seth, sotto forma di Asino, è il potere oscuro della Materia, il nemico di Iside, e chi come Lucio si abbandona alle passioni sensuali cade sotto il dominio di Seth assumendone le sembianze.
 
Per riprendere le originarie sembianze, Lucio deve mangiare dei petali di rose. Per gli antichi Egizi la Rosa era il simbolo della "Conoscenza Segreta", questa era consacrata ad Iside. Nella Rosa, il fluido vitale non è sensuale: è casto e puro.                                              
 
Figura 1. Lucio trasformato in asino

 
Lucio – asino rifiuta l’infimo grado della bestialità umana e scappa senza una meta. Cade poi sfinito sulla riva del mare, dove lo coglie il sonno, che per gli antichi non era uno stato di quiete, ma un viaggio, nel quale l’uomo, nudo, solo, inerme, si avventura ogni sera in un oceano dove gli vengono incontro i mostri interiori.
 
L’Asino-Lucio, in una notte  sotto la luce lunare, bramoso di purificazione, si tuffa nel mare. Sette volte immersi il capo nell'acqua, in quanto questo numero, secondo l'insegnamento di Pitagora, più d'ogni altro fa parte del rituale nelle cerimonie religiose (Libro XI, 1).
 
Si bagna come un Mista prima dell’Iniziazione. Si addormenta e sogna Iside madre della natura, signora di tutti gli elementi. Iside appare uscente dal Mare, con una corona di fiori, sopra la fronte un disco luminoso, sui lati due vipere  che si drizzano con le loro spire, simbolo dei due serpenti del Caduceo.
 
Iside gli annuncia il giorno della sua salvezza, il 5 marzo, il giorno della partenza di Iside sotto forma di Navis, o Arca, riferimento velato alle turbinose acque e alla salvezza sull’Arca.
 
Figura 2. Iside uscente dal Mare

 
Lucio sotto forma di Asino, affamato, con prudenza si avvicina al Sommo sacerdote di Iside con in mano una corona di rose, che glie la porge. Dopo di che Lucio, riacquista la forma umana, è ma nudo. Un seguace di Iside gli porge la veste bianca del Mista di Iside.
 
Lucio come Ulisse, è scampato alle burrasche dopo aver navigato in tutti gli elementi ha raggiunto il porto della quiete ed è rivestito con bianca veste. Apuleio fa dire a Lucio che può riferire soltanto quello che può essere rivelato alla mente umana senza commettere sacrilegio, cioè senza divulgare i segreti dell’Iniziazione.
 
Perciò ascolta e credi perché ti dico la verità. Io ho raggiunto il confine della morte, ho oltrepassato il limitare (le Porte) di Proserpina, ho navigato attraverso tutti gli elementi del cosmo.
 
Nel cuore della notte ho visto il Sole corruscante di candida luce, mi sono apprestato agli Dèi Superni e Inferi e li ho adorati da vicino. L’Asino d’oro, XI, 23.
 
Apuleio dice di aver raggiunto il confine della morte posto nell’emisfero celeste che sta al di sotto dell’orizzonte ovvero a Occidente. Gli elementi che Apuleio attraversa, sono quelli del nostro globo: egli passa nel grembo, nella placenta della Madre Terra, dove viene avvolto dagli elementi e ricoperto di pelle! Egli ha navigato attraverso tutti gli elementi, diventando un marinaio particolare. Iside (Demetra), era sia la patrona degli Iniziati, che dei marinai. Il candidato s’immerge negli elementi del grande mare, nuotando come un pesce.
 
Figura 3. Oceano degli Elementi - Proserpina
 
                             
 
Nel cuore della notte a mezzanotte, vede brillare il Sole, cioè Osiride che attende le Anime o i Defunti per il Giudizio. In realtà egli vede l’Iniziatore che fa le veci di Osiride. Lucio adora gli dèi, cioè si sottomette, sia agli dèi inferiori, i costruttori del mondo materiale che gli forniscono il rivestimento di pelle, il corpo di carne ed ossa, sia agli dei superiori, gli esseri spirituali. La veste bianca indossata da Lucio quale simbolo di purezza attesta la sua nuova nascita.
 
  • Lucio affitta una camera vicino al tempio, digiuna e narra, cioè confessa, ai “parenti”, ai fratelli di fede le sue oscure vicende.
  • Mosè tramandò la confessione ai suoi Iniziati nella Festa dell’Espiazione quando i partecipanti si confessavano reciprocamente e si scambiavano 39 colpi di frusta. Il numero 39 è Amen scritto in ebraico, aleph, mem, nun, 1+13+25=39. S. Paolo dichiara che, per cinque volte, ha ricevuto 39 frustate dagli Ebrei (2 Co 11,24).
  • Il Cristianesimo fondato sui Misteri Minori agli inizi contemplava la confessione pubblica.
     
Confido a voi fratelli che ho molto peccato … per mia colpa, grandissima colpa (seguono tre colpi sul petto).
 
Iside appare in sogno a Lucio e gli indica il giorno dell’Iniziazione. Il giorno dopo Lucio fa un bagno purificatore.
 
Il sacerdote pronuncia la remissione dei peccati - dopo aver precedentemente fatto la pubblica confessione – e lo cosparge di acqua pura.
 
Nell’Iniziazione Isiaca vi era uno stadio intermedio, in cui i sacerdoti  salutavano così il neofita:
 
Tu hai vinto la natura grezza: gloria a te! Ringrazia Iside perché ti rinforzi per le Prove che ancora ti aspettano. Confessa i peccati davanti a quest’occhio che è l’Occhio di Dio.
 
Lucio attraverso la metamorfosi acquista consapevolezza. Attraverso una profonda sofferenza diventa un altro. Apuleio tace sui riti segreti dell’Iniziazione, dice solo che dopo dieci giorni di digiuno venne il momento dell’Iniziazione.
GIONA NEL VENTRE DEL CETACEO
 
Un altro scritto misterico che riguarda i misteri dell’iniziazione è “La storia di Giona” nel ventre della balena. Il Signore invia Giona a predicare a Ninive, capitale della corrotta e potentissima Assiria, ma Giona si rifiuta di obbedire. Ma alla chiamata di Dio nessuno può sottrarsi, tanto che il profeta, fuggiasco su una nave in viaggio verso la remota Tarsis e nascosto nel buio della stiva, viene prima travolto da una tempesta che fa quasi naufragare il vascello e poi, su sua stessa richiesta come gesto propiziatorio in grado di placare la furia del mare e del cielo, chiede di essere gettato in mare ritenendosi responsabile dell’uragano, segno dell’ira scatenata da Dio contro di Lui. Non appena viene allontanato dalla nave, il mare ritorna quieto e il nubifragio cessa. Quanto a Giona, una volta gettato in mare, viene ingoiato da un cetaceo immenso e spaventoso.
 
L’esperienza di Giona nel ventre della Balena è di tipo misterico, egli scende nell’Abisso, e vi resta per tre giorni completi, come morto per il mondo esterno, sepolto come in una bara simboleggiata dal ventre della balena. Giona fu inghiottito da un Grande Pesce, che lo restituì dopo tre giorni. L’uscita alla luce dalla caverna-ventre della balena equivale nel linguaggio mistico ad una nuova nascita. Le vicende di Giona descrivono in un linguaggio volutamente allegorico, un’Iniziazione misterica.
 
E allora scribi e farisei interrogarono Gesù: “Maestro, vorremmo che tu ci facessi vedere un segno”. Ed egli rispose: “Una generazione perversa ed adultera pretende un segno! Ma nessun segno le sarà dato se non il segno di Giona il profeta: come infatti Giona rimase tre giorni e tre notti nel ventre del pesce, così il Figlio dell’Uomo resterà tre giorni e tre notti nel cuore della terra. Matteo, 12, 38-42.
 
Il segno di Giona è quello di Oan o l’Uomo-Pesce di Ninive. “Grande Pesce” è Ceto, la forma latinizzata di Keto-χήτος, e Keto è Dagon, Posidone, il cui genere femminile è Keton Atar-gatis, la dea siriaca corrispondente a Venere, di Askalon. Nel suo primo Avatar si dice che Vishnu sia apparso all’umanità in forma di Pesce. Ha la forma di un uomo che esce dalla bocca di un pesce tenendo nelle mani i Veda perduti. Nel tempio di Rama vi è una raffigurazione di questo dio che risponde perfettamente alla descrizione di Dagon data dal sacerdote caldeo Beroso. La figura o il busto di Der-Keto, o Astarte, era generalmente raffigurata sulla prua delle navi. Giona in  greco Iona, o Colomba sacra a Venere volò a Giaffa, dove veniva adorato il dio Dagon, l’Uomo-Pesce, ma non osò andare a Ninive, dove era adorata la Colomba. Per questo alcuni commentatori credono che quando Giona fu gettato in mare e inghiottito da un pesce, dobbiamo intendere che fu raccolto da uno di quei vascelli sulla cui prua era la figura di Keto.
 
Colomba era anche il nome di Jemima una delle Tre Figlie di Giobbe. Alcuni traduttori hanno tradotto il nome con Giorno, la luce che Giona vede uscendo dalla bocca del cetaceo. La Colomba era il simbolo dell’Anima; essa era consacrata a Venere, la Dea nata dalla spuma del mare, e divenne più tardi il simbolo dell’Anima Mundi cristiana, o lo Spirito Santo. I libri del Talmud dicono che Noè stesso era la Colomba (lo Spirito).
 
Quando dibattevano sul simbolo più appropriato da adottare per ricordare Gesù, S. Clemente li consigliava così: “L’incisione sulla gemma del vostro anello sia una Colomba, una Nave o Argha, che corre con il vento oppure un Pesce.
 Giona afferma l’Abisso mi ha avvolto … la terra con le sue sbarre mi ha rinchiuso per sempre. L’uscita alla luce dalla caverna-ventre della balena equivale nel linguaggio mistico ad una nuova nascita. Il Messia nel Talmud è chiamato Dag o Pesce, l’Ichthus, il Pesce Salvatore della tradizione cristiana. Giona il profeta è chiamato dagli Arabi Dhùn-Nûm, il piccolo pesce, ingoiato dal Grande Pesce. Gesù è anche il pescatore che cattura i piccoli pesci nella sua rete.
LA GROTTA, LUOGO DI NASCITA E MORTE

Il mito greco racconta che il Primo Nato dimorava in una Grotta, e che nessuno al di fuori della Sacra Notte lo poteva vedere. La grotta è sia il luogo della nascita del corpo fisico che quello della sua sepoltura. Plotino, affermava: “Il corpo è una prigione ed una tomba, il mondo una caverna ed un antro”. Platone ha fornito un’eccellente descrizione della reclusione dell’umanità all'interno e della schiavitù dell’ego umano. Paragonò gli umani ai prigionieri che sono stati imprigionati per tutta la vita all'interno di un’oscura grotta sotterranea. Una luce brillante brilla attraverso un piccolo foro nella parte superiore della grotta. I prigionieri, che sono incatenati in fondo alla caverna, vedono solo ombre scure svolazzare contro le pareti. La grotta non è sufficientemente illuminata per consentire loro di vedere chiaramente. Con il cristianesimo la Grotta diventa simbolo della nascita divina, nell’evento della Natività a Betlemme, e simbolo di morte e rinascita con il seppellimento di Gesù in un sepolcro-grotta e la sua resurrezione dalla stessa.

In Egitto, in Grecia, i Misteri duravano sette giorni, ed erano celebrati in epoche prefissate. Il primo giorno il rito era pubblico, i candidati venivano accompagnati in pompa magna al tempio e sparivano dalla vista. Il secondo giorno era dedicato alle cerimonie di purificazione, al termine delle quali il candidato veniva presentato con una veste bianca (5). Il terzo giorno venivano esaminate le sue conoscenze. Il quarto giorno dopo aver superato durissime prove, veniva mandato da solo in una cripta sotterranea, in completa oscurità per una durata di due giorni e due notti. In uno stato di trance, il neofita veniva collocato in un sarcofago vuoto, in una bara.

Il quarto giorno … in India e nell’Asia Centrale, egli veniva legato su un asse e quando il suo corpo diventava simile a quello di un morto (in trance) era portato nella cripta(6). Veniva lasciato solo in una Cripta sotterranea, una diversa forma della Grotta nella roccia, in completa oscurità per una durata di due giorni e due notti. In uno stato di trance, il neofita veniva collocato in un sarcofago vuoto, in una bara. Nella prima ora notturna, il Candidato, inizia il suo viaggio da “morto”, oltrepassa le Porte della Morte e precipita nel pozzo, nel ventre liquido della materia. In Egitto, il candidato all’Iniziazione veniva fatto cadere in trance e posto in un sarcofago vuoto. Il candidato all’iniziazione misterica riproduce in se stesso, nella simbolica terra di trasformazione di Osiride e, come questi, deve vincere la morte. Ciò presuppone il passaggio attraverso lo stato di letargo, dato dalla comunione con i fluidi della terra e soggetto all’influsso lunare, passaggio che avviene in forma autocosciente mediante la riproduzione dello stato embrionale nella pelle che simboleggia la placenta.

Lo stadio, del passaggio nella pelle(7), rappresenta la nascita animale, puramente fisica. Iside, rivolgendosi ad Osiride esclama:
Ecco la tua pelle (Meskhent), il luogo dove il tuo Ka rinnova la sua vita.(8)
L’egittologo, Boris de Rachewiltz(9), ci fornisce una visione diversa da quella propinata dagli accademici.
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5 Il bianco era il colore della veste di lino degli Iniziati orfici.
6 H. P. Blavatsky, la Dottrina Segreta, vol. VII, scritti esoterici.
7 In India, l’Iniziazione avveniva fatta attraverso la placenta di una vacca.
8 Testi delle Piramidi 2061, C.
9 Docente di egittologia, presso diverse università, capofila della scuola egittologia di A. Varille, che si basa sull’applicazione del più assoluto rigore scientifico nell’analisi filologica ed esegetica dei reperti.

Il vocabolo che in egiziano designa la pelle è Meksha, costituito da tre segni: mes = nascere, Ka = doppio e il determinativo di una pelle animale. Risulta chiara l’associazione concettuale tra la pelle e la nascita. Secondo la dottrina egizia il Faraone10 era un gemello. La sua placenta era il suo fratello abortivo che non lo abbandonava mai, il suo potere vitale, il Ka, il suo occulto assistente. Se l’insegna della placenta appare sin dall’epoca protostorica, il suo nome ci giunge solamente in testi di epoca tarda: Khons, lo stesso che designa il duplice toro, costituito da due protomi di toro riuniti per il dorso… Simbolo dell’equilibrio fra antagonistici poteri della stessa natura, il duplice toro equivale al duplice leone… il nome Khons deriva dalla radice khns = traversare… così Khons designa sia la placenta, sia il duplice toro, simbolo della porta e dell’atto di attraversare (11).
I due tori o i due leoni opposti appaiono anche in Mesopotamia. Talvolta in mezzo ai due animali, in regno di resurrezione, sorge il sole.
Un interessante papiro del Museo del Cairo, mostra i due leoni tra cui sostenuto da un bucranio, è raffigurato il serpente che si mangia la propria coda. Al centro è Horos il giovane e dall’alto, in atto protettivo si stendono le braccia del Ka celeste… la placenta si trova così situata esattamente in mezzo al simbolo del duplice leone (12).

FIGURA 1. PAPIRO DI HUBEREN, I DUE LEONI - HOROS IL GIOVANE, TRA LE DUE FORZE OPPOSTE

Al centro del papiro di Huberen, sorretto dai due leoni, è raffigurato il Serpente che si morde la coda è l’Uroboros, simbolo dell’Eternità e dell’Infinito Spazio Indifferenziato, e di tutti i corpi formati all’inizio della creazione, nella nebbia di fuoco. Il Serpente si confonde con la placenta da cui nasce il figlio di Iside e di Osiride.

La figura del doppio leone si chiama Rwti, e rappresenta il dio Aker. Aker è il punto più profondo degli Inferi, la Porta per il passaggio dalla morte alla vita. Simboleggia la mezzanotte, momento in cui il sole è nel punto più basso del suo corso, il momento della resurrezione del dio solare. Il passaggio cosciente nella pelle è la seconda nascita, o la nascita del Divino Fanciullo, la caratteristica dell’Iniziazione misterica. Su una stele leggiamo le parole che Osiride rivolge al suo figlio Horos:

Sei tu figlio mio che passi nella pelle ed esci dal Nun, tu non muori più (13).

Horos il Giovane, il Figlio, uscendo dallo Spazio Indifferenziato, il Nun, si individualizza e si differenzia, passando attraverso la pelle. Il giovane Horos, viene raffigurato come un bimbo gracile, seduto, incapace di reggersi in piedi, con un dito in bocca. Plutarco chiama questo dio Arpocrate e spiega che non deve essere considerato come un dio incompiuto, in quanto egli è il patrono e il precettore dell’umana attività di comprensione del divino che è imperfetta, immatura e inarticolata. Ecco perché il dio tiene un dito in bocca, indicando prudenza e silenzio misterico. Si dice che Iside partorì Arpocrate all’epoca del solstizio invernale, dandolo alla luce ancora immaturo a significare che il frutto spirituale deve ancora crescere.
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10 Nella tavolozza di Narmer, figura l’insegna della placenta del re, portata da un personaggio che precede il sovrano.
11 Boris de Rachewiltz, “Egitto magico religioso”, edizione seconda, anno 1982.
12 Boris de Rachewiltz, “Egitto magico religioso”.
13 Stele di Metternich.

Uno dei riti iniziatici più importanti è quello del passaggio attraverso la pelle di resurrezione. La pelle simile ad un lenzuolo funerario è l’involucro che protegge le trasformazioni più intime, le quali si producono nel passaggio dalla morte alla vita. Il passaggio nella pelle come rito nel Libro dei Morti viene eseguito da Anubis, patrono dell’Imbalsamazione aveva il titolo di “colui che è nelle bende”, che afferma di essere passato nella meskhent. Le bende e il lenzuolo funerario, la pelle, hanno qui lo stesso significato. In tempi remoti, in oriente, il rito della nascita veniva fatto passando attraverso la matrice di una giovenca vergine uccisa al momento. Questo rito faceva riferimento al processo di nascita dell’uomo sulla terra, attraverso Väch, la vacca(14) melodiosa le cui mammelle forniscono alimento e acqua. In seguito gli Ariani dell’India sostituirono la mucca viva con una fatta di metallo prezioso. Questo rito è ancora effettuato oggi quando si diventa Brahmano, un nato due volte(15).

FIGURA 2. HATHOR LA MUCCA SACRA
Il passaggio attraverso la pelle di Vacca, all’inizio avveniva attraverso l’Hiranya-garbha, l’Uovo Radiante, la Matrice, il simbolo della Natura Astratta, Universale, per significare la nascita spirituale, o meglio, la rinascita dell’individuo e della sua rigenerazione.
Per respirare l’aria divina bisogna rinascere nel mondo dello spirito; si deve ritornare all’uovo e quindi ripercorrere le fasi della creazione.

FIGURA 3. DALL’UOVO AL MONDO

Come l’uovo si schiude, così anch’io mi schiudo … Come esso respira, così io respiro.

Colui che passava attraverso la pelle, o attraverso la Porta di Khons, veniva raffigurato su molte tombe rivestito di una pelle di pantera con i capelli raccolti a treccia come un fanciullo, per indicare di essere rinato. Il mantello screziato del leopardo serviva a dar veste a Seth, e rappresentava la forza della materia. I sacerdoti egizi e il Faraone quanto assumeva le funzioni di sacerdote indossavano tutti una pelle di pantera, per significare che essi domavano la forza. Non solo i sacerdoti egiziani, indù, ma anche quelli cretesi, si servivano come abbigliamento della pelle di pantera, così come sono stati raffigurati nel sarcofago greco di Haghia Triada. Dioniso e Bacco venivano raffigurati vestiti con queste pelli.
FIGURA 4. SACERDOTE DI OSIRIDE, RIVESTITO CON PELLE DI PANTERA

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14 Ecco il perché gli Indù ritengono la vacca sacra ed intoccabile.
15 Anticamente non vi erano Bramani come casta ereditaria, in quei tempi, un uomo diveniva Bramano per merito personale e con l’Iniziazione. Poi gradualmente, s’insinuò il dispotismo sacerdotale, e il figlio di Bramano venne creato Bramano dapprima per protezione, poi per diritto ereditario. I diritti di sangue sostituirono quelli di vero merito.

I sacerdoti di Osiride, a differenza di quelli di Iside, non si radevano mai la chioma, al pari degli Indù e della setta ebraica dei Nazirei(16.) Per gli Indù e per i seguaci di Zoroastro, i capelli sono la sede della forza psichica, dei canali attraverso cui scorre nel cervello la potenza magnetica proveniente dall’anima. Quando la parola Nazar è un sostantivo, significa corona, testa consacrata, come la testa dei Giustificati. La Genesi descrive Giuseppe come sommo Nazar. Samuele e Sansone nel libro dei Numeri vengono individuati come Nazar. Elia il profeta viene descritto come un Nazireo(17). I Nazirei, dalla lunga chioma, erano gli appartati, non permettevano il taglio dei loro capelli(18). Sansone era un Nazireo al pari di suo padre, il taglio delle sue sette trecce di capelli da parte della sensuale Dalila corrispose alla perdita della sua forza. Il corpo del candidato all’iniziazione rimaneva per tre giorni in una cripta del tempio o in una grotta sotterranea. Lo stato di catalessi era uno stato di morte apparente, in cui il corpo era messo in uno stato passivo o ricettivo. Il sistema nervoso era sottoposto ad un’elevata stimolazione energetica. Se gli stadi di purificazione preliminari non erano stati effettuati completamente, il candidato moriva definitivamente, stroncato da un potere che egli non poteva sopportare. L’Iniziando, il Defunto, rappresentante il Sole, doveva scendere nel Sarcofago, simbolo del princìpio femminile. Il Defunto, il Sole morente, che entra nella matrice rappresenta il raggio di Luce che feconda la Natura. Nei Misteri la “morte” figurata durava due giorni, finché la terza mattina egli risorgeva, dopo un’ultima notte piena delle prove più crudeli. L’Iniziatore, rappresentava il Sole che tutto vivifica, e che “risorge” ogni mattina solo per dare vita a tutto. Il riemergere dell’Iniziato solare dal sarcofago simbolizzava la resurrezione della Vita dopo il cambiamento chiamato Morte.

In Egitto, era posto nel Sarcofago e, durante la notte precedente il terzo giorno, era trasportato all’entrata di una galleria, dove a una certa ora i raggi del Sole sorgente battevano direttamente sulla faccia del Candidato in trance, che si svegliava per essere iniziato dallo Ierofante che faceva le veci di Osiride. Il ritorno alla vita di Osiride era simboleggiato dalla cerimonia del raddrizzamento della colonna Djed espressa dalla posizione verticale. Superata la prova finale, avendo vinto la morte in vita l’Iniziato si elevava, ergeva la propria colonna dorsale dal sarcofago, risorgeva e assumeva il nome del proprio Dio, cioè Osiride.

Alzati Osiride, tu hai la tua colonna vertebrale, tu hai i legamenti del tuo collo sulla schiena. Poniti sulla tua base.

FIGURA 5. RADDRIZZAMENTO DELLA COLONNA DJED O SPINA DORSALE DELL’INIZIATO OSIRIDE

L’erezione della colonna Djed cadeva nel giorno della luna nuova nel quinto mese e nonostante ciò era considerata come un altro Capodanno, perché era legata alla resurrezione di Osiride. L’identificazione di questo simbolo con Osiride è assoluta e la cerimonia del raddrizzamento equivale a quella della resurrezione espressa dalla posizione verticale. Dopo la nuova nascita, la colonna vertebrale sede dei fasci di comunicazione nervosa, si alza portando in sé una nuova potenzialità. Nei Testi delle Piramidi, la resurrezione avviene allorché ci si addormenta sul letto rivestiti da una pelle o da una stoffa che la sostituisca. La pelle è stata in seguito sostituita nei riti dalle bende o dal bianco lenzuolo.
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16 La setta dei Nazirei esisteva molto tempo prima delle leggi di Mosè e trasse origine dai popoli nemici di Israele, cioè dai popoli della Galilea.
17 II, Re, 8; Giuseppe Ebreo, Ant. Giud. IX.
18 Sopra il cui capo non passerà mai il rasoio, perché il Fanciullo sarà un Nazireo, consacrato a Dio dal seno di sua madre. Giudici XIII, 5.


UNA VARIANTE DEL RITO - IL TORNIO
 
In India, l’Adepto Iniziato, che era passato vittoriosamente attraverso tutte le prove, era attaccato, legato, non inchiodato, ma semplicemente legato su un giaciglio in forma di Tau, T; in Egitto su un giaciglio in forma di una croce +, e quando il suo corpo simile a quello di un morto (in trance) era portato nella cripta. Questo stato, in Egitto e in Siria, era noto come il Sonno di Siloam, durante il quale, si diceva che la sua Anima confabulava con gli Dèi.
 
Gli antichi manoscritti li ricordano come “i duri giacigli di coloro che erano nel travaglio [spirituale], l’atto di dare nascita a se stessi. Nelle sale sotterranee dei Templi egiziani, dopo la loro distruzione, si è trovata una grande quantità di questi giacigli a croce, dove il Candidato era posto e assicurato, immerso in un sonno profondo, alla fine della sua suprema Iniziazione. I santi e venerabili Padri del tipo di Cirillo e Teofilo li usavano liberamente credendo che essi fossero stati portati e nascosti lì da qualche nuovo converso.[1]
 
Una variante al rito prevedeva di legare il candidato, lungo disteso con le braccia allungate su un tornio di legno, simbolo di purificazione, in quanto le sue impurità dovevano essere limate vie, come da un pezzo informe di legno grezzo.
 
… era legato lungo disteso con le braccia allungate su un tornio di legno, simbolo di purificazione, e le sue impurità dovevano essere limate vie, come da un pezzo informe di legno grezzo. Dopo di che era lasciato solo in una cripta sotterranea, in completa oscurità, per due giorni e due notti.[2]
 
Il tornio, quale strumento di formazione, lo ritroviamo nell’antico Egitto quando viene descritto il rituale misterico della nascita sul tornio del Faraone, per opera del dio Khnum, l’Ariete. Assiste all’opera magica il dio Bes, l’Iniziatore misterico. Nelle antiche rappresentazioni egizie, riguardanti la nascita misterica del Faraone, il dio Khnum invita la dea Hathor, la vacca celeste, a stendersi sul letto del parto. Assiste alla nascita Bes il dio dell’iniziazione misterica.
 
Recitare la formula di Khnum sul tornio; dopo averti modellato con le mie mani, io creo il tuo corpo … Fino a quando durerà il cielo sarai re.[3]
 
Figura 1. Nascita sul tornio ad opera di Khnum tempio di Dendera
 
 
Il tornio di Khnum è la ruota del vasaio, il divino modellatore delle forme e degli Dèi. L’importanza di Khnum come demiurgo e creatore è testimoniata dalla stessa rappresentazione del dio come un montone. Questo animale era, infatti, ritenuto simbolo della procreazione nel mondo naturale e quindi della nascita di nuove vite. Inoltre, secondo la tradizione, era questo dio a controllare il concepimento nell’utero e a dare inizio al travaglio al momento opportuno.

[1] H. P. Blavatsky, La  Dottrina Segreta, Antropogenesi.
[2] H. P. Blavatsky, la  Dottrina Segreta, vol. VIII, scritti esoterici.
[3] Daumas, Les Mummisis, 409.
LE TORRI SACRE

Le Torri rotonde d’Irlanda che si trovano per tutto l’Oriente in Asia, erano collegate con l’Iniziazione ai Misteri, in particolare con i riti di Vishvakarma e Vikkartana. I candidati vi erano esposti per tre giorni e e tre notti, ogni qualvolta non era disponibile un tempio con una cripta sotterranea. Queste torri rotonde non erano costruite per alcun altro scopo… i pureia dei Greci e i nuraghi della Sardegna, i teocalli del Messico ecc., erano inizialmente delle stessa natura delle Torri rotonde d’Irlanda. Erano luoghi sacri d’iniziazione (H.P. Blavatsky Dottrina Segreta Antropogenesi).

Le Torri d’Irlanda, i Broch Scozzesi che, in numero di oltre 2.000 somigliano in maniera talmente impressionante ai Nuraghi scala elicoidale inframuraria, nicchie d’andito, forma troncoconica. Secondo l’Insegnamento Tradizionale, al pari delle Piramidi i Nuraghi erano un luogo sacro dove si svolgevano i Misteri del Fuoco (Misteri Kabirici), e sono da considerarsi antichi centri misterici di Iniziazione.

FIGURA 1. INTERNO DEL BROCH DI MOUSA

Il Sole unico Re e Dio nel Cielo ebbe sempre un duplice aspetto datore di vita e di morte che manifestano due tendenze antitetiche: “Il bene ed il male”. La torre a sezione circolare è un’allusione al disco solare, e tramite la verticalità, una rappresentazione dell’Asse del Mondo. Gran parte del simbolismo della torre riguarda direttamente l’interazione di forze antitetiche nel mondo dualistico della manifestazione. La torre circolare è simbolo di ascesa, un edificio elevato verso il cielo. Condivide il simbolismo della scala come desiderio di innalzarsi a un nuovo livello ontologico e quello della colonna, nel rappresentare la colonna vertebrale o asse del mondo. Queste costruzioni non avevano la funzione di dare l’assalto al cielo, ma appunto quella di elevare le menti ed i cuori alla contemplazione del soprannaturale, dando allo stesso tempo la possibilità agli Dèi di avere una scala per scendere sulla terra. Le torri rotonde erano utilizzate ogni qualvolta non era disponibile un tempio con una cripta sotterranea, oppure dei Pozzi iniziatici o Torri capovolte hanno l’architettura di una scala che scende, il che trasmette quel significato simbolico che include l’allegoria della morte e della rinascita comune a molte tradizioni.

Apuleio in Metamorfosi narra che Psiche, L’Anima è mandata da Venere agli Inferi da Prosepina-Persefone, affinché le consegni in un cofanetto un po’ della sua bellezza. In passato Ecate era dipinta come una fanciulla bellissima e perfetta. Nella prima parte, nella discesa, Psiche è guidata dai consigli di una Torre Parlante, chiamata “Torre che guarda lontano”. La Torre è la sedicesima lamina degli Arcani Maggiori. La carta della Torre porta nelle tradizioni più antiche la scritta Maison de Dieu letteralmente la Casa di Dio, dando adito così a interpretazioni che vedono nella lamina un’analogia del corpo umano come tempio dello spirito immortale. Nell’Antichità, tali Porte erano comunemente raffigurate come vere e proprie mascelle, così da risultare contemporaneamente sia un passaggio che la bocca di un enorme mostro. Il terzo stadio dell’iniziazione egizia era quello della discesa nella cripta buia e tenebrosa, la discesa negli Inferi o nell’Ade.

FIGURA 2. LA TORRE ARCANO MAGGIORE - BOCCA DEGLI INFERI (BOMARZO)

La Torre parlante simbolicamente si erge come un Istruttore che parla dalla Casa di Dio. La Torre parlante, disse a Psiche che in una città vicina, c’era un cunicolo che portava agli Inferi, la Porta Inferi. Diede una serie di istruzioni e poi le disse: “Giungerai allora al fiume dei morti a cui e' preposto Caronte, che subito esigerà il prezzo del passaggio …” I corsi d’acqua Cocito, Lete, Flegetonte e Stige vengono descritti come ingressi agli Inferi. Ulisse raggiunse il Mondo Sotterraneo attraverso il fiume Acheronte. Enea ed Ercole entrarono in tale mondo (o forse sarebbe più appropriato definirlo ‘Dimensione’) da una grotta ai margini del lago d’Averno. Attraversato il fiume infernale, Psiche deve passare davanti al Guardiano di Soglia, Cerbero, il Cane infernale, e deve tranquillizzarlo con due focacce (sacrificali) d’orzo con vino e miele. Cerbero, il divoratore di carni (che consuma i corpi dei morti), in origine era metà cane e metà ippopotamo, l’Ammit degli Egizi. Le focacce erano il pane di Osiride. Giunta davanti a Proserpina, Psiche, rifiuta un lauto pasto, implora solo un pezzo di pane, ma questo pane è il corpo di Osiride. Le focacce di Iside erano poste sugli altari, erano identiche come forma, alle ostie delle Chiese di Roma e di Oriente. L’ingerimento del pane è la cena misterica.

FIGURA 3. PSICHE - FOCACCE DEGLI INFERI - PROSERPINA

Psiche ha varcato i cancelli dell’Altrove, ha camminato attraverso di esso, ha potuto vedere cose che sono celate agli occhi dei profani. Ha appreso, e conservato. Proserpina dona a Psiche che ritorna nel mondo superiore un cofanetto (la cista mystica dei Misteri), contenente la bellezza.

Tutti gli Iniziati e tutti i Gerofanti, erano simboli del Sole e del Principio Creatore. In Egitto Osiride era il Dio Sole. L’antico Egitto ha conosciuto riti di iniziazione che, dato il carattere rigorosamente riservato delle cerimonie, non assunsero mai forme di diffusione “popolare” (come i misteri di Iside), ma rimasero al contrario legate al ristretto entourage della corte del faraone. Si deve a Boris de Rachewiltz, uno dei più prestigiosi studiosi dell'Egitto, uno studio relativo ad un testo che ben illustra l’aspetto misterico della religione egizia. Tale testo, comunemente conosciuto come "Libro dell’Amduat"(1), descrive il viaggio che il Sole compie, dopo il tramonto, nelle regioni infere, la Via di Sinistra, per poi risorgere vittorioso, sulla Via di Destra, assumendo l’aspetto di Kepri (il sacro scarabeo), dopo aver compiuto vittorioso il suo viaggio notturno in spaventose regioni popolate da entità mostruose e terrificanti. Nella prima ora il candidato, assimilato al sole notturno, inizia il suo viaggio da “morto”. È un percorso che si svolge in una regione, il Duat. L’iniziando nel suo viaggio notturno è assimilato al dio Sokar, patrono dei morti a Menfi, assimilato a Osiride. Il carattere particolare di questo libro è il suo contenuto misterico: esso, infatti, fa da guida non al morto, bensì al vivo. Si comprende perché nel linguaggio misterico si definiva il “morto”, il non-iniziato, in quanto é solo dopo lo svegliarsi al termine dell’iniziazione che si configura lo status di “vivente”. Il massimo rito di iniziazione iniziava a mezzanotte, la corrispondenza giornaliera del solstizio invernale nel Capricorno. Il candidato conosceva il mistero del sole di mezzanotte, il Sole di Giustizia, e mentre l’oscurità era sulla faccia della terra per il mondo profano, nelle notti di iniziazione splendeva la luce.
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1 Boris de Rachewiltz, ha preferito rendere, in più libera traduzione, come "Libro egizio degli Inferi". Questo libro era in uso dei faraoni e di una ristretta cerchia sacerdotale a partire dalla XVIII dinastia, iniziatrice del Nuovo Impero.
I POZZI INIZIATICI

Secondo l’Insegnamento Tradizionale, al pari delle Piramidi i Nuraghi erano un luogo sacro dove si svolgevano i Misteri del Fuoco (Misteri Kabirici), e sono da considerarsi antichi centri misterici di Iniziazione. Le torri rotonde erano utilizzate ogni qualvolta non era disponibile un tempio con una cripta sotterranea, oppure dei  Pozzi iniziatici o Torri capovolte hanno l’architettura di una scala che scende, il che trasmette quel significato simbolico che include l’allegoria della morte e della rinascita comune a molte tradizioni.
 
La Sardegna, dicono i geologi, è una terra antica, la più antica, geologicamente, d’Italia. Una terra di pietra e vento, con migliaia di monumenti del passato glorioso: infatti, in Sardegna si conservano ancora circa 7500 monumenti di età nuragica. Si tratta dunque di una vera civiltà architettonica, costituita da grandi costruttori; di cui non si conosce con certezza quale fosse il nome del popolo che costruì i nuraghi, così che vennero chiamati Nuragici prendendo il nome dalle loro costruzioni. Quale fu il ceppo originario, quello che edificò i nuraghi, i pozzi sacri, le tombe dei giganti?
 
I pozzi conosciuti come i “Pozzi iniziatici” o “Torri capovolte” hanno l’architettura di una scala che scende, il che trasmette quel significato simbolico che include l’allegoria della morte e della rinascita comune a molte tradizioni ermetiche.
 
Il “pozzo”, in senso cabalistico è il misterioso emblema della Dottrina Segreta. “Se alcuno ha sete, venga a me e beva”, dice Gesù (Giovanni, VII). La fonte è il simbolo misterico di conoscenza, anche per l’insegnamento giudaico cristiano. La fonte di acqua fredda è l’unico refrigerio per chi ha sete d’immortalità e di chi è cosciente di essere figlio del cielo, cioè dello Spirito. Gli Orfici davano il nome di Mnemosine a questa fonte, la memoria primigenia.
 
Per questo l’adepto Mosè fuggito dall’Egitto è rappresentato seduto presso un pozzo o una fonte di acque sotterranee. Egli è avvicinato dalle sette figlie del sacerdote kenita di Madian, che vengono a riempire gli abbeveratoi per abbeverare il gregge del loro padre. Qui abbiamo il sette, il numero mistico. Nell’attuale allegoria biblica le sette figlie rappresentano i sette poteri occulti. “Vennero i pastori e le scacciarono (le sette figlie), ma Mosè si alzò in loro difesa e le aiutò ad abbeverare il gregge”. Secondo qualche interprete cabalistico, i pastori rappresentano i sette “stellari mal disposti” dei nazareni; perché nell’antico testo samaritano il numero di questi pastori è pure di sette.
 
Reuel o Jethro, l’Iniziatore e istruttore di Mosè, gli diede in moglie sua figlia, Zipporah, ossia la Sapienza esoterica, la splendente luce della conoscenza, perché Siprah significa “fulgido” o “risplendente” dal verbo “sapar” risplendere. Sippara, in Caldea, era la città del “Sole”. Così Mosè fu iniziato nel deserto dal Madianita, o piuttosto dal Kenita, e di qui l’allegoria biblica.
 
San Giustino (150 d. C.) ci dice che le solenni assemblee o synaxis si tenevano nel giorno chiamato Sole (Sunday, dies magnus) e che in tali occasioni si cantavano salmi e si ”celebravano il battesimo con l’acqua pura e le agapae della santa caena con il pane ed il vino”.
 
Il pozzo simbolizza:
 
  • Il contenitore dell’acqua di vita, il liquido amniotico primordiale;
  • l dispensatore della segreta conoscenza che conduce alla vita eterna.
   
La presenza di pozzi o di corsi d’acqua è il motivo dominante dei culti misterici. Ovunque si celebrassero misteri, in oriente o in occidente, nei pressi del tempio vi erano pozzi, laghetti o corsi d’acqua.
 
In Sardegna, all’ingresso a forma trapezoidale tronca del pozzo sacro di Perfugas delle lastre di pietra sono disposte per formare una Tau, la Croce dell’Iniziato.
 
Figura 1. Pozzo di Perfugas

 
Per avere un’idea della sacralità del pozzo è sufficiente riferirsi ai pozzi sardi che, per particolari caratteristiche meglio di altri si adattano a far capire il segreto di tale costruzione. In Sardegna ci sono almeno 40 pozzi sacri nuragici! Nel mondo sono documentati solo tre altri esempi di pozzi sacri riconducibili allo stile nuragico: il Pozzo sacro di Gârlo (Bulgaria), il Pozzo di Ḫattuša (Turchia), e il Pozzo di Kerč (Crimea). Il pozzo oltre che a raccoglier l’acqua, ha una profonda valenza simbolica, diventa il luogo ove si possono compiere riti di purificazione, e in questo caso il pozzo assume più le connotazioni della vasca, divenendo così il modo per collegare il cielo, l’uomo e la terra. La discesa nel pozzo è realizzata con una scalinata rovesciata, tale che un uomo che si trova nel pozzo a testa in giù guardando verso i propri piedi veda una normale scalinata. L’immagine che si riceve è quella di entrare con la testa nelle acque, nel ventre liquido della Madre Terra.
 
Uno dei pozzi sacri della Sardegna meglio conservati è quello di S. Cristina. Il pozzo secondo gli archeologi, doveva trovarsi all’interno di un edificio coperto adibito a culti misterici, oggi ricostruibile soltanto sulla carta in base ai muri perimetrali e al confronto con altre strutture dello stesso genere meglio conservate.
 
Il pozzo è chiuso da un cerchio di pietre con un solo ingresso. Il cerchio di pietre simboleggia la placenta. La pianta esterna richiama la figura di una serratura, quasi a simboleggiare una porta tra il mondo dei vivi e quello dei morti.
 

Figura 2. Pozzo di S. Cristina
 
L’ingresso nel pozzo sacro è a forma di piramide col vertice tronco, costituito da atrio, una profonda scalinata di “24 gradini” coperta da una volta di “11 architravi” che seguono i gradini verso il basso; e una camera sotterranea a pianta circolare in ottimo stato di conservazione. La parte più sacra è il punto dove sgorga l’acqua, inscritta dai nuragici da una cella, a cui si accede tramite un vestibolo dove sono presenti due panche in pietra, sono ben visibili ancora le nicchie. La struttura ricorda quella di un nuraghe sotterrato, una specie di cono scavato nella terra, con volta a Tholos, cioè una cupola circolare formata da file concentriche di pietre sempre più aggettanti verso il centro a coprire il pozzo sottostante.  

 
Figura 3. Struttura sotterranea del Pozzo di S. Cristina
 
Gli autori antichi ci dicono che in Sardegna, condurre una persona nel pozzo dei Giudizi significava svelarne la colpevolezza o l’innocenza. Se l’indiziato non riusciva a sopportare il terribile effetto dell’acqua sul viso, diventava cieco per aver spergiurato. Se invece superava l’effetto del bagnato sugli occhi, ci vedeva più chiaro, dunque non aveva giurato il falso, era innocente.
 
Per giudicare era dunque necessario immergere in acqua “l’iniziato”, l’acqua che racchiudeva le informazioni necessarie per “far venire a galla la verità”, per mettere a nudo opere buone e malefatte.
 
Ogni 18,61 anni, Il ciclo delle eclissi, quando sole e luna si trovano allineati, noto come rotazione della linea dei nodi lunari, quando la declinazione (altezza) della luna è massima, la luce lunare va ad illuminare una persona posizionata in una particolare nicchia del pozzo. La luna, illumina il fondo del pozzo attraverso la copertura, detta a Tholos, con un foro sulla sommità. La caratteristica del riflesso della luna è stata riscontrata anche in altri pozzi, così come quella del riflesso solare. La luna nel pozzo non è dunque un detto primo di significato!
 
Nei mesi di settembre (dal 21 al 23 alle ore 12) e di marzo (dal 18 al 21 alle ore 11), in occasione degli equinozi, il sole illumina perfettamente il fondo del pozzo penetrando attraverso il vano scale e riflettendosi poi sull’acqua. Il sole, con i suoi raggi, si riflette sull’acqua del pozzo. In questa circostanza l’osservatore, mentre guadagna gli ultimi “6 scalini interni”, può vedere la propria ombra riflessa sull’acqua e proiettata capovolta sulla parete della camera a Tholos di fronte.
 
Il pozzo caverna ha un foro centrale nella volta, destinato al passaggio della luce. Il foro è la porta del Sole o l’occhio cosmico. Anche il cranio umano come la grotta misterica ha la stessa apertura in cima! Entrare nella caverna significa far ritorno alle origini (simbolo dell’utero materno) e salire in cielo, uscire dal cosmo.
 
La scalinata che conduce nel pozzo di forma trapezoidale sembra un invito a scendere nel ventre della terra. La forma trapezoidale tronca la ritroviamo nell’Antro della Sibilla di Cuma, e ricordiamo che la Sibilla condusse Enea fino all’entrata degli Inferi rappresentata dal lago Averno.  La vicinanza del vulcano Vesuvio, le acque sulfuree il tempio sotterraneo occupato in tempi recenti dalle profetesse di Apollo, le Sibille, collegano il luogo al culto dei Kabiri i misteriosi dèi del Fuoco. La stessa forma a tronco di piramide la ritroviamo in America Centrale nella piramide di Pacal. Inoltre la camera mortuaria di Pacal è anch’essa a forma di tronco di piramide e si trova dentro un tempio più antico sopra il quale è stata innalzata la piramide.
 
Il motivo della croce compresa la forma a Tau “T”, si trova anche nei due templi di Palenque, il Tempio delle Iscrizioni, dove è stata ritrovata sia sul coperchio della tomba di Pacal e sia all’interno del Tempio della Croce costruito dal figlio di Pacal.
 
Figura 4. Strutture a tronco piramidale
 
                       

Nell’Alto Egitto a Kom Ombo, su una collinetta che guarda il Nilo, vi sono due templi d’età Tolemaica dedicati al dio Horos il Vecchio, dalla testa di falco ed a Sobek dalla testa di coccodrillo. Vicino questi templi principali ci sono altre costruzioni molto più antiche e tra queste una struttura simile al pozzo di S. Cristina in Sardegna. La stessa forma d’insieme, la stessa scalinata, la stessa copertura di cupola e contro cupola superiore. Il pozzo era collegato attraverso canali sotterranei con il fiume Nilo. Da questi canali giungevano in fondo al pozzo dei coccodrilli, animali tanto temuti quanto sacri.
 
Figura 5. Sobek dalla testa di coccodrillo

 
Riporto in parte quanto riportato da Arianna Carta nel pregevole saggio “Il pozzo sacro di Santa Cristina - alcune considerazioni sui simboli”. Gli elementi importanti del pozzo sacro sono: la rappresentazione vulvare, il tema della discesa nell’Aldilà, l’elemento purificatore dell’acqua, il tema del doppio e quello della scala (che portano alla doppia scala), quello del capovolto (il mondo di sopra come quello di sotto), la simbologia ctonia legata alla caverna, il sole, spesso identificato con il principio maschile, e la luna, considerata dalla maggior parte delle fonti più come principio femminile.
 
Il perimetro esterno del pozzo sacro con una sola apertura presenta la forma dell’organo genitale femminile, cioè una riproduzione ciclopica della vulva, legato alla nascita e rinascita. Le associazioni con l’organo genitale femminile non finiscono qui: la scala si addentra nel terreno e arriva allo specchio d’acqua di forma circolare, sormontato da una Tholos che l’architetto Larner definisce dalla peculiare forma a “collo uterino” il cui ingresso permette di immergersi nella terra per toccare l’acqua.
 
Secondo M. Eliade le acque simboleggiano la morte e la rinascita essendo “fons et origo”. “il contatto con l’acqua comporta sempre una rigenerazione poiché da un lato alla dissoluzione fa seguito una ‘nuova nascita’, dall’altro l’immersione rende fertile e moltiplica il potenziale di vita.” L’immersione nelle acque significa dunque nuova vita perché le acque sono “purificatrici e rigeneratrici”. La luna è simbolo del passaggio dalla vita alla morte, è per questo che molte divinità lunari, come Persefone, sono anche ctonie e funerarie. L'iniziazione cristiana inizia con il battesimo per immersione, il battezzato viene assimilato al Salvatore la sua immersione in acqua è il simbolo della tomba e la sua emersione il simbolo della resurrezione.
 
La doppia scala capovolta del pozzo di Santa Cristina, nella sua discesa verso la fonte lustrale, è certamente una splendida realizzazione materiale di questo concetto. La simbologia della scala come elemento di rapporto e collegamento tra cielo e terra “quasi universale”, riguarda l’ascensione spirituale (graduale), e nella sua verticalità indica l’ascesa. La scala doppia, la cui pregnanza simbolica è particolarmente forte, permettendo sia il movimento di discesa che risalita attraverso i gradini, espressione materiale e concreta dei “livelli o gradi dell’esistenza universale” e come tale legata a riti iniziatici. Anche Coomaraswamy nella sua indagine sul simbolismo dell’albero invertito, riflette che “l’Asse dell’Universo è come una scala sulla quale si effettua un perpetuo movimento ascendente e discendente.
          
Una raffigurazione nella tomba di Ramesses IX ci mostra il Defunto, nell’oltretomba di fronte ad un mondo capovolto. Nella prima ora il candidato, assimilato al sole notturno, inizia il suo viaggio da “morto”. È un percorso che si svolge in una regione, il Duat. Le leggi del Duat non sono le stesse del mondo fisico, è difficile decidere come comportarsi, tutto ciò causa una sensazione di confusione e disorientamento. L’iniziando nel suo viaggio notturno è assimilato al dio Sokar, patrono dei morti.
 
Figura 6. L’ingresso nel mondo capovolto

IL MISTERO DI VISHVAKARMA SURYA E VIKARTTANA

Il più antico dei Veda dell’India, il Rig Veda spiega questo mistero, ripreso in seguito nel Vishnu Purâna (Parte 3, Cap. 2). Vishvakarma, figlio di Bhuvana, viene considerato l’Architetto dell’Universo, il “Padre  degli Dèi”, ed il “Padre del Fuoco sacro”, il quale si offre in sacrificio affinché i mondi possano venire in esistenza. Sacrifica sé stesso imponendosi le limitazioni della materia divenendo l’Agnello sacrificale all’inizio dei mondi, l’Uomo Celeste. Nelle rappresentazioni mistiche del suo personaggio, Vishvakarma è detto spesso Vittoba, una forma di Vishnu, ed è raffigurato come la Vittima, l’Uomo-Dio, l’Avatâra crocifisso nello spazio.
 
L’idea originale dell’“uomo crocifisso” nello spazio appartiene certamente agli indù. Edward Moor lo dimostra nel suo in Hindû Pantheon (1848), nelle figure che rappresentano Vittoba in una delle manifestazioni di Vishnu come Krishna in croce è rappresentato col piede sinistro porta il segno del chiodo.

 
                                               
 
Figura 1. The Hindu Pantheon di E. Moor - Vishnu Krishna
 
Vittoba Krishna è rappresentato come un uomo crocefisso nello spazio, con in testa una corona con sette punte e con il segno dei chiodi sulle mani e sui piedi. L’assenza del legno della croce lo differenzia dalla crocifissione di Gesù, ma Vittoba, crocifisso nella materia dello spazio, al pari del Chrestos dei Greci, è contemporaneamente il sacerdote e vittima. Chrestos, nel linguaggio dell’iniziazione, significava la morte della natura inferiore; in tal modo viene fornita la chiave dell’appellativo degli Indù, nato due volte. Viceversa Christos significa nascere a nuova vita, vivere.
 
Considerando la posizione dei tre chiodi nelle estremità dell’uomo e sulla croce, essi formano un triangolo, con un chiodo ad ogni vertice. Le piaghe, o stimmate, sulle estremità, sono necessariamente quattro, designando il quadrato ... I 3 chiodi con le 3 piaghe fanno il numero 6, che denota le 6 facce del cubo dispiegato che formano la croce o la forma umana a braccia aperte, 7 contando tre quadrati nel braccio orizzontale e quattro in quello verticale, su cui è posto l’uomo. L’unica piaga dei piedi si separa in due se i piedi sono separati, facendo tre se uniti, e quattro se separati, e in tutto tre chiodi e quattro piaghe 7, un numero santissimo.
 
Ogni nazione sulla terra ha storie sui Figli del Sole crocifissi, ma non tutti si chiamano Christos. Alcuni erano chiamati Dionisio, Krishna, Indra, Agni, Mithra, Bacco, ecc. I nomi non sono importanti, poiché rappresentano tutti la stessa energia solare a cui l’umanità è eternamente inchiodata o legata. Anche l’azteco Quetzalcóatl e il Maya Kukulkan, in realtà la stessa divinità, furono crocifissi. Indipendentemente dai loro nomi diversi, gli “Dèi del Sole” sono una personificazione della stessa energia il Fuoco.
 
Orfeo viene anch’esso rappresentato come crocefisso come Gesù, su una croce di legno, come si può osservare nella seguente figura di un sigillo tardo antico. La croce è sormontata dalla falce lunare simbolo della materia, sopra di essa splendono sette stelle.
 
Figura 2. Quetzalcóatl e Orfeo Bacco in Croce

Platone adottò questo simbolo nella sua croce decussata nello spazio, il “secondo Dio che imprime se stesso nell’universo in forma di Croce”.
      
Vishvakarma il “divino artista e carpentiere, è anche il Padre degli Dèi e del “Fuoco Creatore” e i suoi Misteri sono collegati al Fuoco Solare sacro. La figlia di Vishvakarma si lamenta col padre per l’eccessiva luminosità del marito, il Sole. Il padre nella sua qualità di Takshaka di intagliatore di legno, o falegname, lega o crocifigge Surya, il Sole “su un tornio a forma di croce” (sulla Svastica o croce mobile secondo la tradizione esoterica) e, tagliando con una falce l’ottava parte dei suoi raggi, priva la sua testa del suo fulgore creando attorno ad essa un’aureola scura. Il tornio allude alla rotazione, e poiché sono misteri legati al Fuoco solare, alludono alla rotazione apparente del Sole, anche la rotazione della croce è apparente, ma allora cosa ruota? La risposta la troviamo nel rito della generazione del fuoco sacro con il Pramantha (un perno) e l’Arani la croce a bracci uguali.  
La Croce o la Svastica con la sua rotazione attorno a un perno centrale è l’originatore del Fuoco per Frizione.
 
Figura 3. Pramantha e Arani

 
Una croce a bracci uguali, Arani, di legno di mimosa è fissata al suolo con quattro perni come chiodi. Al centro della croce il Pramantha un bastoncino di legno di ficus religiosa (il ficus delle pagode) è fatto ruotare con moto alterno, provocato da una cordicella. La rotazione alterna produce l’attrito necessario all’accensione del Fuoco in un foro provocato al centro della croce di mimosa. Pramantha ed Arani (la Svastica) sono i genitori di Agni, il Fuoco.
 
Ciò che ruota è il Pramantha, l’asse che simboleggia la parte maschile, lo Spirito, ciò che sta fermo è Arani la Croce della Materia. La radice mand o manth implica moto rotatorio, e la parola manthâmi usata per denotare il processo di accensione del fuoco. Il divino Fanciullo nato dalla congiunzione del Padre Pramantha e della Madre Arani è Agni per i popoli di lingua sanscrita, Ignis per i latini, è l’Anima Spirituale il Fuoco sacro che arde nel cuore del Sole e dell’uomo.
 
Schliemann sotto le rovine di Troia trovò in grande abbondanza entrambe queste forme di croci.  
 
Figura 4. Croci rinvenute a Troia
 

Un bassorilievo egiziano del tempio di File rappresenta una scena di iniziazione. Due Dèi-Ierofanti, uno con la testa di falco (Horus il Sole), l’altro di ibis (Mercurio, Thoth, Dio della Saggezza e dell’Insegnamento Segreto, assistente del Sole-Osiride), stanno in piedi presso il corpo di un candidato appena iniziato. Essi sono nell’atto di versare sulla sua testa un doppio flusso di “acqua” (l’Acqua della Vita e della Rinascita), e i due flussi sono intrecciati a forma di croce, e composti di piccole croci ansate. È l’allegoria del risveglio del candidato, che ormai è un Iniziato, quando le correnti del sole mattutino arrivano sulla sommità della sua testa; il suo corpo addormentato disteso da tre giorni sul suo Tau di legno, in modo da ricevere i raggi del Sole. Allora, apparivano gli Ierofanti, ed erano pronunciate le parole sacramentali, apparentemente al Sole-Osiride, ma indirizzate in realtà al Sole-Spirito interiore, che illuminava l’uomo nuovamente nato.
 
Figura 5. Bassorilievo scena di iniziazione tempio di File

 
Thoth, colui che conosce l’Essenza delle cose era rappresentato con la testa di un Ibis. L’ibis era chiamato il messaggero di Osiride perché è il simbolo della Saggezza, del Discernimento e della Purezza, perché non sopporta l’acqua seppur minimamente inquinata.
 
Durante la cerimonia di Iniziazione uno degli Ierofanti portava un cappuccio a forma di Ibis, che stava a simboleggiate Thoth, il Dio della Sapienza e dell'Insegnamento Segreto.
 
Figura 6. Thoth, Crocifisso nello spazio

 
In India e nell’Asia Centrale, l’Iniziando veniva legato su un’asse a forma di croce, e quando il suo corpo diventava simile a quello di un morto (in trance), era portato nella cripta. Lo Ierofante allora, lo sorvegliava “guidando l’anima delle apparizioni (corpo astrale) da questo mondo di Samsâra (o illusione) ai regni inferiori, dai quali, se vittorioso, aveva il diritto di liberare sette anime sofferenti”. Rivestito dal suo Anandamayakosha, il corpo di luce, lo Srotâpanna rimaneva là dove noi non si ha il diritto di seguirlo e, al ritorno, riceveva la suprema  Parola Sacra.
 
Vishvakarma è il figlio di Bhuvana, la luminosa Essenza autocreata, e della virtuosa, casta e amabile Yoga Siddhâ (che vuol dire Sapienza, come la Sophia degli Gnostici), la Dea vergine, il cui nome parla da sé, poiché personificava il Potere dello Yoga, la “madre casta” che crea gli Adepti. I nomi dell’amabile e virtuosa Yoga-Siddhâ madre di Vishvakarma, e della sua figlia Samjna (coscienza spirituale) mostrano il carattere mistico.
 
Vishvakarma sulla Terra egli è lo Ierofante-Iniziatore e taglia a Surya parte dei suoi raggi d’oro (gli sottrae splendore) e appare come incoronato di raggi neri che paiono spine e diventa Vikarttana, che significa spogliato dei suoi raggi. Nei Misteri Indù, il candidato rappresenta Surya il Sole in terra a cui vengono recisi i suoi sette raggi d’oro che vengono sostituiti da una corona si spine o da delle punte annerite.
 
La raffigurazione allegorica della Crocifissione del Candidato sul Tornio è un rito vecchio come il mondo del Mistero dell’ultima iniziazione.
 
Il Rig Veda descrive la caduta della Luce nella Materia densa, o della Triplice Manifestazione e precisamente:
 
  1. Sole Spirituale: Vishvakarma, il Principio Padre della Luce, la causa della manifestazione.
  2. Sole in Cielo: Surya, Figlio del Sole Spirituale che con una corona di Sette Raggi d’oro sacrifica sé stesso al mondo consumandosi col fuoco dei suoi raggi.
  3. Sole in Terra: Vikarttana, lo spoglio dei raggi, l’incoronato di spine, l’Iniziato che sacrifica il suo io personale al Sé superiore.
     
Nei Misteri Pagani di Dioniso e di Mitra, Dio si manifesta in triplice modo:
 
  1. Come Dio non generato, o Figlio Unigenito, Phanes, il Verbo. Sole Spirituale.
  2. Come Dio generato o differenziato in Sette forme. Sole in Cielo.
  3. Come Uomo Dio in Terra. Sole in Terra.
     
La Dottrina della triplice manifestazione del Buddha è esotericamente identica alla Triplice manifestazione del Figlio Unigenito:
 
  1. Il Buddha Supremo.
  2. I Sette Dhyâni Buddha.
  3. Il Buddha umano.
     
Nei Misteri Indù, il neofita con una corona con Sette Raggi d’oro quale rappresentante del Sole o di Surya s’inginocchia davanti all’iniziatore che a sua volta rappresenta Vishvakarma. L’iniziatore sostituisce la corona d’oro con una di raggi anneriti e poi recide “le sette ciocche” dei lunghi capelli  del neofita, simbolizzanti i Sette Mistici Raggi del Sole Spirituale. Il neofita perde la sua forza divenendo così Vikarttana, il terzo Sole, ed è pronto per iniziare la sua discesa nelle regioni infernali, del Pâtâla per la prova suprema, quella della tentazione come quella del mito greco di Tantalo. Questo rito è descritto nella Bibbia quando a Sansone vengono tagliate le sue sette trecce fonte della sua forza. Dalila la personificazione delle forze materiali e sensuali al cui abbraccio si cade in un sonno mortale, recide le sette ciocche di capelli di Sansone, dopo di che il Nazar è privo dei suoi poteri.
 
Nel linguaggio misterico si definiva il “Defunto”, il non-iniziato, in quanto é solo dopo lo svegliarsi al termine dell’iniziazione che si configura lo status di “Vivente”.
 
La discesa nella cripta buia e tenebrosa equivale alla discesa degli Inferi o dell’Ade. Gli Inferi sono descritti come un Abisso, un luogo dove regna l’oscurità, un pozzo profondo, una tomba, un luogo di morte, la porta degli Inferi. Nell’iconografia medievale, la bocca dell’inferno ha spesso l’aspetto di un enorme mostro dalle fauci spalancate. Gli Inferi, il Pâtâla, sono descritti come un Abisso, un luogo dove regna l’oscurità, un pozzo profondo, una tomba, un luogo di morte. La discesa nell’Abisso, nell’Inferno, nel Pâtâla degli indù che rappresenta la settima regione del mondo, quella infernale, la più bassa dove regna la cupidigia, la sensualità e l’egoismo governata da Vâsuki, il grande Drago o Serpente.
 
Râhu, la testa del Drago, aveva una parte preminente nei Misteri dell’Iniziazione Solare quando il Candidato e il Drago si scontravano nella battaglia suprema. H.P. Blavatsky Dottrina Segreta Antropogenesi
 
Scendendo nell’Inferno, nel Pâtâla, come un luogo di morte, una tomba, il neofita incontra il suo Drago. Come Râhu divora il Sole durante l’eclissi così è divorato il sole del candidato se fallisce la prova. La discesa e la risalita dagli Inferi facevano dell’Iniziato un Soter, un Salvatore. L’analoga condizione ebraica era quella del Messiah, parola che deriva da Mashiac. In ebraico, shiac, è anche usato come verbo che significa “discendere nel pozzo”, se viene usato come nome significa “rovo di spine”. Il participio di questa parola è Messiach, che significa “Colui che causa la discesa nel pozzo”.
 
Questo abisso, Pâtâla, ha nel simbolismo orientale esattamente lo stesso plurimo  significato che Ralston Skinner trova alla parola ebraica shiac. Era sinonimo di Scorpione — la profondità del Pâtâla essendo“impregnata dello splendore del nuovo Sole” — rappresentato dal “nuovo nato” alla gloria; e Pâtâla era, ed è, in un senso, “un abisso, una tomba, un luogo di morte, e la porta dell’Ade o Sheol” — come anche, nelle Iniziazioni parzialmente exoteriche dell’India, il candidato doveva passare attraverso la matrice della giovenca prima di procedere verso Pâtâla.
 
La discesa avveniva sotto terra, nell’oscurità, nei bui corridoi sotterranei del tempio, oppure scendendo una scalinata in un pozzo. Nell’iconografia medievale, la bocca dell’inferno ha spesso l’aspetto di un enorme mostro (Râhu) dalle fauci spalancate.
 
La conquista del regno dei Cieli passa nello scontro con il Dragone cui occorre bloccare la testa e piegare le sue energie alla nostra volontà.
 
Il Candidato all’Iniziazione diveniva “Uccisore del Drago”, avendo superato vittoriosamente tutte le tentazioni, divenendo egli stesso un Drago di Saggezza. Un Iniziato completo era chiamato un Drago, un Serpente, si davano i nomi di Serpente e di Drago ai Saggi, gli Adepti Iniziati dei tempi antichi. Erano la loro saggezza e il loro sapere che venivano divorati o assimilati dai discepoli, e da ciò proveniva l’allegoria. L’Eroe sa bene che affrontare il suo Drago significa guerreggiare con se stesso, suicidarsi come uomo vecchio per risorgere come uomo nuovo. Tutto è duale  Bene e male, Draghi di Saggezza e Draghi infernali.
 
Nell’uomo, il Drago Serpente che dorme alla base della spina dorsale, è la Kundalini, una potente energia che, che può essere attivata solo dopo aver domato il Drago altrimenti si viene distrutti. Il Drago dentro di noi non si può annichilire, fa parte del nostro essere, ma si può domare. Trafiggere il Drago con la lancia non significa ucciderlo, ma significa controllare un’energia che da caotica e distruttiva diviene creativa, fonte di potere. La spina dorsale è detta lancia, perché ha la forma di una lancia: l’osso sacro appare come la punta triangolare della lancia. Nella parte estrema inferiore della spina dorsale dell’essere umano risiede il “Luz” il nome che i sapienti della Qabbalah, ma anche i profeti ebrei, hanno dato alla divina scintilla intrappolata nell’osso sacro. In aramaico Luz è il nome dell’osso di forma conica o triangolare (come la punta di una lancia) posto tra la terza vertebra lombare e il coccige composto di tre o quattro ossicini. Luz è la sede di Kundalini. La Scala, la visione celeste, che Giacobbe ebbe a Luz, suggerisce la figura dell’umana spina dorsale.
 
Il simbolo greco di Kundalini è il Caduceo: un’asta o lancia su cui si avvolgono due serpenti domati Râhu e Ketu. Tre fiamme un fuoco interiore che come un serpente sale lungo la spina dorsale. Ecco che il fuoco basale interno salendo nella colonna vertebrale infiamma il calice del cuore che diventa un crogiuolo. Râhu raggiunge la testa e Keku si ancora alla base della spina.
 
Figura 7. Simbolismo dell’uccisione del Drago nell’uomo                                                   
 

      
Il viaggio iniziatico non può che cominciare dalla Città chiamata “Luz” quale punto di partenza necessario per poi vederlo compiersi a Betel, la Casa di Dio (il Cranio che ospita nel Cervello il riflesso di tutti i Chakra o vortici energetici). Tale risveglio libera dalla catena dell’esistenza materiale trasformando i risvegliati-iniziati in “sacerdoti” secondo la maniera di Melchisedech.  
Uscendo dall’Abisso da trionfatore, egli emergeva da questa regione di sensualità ed iniquità, per ridiventare Karmasâkshin, testimone del Karma degli uomini, e di nuovo sorgeva trionfante in tutta la gloria della sua rigenerazione, come il Graha-Râjah, il Re delle Costellazioni, cui veniva rivolto l’appellativo di Gabbhastiman, “reintegrato dei suoi raggi.”
 
Ci furono due Messia: Uno, che si impose di discendere nel pozzo per salvare il mondo - e questo era il sole privato dei suoi raggi d’oro e coronato di raggi neri come una corona di spine (che simbolizzano questa perdita); l’altro, era il Messia trionfante che aveva raggiunto la sommità dell’arco del cielo, personificato come il Leone della Tribù di Giuda. In entrambi i casi aveva la croce simbolo della materia.

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