Per gli antichi i miti erano storia
I racconti mitici
“il mito è storia camuffata” (Eufemo 4° sec. A. C.)
“I nostri antenati delle epoche remote hanno trasmesso ai posteri la loro tradizione sotto forma di mito” (Aristotile)
Quando gli studiosi liquidano i miti come favole, non si accorgono quanto vicini sono alla verità, ma come in una beffa, essi guardano dalla parte opposta e non la vedono. Favola[1] era figlia del Sonno, Ypnos, e di conseguenza della Notte, il mito vuole che fosse sposata col Falso e che si occupasse continuamente di contraffare la storia. Viene rappresentata come una donna magnificamente vestita, con un dolce sorriso, una maschera in mano, nell’atto di avvolgersi con un velo sul quale sono disegnati tanti animali. Favola dunque maschera, vela per proteggere. Iside era raffigurata col volto velato, nessun mortale, non iniziato ai sacri Misteri poteva vedere il suo volto. Plutarco registra la seguente iscrizione sul portico del tempio di Iside a Sais: "Io sono Iside, tutto ciò che era, che è, e che sarà e nessuno dei mortali ha mai sollevato il mio velo”. Iside rappresentava la Sapienza nascosta che attraverso i secoli è stata tramandata nelle scuole Misteriche in tutto il mondo antico.
Coloro che elaborarono i miti, si proposero di far conoscere ai profani una parte delle conoscenze, sia in una fraseologia particolare, sia in un linguaggio destinato a velare piuttosto che a svelare i misteri della loro scienza sacra. La cosiddetta Favola era il mezzo per nascondere ai profani, ma contemporaneamente lasciare in essi in segno indelebile.
Il mito racconta una storia sacra; riferisce un avvenimento che ha avuto luogo nel tempo primordiale, il tempo favoloso delle origini [...] È dunque sempre il racconto di una “creazione”: si narra come qualcosa è stato prodotto, come ha cominciato a essere.[2]
Per Esiodo, e per gli antichi, i racconti mitici erano storia narrata in modo che potesse essere impressa in modo indelebile nella loro psiche, coinvolgendoli emotivamente e mentalmente. Per gli antichi, il racconto mitico aveva un significato diverso da quello ora attribuitogli: “Narrazioni di eventi realmente accaduti nel passato più antico, così tremendi e incredibili da essere meritevoli di essere tramandati per secoli oralmente in ogni piccolo particolare”. I racconti mitici di Esiodo, la Teogonia, le Cinque Generazioni umane, per intenderci, erano per i Greci fatti storici, raccontati con un linguaggio volutamente allegorico e velato. La segretezza divenne una necessità man mano che il genere umano progrediva e diventava, a ogni successiva generazione sulla terra, più terrestre più egoista. È l’egoismo personale che si sviluppa e spinge l’uomo ad abusare della sua conoscenza e del suo potere. I Libri di Thot, la Bibbia, i Veda e la Cabala, tutti ingiungono la medesima segretezza per quanto riguarda certi misteri della Natura in essi simbolizzati.
I continui rapimenti di belle fanciulle da parte di Zeus significano la creazione di nuove generazioni simboleggiate dai figli fatti nascere dal potere fecondatore.
La comparsa dei continenti, delle terre e delle razze di uomini è descritta in modo velato dai vari miti. Zeus, il potere fecondatore, s’innamora sempre di una bella fanciulla. In questo mito Zeus s’innamora di “Io” la figlia di Inaco, si unisce a lei e per non farsi scorgere da Era, la gelosa consorte, narra il mito, mutò il giorno in notte. Lo scambio del giorno con la notte equivale a un capovolgimento a un’inversione dell’asse polare con il conseguente annientamento.
[1] Ovidio, nelle Metamorfosi, anziché Favola, cita Fantaso, Figlio del Sonno e della Notte, era fratello di Morfeo (Sogni) e di Icelo, e apportava i sogni ai principi e ai grandi guerrieri. Viveva in Oriente, in un palazzo con due porte: una era d’avorio e l'altra di corno. Dalla porta di corno uscivano i sogni chiari e trasparenti; dalla porta di avorio, invece, uscivano quelli oscuri e ambigui. In particolare, Fantaso usciva da quella di corno, suo fratello Icelo da quella di avorio.
[2] Mircea Eliade, Aspetti del Mito.