Vimâna e Messaggeri Celesti dalla notte dei tempi a oggi - Sapienza Misterica

SAPIENZA MISTERICA
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Vimâna e Messaggeri Celesti dalla notte dei tempi a oggi

IL SÛRYA SIDDHÂNTA E ASURA-MÂYÂ

Il Sûrya Siddhânta, la più antica opera astronomica scritta in sanscrito, parla dei Siddha, o uomini perfetti … detentori della conoscenza che viaggiarono intorno alla Terra, al di sopra della Luna e al di sopra delle nuvole.[1]
Il Sûrya Siddhânta è un trattato veramente profondo e notevole, che parla degli Yuga cioè dei lunghi periodi di tempo di varie durate, le divisioni del tempo in infinitesimali, i cicli del sole, della luna e dei pianeti, come pure delle eclissi. Per gli accademici questa opera è un mistero perché non sanno da chi è stata scritta (o meglio riscritta) e in quale epoca. Il Sûrya Siddhânta è attribuito ad Asura-Mâyâ che la tradizione epica indica il primo astronomo in Aryavarta, quello al quale Sûrya, “il Dio-Sole in propria persona comunicò la conoscenza delle stelle”.
I commentatori moderni affermano che nel Sûrya Siddhânta si possono trovare le radici della trigonometria così come le invenzioni matematiche essenziali come la notazione standard e il sistema decimale. Inoltre, il testo descrive la gravità più di un millennio prima che Newton sviluppasse la sua teoria nel 1687. Spiega le rivoluzioni siderali e come i pianeti si muovono verso est. Ad esempio, il Sûrya Siddhânta afferma che il periodo siderale della luna è 27,322 rispetto a 27,32166 nei calcoli moderni. Per Mercurio il periodo è 87,97 (O moderno: 87,969). Calcola con precisione le dimensioni e la posizione dei pianeti lontani, la durata di un anno tropicale e la quantità di tempo che è passata dalla creazione.
Nei versi di apertura del Sûrya Siddhânta, si afferma che Sûrya, il Sole, attraverso il suo rappresentante solare, trasmise ad Asura-Mâyâ “la scienza sulla quale si fonda il tempo, il grande sistema dei pianeti” (I, 5) e che ciò avvenne alla fine del Krita o Satya Yuga, dell’età dell’Oro (I, 46-7). Secondo astronomi tradizionali Indù abbiamo già percorso circa 5000 anni dall’inizio del Kali Yuga, l’Era Oscura, che è iniziato il 17 febbraio del 3.102 a.C. Se facciamo un calcolo all’indietro dall’attuale periodo, se aggiungiamogli  864.000 anni del Dvapara Yuga, e 1.296.000 anni del Tetra Yuga, otteniamo la data di trasmissione della scienza delle stelle il 2.163.102 a.C. ciò significherebbe che la prima stesura del Sûrya Siddhânta è antica più di due milioni di anni[2]. Questi calcoli astronomici non sono fuori luogo per una civiltà che secondo gli archeologi non durò molto tempo?
La tradizione indù dice dunque che Sûrya Siddhânta ha più di 2 milioni di anni. Una tradizione sostiene che, in forma orale, è stata composta per la prima volta 2500 anni fa. Gli studiosi moderni pensano che noi siamo il fior fiore dell’intelligenza umana e che gli antichi usciti dalle caverne erano ignoranti e bontà loro ipotizzano che il Sûrya Siddhânta la più antica opera astronomica del mondo sia stata composta all'inizio del V secolo d.C., il che è vero solo per una trascrizione parziale recente, cioè consentita dai Brâhmani, ad uso degli astronomi. Questa era solo l’ultima trascrizione parziale, perché gli Indù non rivelano i loro segreti ai fuori casta e non nati due volte cioè Iniziati alla Brâhma-Vidya. Noi occidentali siamo considerati dai Brâhmani dei fuori casta, dei “Mlechchha” cioè stranieri impuri, non degni della conoscenza e tenuti all’oscuro, e il più delle volte fuorviati.
Non dovremmo pensare, interpretando alla lettera, che il Sole sia sceso da cielo e abbia dettato ad Asura-Mâyâ questa conoscenza, ma piuttosto che gli è stata trasmessa una conoscenza solare ed extraterrena. In altre parole, in omaggio a Sûrya, la natura interiore di Asura-Mâyâ fu innalzata al raggio solare del quale egli era un’incarnazione, e a quel punto gli furono ispirati ed insegnati dalla propria divinità solare alcuni dei segreti dell’universo (G. Purucker).
Nel Nihongi[3] è scritto che l’imperatore del Giappone Kami-Ihari-Biko (nel 667 a.C.) riferì alla corte riunita in concilio che il suo celeste progenitore, Hika-ho-no-Ninigi-no-Mikoto era disceso dalle terre benedette degli Dèi 1.792.470 anni prima, cioè nel 1.793.137a.C., cioè 370.000 anni dopo la trasmissione della scienza delle stelle. Disceso dalle terre benedette degli Dèi, può essere interpretato disceso dallo spazio celeste. L’odierno Giappone è situato nell’Oceano Pacifico, dove un tempo era situato il Terzo continente, la Lemuria per l’occidente. Come gli Indù, i Cinesi e gli Egiziani, i Giapponesi hanno avuto le loro dinastie di imperatori divini. La bandiera del Sole Nascente, simbolo del Giappone, rappresenterebbe ancora il sacro simbolo di Lemuria. Ci viene detto che i nomi di Lemuria e di Atlantide non sono i veri nomi arcaici dei Continenti perduti, sono stati adottati semplicemente solo per amor di chiarezza. Le sette Isole Continenti Sacre (Dvîpa) sono menzionate nei Purâna e nel Sûrya Siddhânta, la più antica opera astronomica del mondo, e nei lavori di Asura Mâyâ, l’astronomo atlantideo.
Andrew Tomas narra in” Mondi senza fine” che nel 1959 una spedizione paleontologica russo-cinese diretta dal prof. Chow Ming Chen portò dal deserto del Gobi uno strano campione che sembrava l’impronta fossile di una suola scanalata come di una calzatura, su pietra arenaria. L’età dello strato  non fu difficile da determinare, ma la roccia si era formata dai sedimenti di un mare dell’Asia centrale che esisteva 15 milioni di anni fa. L’impronta in ogni caso risaliva a milioni di anni fa.
Nel Râmâyana si dice che Asura-Mâyâ sia il figlio di Viswakarma, il Demirugo. Asura-Mâyâ l’autore del Sûrya Siddhânta è menzionato 23 volte nel Râmâyana e 61 volte nel Mahâbhârata, i due grandi poemi epici indù.
Il prefisso Asura, Daitya o Danava che precede il nome Mâyâ indica per gli indù persone appartenenti a una grande razza preistorica gli Asura e i Danava nome dato dagli scritti indù agli abitanti di Shanka-dvîpa, per intenderci agli Atlantidei. I Daitya e i Danava erano descritti come una razza di Giganti. I Daitya, come i Danava furono originariamente esiliati dal cielo alla fine del Krita Yuga.
Nel Mahâbhârata grande poema epico indù veniamo a sapere che ad Asura-Mâyâ o Mâyâ-Asura, o Mâyâ-Danava astronomo e uomo di scienza, è attribuita anche la progettazione di molti veicoli spaziali per il re Kubera, che in tempi remoti del Mahâbhârata governava Lanka, e che egli stesso aveva un Vimâna, cioè un’aeronave, misurante dodici cubiti di circonferenza provvista di quattro ruote robuste. Asura-Mâyâ costruì inoltre anche, tre città fortezza volanti, una d'oro, una d'argento e una di ferro, chiamate Tripura. Ciascuna delle fortezze era provvista di diverse armi come protezione contro le incursioni degli dèi. Tarakaksha viveva nella fortezza di ferro, Vidyunmali in quella d’argento e Mâyâ viveva in quella d’oro. Mâyâ costruì una città di metallo capace di volare, che non poteva essere distrutta né dagli esseri celesti, né dai demoni, né dagli umani, le diede il nome di Saubha e la consegnò al re Salva che aveva sviluppato un forte rancore verso Sri Krishna e aveva fatto voto di distruggere la sua città, Dvaraka. Il Vimâna usato da Salva era molto potente e misterioso. Era così straordinario che a volte appariva come se molti Vimâna volassero contemporaneamente nel cielo, a volte come se non ve ne fosse alcuno, a tratti era visibile, a tratti non lo era più. Inoltre appariva e scompariva a piacimento. Gli UFO sono noti per questo tipo di comportamento, e anche per la descrizione di atterraggi o soste sull’acqua, seguite da improvvisi decolli. Il Vimâna di Salva era stato costruito da un esperto di tecnologia spaziale, un conoscitore delle proprietà di mâyâ, nome dato in India alle forme della materia sempre mutevoli, perciò considerate dalla filosofia indù, illusorie.
Mâyâ è una parola sinonimo di Materia, Madre, Magia, che deriva dalla radice mâ che significa "misurare". Letteralmente il termine significa “ciò che può essere misurato”. La consorte di Shiva è conosciuta anche come Mâyâ Devi, o la Dea che controlla l’energia della Materia. Secondo Monier Williams, Mâyâ significava in una lingua più antica “saggezza e potere straordinario”, ma dal periodo vedico in poi, la parola venne a significare illusione perche la materia muta sempre forma.
Asura Mâyâ probabilmente era il nome dato a diversi individui a cominciare dal primo apparso alla fine del Satya o Kreta Yuga, custodi di un’antica conoscenza apparsi nella storia dei Veda.
Asura Mâyâ chiamato anche Daitya e Danava, in qualità di grande architetto, alla fine della grande guerra, del Mahâbhârata costruì un palazzo delle illusioni chiamato Mâyâ Sabha a Indraprastha. Era pieno di stagni e laghi "magici" e naturali.
Di tutti i personaggi incomprensibili del Mahâbhârata e dei Purâna, il più misterioso è Nârada, chiamato nel Cis-Himalâyano Pesh-Hun, il “Messaggero”, l’Angelos greco. Nelle opere exoteriche è chiamato con nomi che sono tutt’altro che complimenti; come Kali-kâraka, creatore di discordie. È lui che provoca le guerre e vi pone fine. Egli è l’aggiustatore visibile del Karma su scala generale, l’ispiratore e la guida dei più grandi eroi di questo Grande Ciclo.
Due figure grandi e misteriose dominano come due giganti il Passato Arcaico: Nârada ed Asuramaya. A Nârada-Pesh-Hun è attribuito di aver calcolato e registrato tutti i cicli astronomici e cosmici a venire, e di aver insegnato la Scienza ai primi osservatori della volta stellata.  Ed è Asuramaya, che si dice abbia basato tutti i suoi lavori astronomici su queste note, ad aver determinato la durata di tutti i periodi passati, geologici e cosmici, e la lunghezza di tutti i cicli a venire, sino al compimento di questo Ciclo di Vita.
E come si dice che Asuramaya descritto come un Gigante sia stato il più grande astronomo, si mormora che sia stato anche il più potente ‘Stregone’ “dell’’Isola Bianca che con il peccato diventò Nera”, cioè di Shanka-dvîpa[4], in occidente, conosciuta come l’isola di Atlantide. Quando la Tradizione dice che “l’Isola Bianca divenne nera in conseguenza dei peccati della sua gente”, essa intende semplicemente gli originari dell’Isola Bianca, chiamata Siddhapura, o Shveta-dvîpa, che discesero in Shanka-dvîpa, cioè nell’Atlantide della Terza e Quarta Razza Madre o Generazione “per dar loro forma; e che, essendosi incarnati, divennero neri per il peccato” (H.P. Blavatsky).

[1] A: Thomas, I segreti dell’Atlantide, pag. 42, 45.
[2] Un Dviya Yuga, noto anche come Maha Yuga, Chatur Yuga, è un'età ciclica nella cosmologia indù. Ogni ciclo dura 4.320.000 anni e ripete Quattro Yuga (età del mondo): Krita (Satya) Yuga, Treta Yuga, Dvapara Yuga e Kali Yuga.
[3] La prima opera letteraria giapponese, il “Kojiki“ (testimonianza di antiche cose), in caratteri giapponesi arcaici, basata su racconti vecchi di centinaia di anni e tramandata verbalmente da bardi e cantastorie, fu scritta nel 712 d.C. da Hiyeda-No-Are, ciambellano di corte di grande talento; poco tempo dopo, nel 720, le stesse tradizioni furono trascritte nel Cinese classico dal principe Toneri con il titolo di “Nihongi” e dedicate all’imperatrice, dimostrandole la sua discendenza da Amaterasu, la grande dea del Sole.
[4] Le sette Dvîpa o Isole sono riverite a più livelli: stellare, catena planetaria, globo terrestre. Il mare, l’oceano è riferito ad un livello alle acque dello spazio, e a un livello più basso alle acque e agli oceani della terra. Inoltre la divisione settenaria continua all’interno di ogni Dvîpa. Secondo il mito Atlante aveva sette figlie, sette sorelle note come le sette Pleiadi, simbolo delle sette regioni del globo celeste, ma geologicamente rappresentano anche le sette regioni del globo, le sette isole-continenti, le Dvîpa dalla Tradizione Indù e tutte assoggettate all’Asse Polare, o Asse del Mondo, simboleggiato da Atlante.

I NUMERI ASTRONOMICI DEI MAYA

Mâyâ come regione è assegnata all’occidente mentre l’Aryavarta o India è posta ad oriente. I Pûrana indù assegnano all’occidente, cioè all’Atlantide il luogo di nascita di Asura Mâyâ, “grande mago quanto grande uomo di scienza, astronomo e astrologo”. Shanka-dvîpa, cioè Atlantide si estendeva sia ad oriente come racconta il Mahâbhârata le lotte, e sia ad occidente nell’America, dove fiorì la civiltà Maya.  Il sole e i suoi pianeti circostanti occupavano anche l'attenzione centrale della casta degli astronomi Maya in America centrale. Sebbene si dispongano di informazioni sufficienti per collegare questo antico astronomo direttamente con i Maya delle prime civiltà centroamericane, la somiglianza dei nomi è, a prima vista interessante. Lo diventa ancora di più alla luce della somiglianza piuttosto sorprendente tra la conoscenza astronomica, la matematica e i sistemi di calcolo del tempo delle due culture.
Come gli indù anche gli indiani Maya del Guatemala hanno il loro Zodiaco da tempi incalcolabili. Nei monumenti maya compaiono i cosiddetti numeri del serpente delle grandi unità di tempo utilizzate per calcoli cosmologici che appaiono nel Codice di Dresda sono:
  • 1   calabtun 160.000 anni
  • 20 calabtun 1 kinchiltun 3.200.000 anni
  • 20 kinchiltun 1 alautun  64.000.000 anni
   
Questi numeri Maya si accordano per i grandi cicli o età con quelli del Sûrya Siddhânta. Perché i Maya e gli Indù si presero il disturbo di calcolare periodi di centinaia di milioni di anni, non certo come affermano gli esperti per diletto matematico, ed infine da chi avevano ereditato tali conoscenze se non dall’insegnamento di Asura Mâyâ? D’altronde il dominio degli Atlantidei si stendeva da occidente dal continente Americano ad oriente. In tutta la civiltà Maya si trovano sculture stilizzate in pietra di apparecchi volanti Vimâna e persone in tute spaziali.
I Maya ci raccontano che Kulkucan (noto anche come Quetzalcoatl) è sceso dai cieli (cioè con un’aeronave) e ha regnato sulla sua gente, insegnando loro l’arte dell’agricoltura, della matematica, della medicina e dell'astronomia. In accordo con il modo arcaico indiano di descrivere la questione, si diceva che l'astronomo di nome Mâyâ-Asura avesse acquisito la sua conoscenza studiando il sole. La parola Asura deriva da Sûrya, il Sole in sanscrito.
Gli Aztechi, secondo la tradizione provenivano da un luogo chiamato Aztálan, nome che rievoca Atlantide, anche se gli studiosi affermino che sia situato nel Messico settentrionale. Gli Aztechi assimilarono le credenze, i miti, i riti dei Toltechi. Nel linguaggio tolteco (nauhatl) si ritrova la radice atl, che significa acqua, guerra. Di qui proviene la parola atlan, che significa sulla riva o in mezzo all’acqua. La parola Atlantico non si ritrova un’etimologia in nessuna lingua indoeuropea.
Diego de Duran, un frate francescano che lottò per recuperare la coscienza del passato: nel VXI secolo, ripete il racconto udito da un sapiente indio sulla costruzione della Torre di Cholula, Un’immensa Ziggurat consacrata al culto di Quetzalcóatl o del Serpente Piumato. I lati di base della Torre a quattro gradoni di Cholula misurano quasi quattrocentosessanta metri circa il doppio di quelli della piramide di Giza e il volume è di ben tre milioni di metri cubi, che fa di questa costruzione l’edificio più grande costruito sulla terra. Le leggende locali dicono che l’edificio era stato costruito da uomini giganteschi.
Figura 1. I Giganti Atlanti di Tula
Apparvero uomini giganteschi… i quali presero possesso della terra … Innamorati della luce… decisero di costruire una torre talmente alta che la sua cima toccasse il cielo… il Signore dei Cieli, adirato, disse agli abitanti del cielo… ”Venite a confonderli perché non è giusto, perché quelli sulla terra, che vivono nella carne, si mescolino a noi”. Immediatamente gli abitanti del cielo si precipitarono come folgori; distrussero l’edificio e divisero e sbaragliarono i costruttori in tutte le parti della terra.
Gli atlanti di Tula, alti 4,60 m rappresentano Quetzalcòatl (il Serpente Piumato) nella sua funzione di “Stella del Domani”.
NARRA LA GENESI EBRAICA

Non vi è alcun dubbio che il racconto indio e il racconto ebreo sono simili. Il capitolo decimo[1] della Genesi appartiene ai figli di Noè che ripopolarono la terra, e il capitolo successivo si apre con il racconto della Torre di Babele:
Tutta la terra aveva Una sola lingua e usava le stesse parole … Dissero: costruiamoci una città e una torre, la cui cima tocchi il cielo e facciamoci un nome per non disperderci su tutta la terra… Il Signore disse: ”Ecco, essi sono un sol popolo e hanno una sola lingua; questo è l’inizio della loro opera … scendiamo dunque e confondiamo la loro lingua … Il Signore li disperse di là su tutta la terra[2].
La Genesi e il Deuteronomio furono ricompilati dai dotti rabbini durante la cattività ebraica a Babilonia che possedeva una vasta biblioteca. Il racconto  Maya afferma che gli abitanti del cielo scesero come folgori e distrussero l’edificio. Il racconto ebraico che si riferisce ad un’età antidiluviana afferma che gli Angeli discesero dal cielo e distrussero la torre.
La discesa dal cielo implica l’utilizzo di aeronavi. La Genesi ebraica, il Mahâbhârata, il Râmâyana indù, come di ogni mito esoterico hanno sette chiavi di lettura che aprono sette aspetti o interpretazioni di lettura. Uno dei sette riguarda il nostro mondo materiale.
Il corrispondente occidentale di Asura Mâyâ è Enoch, infatti, nel Midrash Pirkah (Capitolo VIII) è scritto che “Enoch o Hanokh trasmise la scienza del calcolo (astronomico) e del computo delle stagioni a Noè”. Secondo i libri di Enoch, una notte egli dormiva solo nella sua casa quando, improvvisamente, fu svegliato da due uomini giganteschi, afferrarono Enoch e sollevatolo lo accompagnarono su un carro celeste nello spazio dove, nel corso dei successivi sessanta giorni, furono la sua guida su dieci mondi diversi.
Ed essi mi portarono davanti agli Antichi e a coloro che comandano le stelle (2, IV). Essi ordinano e studiano il movimento delle stelle … ed impartiscono istruzioni e insegnamenti (2, XIX).
Enoch sale in cielo dove incontra la Grande Gloria di Dio:
  • Viene portato in vari luoghi anche sotterranei;
  • Vola in una località deserta dominata dal fuoco;
  • Si sposta poi nelle diverse direzioni verso i confini della Terra;
  • Riceve dai “Vigilanti” una serie di conoscenze astronomiche relative all’ordine del cosmo, al sole, alla luna e alle sue fasi, all’anno lunare, ai venti.
     
“Enoch”, e la sua “Sapienza” appartengono al ciclo della Quarta Generazione o Razza atlantiana, e ai discendenti di Noè al ciclo della Quinta. Noè è l’erede della Saggezza di Enoch; in altre parole, la Quinta Generazione Razza è erede della Quarta cioè l’Atlantidea formata da giganti. “C’erano sulla terra i Nefilim (Giganti) a quei tempi - e anche dopo - quando i figli degli Elohim ‘Esseri celesti’ si univano alle figlie degli uomini e queste partorivano loro dei figli, sono questi gli eroi dell’antichità, uomini famosi” (Genesi IV, 6).
Il Libro di Enoch è un riassunto, un compendio delle grandi linee della storia della Terza, Quarta e Quinta Razza o Generazione. un lungo sommario retrospettivo, introspettivo e profetico di eventi universali e del tutto storici — geologici, etnologici, astronomici e spirituali — con un tocco di Teogonia degli archivi antidiluviani. Forse S. Agostino aveva ragione quando diceva che la Chiesa respingeva il Libro di Enoch dal suo canone per la sua troppa antichità (ab nimiam antiquitatem) per gli eventi raccolti in esso, non c’è posto nel limite dei 4004 anni a.C. assegnati exotericamente al mondo dalla sua “creazione”! Origene, fra gli altri, che visse nel secondo secolo dell’èra cristiana, cita il Libro di Enoch come un’opera antica e venerabile.
Dice lo Zohar: “Hanokh aveva un libro identico al ‘Libro delle Generazioni di Adamo’; questo è il Mistero della Saggezza”. Enoch il settimo Patriarca, e il suo equivalente greco Ermete sono figure giganti del passato arcaico risalgono al periodo di Asuramaya.
Una delle antiche storie ebraiche è il racconto biblico della distruzione delle “dissolute” città di Sòdoma e Gomorra (come lo era Atlantide) è una delle più grandi e cruente catastrofi, raccontata nel dettaglio nel libro della Genesi. Nel capitolo 13 della Genesi, Lot vede la “pianura del Giordano”, che viene descritta come lussureggiante e decide di separarsi da Abramo e piantò le tende vicino a Sòdoma, i cui abitanti erano malvagi.
Non si parla più di Lot fino al capitolo 19 quando Dio invia a Sòdoma due Messaggeri (Malachim o Angeli) arrivarono dunque a Sòdoma la sera, mentre Lot stava seduto davanti alla porta della città. Nel vederli li riconobbe subito, e si alzò per incontrarli e accoglierli, prostrandosi con la faccia per terra, e li invitò a casa sua. Lot non dimorava più nella tenda. Dopo l’arrivo dei Messaggeri i sodomiti volendo abusare degli ospiti di Lot provarono a buttar giù la porta d’ingresso, ma i due Messaggeri, impedirono l’accesso all’interno della casa agli assalitori accecandoli tutti con una luce abbagliante. “Perché noi stiamo per distruggere questo luogo: il grido innalzato contro di loro davanti al Signore è grande e il Signore ci ha mandati a distruggerli” (Genesi 19: 13). Lot dunque avvisò i suoi generi, che però non vollero dargli retta, e così abbandonò la casa e la città solo con sua moglie e le sue due figlie. “Allora il Signore fece piovere dal cielo su Sòdoma e Gomorra zolfo e fuoco, da parte del Signore; egli distrusse quelle città, tutta la pianura, tutti gli abitanti delle città e quanto cresceva sul suolo”. La moglie di Lot si voltò indietro e fu trasformata in una statua di sale. (Genesi 19: 24-26).
La zona del Mar Morto dove si trovavano le due città del peccato è particolare. Il Mar Morto si trova a circa 390 m sotto il livello del mare ed ha una profondità di 365 m. il fiume Giordano riversa le sue acque in questo mare che non ha sbocco. Le teorie della distruzione di Sòdoma e Gomorra sostengono che le città furono distrutte quando un movimento della zolla aveva fatto spostare la Rift Valley, e la zona all’estremità meridionale del Mar Morto aveva subito uno sprofondamento. Il problema che questo avvenimento non poteva essere accaduto intorno al 2.000 a,C., al tempo di Abramo e Lot. A detta dei geologi questo evento è accaduto un milione di anni fa.
Abramo vide le città trasformarsi in una pianura vuota, avvolta in un denso fumo. Il ricercatore L.M. Lewis, nel suo libro “Footprints on the Sands of Time” (Impronte sulla sabbia del tempo) sostiene che le città furono distrutte da armi atomiche e che le statue di sale che non si sciolgono perché costituite da un sale speciale sono le prove di un’avvenuta esplosione nucleare. Flavio Giuseppe  (37 – 100 d.C.) vide le statue di sale nei pressi del mar Morto e se fossero state di sale comune dovevano dopo migliaia di anni essere sciolte. In caso di attacco nucleare,viene detto di mettersi al riparo (in quel caso le montagne) e di non guardare verso l'epicentro del disastro, a causa di calore e radiazioni. Le stesse precauzioni dette dagli Angeli, che però non furono seguite dalla moglie di Lot. Probabilmente furono i “venti nucleari” a ridurre la moglie in questo stato. Un bombardamento simile e' raccontato anche nel Mahabharata,un testo indiano dove si parla anche dei Vimâna e dove gli Dèi si combattono con armi futuristiche. La città distrutta è quella di Mohenjo-Daro, nel moderno Pakistan. Il racconto descrive la distruzione: "I signori del cielo irati con Lanka, polverizzarono sette città con la luce che brillava come mille soli ed emanava il rumore di diecimila tuoni! Râmâyana.
Una diversa lettura ci dice che i Messaggeri, gli Angeli della Morte (giunti dal cielo a bordo dei loro Vimâna) avvisarono Lot di fuggire, prima che le città fossero bombardate da alieni o terrestri con armi ad alta tecnologia, come narrato in altre opere come il Mahâbhârata.

[1] Dieci come numero indica pienezza, compimento, col capitolo undici, viene rotta la pienezza indicata dal dieci.
[2] Genesi, XI, 1.
LE GUERRE ATALANTIDEE NARRATE NEL MAHÂBÂRATA E NEL RÂMÂYANA

L‘eco di antiche guerre epiche narrate in oriente nel Mahâbhârata e nel Râmâyana, e ripreso in occidente da Omero nell‘Iliade, ha la sua origine in un lontanissimo passato. nell‘Iliade Ettore e Aiace si scagliano contro reciprocamente macigni. Ettore e Aiace e Diomede, Eroi della Quarta Generazione sono descritti da Omero come dotati di forza portentosa, tipica dei Giganti e alti di statura.
Achille era anch‘egli un gigante, cioè un antidiluviano, indirettamente lo attesta il fatto che il centauro Chirone, disseppellì il gigante Damiso, che si era distinto in vita per la sua velocità nella corsa, e mise ad Achille l‘osso del tallone corrispondente del gigante. Efesto il fabbro divino, fabbricò per Achille l‘armatura, l‘elmo col cimiero dorato e gli schinieri, ma l‘arte di queste armi è liquidata con poche parole; ben di più sono spese per il grande scudo tondo decorato a sbalzo, che fu fatto per primo(1). Due sono i cavalli, Balio il cavallo pezzato e Xanthos il biondo, il sauro, che Poseidone aveva donato a Peleo e che in seguito che accompagnarono Achille a Troia. Le Arpie erano figlie di Elettra dal loro matrimonio con Zefiro il dolce vento occidentale, nacquero due coppie di cavalli alati, i cavalli di Achille e i cavalli dei Dioscuri, due polarità elettromagnetiche. Xanto e Balio, che al pari correvano col soffio dei venti (Iliade, XVII). Il corrispondente di Zefiro nel mito greco è in India Vayu il Vento. La coppia di cavalli rappresenta le polarità opposte, i Dioscuri dell‘antica Grecia. In India ritroviamo questo simbolo nei Gemelli Asvin, gli Dèi dalla testa di cavallo, i Dioscuri Indù, figli del Sole Surya, eternamente giovani e di una gaiezza e brillantezza sovrumana, essi guidano il Carro d‘Oro della Dea Usha, l‘Aurora. Poiché gli antichi identificavano la freccia col fulmine, verrebbe da pensare che Achille sia stato ucciso dalla freccia fulmine propiziata dalle divinità Apollo e Poseidone. Quale vendetta nel comportamento sacrilego nei confronti di Ettore, l‘Eroe troiano noto come il ―domatore di cavalli‖. Narra Platone che ad Atlantide una statua gigantesca d‘oro di Poseidone con cocchio e sei cavalli alati dominava la stanza principale del tempio. Surya, il Sole, saliva ogni giorno su un carro trainato da sette cavalli alati. I due cavalli di Achille sono generati dal vento e dall‘elettricità sono l‘immagine del potere elettromagnetico del cosmo. I due che cavalli trascinavano il carro da guerra di Achille sono l‘immagine il simbolo di un potente mezzo che vola nel cielo e che porta distruzione.
Le tre Arpie erano considerate da Omero come personificazione dei venti di tempesta, come figlie di Elettra, l‘elettricità cosmica. Cavalli e cavaliere realtà erano uno, la forza distruttrice personificata.
L‘Orsa Maggiore e le Pleiadi raffigurate sullo scudo di Achille, distruttore di Troia(2), hanno un significato preciso e non sono da vedersi come prova dell‘incredibile ignoranza di Omero... In verità sono troppe le tradizioni che collegano l‘Orsa Maggiore e le Pleiadi con questa o quella catastrofe perché le si possa esaminare tutte(3).

I guerrieri del Mahâbhârata e del Râmâyana si avvalgono di armi di altissimo livello tecnologico e combattono utilizzando dei Vimâna cioè macchine o vascelli volanti dotate di armi micidiali, argomento del capitolo successivo. Il Mahâbhârata e il Râmâyana sono opere molto più antiche di quanto ingenerosamente assegnano gli studiosi, che conoscono solo l‘ultima stesura exoterica. Il Râmayâna, è la narrazione mistica in forma epica della lotta tra Râma - il primo re della Dinastia Divina degli Ariani primitivi, la Quinta Generazione - e Râvana, la personificazione simbolica della Razza Atlantidea (Lankâ). Questa fu la grande battaglia tra il Bene ed il Male, per la supremazia delle forze divine sui poteri inferiori, terrestri o cosmici.

Nel Râmâyana è narrata l‘epica lotta tra Râma-Chandra e Râvana il Re-Demone Sovrano di Lanka, dei Râkshasa e degli Yaksha, che a bordo di un potente Vimâna rapì la bellissima Sita, moglie di Râma Chandra, fatto che condusse alla grande guerra. Rama a bordo del suo Vimâna accompagnato da un piccolo esercito vola fino all‘isola di Lanka e riporta indietro nella città di Ayodhya, la sua afflitta moglie Sita. La Grande Guerra sulla Terra fu il risultato dell‘avere gli uomini aperto gli occhi ed i sensi, così da vedere che le figlie dei loro fratelli erano più belle che le loro, ed altrettanto le spose, come è raccontato sia nel Râmayâna che nell‘Iliade. Furono commessi dei ratti prima di quello delle Sabine, e dei Menelai furono privati delle loro Elene prima che fosse nata la Quinta Generazione o Razza. A quel tempo il suo regno (di Rama) si estendeva su tutto questo territorio, un‘era del mondo fa; in un tempo molto distante nel passato. Rama regnava dal centro del mondo, fino alle sponde dei quattro oceani. (Valkimi, capitolo iniziale del Râmâyana). Il celeberrimo poema epico dell‘India di Veda Vyasa il Mahâbhârata letteralmente, ―la Grande Guerra‖; probabilmente il più lungo poema del mondo che comprende anche la Bhagavad Gīta, il ―Canto Celestiale‖, narra la storia di una lunga guerra fra i Sûryavansha (stirpe solare) e gli Indovansha (stirpe lunare), cioè tra i 100 Kaurava e i 5 Pândava, tra loro cugini. Nel Mahâbhârata leggiamo di Bhima il secondo dei fratelli Pândava ―Volò con il suo Vimâna sopra un enorme raggio brillante come il Sole e faceva un rumore simile al tuono in una tempesta‖. Bhima è sia figlio di Kunti e del re Pandu, però, si narra che sia figlio di Vayu dio dell‘Aria uno dei cinque elementi, in quanto Pandu, legittimo erede al trono di Bharata, non poteva generare figli a causa di una maledizione. Vayu è allo stesso tempo un essere individuato ed un essere universale. Il mito ci dice che Bhima simile a Vayu, l‘Aria, aveva i poteri e le conoscenze di questo elemento, il suo dominio spazia nell'atmosfera ecco perché con il suo Vimâna compiva atti prodigiosi. Vayu è il Vento, il respiro di Varuna nel Cosmo, corrispondente al prana, nel microcosmo umano. Bhima è famoso per aver ucciso tutti i 100 malvagi cugini Kurava oltre alla maggior parte del loro esercito durante la battaglia nella pianura Kurukshetra. Il Mahâbhârata è circa sette volte più lungo dell‘Iliade e dell'Odissea messi insieme, e circa quattro volte la lunghezza del Râmâyana. Lo stesso grande, antico poema epico Indiano, ci narra anche nella grande ascensione del guerriero Arjuna nel regno di Indra. Arjuna il terzo dei cinque fratelli Pândava, non era un dio, ma un mortale. Però durante il racconto della sua particolare avventura, si parla della sua ascesa al cielo in un carro che viaggia verso le nuvole con il rumore del tuono. Nel suo viaggio Arjuna vede altri Vimâna o carri volanti alcuni che sono precipitati, altri immobili, ed altri ancora che volano liberamente nell‘aria. Anche nel Râmâyana il secondo grande poema epico Indiano dopo il Mahâbhârata, si legge che i Vimâna volano a grandi altezze. Questi Vimâna potevano coprire grandi distanze sia nello spazio che sott‘acqua e manovrati su, giù e avanti. Erano macchine magnifiche adatte solo per i Re e per gli Dèi. Con l‘aiuto delle macchine, gli esseri umani possono volare nell‘aria ed esseri celestiali discendere dallo spazio sulla Terra.
Nel Mahâbhârata riconosciamo Nembrod (Nimrod) sotto il nome del re di Daytha. Nimrod personaggio biblico fu secondo la Genesi (10,8-12) re dello Shinar (Mesopotamia) e figlio di Kus (Cush) o Etiopia, figlio di Cam, figlio di Noè. L‘empio re di Daitya scaglia imprecazioni contro il tuono celeste e minaccia di conquistare lo stesso cielo con i suoi possenti guerrieri, attraendo così sull‘umanità l‘ira di Brahma. ―II Signore allora decise‖, dice il testo, ―di castigare le sue creature con una terribile punizione che sarebbe stata di ammonimento ai sopravvissuti e ai loro discendenti‖. Il diluvio appare nei libri indù solo come una tradizione. Non pretende di avere un carattere sacro, e noi lo troviamo solo nel Mahâbhârata, nei Pûrana e, ancor prima, nel Satapatha, uno degli ultimi Brahmâna.

La guerra contro il malvagio re di Daitya si conclude con una distruzione, la sommersione dell‘iniqua Daitya una delle due grandi isole che rimanevano al centro dell‘Atlantico, come appare nei libri indù oltre che nel Mahâbhârata. Questa guerra era voluta dagli antichi Dèi Indiani con l‘intenzione di facilitare il problema della sovrappopolazione nel mondo, cioè una distruzione, come quella voluta da Zeus nella mitologia occidentale. Un cataclisma in grado di distruggere Shanka-dvîpa un‘isola continente (Atlantide) non può di certo risalire a circa dodicimila anni fa, in quanto i geologi dovrebbero trovarne le tracce. Viceversa, un piccolo diluvio si verificò dieci o dodicimila anni fa sommergendo le pianure e obbligando molti gruppi razziali a salvarsi spostandosi sulle montagne circostanti, e parte della Grecia fu sommersa, mentre l‘ultima isola di Atlantide, Poseidone, scomparve fra i flutti. Ricercando nel passato tracce di catastrofi planetarie, glaciazioni, diluvi, si trova che circa 850.000 anni fa si verificò una grossa perturbazione dell‘asse terrestre cui ne seguirono altre. La distruzione di un continente chiamato negli scritti indù, Shanka-dvîpa (Atlantide) è cominciata 850.000 anni fa ed è proseguita isola dopo isola fino alla scomparsa 12.000 anni fa dell‘ultima isola quello che restava della grande isola chiamata in oriente Ruta e in occidente Poseidone da Platone. I calcoli indù abbracciano 33 cicli siderali cioè 850.000 anni. Secondo la cronologia occulta 80.000 anni fa avvenne la distruzione dell‘isola Daitya, una delle due grandi isole di Atlantide, rimaste dopo il primo grande cataclisma. Per tutto quel grande periodo i Vimâna continuavano ad essere usati, per trasporto e per guerra. Anche dopo la distruzione di Daitya questa guerra durò fin quasi alla sommersione di Poseidone 12.000 anni fa praticamente alla fine del periodo che precedette il Kali Yuga. Le guerre narrate nel Mahâbhârata e nel Râmâyana, ebbero come epicentro Lankâ, non quel piccolo frammento oggi chiamato Ceylon, ma parte di una grande continente. Allegoricamente si dice che si tratti di una catena montuosa che si estende a sud del Meru. È anche il nome di una montagna Tri-Kúta ―Tre cime del Sud Est di Ceylon su cui, come narra la tradizione, era situata una città popolata da demoni e chiamata Lankapuri. Lankâ che esisteva nel Treta e Dvapara Yuga, nell‘epoca del re Râma.
E così doveva essere Lanka, prima che fosse sommersa, lasciando oggi fuori dalle acque solo le cime più alte di quella catena. La topografia sottomarina e le formazioni geologiche hanno subito considerevoli mutamenti a partire del periodo del Miocene. Questo fatto è allegoricamente narrato nel Bhagavat Pûrana indica Lanka (Ceylon) quale cima del Monte Meru, che fu spezzata da Vayu, dio del Vento, e scagliata nell‘oceano. Essa è descritta nel suo periodo di massimo splendore, alla fioritura della civiltà Atlantidea nell‘epica del Râmâyana di estensione e magnificenza gigantesche ―con sette profondi fossati e sette stupende mura di pietra e metallo‖. La sua fondazione è attribuita a Viswa-Karma che la costruì per Kuvara, re dei demoni, ed al quale fu sottratta da Râvana, il rapitore di Sita moglie di Râma.

FIGURA 1. MAHÂBHÂRATA RAFFIGURAZIONE BATTAGLIA IN CIELO E IN TERRA

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1. Omero, Iliade, XXII, 22-24.
2. Vincenzo Pisciuneri: Nascita e morte di un Kósmos – Troia.
3. G. de Santillana - H. von Dechend, Il Mulino di Amleto, Adelphi.
LE POTENTI ARMI DEL MAHÂBHÂRATA E DEL RÂMÂYANA

Il “Sifrala” dell’antica Caldea contiene oltre cento pagine di dettagli tecnici sul come costruire una macchina volante, comprende parole che tradotte suonano come: bacchette di grafite, bobine di rame, indicatori di cristallo, sfere vibratorie, angoli stabili, e così via. La Hakafa (leggi babilonesi) afferma senza mezzi termini: "Il privilegio di pilotare una macchina volante è grande. La conoscenza del volo è tra le più antiche nella nostra eredità. Un dono di ‘quelli di sopra’. Lo abbiamo ricevuto da loro come mezzo per salvare molte vite".
Negli scritti sacri millenari indù, ci sono numerose e dettagliate descrizioni di oggetti volanti di vario tipo, chiamati Vimâna, sia di origine terrena che non terrena. La letteratura sanscrita indù fa un continuo riferimento ai Vimâna, cioè mezzi volanti usati sia per il trasporto umano, e sia come mezzi di distruzione per combattere terribili guerre. In effetti antichi testi come il Mahâbhârata e il Râmâyana, narrano episodi di guerre combattute nella notte dei tempi con mezzi volanti dotati di armi micidiali sofisticate e potenti.
Il libro sacro indiano del Samsaptakabadha narra di Vimâna guidati da “forze celesti e di un missile-freccia che conteneva la potenza dell’Universo. Il bagliore dell’esplosione è paragonato a “diecimila soli”.
Il Mahâbhârata è suddiviso in diciotto libri (Parva), ognuno dei quali contiene ulteriori sezioni. All’interno dell’ottavo libro, il Karna Parva, troviamo un riferimento ai “10.000 soli” .
Un singolo proiettile, carico di tutta la potenza dell’Universo … Una colonna incandescente di fumo e fiamme brillanti come 10.000 soli, che cresceva in tutto il suo splendore … era un’arma sconosciuta , un fulmine di ferro, un gigantesco messaggero di morte che ridusse in cenere un’intera razza. I cadaveri erano così bruciati da essere irriconoscibili . I loro capelli e le unghie caddero, il vasellame si ruppe senza alcuna causa apparente  e gli uccelli divennero bianchi. Dopo poche ore, tutti i prodotti alimentari erano stati infettati . Per sfuggire a questo fuoco, i soldati si gettarono nel fiume.
Ancora invisibili i Daitya iniziarono a combattere servendosi di illusioni. E anch’io combattei al loro fianco e utilizzai l’energia di armi invisibili … E quando i Daitya scapparono tutto divenne visibile, sulla terra giacevano centinaia di migliaia di morti … diventai insicuro, e Matali notò questo mio stato d’animo. Quando mi vide sconvolto disse ‘O Arjuna, Arjuna! Non avere timore. Usa l’arma del lampo di tuono’. Quando percepii queste parole, tolsi la sicura all’arma preferita del Re dei Celesti (Mahâbhârata – sezione CLXXII – Nivata-Kavacha-Yuddha Parva).
I guerrieri del Mahâbhârata si avvalgono di armi di altissimo livello tecnologico: tanto per fare un esempio, ci sono Kamaruchi, una freccia intelligente che va dove vuole (come ad esempio i missili intelligenti in dotazione ora all'esercito), e Murchadhana, una specie di gas esilarante che immobilizza il nemico facendolo ridere!
I Vimâna, come ci viene ancora detto nel Mahâbhârata e nel Râmâyana, erano dotati di Âgneyâstra una potente arma appartenente ad Agni. Negli Annali Occulti, l’arma menzionata nei Pûrana e nel Mahâbhârata — La settupla Âgneyâstra o “arma di fuoco”, è donata da Aurva al suo chela (discepolo) il re Sagara — si dice costruita con sette elementi.
Agni equivale al latino Ignis, nei Veda è il dio del Fuoco. Le Âgneyâstra sono armi di fuoco usate dagli Shastra-devata, gli “Dèi delle armi divine”, nei Pûrana exoterici e nel Mahâbhârata; le armi magiche che si dice siano state prodotte dalla razza-adepta (la Quarta), gli Atlantidei. Quest’arma da fuoco fu data da Bharadwaja ad Agnivesa, il figlio di Agni, e da lui a Drona, sebbene il Vishnu Pûrana contraddica ciò, dicendo che fu data dal saggio Aurva al Re Sagara, suo discepolo. Nel Mahâbhârata Arjuna ricevette quest'arma dal suo precettore, Droṇa.
Agni, il Dio del Fuoco nei Veda è il più antico ed il più adorato degli Dei in India. Egli è una delle tre grandi divinità: Agni, Vayu e Sûrya, ed anche tutte e tre; Agni rappresenta il fuoco nel suo triplice aspetto: in cielo, come Sole; nell’atmosfera o aria (Vayu), come Fulmine; sulla terra, come Fuoco ordinario.
L’Astra è descritta come una specie di arco e freccia magica per distruggere in un momento interi eserciti; se ne parla nel Râmâyana, nei Purâna e altrove. Evocarla o usarla richiedeva la conoscenza di un mantra cioè di un’opportuna vibrazione acustica, anche se con alcuni Astra la sola conoscenza del suo mantra era insufficiente: dovevano essere ricevuti direttamente dalla mano della divinità che lo diede come dono. Ogni Astra aveva condizioni specifiche di utilizzo e la violazione di queste condizioni poteva diventare fatale. A causa del grande potere di queste armi, la sua conoscenza è andata da insegnante a discepolo esclusivamente oralmente.
Ti darò Pashupata, la mia arma preferita. Non la conosce nessuno, nemmeno il più grande fra gli dèi. Devi fare molta attenzione a non utilizzarla male, perche se la utilizzi contro un nemico debole, può distruggere l’intero mondo. Non c’è nessuno che possa sopravvivere a quest’arma. La puoi scagliare sia con un arco, sia con l’occhio, sia con la forza della mente” (Pana Parva, terzo libro del Mahâbhârata, in cui Arjuna chiese un’arma a Shiva). Rama uccise Râvana invocando il Brahmastra, che da solo era in grado di distruggere il mondo intero.
È così che il Mahâbhârata descrive la battaglia che ha contrapposto il guerriero Arjuna alle orde degli Asura che vivevano in fortezze nel profondo dei mari:
Indra, signore del cielo, chiese ad Arjuna di distruggere l'intero esercito degli Asura. Questi trenta milioni di asura vivevano in fortezze nel profondo dei mari. Indra, signore del cielo, cedette il suo Vimâna ad Arjuna, pilotato da Matali. Nella feroce battaglia che seguì, gli Asura causarono piogge, ma Arjuna si oppose a un'arma divina che riuscì ad asciugare tutta l'acqua. Arjuna sparò un proiettile-freccia mortale che distrusse l'intera città in mille pezzi, facendo cadere i frammenti a terra. (Vanaparvan, capitoli 168-173).
Ecco cosa scrive H.P. Blavatsky in Dottrina Segreta:
La terribile forza siderale, conosciuta dagli Atlantidei e chiamata Mash-mak, e dai Rishi ariani, nella loro Astra Vidyâ, con un nome che non ci piace rendere di dominio pubblico. È il Vril della Coming Race [Razza Futura] di Bulwer Lytton, e delle razze future della nostra umanità. Il nome Vril può essere una finzione; la forza è un fatto che in India non è messo in dubbio, come non è messa in dubbio l’esistenza dei Rishi, essendo menzionata in tutti i libri segreti. È questa forza vibratoria che, se adoperata in battaglia da un Agni-ratha, fissata in un vascello volante, un pallone, secondo le istruzioni trovate in Astra Vidyâ, ridurrebbe in cenere 100.000 uomini ed elefanti, con la stessa facilità con cui si ucciderebbe un topo. Nel Vishnu Purâna, nel Râmâyana e in altre opere, questo è allegorizzato nella favola sul saggio Kapila, il cui “sguardo ridusse i 60.000 figli del re Sagara a una montagna di cenere”; sguardo chiamato in termini esoterici il Kapilâksha, l’Occhio di Kapila.
Nei poemi epici, secondo le istruzioni trovate in Astra Vidya, il Vril è la Forza che, diretta contro un esercito da un Agniratha (veicolo di Fuoco), fissato su un vascello volante, ridurrebbe in cenere 100.000 uomini ed elefanti con la stessa facilità con cui si brucia un topo morto. Astra Vidyâ o Ashtar Vidyâ, significa conoscenza superiore, più alto sapere di Astra, è la più antica delle opere indù sulla magia. Astra-vidya quando fu  trasferita nell’uso alla lotta eterna degli adepti della mano destra con quelli della sinistra, avrebbe preso il significato non tanto della scienza dei missili o delle armi e della guerra, ma quella delle forze magiche alte e potenti. Esistono pochissimi frammenti di questa scienza, e anche questi sono molto sfigurati.
Ed è questa Forza Satanica che dovrebbe esser concessa alle nostre generazioni, perché la aggiungano alla loro serie di giocattoli degli Anarchici, conosciuti come melenite, dinamite a orologeria, arance esplosive, “canestri di fiori”, e sotto altri nomi ugualmente innocenti? È questa fonte di distruzione che, una volta posta nelle mani di qualche Attila moderno, per esempio di un anarchico assetato di sangue, ridurrebbe in pochi giorni l’Europa al suo stato caotico primitivo, in modo che nessuno potrebbe sopravvivere per raccontarlo — è questa Forza che deve diventare proprietà comune di tutti gli uomini indistintamente? H.P. Blavatsky, Dottrina Segreta.
George Lucas ha preso spunto dal Râmâyana per la trama della famosa saga cinematografica di Guerre Stellari. Lucas riprende dalla filosofia dei Veda il concetto della Forza e fa dire a Obi wan Kenobi: “La Forza è un campo energetico creato da tutte le forze viventi. Ci circonda, ci penetra e mantiene unita la Galassia”. Il nobile desiderio dei Cavalieri Jedi è riportare il giusto Equilibrio nella Forza.
Nel Mausala Parva si parla di un fulmine di ferro, per mezzo del quale due razze intere furono consumate e ridotte in cenere. Il re ordinò di ridurre il fulmine in polvere finissima e di gettarlo nel mare. Ma nonostante ciò la gente perdeva unghie e capelli. Si scatenarono terribili tempeste, il vasellame si spaccò senza nessuna ragione apparente, il cibo si guastava in poche ore, gli uccelli marini diventarono bianchi e le loro zampe divennero scarlatte e coperte di vesciche. Si narra anche di un’arma detta di Brahma o freccia di Indra, cui non potevano resistere neppure gli immortali. Nel Râmâyana i Vimâna da guerra distrussero la triplice città (dalle porte d’oro): essa è descritta di estensione e magnificenza gigantesche “con sette profondi fossati e sette stupende mura di pietra e metallo”. Le tre sezioni furono trapassate e distrutte contemporaneamente da un solo dardo. La distruzione della Città Tripla fu compiuta con l’arma di Brahma, Mashnnak, una sorta di esplosione atomica dalla quale si salvarono soltanto coloro che salirono sugli “uccelli bianchi”, ossia sulle aereonavi. Anche la capitale della mitica Atlantide era descritta come una Città Tripla.
Le armi magiche menzionate oltre ad Âgneyâstra si dice siano state prodotte dagli Asura, dai Daitya, cioè gli Atlantidei della Quarta Razza Radice.
ARMA              Entità Divina       Effetto
  • Aindrastra,       Indra,           Crea una pioggia di frecce dal cielo.
  • Âgneyâstra,      Agni,            Emette fuoco indistinguibile attraverso i normali sensi.
  • Varunastra,       Varuna,        Sprigiona tonnellate d'acqua sul nemico.
  • Nagastra,          Naga,          Uccide all'impatto con poche possibilità di mancare il bersaglio.
  • Nagapasha,       Naga,          Rende il nemico cieco avvolgendolo con molti serpenti velenosi.
  • Vayvayastra,     Vayu,           Crea una tempesta capace di distruggere interi eserciti.
  • Suryastra,         Sûrya           Crea una luce abbagliante che vince l'oscurità.
  • Vajra,               Indra           Paralizza il nemico con dei fulmini.
  • Mohini,            Mohini           Fa svanire ogni sorta di incantesimo maligno nelle vicinanze.
  • Twashtar,         Twashtri,      Confonde le persone in modo da farle lottare le une contro le altre.
  • Sammohana/Pramohana,       Fa cadere in trance tutte le persone, persino un intero esercito.
  • Parvatastra,                          Fa cadere una montagna sui nemici.
  • Brahmastra,     Brahma,         Distrugge interi eserciti in un colpo solo.
  • Brahmasirsha,  Brahma,         Evoluzione della precedente arma, con simile effetto.
  • Narayanastra,   Vishnu,          Crea piogge di frecce e dischi sul nemico.
  • Vaishnavastra,   Vishnu,         Infallibile. Distrugge l'obiettivo in un colpo solo, qualunque esso sia.
  • Pashupatastra,   Shiva,          Infallibile.
VIMÂNA

Vimâna, in India è il nome dato ai velivoli celesti, tutta l’antica letteratura indù è concorde nel descrivere tali oggetti volanti che viaggiano al di sopra della regione dei venti. Per sfatare il solito e radicato pregiudizio riguardante l’ignoranza scientifica degli antichi, nel 1875, venne scoperto un antico manoscritto del IV sec. a.C. compilato da Bharadwaja, il Vymanika Shastra o Scienza dei Vimâna o macchine volanti, che riporta in dettaglio la costruzione e le caratteristiche di volo di un velivolo, il quale si differenzia in quattro modelli principali dalle diverse funzioni: Shakuna, Sundara, Rukma e Tripura. Il manoscritto in apertura afferma:
Gli esperti in scienza aeronautica dicono: Ciò che può volare da un posto all’altro è un Vimâna”, e in seguito “ciò che può volare nell’aria, da un’isola ad un’altra isola, da un mondo ad un altro mondo, è un Vimâna”.
Il Dr. V. Raghava a capo del dipartimento sanscrito della prestigiosa Università di Madras (Chennai), è convinto che i testi scritti in sanscrito dimostrino che gli esseri alieni avevano contatti con la Terra anche in epoca preistorica.
Figura 1. Raffigurazione indù di un Vimâna

I Vimâna sono divisi in due categorie:
  1. Apparecchi per l’uomo, simili agli aerei, alcuni con ali simili a uccelli.
  2. Strutture non snelle che volano misteriosamente e di solito sono fatte dagli Dèi.  
Le macchine della prima categoria si ritrovano in scritti principalmente non sacri sanscriti. Quelli della seconda categoria si ritrovano principalmente in scritti sacri molto antichi come il Rig-Veda, il Mahâbhârata, il Râmâyana e i Pûrana, raccolta di scritti simbolici ed allegorici - ora diciotto - che si suppone siano stati composti da Vyasa, l’autore del Mahâbhârata.
Molti Vimâna vedici sono descritti come città che volano, e per questo ricordano le gigantesche "areonavi-madre" di cui a volte si parla nei rapporti sugli UFO.
Nei Rig Veda le macchine volanti sono definite ”Ratha” (veicolo) e viene descritto così: ”La sua forma è triangolare, e ed è pilotato da almeno tre persone (Tribhandura). Possiede tre ruote, il carrello possiede tre supporti, uno per ruota. Il materiale di costruzione è composto da una lega di oro, argento e ferro”.
"Mentre Dhruva Maharaja viaggiava nello spazio, vide tutti i pianeti del sistema solare, uno per uno, e sulla strada vide tutti i semidei nelle loro Vimâna, versandogli fiori come pioggia." (Bhagavata Pûrana).
"In questo modo viaggiò verso i diversi pianeti, muovendosi liberamente in tutte le direzioni, proprio come fa l'aria. Con questa grande e magnifica Vimâna, che era in grado di controllare con la sua volontà, ha persino superato i Deva”. (Bhagavata Pûrana).
Le affermazioni del Bhagavata Pûrana sorprendenti, il viaggio nello spazio tra i vari pianeti, e il controllo del mezzo tramite la volontà, in altri testi è specificato anche il pensiero.
Il Mahavir Bhavabhuti, un testo giainista dell'VIII secolo basato su testi e tradizioni antiche, recita:
"Il carro aereo, Pushpaka, porta molte persone nella capitale di Ayodhya. Il cielo è pieno di enormi macchine volanti, nere come la notte, ma punteggiate di luci giallastre ..."
Secondo le descrizioni dei testi sacri indù, i Vimâna erano in grado di volare nell’aria, nello spazio, ma anche sott’acqua. Il Tripura Vimâna  è composto di tre parti. La prima parte può viaggiare a terra. La seconda parte può viaggiare sott’acqua e oltre. La terza parte viaggia nel cielo. Unendo le tre parti per mezzo di keelaka, il Vimâna può viaggiare a terra, in mare o in aria.
"O ingegnere specializzato, tu che progetti navi oceaniche, spinte da motori ad acqua come quelli usati nei nostri Vimâna (aeroplani), che danno la capacità di alzarsi in verticale oltre le nubi e viaggiare in tutta la regione. Sii tu, prosperoso in questo mondo e vola attraverso l'aria e attraverso la luce" (Yajur Veda, 10.19).
Il Rig Veda, descrive alcuni di questi mezzi di trasporto:
Jalayan progettato per muoversi sia in aria che in acqua. (Rig Veda 6.58.3)
Kaara progettato per muoversi sia sulla terra che in acqua. (Rig Veda 9.14.1)
Tritala progettato per muoversi nei tre elementi. (Rig Veda 3.14.1)
Trichakra Ratha è un veicolo a tre motori progettato per muoversi nell'aria.(Rig Veda 4.36.1)
Vaayu Ratha é un veicolo sospinto da un motore ad aria. (Rig Veda 5.41.6)
Vidyut Ratha é un veicolo sospinto da un motore potentissimo. (Rig Veda 3.14.1).
Narrano i testi indù che gli Asura, nome dato ai tenebrosi e belligeranti abitanti dell’isola di Daitya, usavano le loro macchine volanti, per sottomettere il mondo. Gli Asura erano tecnologicamente superiori agli indù, utilizzavano macchine volanti dette Vailixi simili ma non identici ai Vimâna, erano solitamente a forma di sigaro che trasportavano gli eserciti, ed erano in grado di manovrare sott'acqua, nell'atmosfera e persino nello spazio. Altri dispositivi, come i Vimâna, erano sotto forma di piattini e, a quanto pare, potevano anche essere immersi[1].
I Vimâna erano custoditi in hangar detti Vimâna grhia. Secondo le antiche testimonianze, il Vimâna volava sopra le nubi e a quell’altezza  “l’oceano sembrava un piccolo stagno”. Gli aerei dell’antichità erano usati dai re  per la guerra e dai ricchi per lo sport e il divertimento. Possibile che dettagli tanto precisi fossero unicamente frutto della fantasia? Gli aerei  erano usati dai ricchi per lo sport e il divertimento e dai re per la guerra.
Come indicato da Sayana un importante commentatore dei Veda del XIV secolo, gli aerei venivano costruiti per gli Dèi. La conclusione ovvia é che Esseri Celesti vennero sulla Terra lasciandoci in eredità il loro sapere, la loro tecnologia. Il testo del Rig Veda che va dal primo al decimo Manadal, chiama le macchine volanti Ratha. Lo Yajur Veda chiama le macchine volanti Vimâna.
Nel Râmâyana", Pushpaka è il velivolo che apparteneva al re malvagio Râvana, che utilizzò per rapire la moglie di Rama a Lanka. Pushpaka l’aereo che cadde nelle mani del malvagio Râvana descritto nei miti indù, era del dio della ricchezza Kuber. Si presentava come un cilindro volante con due ponti, oblò e cupola. Si muoveva con la velocità del vento, emettendo un suono piacevole.
Il Vymanika Shastra, fornisce dettagliate istruzioni sull’equipaggiamento e la dieta dei piloti, elenca i trentadue segreti che gli stessi devono adottare in volo. Il primo segreto riguarda il trasferimento di poteri psichici, mentali, latenti nell’uomo alla macchina stessa, seguono l’invisibilità, l’alterazione della forma, la velocità supersonica, apparati di rilevamento sonoro e ottico, creazione di false immagini per confondere i nemici, ecc. il testo citato elenca quattro tipi di Vimâna: i Shakuna Vimâna somigliavano a razzi moderni, Sundara Vimâna sembravano uccelli, i Rukma Vimâna avevano una forma conica e i Tripura Vimâna erano aerei a tre livelli.
Oltre al Vymanika–Shastra, la quasi totalità dei testi sacri della letteratura indiana menziona i Vimâna, dai quattro Veda, ai Brahmana, allo Srimad–Bhagavatam.
Nel 1979 il compianto Lord David W. Davenport (morto di cancro a 36 anni nel 1984) nato in India ed esperto di sanscrito pubblicò in Italia con il giornalista Ettore Vincenti il libro “2000 a.C. Distruzione Atomica”, un ampio resoconto dei suoi studi sui Vimâna nella letteratura sanscrita e delle sue indagini dirette in India e Pakistan.
Figura 2. Rukma Vimâna ricostruzione grafica di David  W. Davemport secondo il Vymanika Shastra
Il "Tripura Vimâna" possedeva uno scafo lungo e piatto. L’enorme "Shakuna Vimâna" é la macchina più complessa e sofisticata fra tutte le descrizioni di Vimâna fatte dal Vymanika Shastra, potrebbe essere definito un incrocio tra un aereo ed un razzo, la sua forma ci ricorda lo shuttle spaziale.
Forse le più provocatorie informazioni, allegate agli antichi scritti sui mitici Vimâna, sono le precise istruzioni sul come costruirne uno. Fra la letteratura non religiosa sanscrita Samarangana Sutradhara, è scritto:  “Il corpo del Vimâna deve essere forte e durevole, simile ad un grande uccello volante di materiale leggero. Stabiliva che le aeronavi disponevano di una propulsione a mercurio e potevano muoversi anche grazie al suono”. Con il potere del suono i vari racconti mitologici e popolari di Occidente e di Oriente, affermano che furono edificati i monumenti e le mura di tipo ciclopico”.
Nel suo interno va messo un motore al mercurio con il ferro che riscalda l’apparato inferiore, per mezzo del potere latente del mercurio il quale determinala guida con il movimento del vortice d’aria. Un uomo seduto nell’interno può viaggiare a grandi distanze nel cielo. I movimenti del Vimâna sono tali da poter salire verticalmente e verticalmente discendere, muoversi obliquamente avanti e indietro.

[1] https://transinformation.net/vimanas-die-fliegende-objekte-aus-den-altindischen-schriften/ https://storonaslov.ru/it/pro-vimany-vimany---letatelnye-apparaty-pogibshei-atlantidy.html
MOTORI VORTEX MERCURIO

L'informazione più importante proveniente dai "Vaimanika Shastra" è la descrizione di un meccanismo che oggi definiremmo "motore vortex al mercurio". L’antico testo di astronomia Sûrya Siddhanta descrive un modello meccanico di un sistema planetario che ruota per mezzo di un motore a mercurio, il cui schema era segreto. Era quindi conosciuto un tipo di motore per produrre energia rotatoria. Non solo, il mercurio, elemento largamente usato dall'Imperatore Giallo, viene utilizzato per ricavare l'energia necessaria a muovere i Vimâna.
Il caduceo è uno dei simboli esoterici più antichi e conosciuti della storia. Nell’antica Grecia era il simbolo del dio Mercurio il Messaggero degli dèi che volava grazie ai suoi sandali alati, portava sul capo un cappello alato. Fin dal medioevo, il caduceo è stato utilizzato come simbolo della professione medica ma le sue origini nascondono probabilmente l’esistenza di una tecnologia a noi oggi sconosciuta. I due serpenti attorcigliati in modo opposto rappresentano le due energie elettromagnetiche oscillatorie, visualizzate con due serpentine opposte.
Il mito e le sue immagini simboliche hanno fino a sette diversi livelli di interpretazione o significato. In questo testo ci limitiamo ad indagare sul significato elettromagnetico del caduceo applicato al mondo fisico. Secondo le ricerche di alcuni studiosi, il caduceo era un potente veicolo di spostamento dotato di motori vortex al mercurio.
William Clendenon, nel suo “Mercury: UFO Messenger of the Gods“, afferma di poter ritenere che il caduceo sia stato un antico simbolo del “volo elettromagnetico e dell’energia cosmica“. Clendenon è infatti convinto che la struttura del vortex, descritta da Bharadwaaja, sia del tutto simile al simbolo del dio, ovvero il Caduceo, composto di due serpenti intrecciati che si snodano attorno ad un perno centrale il tutto corroborato da due ali sormontate da una sfera. I serpenti intrecciati simboleggiano le bobine vortex del propellente, l’asta il boiler al mercurio/motorino di avviamento/antenna e infine le ali sono il volo. Clendenon ha realizzato moltissimi esperimenti con la tecnologia del vortex al mercurio partendo dal contesto descritto nei testi antichi. Il suo vimâna, costruito secondo la “nave da esplorazione” di Adamski, consiste di una cellula circolare (che in parte è un potente elettromagnete) attraverso la quale viene fatta passare rapidamente una corrente diretta pulsante. Clendenon sostiene che sebbene il sollevamento sarà sempre verticale in opposizione all’attrazione gravitazionale della Terra, la repulsione potrà essere utilizzata per l’ottenimento di una propulsione in avanti o indietro. Clendenon dà, quindi, un’interpretazione del Samaran Sutradhara totalmente diversa da quella fornita dalla maggior parte degli studiosi: “Grazie alla potenza in latenza nel mercurio che mette in moto il turbine d’aria propellente, un uomo seduto al suo interno può percorrere grandi distanze nel cielo in maniera portentosa“.
Secondo Viktor Schauberger (1885-1958) nell’universo vi sono due forze contrastanti: l'implosione, contraddistinta da un movimento spiraliforme centripeto, che caratterizza i fenomeni vitali, costruttivi, evolutivi. La forza complementare e opposta è quella dell'esplosione, che segue invece una spirale centrifuga, tipica dei fenomeni di distruzione, disgregazione e involuzione. In natura sarebbero presenti ambedue le correnti, anche se con una predominanza dell'implosione. L'essere umano moderno, distruttivo e sempre più lontano dalla natura e da un sano equilibrio, tenderebbe invece a far predominare le dinamiche dell'esplosione. Si dice ad esempio che le sue idee e le sue macchine riuscirono ad interessare vari uomini politici come Hitler e Mussolini e rappresentanti di diversi paesi.
CRONACHE CINESI E GIAPPONESI

Nell’antica Cina conosciuta come l’Impero Celeste, nessun imperatore poteva regnare se non avesse ricevuto il mandato del Cielo. Il testo taoista cinese Huai-nan-tzu (cap. 108) ci descrive un’era in cui gli “Esseri Spirituali” discendevano spesso fra gli uomini ad insegnare la divina saggezza, ma poi il genere umano decadde nella cupidigia e nelle perversioni e non vi furono più discese. Il 17° libro dello Shan-hai Ching (Libro dei monti e dei mari) accenna ad un'irrequieta razza detta Miao, che, scontratasi con il suo “alto signore”, “perse il potere di volare e venne esiliata”…
Secondo la religione taoista i Chen Jen, o uomini perfetti, riescono a volare sulle ali del vento, passano da un mondo all’altro e vivono nelle stelle. Tse Jan illustre fisico, dopo aver spiegato i principi della filosofia taoista, salì al cielo.
A. Tomas scrive nei “Segreti dell’Atlantide” che l’imperatore Shun (2294 – 2194 a.C.) fece costruire un carro volante che guidò egli stesso. Nel poema Li Sao Chu Yuan descrive un viaggio aereo, era inginocchiato davanti alla tomba dell’imperatore Shun, quando gli apparve un carro di giada guidato da quattro draghi, egli salì sul carro e fu portato a grande altezza. Volò dalla Cina in direzione della catena montuosa del Kun Lun senza essere infastidito dal vento e dalla polvere del deserto del Gobi. In un’altra occasione ripete la sorvolata dei monti del Kun Lun, la possente catena del Kun Lun considerata dai cinesi come “la dimora degli Dèi”, per inciso quella è la zona dove è collocata Shamballa.
L’imperatore Cheng Tang (1778 a.C.) ordinò a Ki Kung di costruire un carro volante che poi collaudò volando fino alla provincia di Honan (Henan). Tuttavia l’apparecchio fu distrutto per ordine dell’imperatore per evitare che il segreto del meccanismo finisse in mano al nemico. Le macchine volanti dell’antica Cina o erano il risultato di una sperimentazione scientifica, o derivavano dalle invenzioni di una razza vissuta prima del Diluvio.
Tchi Pen Lao dell’Università di Pechino, ha scoperto tra le montagne di Honan e su un’isola del lago di Kungming raffigurazioni di uomini con lunghi caschi e lunghi corni e navi spaziali di forma cilindrica. I disegni sono fatti risalire a 45.000 anni fa.
I carri volanti o aerei erano dalla tradizione cinese riservati agli imperatori e ai taoisti, in quanto considerati intermediari tra “i Geni delle montagne del Kun Lun” e i comuni mortali.
Raymond W. Drake scrive.
«Alcuni testi della dinastia Chou, riferendosi al 2346 a.C. segnalano l'apparizione degli uccelli del Sole, che avevano la forma di tre gambe, descritti come dei soli nel cielo, , un particolare che richiama alla memoria simili comparse sull’antica Roma, ricordate da Giulio Ossequente, i “prodigi celesti” medievali citati da Matteo di Parigi, e fenomeni analoghi, stranamente simili a quelli riferiti dagli osservatori di Ufo dei nostri giorni.
Un giorno, tuttavia, tutti e dieci i soli decisero di viaggiare insieme, di conseguenza la terra iniziò a bruciare. «I manoscritti Chuangtsu (cap. 2), Liushich'unch'iu (12° parte, cap. 5) e Huanontsu (cap. 8) ... descrivono con stile vivace come la Terra venisse colpita, durante il regno dell'imperatore Yao (2346 a.C.), da calamità terribili: un intenso calore arse le zolle, i raccolti furono distrutti, spaventosi uragani flagellarono le città e le campagne, i mari si levarono e ribollirono, sommergendo i campi, mostri enormi apparvero ovunque, seminando strage, e l'umanità temette l'apocalisse ... Si diceva che l’apparizione degli uccelli del sole fosse preceduta da segni di cattivo auspico come la visione di un mostro simile a un serpente con sei gambe e quattro ali.
L'imperatore Yao consultò i suoi sacerdoti ed i suoi saggi, i quali (come sempre, quando ve n'era particolare bisogno) non gli furono di grande aiuto. Disperato, chiamò allora il “divino arciere” Hou Yi, che era capace di volare e per questo fu nominato meccanico capo. L'imperatore Yao, comandò a Hou Yi di usare le sue abilità nel tiro con l'arco per uccidere tutti i soli tranne uno. Hou Yi fece un pellegrinaggio sui monti del Kun Lun (Shamballa) dove pregò devotamente le potenze celesti e supplicò i nove soli di risparmiare la terra, ma questi non obbedirono e Hou Yi fu costretto a usare il suo arco e le sue frecce divine. L’eroe salito su un uccello celeste arrivò al centro di un immenso orizzonte e si accorse di non vedere più il movimento della rotazione del Sole. Hou Yi abbatté i nove Soli o uccelli del sole falsi, lasciando splendere quello vero sulle follie del genere umano, sterminò tutti i mostri e salvò la Terra per gli ingrati posteri.
Alcune leggende riportate dal Fengshenyeni riportano stranissimi eventi che sarebbero occorsi in una lontana “età dei prodigi”, fra cui battaglie aeree simili a quelle descritte nel Mahâbhârata. Diciassette Fazioni rivali combattevano per il dominio della Cina, aiutate da creature celesti che prendevano partito a favore dell'una o dell'altra, usando armi spettacolose. Nocha impiegò il suo “braccialetto cielo-terra” per sconfiggere Fenglin, che invano si rifugiò dietro una cortina fumogena. Più tardi, l'eroe, sulla sua “ruota di fuoco e di vento”, vinse Chang Kuoifung chiamando in suo aiuto schiere di “dragoni volanti d'argento”. Wengchang sferzò Ch'ih con uno “scudiscio magico”, ma venne sbaragliato da un irresistibile “specchio Yin - Yang”, irradiante una forza mortale.
Le guerre erano condotte con una tecnica da autentici spaziali: i combattenti lanciavano accecanti raggi luminosi, gas venefici, “draghi di fuoco” e globi di fiamma, “dardi illuminanti”e “fulmini”; praticavano la guerra biologica, facendo cadere capsule da “ombrelli celesti”, si proteggevano con “veli d'invisibilità”; dovevano possedere, stando alle descrizioni, apparecchi radar o strumenti simili, mediante i quali si potevano vedere ed udire oggetti che si trovavano a centinaia di miglia di distanza; ed anche qui si tratta d'una tecnologia quasi identica a quella illustrata dai versi sanscriti del Mahâbhârata.
Di mostri volanti, di «stelle» posatesi dolcemente sulla Terra, di strane creature «uscite dal ventre di draghi» sono piene le antiche leggende giapponesi. Il dottor Yoshiyuki Tange ci dice come una leggenda diffusa in Hokkaido narri la discesa di Okiku-rumi-kammi (l'antico dio Ainu) a Maiopira, a bordo di una lucente shinta, la culla usata da quelle genti; la divinità avrebbe insegnato agli Ainu “il giusto modo di vivere” ed annientato un demone malvagio.
Il Nihongi racconta, poi, come, nel 667 a.C. l'imperatore Kami-Yamato-Iharo-Biko parlasse con i suoi antenati celesti, i quali sarebbero tornati al loro luogo di residenza a bordo d'un «oscillante vascello celeste», retrocedendo nel tempo per oltre 1.792.470 anni. I nove soli comparsi sul Giappone nel 9 a.C. consentono forse un parallelo con i dieci soli mostratisi sulla Cina nel 2346 a.C. nove dei quali vennero abbattuti dall’arciere divino.
LE AEREONAVI DELL’AMERICA LATINA

Leggende degli indiani Hopi dell’Arizona narrano di oggetti volanti, chiamati patuwvotas che furono usati nel corso di antiche guerre tra popoli appartenenti al mondo (generazione di uomini) precedente al nostro. Le guerre cessarono solo quando la terra fu distrutta e affondò nel mare. Gli Hopi sostengono che i loro progenitori vennero da quelle isole che si salvarono alla distruzione, perché in realtà e le isole erano le cime delle montagne. E se gli antichi indiani potevano vantarsi di una forma di viaggio attraverso il cielo, questo fa si che le linee di Nazca in Perú, acquisiscano un altro significato. Secondo la gente locale queste linee non sono opera degli uomini, bensì uomini possenti, i messaggeri del dio Viracocha. Graham Hancock, scrive in Impronte degli Dei che la dottoressa Phillis Pitluga, astronoma presso il Planetario Adler di Chicago, dopo aver effettuato un approfondito studio computerizzato degli allineamenti stellari di Nazca, è arrivata alla conclusione che la famosa figura del ragno fu concepita come un diagramma terrestre dell’immensa costellazione di Orione, e che le linee dirittissime collegate alla figura sembrano essere tracciate per rilevare nel corso dell’epoche, il variare delle declinazioni delle tre stelle della cintura di Orione.
                                                   
Quindi non solo referenze scritturali di aerei e le loro rotte di navigazione, ma anche i luoghi di atterraggio sarebbero stati segnalati nei contorni aggrovigliati delle figure della Pampa di Nazca.
Figura 1. Antichi gioielli a forma di aerei
Alcuni gioielli conservati al Museo dell’Oro di Bogotá più che degli uccelli in volo fanno venire alla mente le immagini di moderni aeroplani, come si può osservare dalla seguente fotografia. Si afferma che sono riproduzioni non di aerei ma di insetti, ma noi sappiamo che la natura non opera a caso, ma rispettando le sue leggi fisiche per far volare le sue creature. Il dottor Dileep Kumar Kanjilal un esperto di sanscrito e lingua pali afferma che: "Il Vimâna è un aereo che simula il volo degli uccelli”, come i Sundara Vimâna.
Chapada dos Guimarães, nel Mato Grosso, è  considerato uno dei luoghi di maggior avvistamenti di dischi volanti del paese. Nel nord del Mato Grosso c'è un gruppo etnico che nelle loro tradizioni si riferisce a “un essere venuto dalle stelle con armi mai viste” - avrebbe vissuto con i Kayapos e insegnato molte cose al popolo della tribù. “Sarebbe un eroe e un civilizzatore extraterrestre che sarebbe arrivato nella regione in una canoa volante”, dice Antonio Faleiro nel suo lavoro: “Misteriosos e Milenares”. Un tale eroe delle stelle è chiamato dal Kayapó Bebgororoti o Bep-Kororoti, e secondo loro la sua canoa volante emanava fuoco, ma con fiamme che non bruciavano. Il visitatore è stato in grado di fare amicizia con il popolo guerriero Caiapó e, dal suo approccio, ha insegnato agli indigeni come migliorare l'agricoltura, migliorare gli strumenti di caccia e migliorare la sistemazione del villaggio, tra le altre istruzioni pratiche.
Quetzalcóatl, il Serpente Piumato, raccontano i miti messicani, scese dal cielo da una nave un Istruttore barbuto, di pelle bianca, e portò in Messico la luce della civiltà, insegnando la scrittura, la matematica, le arti l’architettura, la matematica e l’astronomia, la conoscenza delle stelle e la convivenza pacifica.
Le piume degli uccelli rappresentano indubbiamente il volo. Quetzalcóatl (il figlio del dio del cielo Mixcoalt, il cui nome significa “serpente delle nubi”), il mitico re bianco che «insegnò agli uomini tutte le scienze», porta il mantello di piume a simboleggiare la sua origine, la sua nave celeste, proprio come Kukumatz, il suo corrispondente guatemalteco.
A. Tomas scrive in “I segreti dell’Atlantide” che oggigiorno, quando vediamo un moderno aereo in cielo, osserviamo, senza alcun stupore, il suo tragitto descritto dalla scia fumosa serpentina lasciata dai motori in cielo. Tomas riporta nel suo libro una riproduzione grafica di uno degli affreschi del Palacio Nacional di Città del Messico che rappresenta Quetzalcóatl in volo su un velivolo serpentiforme, una forma di drago dalla cui bocca esce una fiamma come per i motori dei nostri aerei; il luogo dell’atterraggio si trova nella zona di Veracruz. Il Codice Vindobonense raffigura Quetzalcóatl mentre si accinge a scendere sulla terra da uno squarcio nel cielo. Quando la sua missione fu interrotta dal suo acerrimo nemico, egli lasciò la costa e partì su un vascello di serpenti.
                   
Figura 2. Palacio Nacional Città del Messico - Arrivo di Quetzalcóatl su un velivolo a forma di serpente
Secondo le tradizioni locali Inca Viracocha sarebbe “salito al cielo un enorme Serpente d’oro”. Il serpente nei miti si Quetzalcóatl  e Viracocha è a quanto pare il nome dato ad un veicolo aereo. Forse il Serpente Arcobaleno era un veicolo spaziale di forma allungata che emetteva luci colorate.
Sulle stele maya di Quiriga sono scolpite raffigurazioni che alcuni indicano come “divinità celesti” in compagnia di esseri umani accovacciati fra le loro spire di serpenti.
Una cultura olmeca di La Venta nota come l’uomo serpente, mostra in realtà un velivolo a forma di serpente al cui interno è rappresentata una figura umana pesantemente vestita a differenza di tutte le altre raffigurazioni umane dell’arte olmeca che sono seminude ed inoltre gli abiti si modellano sulla forma del corpo, come se fossero una tuta, mentre in quelle regioni sono sempre state in uso tonache o mantelli. Inoltre una sorta di casco o scafandro indossato dal misterioso personaggio. Il casco protegge tutta la testa ma presenta un’apertura che lascia vedere il volto. Altri dettagli notevoli all’interno del serpente sono una borsa (oggetto mai esistito nell’America precolombiana) tenuta in mano dall’uomo ed un paio di pannelli scarsamente definiti connessi ad una sorta di trave.
Figura 3. L’uomo di la Venta in un velivolo a forma di serpente
Le antiche e misteriose Pietre di Aztlán (come spesso accade dichiarate fake) che fanno parte di quel gruppo di pietre conosciute come le Ojuelos Piedras mostrano  visitatori extraterrestri. Le figure mostrano volti di ciò che viene interpretato come alieni grigi e dischi volanti. Le “investigazioni” di García Sánchez e altri hanno aiutato a trovare più figurine (a seconda del luogo che si sta guardando, il numero di figurine varia da 300 a 3.000).
Figura 4. Pietre di Aztlán astronauti
 
          
    
    
SIMBOLISMO DEL DRAGO-SERPENTE

I Cinesi fecero del drago il simbolo della loro civiltà: essi ritenevano infatti che il “Drago celeste” fosse il padre della prima dinastia di “imperatori divini”. I Draghi Occulti della Sapienza sono, per i Cinesi, i Geni preposti ai quattro punti cardinali. I Draghi della Divina Sapienza Esoterica sono i Draghi del Fuoco della Saggezza. Il Drago Giallo è il Capo dei Draghi, esseri umani e divini che si nutrono di acqua (sapienza) pura e si divertono nell'acqua chiara (la Vita). Come si sa l’emblema del drago improntò l'affascinante arte cinese in modo notevolissimo. I testi antichi ci presentano draghi fantastici: i corpi coperti da scaglie come corazze, gli occhi fiammeggianti, le fauci infuocate, i bestioni ruggivano fra i venti del cielo, si tuffavano nelle profondità oceaniche, riducevano in cenere le città con il loro alito ardente.
Il simbolo del Drago e del Serpente o Naga, ha un significato settuplice e a sua volta duplice in cui erano combinate le potenze della tenebra e della luce. Nel mondo fisico è simbolo delle forze cosmiche, ed è anche simbolo della forza che muove la materia, ed ecco che il drago o serpente è il simbolo dei velivoli su cui si muovono gli esseri che padroneggiano la materia. I Draghi di Sapienza sono gli originali umani, i primi discepoli dei Dhyan Chohan. Il Drago Volante è il Capo degli Spiriti della Sapienza Attiva, che sono i figli di Hoangty, caduti nella Valle del Dolore. In Cina e nei paesi Buddhisti, Drago è sinonimo di Sole. I Draconti erano templi dedicati al Drago.
La figura del serpente saggio potrebbe essere l’interpretazione allegorica dell’arrivo di essere saggi da altri mondi, a bordo di serpenti o draghi che scelsero di vivere su questa terra, nascondendosi poi agli uomini andando a vivere sotto terra in profonde caverne alla maniera dei serpenti.
I sacerdoti del dio Sole si chiamavano serpenti, assumevano sempre il nome del loro dio. I Celti affermavano: “Io sono un Serpente io sono un Druido”. Il Serpente ed il Drago erano entrambi personificazioni della Saggezza, dell’Immortalità e della Rinascita. Come il serpente getta la sua vecchia pelle solo per riapparire in una nuova, così l’Ego immortale abbandona una personalità per assumerne un’altra.
Fra i Maya il dio istruttore era Cuculcán era rappresentato simbolicamente come un Serpente, ed era un grande organizzatore, un fondatore di città, un legislatore, un esperto in astronomia. A Nord, in Messico, ritroviamo un Istruttore barbuto, di pelle bianca, Quetzalcóatl, il Serpente Piumato, che si diceva venuto dal mare orientale (l’Oceano Atlantico). Tutti questi personaggi oltre al nome di serpenti, avevano quello di costruttori e architetti, la grandezza dei loro monumenti era immensa che i resti che vediamo oggi fanno paura ai calcoli matematici dei nostri ingegneri. Il serpente ha molti significati simbolici in ogni caso ha un significato duplice: il Serpente Luminoso dello Spirito e il Serpente della Materia i cui seguaci sono gli stregoni. Il serpente di saggezza, viceversa è il simbolo degli antichi Istruttori.
Le Stanze di Dzyan (Dottrina Segreta, Stanze di Dzyan, XII) sono precise, in quanto affermano che dopo la distruzione della Quarta Razza:
… Giunsero le grandi acque. Inghiottirono le sette grandi isole … I Serpenti che ridiscesero, che fecero pace con la Quinta (Generazione), che le insegnarono e la istruirono… La Quinta Razza fu governata dai Re Divini.
Quale uomo assennato potrebbe credere oggi che qui si intendono serpenti veri? La Dottrina Segreta ci spiega chi erano coloro che istruirono i sopravvissuti al Diluvio Atlantideo si fecero identificare come Serpenti. Nello Yucatán si trova Chichén Itzá la città di Kulcukán, nome maya di Quetzalcóatl si trovano sui monumenti immagini di serpenti e dèi della pioggia ripetute all’infinito. Culcucán o Kulcukán era accompagnato da diciannove[1] assistenti molto sapienti: erano Istruttori e Guaritori imponendo le mani e resuscitavano i morti. Cuculcán era rappresentato simbolicamente come un Serpente, ed era un grande organizzatore, un fondatore di città, un legislatore, un esperto in astronomia, proprio come Quetzalcóatl, noto come il Serpente Piumato.
Nelle cripte sotterranee di Tebe e di Menfi si trovavano i passaggi del Serpente dove si celebravano i Misteri del Kuklos Anagtés, il Ciclo Inevitabile. Nel Popol Vuh, del Guatemala, il dio Votan, figlio dei Serpenti, era ammesso nel passaggio del serpente o nelle catacombe.
E così come il Serpente è percepito come l’animale misterioso della Terra che si fa un cammino lungo un percorso sotterraneo (labirinto = Asklepetion = sacrario sotterraneo del serpente) per trarre dalle profondità una vita nuova e un sapere magico così gli uomini sapienti ne fecero un luogo di occultamento del sapere arcano. Oltre al soprannome di serpenti, essi avevano anche quello di costruttori e architetti, e la grandezza e la magnificenza dei loro templi e monumenti dovuta a precisi calcoli matematici, sfidava il tempo. In Egitto, c’erano numerose cripte sotterrane, alcune delle quali assai estese, tra queste. Le più rinomate erano le cripte sotterranee di Tebe e di Menfi. Le prime, partendo dal lato occidentale del Nilo, s'estendevano verso il Deserto Libico, ed erano dette le catacombe, o i passaggi del Serpente.


[1] Diciannove è il numero degli anni che Sole e Luna impiegano per ricongiungersi nel cielo.
ENIGMA EGIZIO

Non sai Asceplio che l’Egitto è un’immagine del Cielo? Gli Dèi viaggiatori dello spazio torneranno dalla Terra al Cielo, l’Egitto sarà abbandonato e la terra che un tempo era la casa della religione rimarrà desolata, priva della presenza delle sue divinità. Afferma Ermete Trismegisto (Thoth).
Ad Abido (Abydos) si trova il tempio di Seti I (1306, 1290 a.C.) conosciuto con il nome di “Casa di milioni di anni” dedicato ad Osiride, il Signore dell’Eternità. Di Osiride, “Re dell’eternità e signore dell’immortalità”, si diceva che attraversasse milioni di anni della sua vita. I Testi delle Piramidi narrano che la barca di milioni di anni del Dio Sole naviga nello spazio interstellare.
Il popolo dei Re - afferma un’antica leggenda egizia - venne salvato a bordo di ‘grandi uccelli bianchi scesi dal cielo’. Simplicio, vissuto nel sesto secolo, scrisse che gli Egizi conservavano registrazioni risalenti a 630.000 anni prima[1]. Cicerone[2] scriveva con sarcasmo che “I sacerdoti di Babilonia affermavano di aver preservato su dei monumenti delle osservazioni che risalivano a 470.000 anni prima”. Secondo Eupolemo[3] (III sec. a.C.), Babilonia sarebbe stata fondata da uomini che furono salvati dal Diluvio: essi erano i Giganti e costruirono la torre di cui parla la storia.

Figura 1. I geroglifici del tempio di Seti I – Pittura egizia che raffigura un messo celeste in arrivo sulla terra.
All’interno del tempio di Seti I sono stati scoperti dei geroglifici che rappresentato veicoli aerei, che naturalmente sono stati considerati un errore dovuto a uno “scadente” lavoro, alcuni iscrizioni sono state riscolpite e cesellate in fretta, utilizzando il gesso in alcuni casi solo per rintonacare le iscrizioni, che ovviamente nei millenni si sono sbriciolate o seccate, facendo riaffiorare dalla pietra i vecchi geroglifici. Queste modifiche per una curiosa casulità crearono forme e disegni a noi noti come: aerei, elicotteri, dischi volanti, sottomarini.
Ad Abido nel tempio di Seti I procedendo a sinistra dei sette santuari lungo un corridoio, troviamo a sinistra incisa la famosa “Lista dei re di Abido”. Sulla parete di sinistra è narrata la tradizione di un Primo Tempo in cui l’Egitto era governato dagli Dèi, il più importante dei quali era Osiride, un elenco di 120 Dèi dell’antico Egitto. Sulla destra si trovano elencati i settantasei Re che hanno preceduto Seti I a partire da Menes.
Furono i sacerdoti Egizi a parlare a Solone di Atlantide, e furono loro che mostrarono ad Erodoto (nel 500 a.C.) le statue dei loro 345 Re che avevano regnato prima di Menes, il loro primo Re Umano. I sacerdoti assicurarono che nessuno storico non avrebbe mai potuto comprendere o scrivere un racconto su questi Re Divini, senza prima aver imparato la storia delle Dinastie Divine che precedettero le umane, in altre parole le Dinastie degli Dèi, dei Semidei, dei Giganti e degli Eroi che sono parte integrante della storia teogonica di Esiodo.


[1] In Egitto, nella parte occidentale del deserto è stata ritrovata un’antica civiltà risalente a 200.000 anni or sono.
[2] Cicerone, De Divinatione.
[3] Eusebio, Praep. evang., della Torre di Babele e di Abramo.
PIRAMIDE E LABIRINTO DI MOERIS

Una piramide famosa descritta da Erodoto (Storie, II, 148) era presso il grande Labirinto costruito nei pressi del lago di Moeris o Meri. Il Labirinto era qualcosa che superava in bellezza le stesse Piramidi. Era costituito da 12 cortili riservati ai “dodici nomi d’Egitto”, tutti coperti tramite tetti sorretti da 27 colonne monolitiche, contava ben 3.000 stanze, 1.500 sopra il suolo e 1.500 sotto il suolo realizzate con pietra lavorata. Al visitatore veniva concesso di vedere la parte superiore, quella sotterranea era riservata alle tombe dei re a ai sacri coccodrilli e ai riti segreti. I passaggi attraverso le sale e i rigiri attorno ai cortili erano intricatissimi. I muri erano ricoperti di sculture. Infine nei pressi di un angolo vi era una grandiosa Piramide, alta quaranta orge (80 m), tutta istoriata con figure, e nei suoi interni c’era un passaggio che conduceva nelle viscere della Terra.
Erodoto ci dice che originariamente il Nilo scorreva verso Nord-Ovest nel Mare del Sahara e quando la geografia cambiò, una parte del mare divenne il Lago di Tritone e il Nilo cambiò rotta e raggiunse il Mediterraneo. Erodoto scrive che il Basso Egitto era all’inizio nient’altro che un Golfo di mare che penetrava fino a Menfi, attualmente 600 km dalla costa, ed aggiunse che fu Menes ad erigere i bastioni di Menfi per proteggerla dalle inondazioni del Nilo che nei tempi antichi seguiva un itinerario diverso, cioè verso la Libia.
Il Faraone Moeris, fu il costruttore di un lago artificiale che prese il suo nome, nel quale venivano convogliate tutte le acque superflue del Nilo e dei suoi affluenti. si trovava a circa 115 km da Menfi verso la Libia e le coste libiche della Sirte. Il lago era profondo 90 metri e avrebbe avuto, nel caso fosse considerato circolare, un raggio di circa 110 km e 720 km di circonferenza con un’estensione di circa 38.000 kmq. Erodoto che visitò la zona nel 450 a.C. descrisse il lago e anche due piramidi che si elevavano per 90 metri dalla superficie del lago, pertanto dal fondo del lago erano alte 180 metri. Le piramidi erano coronate da una statua colossale assisa sul trono! Come e quando e perché furono costruite e perché furono distrutte completamente e prosciugato il grandioso lago senza lasciare traccia è un mistero.
Da questo bacino artificiale partiva un canale sotterraneo ad Occidente verso le colline di Melfi, in direzione della Siria e della Libia.
Il lago era raggiungibile da Menfi andando verso nord; - per raggiungere il lago bisognava costeggiare il versante settentrionale delle montagne poste a nord di Menfi; - l’inizio del lago, dove molto probabilmente era stato edificato il famoso Labirinto. Nell’eventualità che il grandissimo lago di Meri sia stato realizzato nella grande depressione di nord ovest, costituita secondo Erodoto da un antichissimo golfo marino, il posizionamento del tempio potrebbe essere individuato a nord-est della depressione di Qattara.
Erodoto visitò il Labirinto di Meri quando era già in rovina; ma tuttavia la sua ammirazione per la genialità dei costruttori di esso non ebbe limiti era qualcosa che superava in bellezza le stesse Piramidi. Anche lo storico e geografo greco Strabone vide anch’egli il Labirinto 400 anni dopo Erodoto.
Eusebio di Cesarea, citando Manetone, dà inizio alla civiltà egizia ben nel 30.544 a.C., una data molto remota rispetto alla cronologia a cui siamo abituati comunemente a pensare, e la sua nascita viene fatta risalire a Sette grandi e potenti Dèi, i “Neter”: Ptah, Ra, Shu, Geb, Osiride, Seth e Horus, che regnarono complessivamente per 13.900 anni.
Narra Erodoto (Storie II, 147 e segg.):
Rimasti liberi dopo il regno del sacerdote di Efesto, gli Egiziani, che non furono capaci in alcun tempo di vivere senza re, divisero tutto l’Egitto in dodici parti e vi posero Dodici Re … Stabilirono anche di lasciare un monumento comune e costruirono perciò un Labirinto, che si trova poco oltre il lago Meri presso la città dei coccodrilli … il labirinto supera veramente anche le piramidi”.
Erodoto da nomi greci alle divinità egizie, pertanto identifica Ptha col nome greco di Efesto. Il riferimento ad Efesto (Vulcano per i latini) è sibillino, in quanto è il dio del Fuoco sotterraneo che produce e crea, egli è il fabbro divino creatore di armi per gli Dèi e di mirabili opere. Fu lui a modellare la prima donna, Pandora, ed a dotarla di vita. Efesto è identificato con Tubal-Cain, il Kabiro l’istruttore, colui che forgia le armi per gli Dèi, l’equivalente, nella filosofia indù, a Vishvakarman. Il Faraone Meri o Moeris, fece scavare il grande lago ed edificare i propilei settentrionali del tempio di Efesto (Ptah) a Menfi.
Erodoto scrisse quanto gli fu riferito cioè che il Labirinto fu creato dalla federazione di 12 Re, o Governatori queste affermazioni ci portando indietro in tempi antidiluviani. Da un punto di vista simbolico essendo l’Egitto l’immagine in Terra del Cielo, come nello spazio stellare vi sono 12 settori o costellazioni zodiacali anche in Terra vi sono 12 settori ognuno governato da un re o governatore reggente.
Infine vi è un riferimento al lago di Meri e alla città dei coccodrilli, che sappiamo sono animali miticamente assimilati ai serpenti e ai draghi. Siccome il coccodrillo usciva dall’acqua del Nilo terrestre al primo raggio di Sole, gli Egizi lo consideravano un devoto del fuoco solare e, come tale, la personificazione del Fuoco. In Egitto come la nave del Sole nel Nilo Celeste era trainata da un Coccodrillo così anche il veicolo di Horus era trascinato da un Coccodrillo, immagine di una nave stellare guidata da Horus.
Erodoto considerò il Labirinto molto più meraviglioso delle piramidi stesse, e lo descrisse minutamente come testimone oculare, consisteva di 12 corti cioè cortili contigui e coperti con le porte opposte tra loro, sei verso Borea, sei verso Noto. I cortili erano circondati da un muro. Strabone afferma dal tetto scendendo nelle sale, si nota che sono disposte in fila e poggiano su 27 colonne di eccezionale grandezza, anche le loro pareti sono in pietra di non meno dimensioni. Erodoto dice che vi erano 3000 camere, 1500 sotterranee e 1500 in superficie. Il Labirinto, almeno la parte sotterranea doveva essere antichissimo perché lì si trovavano le tombe degli antichi Re e la loro storia incisa sulle pareti e sulle colonne.
I passaggi attraverso gli edifici e le varie tortuosità dei corridoi attraverso le corti eccitarono in me un’infinita ammirazione mentre passavo dalle corti nelle camere e da queste nei colonnati, e dai colonnati in altri edifici e di nuovo in corti che prima non avevo visto. Il tetto era interamente di pietra come le mura, e tutto era squisitamente scolpito con figure. Ogni corte era circondata da un colonnato di pietre bianche abilmente scolpite. All’angolo del Labirinto si eleva una piramide alta quaranta braccia con grandi figure scolpite e nella quale si entra per un passaggio sotterraneo”. In corrispondenza della piramide si trova un passaggio e delle stanze sotterranee che la collegano con le piramidi di Memphis (Giza).
Perché il numero delle camere era 1500=15x100 per piano? Il Quinto numero triangolare è 15 la Pentactide, dodici punti disposti attorno alla Triade Divina. Schwaller de Lubicz afferma che in questo Triangolo di lato Cinque, la Pentactide, è risposto il segreto di tutte le misure! Dodici punti che circondano i Tre punti del Triangolo Divino, rappresentano le 12 ore del giorno e della notte, durante le quali il Cosmo respira.
La 1500 camere sotterranee del Labirinto Egizio presso il lago di Meri descritto da Erodoto erano realizzate sul modello matematico delle camere e dei passaggi tortuosi del regno sotterraneo.
I passaggi attraverso le sale e i rigiri erano intricatissimi e senza una guida un estraneo non riusciva a trovare la strada sia per entrare che per uscire. Nelle camere sotterranee, i custodi dell’edificio non vollero lasciar entrare perché contenevano e contengono tutt’ora i sepolcri dei Re Iniziati che costruirono il Labirinto e anche quelli dei Coccodrilli, cioè Naga, o Draghi sacri. Poiché gli Iniziati si chiamavano Serpenti[1], forse le tombe custodite gelosamente erano quelle di Iniziati a cui veniva dato il nome di coccodrilli Sacri.
Attualmente lago e labirinto non si trovano più, dicono che fu smantellato per essere utilizzato come cava di pietre, ma non è così, esso era realizzato con enormi pietre monolitiche. L’identificazione del Labirinto nelle rovine del tempio funerario annesso alla piramide di Amenemhat III è arbitraria. Il Labirinto con i suoi segreti che non potevano essere profanati, non si poteva distruggere facilmente, e così non sappiamo se è stato ricoperto dalle sabbie del deserto.
Come Erodoto, anche Crantore un filosofo greco antico (quarto e terzo secolo a.C.) appartenente all’Accademia di Atene, afferma che su una serie di colonne sotterranee presenti in Egitto è incisa la preistoria dell’umanità.


[1] In Egitto, in Caldea c’erano numerose catacombe, alcune delle quali assai estese, tra queste, le più rinomate erano le cripte sotterranee di Tebe e di Menfi. Le prime, partendo dal lato occidentale del Nilo, s'estendevano verso il Deserto Libico, ed erano dette le catacombe, o i passaggi del Serpente.
NARRA T.L. RAMPA

Nel 1947, in Inghilterra, uno scrittore d'assalto Britannico di nome Cyril Hoskin disse a sua moglie, del tutto meravigliata, che aveva deciso di cambiare il proprio nome. Pochi mesi più tardi, Cyril Hoskin divenne Carl Kuonsuo per ordine della corte. Ma, egli si rese conto che come Kuonsuo non era impiegabile come invece lo era come Hoskin. La vita, era una lotta stancante, anche se egli avvertì l'interna costrizione di adottare un metodo di vita Orientale. Egli, divenne mentalmente confuso, si allontanò dalla sua casa andando a vivere in un lontano quartiere; fu turbato da allucinazioni (come egli stesso ammise più tardi), sviluppò una doppia personalità, l'uomo Inglese fu lentamente sostituito da una Entità Orientale con sua moglie che assisteva spaventata. Successivamente, il 13 giugno del 1949, mentre nel suo giardino si stava arrampicando su una scala, Carl Kuonsuo cadde e batté la testa procurandosi una lieve commozione cerebrale. Quando si ricoverò l'uomo Inglese era stato sostituito da un Tibetano  di nome T. Lobsang Rampa nel pieno delle sue memorie Tibetane!
Nel 1949, il Tibet era ancora uno dei luoghi più remoti e inaccessibili della Terra. Solo un pugno di Occidentali era stato lì, era il regno delle montagne proibite. Del luogo c'era solo una breve autentica letteratura e nessuna mappa precisa. Eppure, Carl Kuonsuo sosteneva di avere dettagliati ricordi del posto e disegnato mappe della remota città di Lhasa. Si vestì come un Tibetano, con vesti dalle lunghe maniche … e questo non fu d'aiuto alla sua ricerca di un lavoro. Quando egli fece domanda per un lavoro ad un editore Britannico, nelle vesti di scrittore anonimo, gli venne suggerito di scrivere un libro sulle sue esperienze in Tibet. Nel Terzo Occhio egli descrisse queste sue esperienze: la storia di un ragazzo conosciuto in Tibet. Questo libro divenne un bestseller Internazionale con milioni di copie vendute e il nome di T. Lobsang Rampa nella prima pagina di un giornale. (T. sta per Tuesday).
I corrispondenti Orientali e gli osservatori Indiani, dissero che Rampa aveva torto; ma i Tibetani scrissero proteste sul fatto che era stata divulgata la segreta conoscenza, la quale era privilegio delle scuole occulte del loro paese e che "uno della veste", nella forma fisica o eterica, ha maldestramente fatto pubblicare nelle lontane terre d'Occidente, dove giace alla mercé degli sguardi dei non iniziati.
Non possiamo liquidare il caso di T.L. Rampa come la vicenda di un ossessionato o invasato. Un altro grande e famoso personaggio svedese Emmanuel Swedenborg nel corso della sua vita, fu un grande veggente, oltre ad essere uno scienziato, un matematico e un ingegnere minerario scrisse in latino grossi tomi. Poi, d'improvviso, all'età di cinquantasei anni subì il processo della classica illuminazione cosmica. E. Swedenborg, che se ne andò in giro per il cosmo, ci narra di viaggi in altri mondi e nello spazio siderale. Molte delle sue esperienze erano, senza alcun dubbio, ciò che oggi chiamiamo OBE esperienze fuori dal corpo. I suoi libri furono scarsamente compresi negli anni della sua esistenza. Dopo la sua morte, all’età di ottantaquattro anni, il suo lavoro divenne il centro di una religione che è giunta fino ai giorni nostri. I suoi libri, sono stati tradotti in molte lingue e facilmente reperibili presso le molte fondazioni Swedenborg e centri ecclesiastici nel mondo.
Similmente a Swedenborg molti moderni OBE iniziano quando la persona dotata di facoltà percettive è apparentemente risvegliata da un sonno profondo: si ritrova di fronte a una guida che somiglia a un Indiano, un gigante, un nano, uno spirito etereo oppure a un’entità dello spazio. Questa guida, allora, porta la persona a compiere un giro in un universo davvero realistico.
In uno dei suoi numerosi scritti Rampa “La caverna degli antichi” raccontò di essere entrato all'interno del palazzo fortezza del Potala, in Tibet, dove c’erano dei passaggi sotterranei che conducevano a un'immensa caverna contenente quello che sembrava un mare interno. Era ciò che rimaneva dall'epoca remotissima in cui il Tibet era un paese ameno vicino al mare. In quell'immensa caverna vide strane pitture, vestigia e scheletri di creature fantastiche. Più avanti trovò resti conservati di esseri umani giganteschi, navicelle spaziali ancora funzionanti, aree tecnologiche che rappresentavano vere e proprie basi spaziali e tanto altro.
Figura 1. T. Lobsang Rampa

Quanto segue è narrato da T. Lobsang Rampa nel suo libro Venere.
“Certo che esistono i dischi volanti! Ne ho visti parecchi sia nel cielo che sulla Terra ed ho viaggiato a bordo di uno di loro (Lama Mingyar Dondup). Il Tibet è il paese più vantaggioso per tutti i dischi volanti. E' un paese lontano dal trambusto del mondo ed è popolato da gente che pone la religione e i concetti scientifici prima del guadagno materiale. Attraverso i secoli, la gente del Tibet, ha conosciuto le verità sui dischi volanti: cosa sono, perché essi sono, come lavorano e lo scopo dietro a tutto questo. Noi conosciamo quelli dei dischi volanti come gli Dèi del cielo nei loro carri di fuoco. Sugli Altipiani Tibetani del Chang Tang noi sette tutti lama di rango elevato avevano avuto molte comunicazioni telepatiche con gli Dèi dei Cieli. Da loro avevano imparato il segreto dei carri che, nel silenzio, attraversavano la nostra Terra e, talvolta, illuminavano remote regioni”.
Il gruppo dei sette lama giunse in un luogo coperto da una fitta coltre di nebbia e vi entrò e sbucò nella più calda e misteriosa terra di un’età passata. Proseguendo il viaggio giunsero in una zona aperta. una larghezza di almeno cinque miglia e nella parte più distante c'era un lastrone di ghiaccio che, simile ad una lastra di vetro, s’innalzava verso il cielo. Pur tuttavia, questa non era la cosa più straordinaria perché, questo spazio, conteneva le rovine di una città ed alcune costruzioni erano quasi intatte, altre nuove. Vicino, in uno spazioso cortile, c'era una immensa struttura di metallo che mi riportò alla memoria due dischi del nostro tempio uniti insieme ma, questo, chiaramente, era una qualche sorta di veicolo.
“La mia guida, il Lama Mingyar Dondup, ruppe il nostro reverenziale silenzio:
Questa era la Dimora degli Dei" - disse - "Mezzo milione di anni fa, gli uomini lottarono contro gli Dèi ed inventarono un meccanismo capace di frantumare un atomo, cosa che procurò grande calamità alla Terra. Terre si sollevarono, altre si inabissarono, montagne si sbriciolarono ed altre sorsero. Questa era una potente città, la Metropoli. Qui, un tempo, c'era il mare. Lo sconvolgimento che seguì l'esplosione, sollevò questa Terra di migliaia di piedi e lo shock alterò la rotazione del pianeta. Ci avvicinammo per vedere altre parti di questa città incastonata nel ghiaccio, di questo ghiacciaio. Un ghiacciaio che, in questa valle molto calda, si sciolse delicatamente lasciando intatte queste antiche strutture.
Solo quando ci trovammo vicino alle costruzioni ci fu chiaro che la gente che aveva vissuto qui doveva avere un'altezza non inferiore ai dodici piedi (cioè 3,60 m). Ogni cosa era su scala gigante, una scena che mi riportò vividamente nella memoria quelle smisurate figure che vidi nei profondi recessi del Potala”.
Infatti, gli uomini antidiluviani, quelli della Quarta Generazione gli Atlantidei erano descritti come dei giganti (notazione dell’autore V.P.).
Ci accostammo ad uno strano veicolo di metallo; era immenso, forse cinquanta per sessanta piedi (15x18 m) ed ora reso inutilizzabile dal tempo. C'era una scala che si estendeva fino ad un’apertura buia, avevamo la sensazione di calpestare un suolo sacro; uno dopo l'altro avanzammo lentamente. Il Lama Mingyar Dondup fu il primo a salire e scomparire nella buia apertura. Subito dopo venni io, raggiunsi la cima della scala e, una volta nell'interno, vidi la mia guida curvarsi sotto di ciò che sembrava un tavolo inclinato posto in questa larga stanza di metallo. Il Lama toccò qualcosa ed apparve una luce bluastra seguita da un debole ronzio. Al nostro terrificato sbalordimento si aggiunse il fatto che dalla parte estrema della sala, apparvero delle figure le quali vennero verso di noi  … una voce nel nostro cervello ci fermò: "Non abbiate paura" - disse - "Sapevamo della vostra venuta, ne eravamo consapevoli già negli ultimi cento anni”.
Ai sette lama furono fatte vedere su una parete del velivolo le immagini della potente città cui avevano prima visto le rovine.  Poi, un terribile rombo e di lontano un qualcosa a forma di fungo oscurò il cielo per miglia. Una nuvola, poi, un colore giallo - cremisi si delineò nel cielo e fu come se l'intero respiro degli Dèi fosse andato in fiamme. Lontano, dal mare, udimmo il fragore di un'onda smisurata abbattersi, poco dopo, sulla Terra ferma e inghiottire le case - un tempo la solenne Metropoli.
Apparve ancora un'immagine sulla parete ma, questa volta, era un'immagine diversa. Vedevamo ogni cosa con chiarezza; c'erano strani veicoli simili a quelli sui quali noi sedevamo ora. Gli uomini sembravano adibiti al lavoro, come servizio. Imbarcazioni arrivavano e partivano in continuazione. Sembrava ci fossero molti e differenti tipi di persone che andavano da un'altezza di cinque a quindici piedi (un piede = 30,48 cm).
Imparammo che esisteva un’associazione, una Confraternita Bianca composta da entità incarnate e disincarnate. Quelle incarnate giungono da molti e differenti pianeti ed hanno il solo scopo di salvaguardare la vita. L'uomo, ci dicono, non è certamente, la forma più elevata dell'evoluzione, e queste persone, questi guardiani lavorano per le creature di tutte le specie, non soltanto per l'uomo.
Una valle con una città nascosta che risale al tempo dell'Inondazione e, ancora più incredibile, dove gli Dèi del Cielo avevano una base.
La Terra, ci dicono, è una colonia e la gente dello spazio supervisiona la Terra per mitigare gli effetti delle radiazioni atomiche, ed è sperabile, per salvare la gente dal mandare a pezzi il mondo.
Per secoli la Terra era stata osservata cosicché, al momento giusto, la gente poteva essere aiutata. Quel tempo è vicino.
Noi, i sette lama telepatici, fummo fatti salire su una nave spaziale e sollevati nell'aria. In mezz'ora vedemmo la nostra Terra del Tibet - una terra che un uomo, a dorso di cavallo, impiegherebbe tre mesi per attraversarla. Poi, senza incrementare la gravità e senza alcuna sensazione di velocità, entrammo nell'atmosfera e quindi nello spazio. Noi sappiamo come queste macchine funzionano. Noi sappiamo perché queste possono effettuare curvature tanto velocemente e perché coloro che sono nell'interno non subiscono la forza centrifuga.
Il Più Alto si mosse e disse: "Ora, tu vedi fratello mio, perché abbiamo cura della Terra; se la follia dell'uomo fosse lasciata priva di controllo, cose terribili accadrebbero alla razza umana. Ci sono poteri sulla Terra, umani poteri: chi si oppone con tutte le forze alla realtà dei nostri vascelli, chi dice che non esiste nulla più grande dell'uomo sulla Terra. Così, non possono esserci veicoli da altri mondi. A voi, fratelli miei, è stato mostrato, detto e fatto sperimentare, così ora, per mezzo della vostra conoscenza telepatica, potrete contattare altri in modo da influenzarne il comportamento". Lobsang Rampa (Venere).
Il sistema della propulsione investiva grandemente il mio interesse e, nel merito, mi furono date dettagliate spiegazioni. Si faceva uso di vari metodi; vascelli per diversi scopi possedevano appropriati metodi di propulsione. Quello nel quale noi viaggiavamo aveva una forma di magnetismo che respingeva quello terrestre. L'elettricità usata sulla Terra, ci venne detto, è la più grossolana, mentre quella usata altrove è una forma di magnetismo basata sull’energia cosmica. La forza, è raccolta dal cosmo per mezzo di speciali collettori posti sulla superficie del vascello, e fatta fluire alla "sala macchine". Qui, è alimentata da bobine d'induzione fino alle due metà della nave. La metà rivolta alla Terra è fortemente respinta dalla Terra stessa, mentre l'altra rivolta al pianeta, in questo caso la Luna, ne è fortemente attratta. Su un pianeta, la forza respingente può essere adattata così da dare modo alla macchina di restare sospesa nell'aria per poi alzarsi o abbassarsi. Tutto l'interno della macchina è rivestito da un sistema di conduttori, per cui, non ha importanza quale assetto adotta una nave poiché la forza di gravità è sempre idonea per gli occupanti. Lobsang Rampa (Venere).
Anche prima delle mie esperienze con i dischi volanti, ero curioso della vera natura degli UFO ed ero eccitato dalle possibilità che potessimo essere visitati da creature di altri pianeti. Mi era stato detto da qualche Lama, che alcuni UFO erano antichi velivoli pilotati da uomini fuggiti dalla superficie del mondo per vivere in caverne sotto terra.
Più tardi avrei imparato che la nostra umile Terra è costantemente visitata da velivoli non soltanto provenienti da mondi e pianeti dell’Universo, ma anche da altre dimensioni, tempi e realtà. L’intero Universo è inondato di vita e di esseri intelligenti, e il pianeta Terra, come altri mondi abitati.
Il mistero di ciò che è chiamato UFO non sarà mai risolto per la natura riservata degli esseri che sono attirati verso la Terra. Ciò non di meno, è destino degli uomini continuare la loro relazione con entità di altri mondi. Lobsang Rampa (Agartha) http://www.tuesdaylobsangrampa.it
SI ALZA IL VELO FATTO CADERE SUGLI UFO

Recentemente Haim Eshed ex generale e capo della sicurezza spaziale israeliano sostiene che gli alieni esistono e sono in contatto da anni con Stati Uniti e Israele. Esisterebbe una “federazione galattica” che comunica con i terrestri. “Gli oggetti volanti non identificati hanno chiesto di non rendere pubblico che sono qui, l’umanità non è ancora pronta”, ha detto al quotidiano israeliano Yediot Aharonot Haim Eshed. La Casa Bianca e i funzionari israeliani non hanno voluto al momento rispondere alla richiesta di commentare queste notizie fatta da NBC News. L’ex direttore della National Intelligence, John Ratcliffe, ha annunciato l’uscita del prossimo rapporto del governo USA sugli UFO e a suo dire ci saranno rivelazioni importanti sull’esistenza degli oggetti volanti non identificati. Avi Loeb, professore all’Università di Harvard, che nell’ultimo libro “Extraterrestrial: The First Sign of Intelligent Life Beyond Earth”, sostiene che la visita sarebbe avvenuta nel 2017, quando l’asteroide Oumuamua destò l’attenzione di tutti: lui, appunto, ipotizza che l’oggetto potrebbe essere stato il primo segnale inviatoci dai visitatori alieni.
Leroy Chiao, un astronauta della NASA di origine cinese, comandante della Stazione Spaziale Internazionale nel 2005, ha fatto ciò che pochissimi astronauti osano: ha rivelato il suo incontro con un gruppo di UFO. Durante una passeggiata nello spazio fuori dalla Stazione Spaziale Internazionale (ISS), Leroy ha incontrato una  flottiglia di UFO. Leroy non era solo, mentre galleggiava nel vuoto dello spazio, ma con l'astronauta russo Salizhan Sharípov, e svolgeva lavori al di fuori della ISS. L’uomo afferma di aver assistito a “strane luci che sembravano essere allineate”, e che sono volate via ad una velocità altissima.

Figura 1. 2019 USS Omaha intercetta UFO sferoidale nell’oceano al largo di San Diego

Francis Crick, il premio Nobel per la medicina a cui è stato attribuito il merito di aver scoperto la struttura del DNA, ha suggerito una nuova teoria alla comunità scientifica, che ha chiamato la teoria “infettiva”. Consiste in una civiltà aliena, potrebbe aver seminato una vita primitiva sulla Terra. Ovviamente questo solleva delle domande: come è stato trasferito sulla Terra? Per Crick, lo hanno fatto per mezzo di un’astronave progettata in modo univoco per questa missione. Così sono stati in grado di introdurre questi microrganismi responsabili dell’emergere della vita. Manfred Eigen, premio Nobel per la chimica, il codice genetico umano ha avuto più di 3.800.000 milioni di anni, deve aver avuto un’origine extraterrestre. Fonte https://www.segnidalcielo.it/.
Sono migliaia i file che contengono informazioni, avvistamenti, immagini e video sugli oggetti volanti non identificati UFO sia sul web e sia quelli desecretati dalla Cia e ora pubblicati sul sito internet The Black Vaul. Molte persone hanno riferito di essere state prese a bordo dagli occupanti di queste macchine. Le notizie che raccontano i visitatori di altri mondi non si contano, questo fenomeno sembra essere vecchio quanto l’umanità stessa.
Secondo alcuni gli UFO che sorvolano i nostri cieli, e che vengono spesso avvistati anche nelle profondità marine, altro non sarebbero che i mezzi di trasporto degli abitanti di regno sotterraneo Agarthi (“l’inaccessibile”), discendenti dei sopravvissuti di Atlantide.
Non c’è niente di nuovo sotto il sole, in passato esistevano macchine in grado di volare e fare altro.
O.C. Huguenin racconta che il popolo atlantideo, molto più progredito del resto dell’umanità per quanto attiene allo sviluppo scientifico, costruì macchine chiamate Vimâna, che “volavano nei cieli e nei tunnel come aeroplani, utilizzando una forma di energia ottenuta direttamente dall’atmosfera”. Poi aggiunge: “Sono identici a quelli che noi chiamiamo dischi volanti”.
CRONACHE ANTIDILUVIANE DEI TREANTACINQUE BUDDA DI CONFESSIONE

Altre notizie riguardanti i Vimâna sono riferite nel libro “La Dottrina Segreta” scritto da H.P. Blavatsky nel XIX secolo, cioè in un’epoca che non esistevano gli aerei e il solo pensiero di imitare le gesta di Leonardo da Vinci era visto con derisione. L’autrice riporta il contenuto di manoscritti appartenenti al Buddismo del Nord chiamati Tongshktchi Sangye Songa o Cronache dei trentacinque Buddha di Confessione”[1]. Queste antiche scritture su “foglie di palma” dette “ceste” sono tenute segretissime, scrive H.P. Blavatsky, e che quel particolare manoscritto dal quale sono stati ricavati e messi in lingua comprensibile i frammenti che seguono, si dice che sia stato copiato da tavolette di pietra appartenute ad un Buddha dei primi giorni della Quinta Generazione o Razza, che era stato testimone del Diluvio e della sommersione delle principali terre e isole della Razza Atlantiana.   
Questi luminosi personaggi, tuttavia, sebbene siano chiamati Buddha nella religione buddhista del Nord, sono “i Buddha che hanno preceduto Shâkiamuni”, si possono ugualmente chiamare Rishi, Avatâra, ecc. Buddha letteralmente, significa “l’Illuminato”, il più alto grado della conoscenza. Solo undici appartengono alla Quarta Razza o Generazione l’Atlantiana, e ventiquattro alla Quinta Razza, dai suoi inizi.
Vajra-garbha o creatore di Vajra, è uno dei trentacinque Buddha della confessione. Il Vajra, la Folgore, è impugnato come arma da Indra, Re degli Dèi, in modo del tutto simile a Zeus, il Re degli Déi nella mitologia greca. Il Vajra rappresenta l'indistruttibilità, e in quanto l'arma più potente, ha la qualità di non poter essere usato in modo inappropriato e ha la proprietà di tornare sempre a chi lo impugna.

Figura 1. Vajra-garbha con il Vajra (il fulmine) impugnato nella mano destra - Vulci – Il Dio Etrusco Śuri col fulmine tra i denti
                       
I Re di Luce si sono allontanati in collera. I peccati degli uomini sono diventati così gravi, che la Terra trema nella sua grande agonia… I Troni Azzurri rimangono vuoti. Chi della Razza Bruna, chi della Rossa, o anche della Nera, potrà sedere sui Troni dei Benedetti, i Troni della Sapienza e della Misericordia? Chi potrà assumere il Fiore del Potere, la  Pianta dallo Stelo d’Oro e dal Fiore Azzurro?”
I “Re di Luce” sono chiamati in tutte le vecchie cronache i Sovrani delle Dinastie Divine. I “Troni Azzurri” in certi documenti sono detti “Troni Celesti”.
… quelli dalla Faccia Rifulgente[2] (giallo oro) sono andati al Paese della Felicità, la Terra del Fuoco e del Metallo… Le razze sagge avevano percepito i draghi neri degli uragani, richiamati dai Draghi della Saggezza ed erano fuggite, guidate dagli splendenti Protettori dell’eccellentissima Contrada”…
… E il ‘Grande Re dalla Faccia Abbagliante’, il capo di tutti quelli dalla Faccia Gialla, era triste, vedendo i peccati di quelli dalla Faccia Nera.
Egli mandò i suoi Vimâna (veicoli aerei) a tutti i capi confratelli [capi di altre nazioni e tribù] con dentro uomini pii, dicendo: Preparatevi. Sorgete, o uomini della buona legge, e attraversate la terra, fin che è [ancora] asciutta.
I Signori degli uragani si avvicinano. I loro carri sono prossimi al nostro paese. I Signori della Faccia Scura [gli Stregoni] vivranno solo una notte e due giorni su questa terra paziente. Essa è condannata, ed essi dovranno sprofondare con lei. I Signori inferiori dei Fuochi [gli Gnomi e gli Elementali del Fuoco] preparano le loro magiche Agnyastra [armi da fuoco costruite mediante la magia]. Ma i Signori dall’Occhio Scuro [l’occhio cattivo] sono più forti di loro [gli Elementali] e sono i servi dei più potenti. Sono esperti in Asthar [Vidyâ, il più alto sapere magico].[3] Venite e servitevi dei vostri [cioè dei vostri poteri magici, per controbattere quelli degli Stregoni]. Che ogni Signore dalla Faccia Splendente [un Adepto della Magia Bianca] faccia pervenire nelle sue mani [in suo possesso] il Vimâna di ogni Signore dalla Faccia Scura, affinché non uno [degli Stregoni] possa servirsene per sfuggire alle acque, per evitare la verga dei Quattro [Divinità del Karma] e salvare i suoi cattivi [seguaci o gente].
Il brano ci dice che quelli dalla faccia rifulgente (d’oro) sono andati “nella Terra della Beatitudine, la Terra del Fuoco e del Metallo”; cioè, secondo le regole del simbolismo, le Terre giacenti a Nord e ad Est, da cui “le Grandi Acque erano state strappate via, assorbite dalla Terra o dissipate nell’Aria”. Ciò significa che la grande emigrazione fu fatta in un primo tempo per via terra e alla fine con una flotta di aeronavi. La direzione fu verso oriente e verso il grande nord, entrambe regioni collegate alla Quinta Generazione o Razza Radice. Le terre situate ad occidente e a sud dovevano essere sommerse dalle acque.
Che ogni Faccia Gialla possa mandare il sonno [mesmerico?] ad ogni Faccia Nera. Possano essi [gli Stregoni] anche evitare pena e sofferenza. Possa ogni uomo fedele agli Dei Solari legare [paralizzare] ogni uomo fedele agli Dèi Lunari, per evitare che soffra o che sfugga al suo destino.
E che ogni Faccia Gialla offra la sua acqua di vita [sangue] all’animale parlante di una Faccia Nera, affinché non svegli il suo padrone.[4]
L’ora è suonata, la notte nera è vicina.
Che il loro destino si compia. Noi siamo i servi dei Quattro Grandi.[5]      
Possano ritornare i Re di Luce.”
Il grande Re cadde sulla sua Faccia Splendente e pianse…
Quando i Re si riunirono, le acque si erano già mosse…
[Ma] le popolazioni erano già passate sulle terre asciutte. Erano oltre il livello delle acque. I loro Re le raggiunsero nei loro Vimâna e le condussero alle  terre del Fuoco e del Metallo [Est e Nord].
Quelli dalla Faccia Scura possiamo definirli i Signori della “Espressione Materiale”. E in un altro passo si legge:
Stelle [meteore] fecero piovere sul territorio delle Facce Nere. Ma esse dormivano.
Le bestie parlanti [le sentinelle magiche] rimasero quiete.
Signori inferiori aspettavano ordini; ma questi non giunsero, perché i capi dormivano.
Le acque salirono e coprirono le vallate, da un capo all’altro della Terra. Le terre alte rimasero, il fondo della Terra [le terre agli antipodi] rimase asciutto. Lì ripararono quelli che erano sfuggiti: gli uomini dalle Facce Gialle e dall’occhio dritto [la gente franca e sincera].
Quando i Signori dalla Faccia Nera si svegliarono e cercarono i Vimâna per mettersi in salvo dalle acque montanti, non li trovarono più.
Quindi, un brano descrive alcuni fra i più potenti Maghi dalla “Faccia Nera”, che, svegliatisi prima degli altri, inseguirono quelli che li avevano “derubati”, e che erano rimasti nella retroguardia, poiché “le popolazioni condotte via erano numerose come le stelle della via lattea”, secondo un Commentario più moderno, scritto solo in sanscrito.
Gli inseguitori, “le cui teste e i cui petti si elevavano al di sopra dell’acqua”, li inseguirono “per tre periodi lunari”, finché, raggiunti infine dalle onde montanti, perirono fino all’ultimo uomo, perché il suolo mancava sotto i loro piedi, e la terra inghiottiva coloro che l’avevano profanata.
Figura 2. La caduta di Atlantide – Dipinto di Grev Cafi
Tutto questo ha non poca somiglianza con tutto il materiale originario con il quale, molte migliaia di anni dopo, fu costruita la storia analoga dell’Esodo. Gli oscuri atlantidei vennero trasformati in malvagi egiziani. I giganteschi maghi di Ruta e Daitya, i “Signori dalla Faccia Scura”, nel racconto posteriore possono essere diventati i Maghi egiziani, e le nazioni dalla Faccia Gialla della Quinta Razza, i virtuosi figli di Giacobbe, il “popolo eletto”! G. de Santillana Herta von Dechent scrive nel Il Mulino di Amleto appendice 20: apprendiamo da Rabbi Eleazar ben Pedath (c. 270 d.C.) che “Quando il Faraone uscì dall’Egitto per inseguire gli Israeliti, essi levarono gli occhi al cielo e videro il principe angelico dell’Egitto che volava nell’aria”. Ciò significa la caduta dell’Egitto. Queste parole sono simili a quanto detto dal Rabbi Chanina (c.225 d.C.): “Dio non punisce una nazione se non ha prima punito il suo principe angelico in cielo”.
L’antica guerra condotta con l’utilizzo di Vimâna e di potenti armi come è narrata nel Mahâbhârata e nel Râmâyana, è tra i Signori dalla Faccia Luminosa contro quelli dalla Faccia Oscura. H.P. Blavatsky spiega che la grande lotta tra i “Figli di Dio” e i Figli della Sapienza Oscura (gli stregoni dalla Faccia nera Atlantidei), è rappresentata allegoricamente nel Râmâyana, che è la narrazione mistica in forma epica della lotta tra Râma — il primo re della Dinastia Divina degli ariani primitivi — e Râvana, la personificazione simbolica della Razza Atlantiana (Lankâ). I primi rappresentavano gli Dèi Solari; gli altri, gli altri i Deva Lunari Questa fu la grande battaglia tra il Bene ed il Male, tra la Conoscenza o Magia Bianca, e la Conoscenza oscura o Magia Nera, per la supremazia delle forze divine sui poteri inferiori, terrestri o cosmici.
A.K. Coomaraswamy chiarisce che secondo la Tradizione sacra, la Magia è considerata un sapere scientifico,  spiegando che la parola Maya nasce dalla radice √Ma, che significa misurare, foggiare, fare; Maya è l’Arte o Potenza della creazione e della trasformazione, ed è una proprietà essenzialmente divina e può essere resa con la parola Magia. La conoscenza dei Magi è conoscenza dei poteri del creato, di Maya e non ha nulla a che vedere con l’imbroglio o la prestidigitazione.
I “Signori dalla Faccia Nera”sono descritti come oscuri stregoni. L'antica India vedica lascia le vestigia della sua magia regale nel Rig Veda e soprattutto nell'Atharva Veda.
“È dalla Quarta Razza (gli Atlantidei) che i primi Ariani (la Quinta Razza Madre), attinsero la loro conoscenza di “quel fascio di cose meravigliose”, il Sabhâ e il Mâyâsabhâ, citati nel Mahâhârata, il dono di Mâyâsura ai Pândava. Da loro appresero l’aeronautica, Vimâna Vidyâ[6], “l’arte di volare con veicoli aerei”[7], e di conseguenza, le arti della meteorografia e della meteorologia [8]
Lemuria e di Atlantide sono nomi convenzionali dei Continenti perduti, ma non sono i veri nomi arcaici. Molti nomi corretti di terre ed isole di entrambi i continenti si trovano nei Purâna; come si trovano in altre opere ancora più antiche, quale il Sûrya Siddhânta. Il Monte Ashburj “ai cui piedi tramonta il sole”, dove avvenne la guerra narrata nel Mahabharata tra i Devata e i Daitya. Asburj, o Azburj, che sia o no il picco di Tenerife, era un vulcano, quando cominciò la sommersione dell’“Atala Occidentale” e quelli che furono salvati narrarono la storia ai loro figli. L’Atlantide di Platone finì tra l’acqua di sotto e il fuoco di sopra: per tutto quel tempo, la grande montagna non cessò di vomitare fiamme.
Il Maestro D.K. (in Esteriorizzazione della Gerarchia), ci dice che tutto ciò che i moderni processi della civiltà hanno reso possibile, e molte altre cose superiori alle nostre più recenti scoperte scientifiche, erano noti nell’antica Atlantide, ma non furono sviluppati dagli uomini stessi, bensì furono offerte loro come dono spontaneo, proprio come oggi si danno ai bambini oggetti meravigliosi, che essi usano e godono, ma non possono capire. Dappertutto si trovavano grandi e belle città piene di templi e di grandi costruzioni (di cui le rovine di Caldea e Babilonia sono i resti degenerati, e i moderni grattacieli i loro figli). La maggior parte della conoscenza scientifica moderna era posseduta dai re sacerdoti, e agli occhi delle masse appariva come una meravigliosa forma di magia.
Dal tempo delle navi volanti di Atlantide la conquista dell’aria sembrò per lungo tempo perduta. Ma il pensiero del volo era destinato a sopravvivere. Gli uomini cominciarono a sognare aeronavi, uccelli di ferro, tappeti volanti. (Sovramundano I, 121).
Urusvati sa che gli Atlantidi conoscevano i viaggi aerei. Non è strano che dopo la distruzione di quella terra una tale conquista si sia persa? Alcuni sopravvissero che conoscevano il segreto del volo. Nelle cronache rimasero ciononostante solo brevi cenni a quelle navi del cielo, poi dimenticate per tanto tempo. (Sovramundano III, 556).


[1] Riportato in Dottrina Segreta Antropogenesi. Frammenti addizionali estratti da un commentario ai versetti della Stanza XII Dzyan.
[2] La razza gialla, i progenitori dei Cinesi e dei Giapponesi.
[3] Il defunto Brahmachâri Bawa, Yogî  di grande fama e santità, scrisse: “Su Ashtar - Vidyâ’ ed altre scienze analoghe furono compilate in varie epoche opere estese, nelle lingue del loro tempo, dagli originali sanscriti. Ma esse, insieme con gli originali sanscriti, sono andate perdute al tempo del diluvio parziale del nostro paese”. (The Theosophist, giugno 1880: “Some Things the Aryans Knew”) . Per Agnyastra, consultare Wilson, Specimens of the Hindû Theatre, I, p. 297.
[4] Bestie prodigiose, create artificialmente, in qualche modo simili a una creazione di Frankenstein, che parlavano e avvertivano il padrone dell’avvicinarsi di qualsiasi pericolo. Il padrone era un “Mago Nero”, l’animale meccanico era animato da uno Dijn, un Elementale, secondo i racconti. Solo il sangue di un uomo puro poteva distruggerlo.
[5] I Quattro Dèi del Karma, che nelle Stanze sono chiamati i quattro Mahârâja .
[6] Vidyâ significa Conoscenza. La Brahm-Vidyâ, è la conoscenza divina, la scienza esoterica. Guhya o Gupta Vidyâ è la conoscenza segreta dei Mantra (parole o suoni) mistici.
[7] Si ricorda che questo manoscritto risale alla fine del secolo scorso quando ancora gli aerei non erano stati realizzati.
[8] H.P. Blavatsky, Dottrina Segreta - Antropogenesi.
L'ARRIVO DEI SIGNORI DELLA FIAMMA DA VENERE

I Purana raccontano che la stirpe dei Manu è stata generata da Vaivasvata Manu, figlio di Sûrya, il Sole, il Salvatore della nostra razza. Il Sûrya il Sole, è padre di Vaivasvata Manu, maestro di Asura-Mâyâ. Il nome Manu deriva dalla radice sanscrita man cioè "pensare". Vaivasvata può essere considerato un nome generico, o collettivo, come nome dell'attuale umanità. È considerato il padre di Yima (il primo uomo delle Vendidad) e di Yama, suo fratello gemello. È l’antenato della razza post-diluviana, o la nostra Quinta umanità. Stimato figlio di Sûrya (il Sole), egli, dopo essere stato messo in salvo in un'arca (costruita per ordine di Vishnu) dal Diluvio, divenne il padre di Ikshwaku, il fondatore della razza solare dei re. La cronologia brahmanica, secondo il calendario Tirukkunda Panchanga frutto dei calcoli di Asura-Mâyâ ci fornisce il tempo trascorso dall’apparire di Vaivasvata Manu, periodo umano fino all’anno 2.021 è di 18.618.852 anni.
In un tempo remoto, circa 18 milioni di anni fa, dal pianeta Venere (Ushanas-Shukra) giunse sulla Terra una missione di 104 Grandi esseri, detti Signori della Fiamma o Kumâra, guidati da Sanat Kumâra, verso la metà della Terza Generazione o Era terrestre. Il numero 104+1=105 è tre volte trentacinque (3x35=105), che per inciso è anche il numero dei Buddha di Confessione delle citate Cronache antidiluviane. Il numero 35 è un numero misterico, è la somma dei primi 3 quadrati dei numeri dispari, considerati spirituali: 35=12+32+52. La somma dei cubi della prima coppia: 23+ 33= 35 è chiamata Armonia dai Pitagorici perché come il Cinque è ancora matrimonio del primo cubo pari col primo cubo dispari. Il numero 35 è anche il risultato della somma dei quattro termini della perfettissima proporzione babilonese che servono a individuare la lunghezza delle corde del tetracordo di Filolao: 6+8+9+12=35.
Vicente Beltran Anglada (I Misteri di Shamballa) riporta quanto scritto nel “LIBRO DEGLI INIZIATI”: “... I Signori della Fiamma e i Loro Accompagnanti vennero sulla Terra avvolti in una nube di fuoco. Ognuno di Essi portava con sé gli attributi e i simboli del Suo potere, così come gli elementi dinamici che avrebbe dovuto usare per costruire il Grande Centro Spirituale che sarebbe stata la Dimora del Signore del Mondo (SHAMBALLA). Quando suonò l'ORA CELESTE, il gigantesco meccanismo si mise in movimento. Le stelle segnalarono il passaggio degli Dèi e i Signori della Fiamma con i Loro corrispondenti bagagli (tecnici) e in accordo con la Legge, costituirono una SFERA DI FUOCO di incalcolabile radiazione e si lanciarono prontamente alla grande avventura cosmica che aveva inizio nelle più elevate vette del Sistema e doveva culminare in quel piccolo luogo della Terra che era l'ISOLA BIANCA che galleggiava tranquillamente sul “Mare del GOBI”.
La Venuta dei Signori della Fiamma con la loro magnifica corte di Entità venusiane, tanto umane quanto angeliche, per instaurare la Grande Fratellanza Bianca sul pianeta, si produsse attraverso un indescrivibile processo scientifico di “Sostanziazione dell'etere” che costituiva l'elemento energetico che formava i veicoli più densi di espressione dei Signori venusiani, al fine di adattarli alle vibrazioni più dense dell'etere planetario. Questo processo scientifico fu preceduto da un altro di carattere misterioso e occulto che esotericamente potremmo definire come di “astrazione della coscienza” dentro la luce del Cosmo da parte delle grandi Entità.
Il vascello del Signore della Fiamma volò attraverso gli spazi, discendendo da incalcolabili altezze e circondato da vive masse di fuoco. Esso si fermò per portare la sapienza alla prima umanità terrestre dove adesso si stende, sterminato, il deserto di Gobi, era allora il mare, nel quale biancheggiava un’isola che sorgeva in mezzo al mare di Gobi, come scritto nell’Upanishad. Questi Grandi Esseri si stabilirono a Shamballa, dove in passato vi era un mare con al centro un’Isola detta Bianca, che divenne la loro sede.
L'Isola Bianca, ossia il posizionamento geografico scelto dai Signori della Fiamma quando istituirono la Grande Fratellanza di Shamballa qui sulla Terra è un mistero iniziatico di alta trascendenza spirituale basato sulla geometria esoterica, cioè nulla di esterno, salvo le indescrivibili radiazioni magnetiche, potranno rivelare al ricercatore qualificato questo meraviglioso Centro spirituale dal quale sorge la Luce del mondo. (Vicente Beltran Anglada, I Misteri di Shamballa).
Le più celebri impronte di piedi umani in una remotissima antichità si trovano senza dubbio nel deserto di Gobi, su una pietra che reca la traccia di una calzatura antica di milioni di anni, e nel Sisher Canyon, nel Nevada, dove si vede la suola di una scarpa con tracce di cuciture risalenti al Triassico. Altre tracce del genere si trovano in Bolivia, conservate nel museo di Cochabamba, nelle montagne peruviane ed a nove chilometri da Tahiti, presso Punauia, dove, secondo le leggende, non Belzebù, ma il dio Hira avrebbe posato il piede.
Queste impronte non hanno nulla di eccezionale (data la diversità del terreno da quello attuale), se non una cosa: quella riguardante la loro età, che risale addirittura al periodo dei giganteschi sauri, il che fa concludere ad Andrew Tomas: “Si giunge alle seguenti deduzioni: o l'uomo apparve sulla Terra milioni di anni prima di quelli assegnatigli dalla scienza, o visitatori provenienti dal cosmo sbarcarono sul nostro pianeta”. Direi entrambe le soluzioni, un’umanità primitiva e esseri evoluti venuti dallo spazio.
I Signori della Fiamma giunsero da Shukra, cioè dal pianeta Venere, non a caso chiamato da Pitagora, Sol alter, cioè “l’altro Sole”. Secondo la Dottrina Misterica, questo pianeta è il primario della nostra Terra e il suo prototipo spirituale. Così, si dice che il carro di Shukra è trainato da otto “cavalli nati sulla terra”. Ogni peccato commesso sulla Terra è risentito da Ushanas-Shukra. Il Guru dei Daitya è lo Spirito Guardiano della Terra e degli Uomini. Ogni cambiamento che avviene su Shukra è risentito e si riflette sulla Terra. Shukra, o Venere, è così rappresentata come Precettore dei Daitya, i giganti della Quarta Razza. Ogni mondo ha la sua Stella-madre e il suo Pianeta-sorella. Così la Terra è figlia adottiva e sorella minore di Venere, ma i suoi abitanti hanno un carattere loro. (Dottrina Segreta Antropogenesi).
Venere, il luminare sacro (attestato a livello dell’Anima), è veicolo dell’energia connessa alla Conoscenza concreta o Scienza, quella che è indicata come il Quinto Raggio, il Quinto principio, l’intelletto, quella luce abbagliante della ragione applicata che ci affascina sino ad abbagliarci.
Figura 1. Poetica immagine del mare del Gobi[1]

Giorgio Dibitonto in Angeli in Astronave scrive che in una caverna del Bodhistan, ai piedi dell’Himalaya, fu rinvenuta una carta astronomica su cui era tracciata la rotta Terra-Venere, e il disegno mostrava, come fosse una datazione, le costellazioni di 13.000 anni fa. I Maya oltre al calendario basato sull’anno solare terrestre, ne avevano un’altra calcolato sull’anno solare venusiano. Forse era dovuto solo al grande culto che i Maya riservavano a Venere, identificato con Quetzalcóatl.
I Kumâra (giovani) sono una delle figure più occulte, complesse, velate, di tutta la filosofia indù. Qualcuno vuole che derivi da Kama (amore), uno dei primi Dei indù, essendo nati per suo merito da Brahma. Altri, più letteralmente, lo fanno derivare da “ku”, difficile, e “mara”, mortale, cioè “mortali con difficoltà”.
Le grandi Entità, giunte da Venere, assunsero il governo del pianeta, fondarono la Gerarchia Spirituale e, mentre Sette restarono, altre tornarono alla Loro fonte di origine. Sono divisi in due gruppi uno di quattro e uno di tre. Non a caso si dice che i primi Kumâra erano i Sette figli di Brahma, nati dalle membra del dio durante la cosiddetta nona creazione.
Il misterioso capo dei Kumâra è Sanat Kumâra, il Signore del Mondo. Il capitolo 7 del Chandogya Upanishad (~ 800-600 a.C.) identifica Kârttikeya  in Sanat-Kumarâ (figlio eterno) e come Skanda nei Veda; è il Capo delle Legioni Celesti, il Dio della guerra (Marte), equivalente del cristiano Michele. Kârttikeya è il Kumâra Guha,  “l’Uno Misterioso” Siddha-sena”, il “Conduttore dei Siddha”, e Shakti-dhara, il “portatore di lancia”. Un Kumâra, o adolescente vergine, nato da Agni[2], allo scopo di distruggere Târaka, il demonio Dânava, nipote di Kashyapa da parte di suo figlio Hiranyâksha. Tutti questi racconti differiscono nei testi exoterici. La prima chiara prova dell'importanza di Kârttikeya emerge nei poemi epici indù come il Râmâyana e il Mahabharata dove viene recitata la sua storia:  è il figlio di Rudra o Shiva, auto-generato senza una madre dal seme di Shiva gettato nel fuoco. Kârttikeya generalmente è chiamato Agnibhû, “nato dal fuoco”.
Nell’antica tradizione indiana le Krittika cioè le Pleiadi, erano chiamate “le stelle del Fuoco”, divennero le nutrici di Kârttikeya e sono raffigurate da una fiamma o da una spada. Quando Kârttikeya fu affidato dagli Dèi alle Krittika per essere nutrito, queste erano solo sei, per questo nel Mahâbhârata, Kârttikeya, è rappresentato con sei facce”, come il cubo.
Secondo i Pûrana, l’ammasso stellare delle Pleiadi, le Krittika nakshatra è governato da Agni, e Karttikeya di cui Marte è un alias, è associato ad Agni. Sirio, la Stella del Cane, è chiamata in molti antichi testi “la guida dell’intera schiera celeste”. Karttikeya, il figlio di Agni, il “Capo delle Legioni Celesti”, è dunque simile a Sirio e a Michele Arcangelo. Karttikeya, il Figlio di Agni e di Svaha, è dunque simile a Sirio.
Abbiamo riferimenti a più livelli: partendo dall’alto, Agni, poi Karttikeya-Sirio, poi Marte, ed infine Kumarâ Guha, cioè Sanat Kumarâ, le cui caratteristiche sono quelle del guerriero.
Figura 2. Karttikeya (Sanat Kumâra) - Kushan, II secolo d.C.

Un Raggio di Sanat Kumâra spiritualizzò (animò) Pradyumna, il figlio di Krishna durante il grande periodo del Mahâbhârata, mentre al tempo stesso, egli, Sanat Kumâra, dava istruzioni spirituali al Re Dhritarâshtra. Va inoltre ricordato che Sanat-Kumâra è descritto come “un eterno giovane” dimorante nel Jana Loka.
I Purâna collegano i Sette Kumâra all’Isola Bianca (l’Uttara Khanda del Padma Purâna; e Asiatick Researches, Vol. XI, pp. 99, 100). È scritto che in qualità di Sanakadika — i sette Kumâra  Sanaka, Sananda, Sanâtana, Sanat Kumâra, Jâta, Vodhu e Panchashikha che andarono a visitare Vishnu nell’Isola Bianca cioè Shveta-dvîpa, l’isola abitata dai Maha Yogî. Nella letteratura dei Purâna è chiamato Shveta-Dvipa, il Monte Meru, la Dimora di Vishnu, e nella Dottrina Segreta è chiamata semplicemente la “Terra degli Dèi”. Nei Purâna, tutte le allusioni al nord di Meru alludono al primitivo Eldorado, alla Terra Primordiale. Shveta-dvîpa è il continente della Terza Generazione e Shakâ-dvîpa  il continente della Quarta Razza Madre o Generazione.
Fu soltanto il “cattivo uso” e non l’uso, del dono divino dei Primordiali Sette, quello che condusse gli uomini della Quarta Razza alla Magia Nera e alla Stregoneria, ed infine a “dimenticare la Saggezza”. Quelli della Quinta Razza Madre, gli eredi dei Kumâra e dei Rishi del Tretâ Yuga, usarono i loro poteri per atrofizzare gli antichi doni nell’umanità in generale, e quindi, come “Ceppo Eletto,” si dispersero. Coloro che sfuggirono al “Grande Diluvio” ne hanno conservato soltanto il ricordo e la credenza proveniente dalla conoscenza dei loro padri diretti, che tale scienza esisteva ed era  gelosamente custodita dal “Ceppo Eletto” esaltato da Enoch.
Ogni nazione ha tanto i Sette Manu, Reggenti, Ki-y, Amshaspend che discesero dalle loro dimore celesti per regnare sulla Terra. Fra gli Zooroastriani, gli Amshaspend, sono descritti nel Zamyad-Yasht come: “Gli splendenti… immortali… puri… tutti Sette animati dallo stesso spirito… che sono i creatori e i distruttori delle creature di Ahura Mazda, i loro sorveglianti protettori e guide”. Essi i poteri divini di Ahura Mazda, il Signore della Saggezza, sono i Costruttori, i Vigilanti i Pitri i Padri dell’umanità.
Gli antichi scrittori ci parlano di Dinastie Divine, ognuna per una data Razza umana. Sette divinità che discesero dal cielo, regnarono sulla Terra, insegnando all’umanità l’astronomia, l’architettura e le scienze. Platone narra nel famoso mito del Politico che l’uomo agli inizi ebbe per governanti gli stessi Dèi che assumevano la funzione del Buon Pastore per il gregge umano. Questi Esseri appaiono come Dèi, poi si confondono con l’umanità per apparire Re e Guide divine.
Panodoro scriveva che: “È durante questi mille anni (prima del Diluvio) che si ebbe il regno dei Sette Dèi che governò il mondo. È durante questo periodo che questi benefattori dell’umanità discesero sulla Terra e insegnarono agli uomini a calcolare il corso del Sole e della Luna nei dodici segni dell’eclittica. (H.P.B. La Dottrina Segreta, Antropogenesi).
Max Heindel, nella Cosmogonia dei Rosacroce, afferma la presenza di Istruttori antidiluviani alla guida dell’umanità già dal tempo della Lemuria (Shveta-dvîpa) scomparsa. Questi Istruttori, vennero anche chiamati “Signori di Venere” e “Signori di Mercurio”[3], furono conosciuti come “Messaggeri degli Dèi”. Per amore verso la nostra umanità, essi la guidarono passo a passo, non vi fu ribellione alla loro autorità, perché l’uomo non aveva ancora sviluppato una volontà indipendente. Essi la guidarono perché arrivasse a manifestare volontà e giudizio e divenisse capace di guidarsi da sé. Si sapeva che questi Messaggeri erano in comunicazione con gli Dèi. Erano tenuti in grande rispetto ed i loro comandi venivano ubbiditi senza discussione. Quando sotto la direzione di questi Istruttori, l’umanità ebbe raggiunto un certo grado di sviluppo, gli uomini più avanzati vennero posti sotto la guida dei Signori della Conoscenza, che li iniziarono alle verità superiori per farne delle guide o capi di popoli. Questi individui, chiamati “Iniziati”, vennero elevati alla dignità Reale e furono i fondatori delle dinastie dei Re considerati “divini” in quanto elevati a tale rango per grazia dei Signori di Venere e di Mercurio, considerati come Dèi dall’umanità nascente di allora .
Si raccontava che Osiride costruì città in Egitto, fermò le inondazioni del Nilo, inventò l’agricoltura, l’uso del vino, l’astronomia e la geometria. La Dea Iside afferma nel Libro dei Morti: “Io sono la Regina di queste regioni; io sono stata la prima a rivelare ai mortali i misteri del frumento e dei cereali… io sono colei che sorge dalla costellazione del Cane (Sirio)…”.
A. Thomas scrive che in Honduras una leggenda narra di una Donna Bianca, di ineguagliabile bellezza, discesa dal Cielo nella città di Cealcoquin, lei ordinò agli uomini di costruire un palazzo decorato con strane figure di  uomini e di animali e  depositare nel tempio una pietra incisa con caratteri sconosciuti. La Vergine Celeste partorì tre figli che diventarono  principi del regno, e molti anni dopo tornò alla sua patria tra gli astri.


[1] I lemuriani – Fisica Quantistica e Conoscenze al confine.
[2] Tutti questi racconti differiscono nei testi exoterici. Nel Mahâbhârata, Kârttikeya, “Marte dalle sei facce”, come il cubo, è il figlio di Rudra o Shiva, auto-generato senza una madre dal seme di Shiva gettato nel fuoco. Ma Kârttikeya generalmente è chiamato Agnibhû, “nato dal fuoco”.
[3] La Dottrina Segreta, le Stanze di Dzyan affermano la stessa cosa.
DALLA FONDAZIONE DEL TEMPIO DI IBEZ ALLA LUNGA GUERRA TRA I SIGNORI DELLA FORMA E I SIGNORI DELL'ESSERE

Il tempo della venuta dei Kumâra secondo il calendario brahmanico Tirukkanda Panchanga[1] era l’anno 18.617.801 a.C. e il pianeta Terra non aveva ancora trovato un assetto definitivo attraverso cataclismi. Per gli indù quel tempo è riferito alla venuta di Vaivasvata Manu.
Il Maestro D.K. (Trattato di M.B. 379) ci narra che un milione di anni dopo l’arrivo dei Signori della Fiamma sulla Terra da Venere, cioè circa diciassette milioni di anni fa, si decise di avere una organizzazione: fu fondato il Tempio di IBEZ e un Quartier Generale dei Misteri (Scuola di Sapienza), una sede per gli Esseri superiori. Il primo avamposto della Fraternità di Shamballa dopo l’arrivo sull’Isola Bianca fu dunque il Tempio di Ibez situato al centro dell’America del Sud nel Brasile centrale. Molto più tardi vi fu una sua diramazione nelle antiche istituzioni Maya e nella fondamentale adorazione del Sole come sorgente di vita nel cuore di tutti gli uomini. Ancora più tardi venne stabilita una seconda diramazione della Fraternità Bianca in Asia, i cui rappresentanti sono gli Adepti dell’Himalaya e dell’India meridionale.
Gli adepti di Ibez avevano a che fare con un’umanità ancora nella sua infanzia, la cui polarizzazione era per lo più instabile e la coordinazione alquanto imperfetta. Il fattore mente era ben poco sviluppato e gli uomini erano praticamente e completamente astrali; essi erano persino più coscienti sul piano astrale che su quello fisico. Parte del compito di quegli adepti, che operavano sotto istruzione di Shamballa, era di sviluppare l’energia dei centri dell’unità umana, stimolarne il cervello e renderla pienamente autocosciente sul piano fisico. Il loro obiettivo era di far realizzare il regno di Dio interiore e, nell’istruire i loro discepoli, prestavano poca attenzione alla realizzazione di Dio nella natura o nelle altre unità. A quei tempi era necessario impiegare metodi più specificamente fisici di quelli permessi oggi; vennero usati questi metodi fisici e furono insegnate le leggi dell’energia. Il Maestro D.K. chiarisce che  i residui delle pratiche primitive del Tempio sono giunti fino a noi in un insegnamento fallico degradato, nella magia tantrica e negli esercizi dell’Hata Yoga. All’umanità bambina dell’epoca della Terza Generazione che abitava sul Terzo Continente oggi chiamato Lemuria, ed agli inizi di quella dell’Atlantide si dovette insegnare a rendersi conto di ciò che fosse per mezzo di simboli e metodi che per noi sarebbero grossolani, impossibili e di una natura tale che la razza dovrebbe aver trasceso da milioni di anni.
Gli Istruttori Divini di Ibez, assunsero la funzione dei Buon Pastori (titolo che appartiene al Cristo), perché avevano a che fare con un’umanità ancora nella sua infanzia, la cui polarizzazione era per lo più instabile e la coordinazione alquanto imperfetta. Il fattore mente era ben poco sviluppato e gli uomini erano praticamente guidati dalle loro emozioni e sensazioni.
Già al tempo della prima delle quattro distruzioni del Quarto Continente (Atlantide), ci dice il Maestro D.K. esistevano impianti sanitari, igiene, mezzi di trasporto e aerei d’alto livello; non erano però il risultato del conseguimento dell’uomo, bensì doni della Gerarchia, sviluppati o costruiti sotto una guida sapiente. C’era il dominio dell’aria e delle acque, perché le guide della razza sapevano come controllare e dominare le forze della natura e gli elementi, ma nulla di tutto ciò era opera dell’intelletto, della conoscenza o dello sforzo umano. Le menti degli uomini non erano sviluppate né più adeguate ad un tale compito di quanto lo sia la mente d’un bimbo.
Quando un certo numero dei loro primi seguaci, molti dei quali in possesso di grande potere e conoscenza, li combatté, determinando una delle cause della comparsa di quella che è definita magia bianca e nera, gli adepti di Ibez (secondo le istruzioni dei Maestri di Shamballa) cominciarono a ritirarsi nei Templi per rendere più difficile l’accesso alle loro conoscenze e per evitare abusi e distorsioni furono istituiti i Misteri. Ci viene detto che l’opera degli Adepti ibezani e i misteri del Tempio di Ibez persistono tuttora e sono portati avanti dai Maestri e Adepti in incarnazione fisica sparsi in tutto il mondo (Trattato di M.B. 382).
Le arcane leggende o miti ci dicono che Re Thevetat dei Daitya e dei demoni Râkshasa controllavano il continente di Kusha. Thevetat non aveva imparato né acquistato conoscenze, che conosceva senza essere stato iniziato. Così, sotto le cattive ispirazioni del loro demone, Thevetat e gli uomini della razza atlantidea divennero una nazione di maghi malvagi. Di conseguenza fu dichiarata una guerra, Thevetat combatté crudelmente e ferocemente contro gli Âditya e i Sâdhu, o sagge guide della Razza Atlantidea. Il re Thevetat era uno dei Signori dalla faccia Oscura, ed è sotto la cattiva influenza di questo Re-Demonio, che la Razza Atlantiana divenne una nazione di maghi malvagi. La guerra menzionata nelle Cronache dei 35 Buddha tra gli uomini gialli e neri, si riferisce alla lotta tra i “Figli degli Dèi” ed i “Figli dei Giganti”, gli Asura, cioè gli abitanti e i maghi dell’Atlantide.
In quel periodo — al punto più elevato della civiltà, della conoscenza ed anche dell’intellettualità umana della Quarta Razza, l’Atlantidea — che, a causa della crisi finale dell’aggiustamento fisiologico-spirituale delle Razze, l’umanità si divise in due sentieri diametralmente opposti, e cioè: Il Sentiero della Mano Destra e quello della Mano Sinistra, della Conoscenza o Vidyâ. La scissione fra i due gruppi esprimenti l’uno le forze del materialismo e l’altro l’energia della luce s’ingrandì progressivamente. Ebbe quindi luogo la Grande Guerra tra i Signori della Forma e i Signori dell’Essere, o tra le Forze della Materia e le Forze dello Spirito, o tra la Loggia Nera e la Grande Loggia Bianca … finché, verso il termine dell’epoca atlantidea fu così ampia e le linee di demarcazione tra le due scuole di vita e di pensiero furono così chiare, che nel mondo civilizzato di allora né conseguì la precipitazione di una crisi di cui l’attuale conflitto fisico emotivo e mentale è un preciso effetto. Nel Mahâbhârata i discendenti della Quarta Generazione degenerati nell’egoismo, cioè i potenti stregoni di Atlantide abitanti dell’isola Daitya furono chiamanti Asura, demoni, gli altri la Quinta Generazione, abitanti di Aryavarta, per contrapposizione furono chiamati Deva, cioè Dèi .
Ecco le parole del Commentario:
“Così furono seminati in quell’epoca i germi della Magia Bianca e della Magia Nera. I semi rimasero latenti per un certo tempo e germogliarono soltanto nel primo periodo della Quinta Razza (la nostra)”.
Le Cronache dei 35 Buddha narrano il trionfo delle Forze della Luce ma solo perché la Gerarchia Spirituale planetaria fu costretta a intervenire potentemente chiedendo l’aiuto di certe grandi Vite estranee alla nostra vita planetaria, che misero bruscamente fine alla civiltà atlantidea dopo un lungo periodo di caos e di disastri. Questo avvenne per mezzo di una catastrofe culminante che spazzò dalla faccia della terra centinaia di migliaia di esseri umani. Questo evento storico ci è stato tramandato nella leggenda del diluvio universale. H. P. Blavatsky riporta quanto scritto in un Commentario più moderno delle citate Cronache dei 35 Buddha, perché scritto solo in sanscrito.
In conseguenza di ciò, fu dichiarata una guerra, la cui storia sarebbe troppo lunga da narrare; se ne può trovare la sostanza nelle allegorie deformate della razza di Caino, i giganti, e di quella di Noè con la sua famiglia virtuosa. Il conflitto si concluse con la sommersione dell’Atlantide, di cui si trova un’eco nelle storie del diluvio babilonese e mosaico. I giganti e i maghi…. “e tutto ciò che aveva carne morì….. ed ogni uomo”. Tutti, eccetto Xisuthrus e Noé, che sostanzialmente sono una cosa sola col grande Padre dei Thlinkithiani  che, si dice, sfuggì anch’egli in un grande battello, come il Noè indù Vaivasvata. Se vogliamo credere a tutta la tradizione, dobbiamo dar credito al seguito della storia: che dal matrimonio tra la progenie degli Ierofanti dell’Isola e i discendenti del Noè atlantiano nacque una razza mista di buoni e di cattivi. Da una parte, il mondo ha i suoi Enoch, i Mosè, i vari Buddha, i suoi numerosi “Salvatori” e grandi Ierofanti; d’altro canto, i suoi “maghi naturali”, che, mancando della forza per padroneggiare una giusta illuminazione spirituale … pervertirono le loro facoltà per scopi cattivi.
Le terribili conseguenze della devastante guerra terminarono con la seconda e ultima alluvione atlantidea. Questa inondazione distrusse le ultime grandi civiltà atlantidee situate nelle penisole di Ruta e Daitya, lasciando solo un residuo organizzato della cultura atlantidea sull'isola di Poseidone, che sarebbe stata distrutta poche migliaia di anni dopo a causa delle azioni geologiche che avevano frammentò gli ultimi resti del gigantesco continente atlantideo.
L’antico Commentario recita:
Come un drago-serpente si svolge lentamente, così i Figli degli Uomini, condotti dai Figli della Saggezza, aperti i loro ovili e dispiegandosi fuori, si sparsero come un fiume d’acqua dolce… molti di loro, fra i più deboli di cuore, perirono lungo la strada. Ma la maggior parte furono salvati.
Il Maestro D.K. ci dice che il nucleo maggiore che fu salvato formò la base della nostra Razza Radice attuale, la Quinta detta l’Ariana. Infatti ci è detto che la Quinta Razza Radice nacque e si sviluppò a Nord, eoni prima della grande distruzione del Quarto Continente. Tutto il tema del Vecchio Testamento è costruito attorno allo sviluppo e alla crescita di questo nucleo. Parlando in senso simbolico, gli abitanti dell’arca di Noè e i loro discendenti e la razza ebraica rappresentano la parte di umanità che fu salvata, suo malgrado e nonostante stupende difficoltà, dalla Grande Loggia Bianca. Un pugno di uomini, discendenti diretti o piuttosto reincarnazioni dei capi dell’antico conflitto atlantideo, è ora sulla terra e dirige le forze della luce o della tenebra e crea uno schieramento diretto di milioni di uomini la cui volontà è quella dei loro capi.
Il salvataggio e la sopravvivenza di molti dei componenti della grande civiltà di Atlantide “gli uomini giusti della Terra” - menzionati nella Bibbia - che non avevano contribuito con le loro azioni a creare l'orribile karma di gruppo di quel Continente, “furono marchiati con la croce radiante degli eletti e salvati dall'incontenibile furore degli elementi scatenati” (Dal LIBRO DEGLI INIZIATI). Il Bene, qualsiasi sia la sua fonte di provenienza, deve essere salvaguardato e il Male, qualsiasi sia la sua origine, deve essere distrutto affinché possano affermarsi nel pianeta i poteri della luce e della verità.
Le “grandi guerre nel cielo” dei Purâna, le guerre dei Titani di Esiodo e di altri scrittori classici, le “lotte” fra Osiride e Tifone nel mito egiziano, come pure quelle delle leggende scandinave, si riferiscono tutte al medesimo soggetto. La mitologia nordica parla della “battaglia delle Fiamme” e narra dei figli di Muspel che combatterono sul campo di Wigred. Tutte queste si riferiscono al Cielo e alla Terra, ed hanno un doppio e spesso un triplice significato, ed un’applicazione esoterica alle cose in alto come a quelle in basso. Tale significato si riferisce separatamente a lotte astronomiche, teogoniche ed umane
H.P. Blavatsky nella Dottrina Segreta, nella sezione Origine dei Misteri, riporta un’ulteriore informazione riguardante uno dei Signori della Fiamma.
Una sezione del Mahâbhârata è dedicata alla storia di Hercûla, della cui razza era Vyasa ... Diodoro dà la stessa leggenda con qualche variante. Dice: “Ercole era nato tra gli indiani; come i greci, essi lo fornirono di una clava e della pelle di un leone.” Ambedue Krishna e Baladeva sono [signori] della razza [cûla] di Heri [Heri-cul-es] – dal che i greci possono aver creato il nome composto Hercules. Baladeva era il settimo figlio e Krishna l’ottavo.
La Dottrina Occulta spiega che Ercole era l’ultima incarnazione di uno dei Sette “Signori della Fiamma”, come Baladeva fratello di Krishna; che le sue incarnazioni avvennero durante la Terza, la Quarta e la Quinta Razza Radice, e che la sua venerazione fu portata dagli immigrati successivi in Egitto da Lanka e dall’India.
Vi furono molti Vyasa in Aryavarta, uno fu il compilatore e classificatore dei Veda, un altro, l'autore del Mahâbhârata. Fin’ora sono apparsi 28 Vyasa, perché è colui che in ogni Era Dvapara impersona Vishnu nel dividere i Veda in molte parti e consegnarli all'umanità.
Secondo Diodoro Siculo, il viaggio di Ercole prima di giungere all’isola Eritia (Daitya), fu dapprima attraverso i paesi dell’Africa settentrionale, dove in Egitto, l’Eroe uccise il tiranno Busiride o Busiris. Ercole su quelle coste, dopo aver ucciso il tiranno Busiris e, i suoi neri aiutanti si scontrò con il Gigante Anteo, anch’egli figlio di Poseidone, che secondo alcuni si trovava in Libia[2] e secondo altri in Mauritania sullo stretto che separa l’Africa dall’Europa.
Nei Purâna Indù si hanno descrizioni di guerre fatte su continenti e isole situati oltre l’Africa occidentale, nell’Oceano Atlantico. Uno di questi continenti è l’Atala, o Atlantide, descritta nei Purâna come una delle sette Dwipa (isole, continenti, regioni) appartenenti alle regioni di Patala, che rappresenta la voragine, l’inferno che gravita verso il Polo Sud. I Purâna la collocano “sulla settima zona o settimo clima” - o meglio, sul settimo grado di calore - e così la collocano tra il 24°e 28° di latitudine Nord; dunque va cercata allo stesso grado del Tropico del Cancro[3]. Questa Isola, figlia dell’Oceano, è descritta come posta all’Occidente con il sole che tramonta ai piedi della sua montagna cioè il picco di Teneriffa. Eritia la meta di Ercole, l’isola rossa di Gerione, è anch’essa una terra del sole calante ed è posta a occidente di Gadir.
Il nemico dichiarato di Atala (l’Isola Bianca diventata nera per il peccato) è il Diavolo Bianco, il Div-sefid (o del Târadaitya), la personificazione di popoli che abitavano presso la catena montuosa dell’Atlante. In Asiatick Researches (III, 225) del colonnello Wilford si legge:
Sulle rive del Nilo (le montagne di Nila della catena Atlante) c’erano state lunghe contese tra i Devata (Semidei) e i Daitya (Giganti); ma questa tribù avendo avuto il sopravvento, il loro re o capo, Shankhasura che risiedeva nell’Oceano, fece frequenti incursioni nella notte ... Il popolo si trovava fra due fuochi: mentre Shankhasura saccheggiava una parte del continente, Cracacia, re di Krauncia- dwîp rovinava l’altra ... trasformavano la regione più fertile in un deserto desolato ... I pochi superstiti alzarono le mani e i cuori a Bhagavan ed esclamarono: “Che colui che saprà liberarci ... sia il nostro Re” usando la parola IT (una parola magica) la cui eco si ripercosse per tutto il paese ... Allora scoppiò una grande tempesta, le acque del Kali furono “stranamente agitate, quando apparve fra le onde ... un uomo, chiamato IT alla testa di un numeroso esercito, dicendo non abbiate paura, e disperse il nemico[4].
Shankhâsura, che risiedeva nell’oceano, un re di una parte di Shankha-dwîpa, e tutta la loro storia, rappresentano anche geograficamente ed etnologicamente l’Atlantide di Platone in veste indù. Shankh-âsura fu ucciso da Krishna; quel re che risiedeva nel palazzo “che era una conchiglia dell’oceano, e i cui sudditi vivevano anche in conchiglie. La Shankha è una conchiglia rituale e ha un significato religioso nell'induismo.
Bhagavan significa Signore ed è un epiteto per una divinità, Shiva, Rama, Krishna. Ora, se consideriamo tutto questo nel suo aspetto astronomico, poiché Krishna come Ercole è il Sole incarnato (Vishnu), un Dio solare, non può egli essere solo una rappresentazione dei raggi verticali del sole? Nel mito di Ercole Anteo potrebbe essere un Gigante Daitya, e Shankhâsura, re di Krauncia-dwîp (Shanka-dwîpa?) potrebbe essere Busiride.
Il tiranno Busiride aveva l’abitudine cannibale, di sacrificare a Zeus gli stranieri e di divorarne poi la loro carne. Ercole uccise Busiride e suo figlio Anfidamante, e molte decine di migliaia d’uomini. Erodoto[5] si stupisce come un solo uomo possa aver fatto una simile strage, ma egli non era un uomo come è comunemente inteso.
                       
Porfirio nato in Fenicia, ci assicura che al Sole fu dato il nome di Ercole. Il poeta Nonno designa il Dio-Sole adorato dai Tiri (Fenici) col nome di Ercole Astrochyton, cioè Ercole dal manto di stelle. L’autore degli Inni Orfici, nell’Inno XII descrive Ercole come il Sole, “Padre di tutte le cose, nato da se stesso, Dio generatore del Tempo... valoroso Titano”. Ercole, il Sole è anche la Luce Magnetica, il serbatoio delle Forze elettromagnetiche. La parola magnetismo trae origine da magh, magnus, grande; magnes è il Fuoco Vivente. Ercole sulla Terra è il rappresentate il conoscitore e l’utilizzatore di questa forza elettromagnetica solare.
Figura 1. Il detentore delle forgori (potere elettromagnetico).
Il Gigante Anteo era dotato di una forza spaventosa e sovrumana che gli derivava dalla terra, essendo figlio di Gea. Ercole intraprese una lotta con Anteo vincendolo solo quando lo sollevò da terra, ad allusione di lotte fra forze telluriche-geologiche.
Le battaglie erano sul lembo di terra che circondava il grande golfo atlantico, il Golfo di Tritone, ai piedi della catena di Atlante, quelle che oggi sono le coste dell’Africa occidentale. Il Mahâbhârata, il libro epico-religioso degli Indù è il racconto epico delle razze della Quinta Generazione, contro i discenti delle razze dei giganti cioè della Quarta generazione.
L’orientalista Wilford aveva enunciato a proposito del Monte Ashburj “ai cui piedi tramonta il sole”, dove avvenne la guerra tra i Devata e i Daitya: “Quest’isola, la figlia dell’Oceano,secondo frequenti descrizioni, si trova in Occidente; e il sole è rappresentato che tramonta ai piedi della sua montagna (Ashburj), Atlante, Tenerife o Nila, poco importa il nome, e che lotta contro il Diavolo Bianco dell’Isola Bianca”.
Secondo un altro racconto, questo gigante ucciso da Ercole ornava con i crani dei vinti il tempio di suo padre Poseidone, Signore dell’Oceano. Busiris in Egitto e Anteo in Mauritania, sono i rappresentanti di un potere oscuro e malvagio basato sul sacrificio umano e in genere sulla stregoneria. Gli uomini della Quarta Generazione erano dei Giganti. L’India ha i Dânava e i Daitya; Ceylon ha i Râkshasa; la Grecia i Titani; l’Egitto i suoi Eroi colossali; la Caldea i suoi Izdubar (Nimrod). Ercole potrebbe nel racconto mitico occidentale incarnare la figura dell’uomo chiamato IT che liberò i popoli dall’oppressore.
Possiamo ipotizzare quando avvenne tutto ciò? Giunto a Tartesso dopo aver attraversato l’Africa Settentrionale, Ercole eresse un paio di colonne una di fronte all’altra, una in Europa, l’altra in Africa, in memoria del suo passaggio. Le Colonne di Ercole chiamate anche Colonne di Crono, sono di solito identificate con il monte Calpe in Europa e Abila in Africa. Alcuni raccontano che i due continenti dapprima erano uniti e che Ercole li separò, creando così un canale, l’attuale stretto di Gibilterra.
Ercole fu mandato all’estremo Occidente a catturare dei buoi di Gerione dal colore rosso scarlatto e dovette attraversare l’oceano per giungere a Eritia isola del sole calante. Il prof. Giorgio de Santillana scrive che: ”L’eroe (Ercole) era appena salito sulla barca del Sole, Okeanos (Oceano) levò a tumulto le acque, quelle del diluvio originario. Ercole tese minaccioso l’arco verso il cielo o verso una determinata costellazione e dopo fu ristabilita la calma. Arco e frecce sono anche le armi micidiale degli eroi del Mahâbhârata dove la freccia è un dardo micidiale capace di causare immani distruzioni. Il mito non lo dice esplicitamente, il tumulto delle acque era solo un’avvisaglia di cosa doveva in seguito succedere, un Diluvio[6]. Secondo il racconto, Ercole ebbe il tempo di ritornare in Europa sulla Barca del Sole, portando con sé con i buoi rossi.
Elio, il Sole o Surya, spaventato diede all’eroe una grande coppa d’oro, su cui egli ogni sera saliva per raggiungere l’oriente. La coppa d’oro o la barca del sole ricorda l’Uovo d’Oro che galleggia sulle acque del Caos, entro cui risiede Brahma. La coppa d’oro su cui saliva ogni sera il Sole è una nave particolare che nel mito greco è stata rappresentata sulle anfore come galleggiate sul mare, ma se era usata dal Sole che è nei cieli allora è una Barca Solare, un’aeronave.
Il bue è simbolo di generazione ed è tanto sacro in Egitto quanto in India. I buoi rossi di Gerione sono simbolicamente una parte di umanità che viveva sull’isola atlantidea Eritia, denominata Daitya dalla tradizione esoterica. L’abbandono frettoloso dell’Isola di Eritia - Daitya isola del sole calante di una parte dei suoi abitanti prima del suo inabissamento è descritto dal mito di Ercole tramite il traghettamento o un trasbordo sulla barca o aeronave del Sole dei buoi di colore rosso fatto da Ercole.
Da un punto di vista geologico la lotta di Eracle contro Anteo e la successiva posa delle Colonne d’Ercole, rappresentano le fasi in successione di uno sconvolgimento geologico di grandi proporzioni che secondo i geologi avvenne circa 80.000 o 100.000 anni fa. Il continente Atlantide ridotto da una precedente catastrofe ormai in due grandi isole, Ruta e Daitya, l’Eritia dei miti occidentali, perse l’isola meridionale cioè Daitya, Ruta si rimpicciolì e divenne Poseidone del racconto di Platone.
Ercole nella decima Fatica, traghettati i buoi rossi sottratti a Gerione dall’isola di Eritia giunge sul continente europeo, attraversa la Spagna, la Francia per poi giungere in Tirrenia, e narra Tito Livio, nel Bosco Sacro etrusco la Selva Cimina fece tappa. In quel luogo Ercole crea il lago di Vico con la sua mitica clava, sappiamo che Il lago di Vico è di origine vulcanica, infatti, il lago ha origini geologiche molto antiche che risalgono addirittura a 100.000 anni fa in seguito al riempimento della caldera vulcanica. La creazione del lacus Ciminus (lago di Vico), secondo Servio sarebbe avvenuta dopo che l’eroe aveva conficcato nel terreno una sbarra di ferro. Ercole per quanto gigante possa essere non crea un lago, viceversa lo fanno le fanno forze telluriche. I miti ci forniscono attraverso la geologia una data in cui si svolsero gli eventi.

[1] Dai frammenti di opere antichissime trovati nell’India meridionale attribuite all’astronomo atlantiano Asura-Mâyâ, da due Brahmani (Chintamany Raghanaracharya e Tartakamala Venkata Krishna Rao) molto dotti che compilarono nel 1884-1885, anno 4986 del Kali Yuga, il calendario astronomico degli Yuga e dei Manvantara.
[2] Libia era il nome generico per indicare il Nord Africa.
[3] H.P.B. Antropogenesi, V, p. 219.
[4] H. P. Blavatsky  Dottrina Segreta Antropogenesi.
[5] Erodoto, Storie, II, 45. “Come può aver avuto la forza naturale di uccidere molte decine di  migliaia di uomini? E a noi che dicemmo tali cose intorno a questi argomenti possa toccare la benevola tolleranza sia da parte degli dèi che degli eroi”.
[6] Giorgio de Santillana, Hertha von Dechend, Il Mulino di Amleto, p.260.
MONDO SOTTERRANEO

Che fine hanno fatto le migliaia e più di aeronavi, i Vimâna, atlantidei che salvarono gli uomini della buona legge dalla distruzione del continente su cui abitavano, liberandoli così dalla schiavitù dei Signori dalla Faccia Oscura? E i Vimâna delle epopee indù narrate nel Râmâyana e nel Mahâbhârata, e la conoscenza scientifica che è alla base della loro costruzione e il loro funzionamento che fine ha fatto?
O.C. Huguenin racconta: “Prima della catastrofe che distrusse il loro continente, gli Atlantidi crearono rifugi nel Mondo Sotterraneo, che raggiunsero a bordo dei loro Vimâna, o dischi volanti. Da allora i dischi volanti sono rimasti all’interno della Terra, ed essi se ne servono per spostarsi da un luogo all’altro”. O.C. Huguenin “From the Subterranean World to the Sy: Flying Saucers.
Andrew Tomas[1] seguendo le testimonianze di Nicholas Roerich si recò nella valle di Kullu, nell’Himalaya Occidentale dove trovò a Naggar, un’eremita che aveva conosciuto Roerich[2] e che gli confermò l’esistenza di caverne illuminate con luce non solare, piene di oggetti e di macchine sconosciute.
Nello Shoo-King (attribuito a Confucio) si legge (4° parte, cap. 27): “Quando i Miaotse (la perversa razza antidiluviana che si era ritirata nelle caverne ed i cui discendenti sarebbero stati scoperti ai nostri tempi nelle vicinanze di Canton) com’è detto negli antichi documenti, ebbe sconvolto tutta la terra con gli inganni di Tchy-Yehoo, questa rimase piena di briganti ... Il signore Chang-ty (un re della ‘dinastia divina’) vide che il suo popolo aveva perso sin le ultime tracce di virtù, ed ordinò a Tchang ed a Lhy (due ‘Dhyan Chohan inferiori) di tagliare ogni comunicazione fra cielo e Terra. Da allora non vi fu più salite né discese”.
Con “salite e discese” si intendono comunicazioni libere sia tra i due Mondi spirituali e materiali, e sia tra lo spazio stellare e la terra con aeronavi.
Lo storico romano Plinio riferisce che gli abitanti di un'isola meravigliosa, nel mitico paese di Iperborea, riuscirono a fuggire dal cataclisma, che fece sprofondare quel’Eden sotto una coltre di ghiaccio, attraverso grotte e cunicoli che giunsero a sud dell’attuale Germania.
In tutto il pianeta si ritrovano leggende che riguardano misteriosi mondi sotterranei e vaste reti di gallerie che collegano paesi anche distanti tra di loro, che formavano vere e proprie reti di comunicazione. Ma ogni leggenda si basa su un fondo di realtà. Tali siti si sviluppano per parecchi chilometri nel sottosuolo di molte parti del pianeta, andando a formare vaste e spesso intricate reti di gallerie e cunicoli, intervallati da ampie stanze a saloni sotterranei. Fra queste anche la rete molto antica di gallerie, in Afganistan, in cui si sarebbero rifugiati i Talebani, riutilizzandole e riadattandole ai loro scopi e pertanto erroneamente a loro attribuita. Ne sono state trovate nell’America Meridionale, a Malta, in Oceania, in Africa, in Asia.
Non meno importanti sono le  imboccature di numerosi tunnel che dall’Isola di Pasqua si interromperebbero però, bruscamente per immettersi nell’Oceano Pacifico, dopo pochi metri. Sembra addirittura che le isole Hawaii siano collegate tra di loro da tunnel sottomarini. In un tempo remoto essi avrebbero “superato l’oceano” e raggiunto l'Asia e il continente Americano. In Yucatan, in Messico, c'e' un fiume sotterraneo lungo 153 chilometri. In realtà non è un vero e proprio fiume, ma un enorme sistema di gallerie allagate.
Sappiamo che dai racconti epici indù che i Vimâna, gli Ufo possono muoversi anche sotto il mare. Possiamo ipotizzare che queste macchine escano da tunnel che sboccano in fondo al mare.
Nel marzo 1942, tre mesi dopo che gli Stati Uniti erano stati trascinati nella Seconda Guerra Mondiale, il Presidente Franklin D. Roosevelt trovò il tempo di ricevere alla Casa Bianca, a Washington, una giovane coppia: David e Patricia Lam. La coppia era appena tornata a casa a Los Angeles, California, dopo un viaggio di quasi un anno nello stato messicano di frontiera del Chiapas. Il loro ritorno in America era stato preceduto dalla notizia che avessero scoperto una tribù di indios molto agguerriti, di bassa statura, di pelle chiara, che erano i guardiani di una vasta rete di gallerie sotterranee. Il Presidente Roosevelt aveva manifestato per questa storia lo stesso profondo interesse degli altri suoi connazionali, o forse ancora di più, dal momento che il suo lontano cugino, il defunto Presidente Theodor Roosevelt, era stato un esploratore appassionato del continente americano nel periodo precedente e seguente gli anni in cui era stato in carica. Il Presidente sapeva che il suo predecessore aveva guidato una spedizione in Sud America nel 1914, e che nel corso di quella esplorazione aveva raccolto leggende su una rete di gallerie che correva sotto il continente e nella quale si diceva fossero state nascoste grandi quantità d'oro. Una vecchia guida aveva detto a Theodor Roosevelt che si credeva che questi tunnel fossero sorvegliati da una strana razza di indios che attaccavano con grande ferocia chiunque si avvicinasse. La possibilità che questi potessero essere gli stessi «guardiani» incontrati dai Lamb intrigò il Presidente e lo indusse a invitare la coppia alla Casa Bianca. Trascorsero insieme un'intera ora. Questi misteriosi guardiani, dissero i coniugi Lamb, appartenevano alla tribù dei Lancandones, un gruppo di indios che erano vissuti nella giungla per generazioni e di essere i custodi di un “Grande Tempio” dove dimoravano “Gli Antichi” che essi adoravano. A nessun estraneo era mai stato permesso di avvicinarsi a quel luogo sacro ed essi avrebbero ucciso chiunque osasse farlo. Nelle gallerie sotto la città sorvegliata dai Lancandones, si diceva fossero state nascoste delle lamine d’oro massiccio sulle quali era stata incisa in geroglifici la storia degli antichi popoli del mondo.
De Bourbourg[3] scrisse che questi piccoli nativi dalla pelle chiara[4] apparivano di quando in quando nei pueblos di frontiera e nei distretti del Chiapas e del Guatemala occidentale per fare baratti. Tuttavia, quando qualcuno cercava di seguirli nella “grande città di pietra” dove si diceva vivessero, veniva implacabilmente ucciso. Il Presidente Roosevelt rimase affascinato dall'incontro con i Lamb, ma né il Capo dello Stato né la coppia potevano dire con certezza se la città perduta esistesse davvero o se le leggende sui tunnel sotterranei fossero vere.
Lungo la grande strada che conduce a Cuzco si erge una grande montagna il Tambococco, nella quale si trovano tre gallerie, quella centrale è detta “la ricca” perché un tempo era ornata da pietre preziose. Dalla prima galleria Viracocha fece uscire gli indios detti Maras, dalla terza fece uscire gli Indios Tocco, da quella centrale i sovrani di quelle terre quattro fratelli e quattro sorelle. Si chiamarono Inca che vuol dire re e Capac che vuol dire ricco, inoltre vi sono indizi secondo cui essi avessero una carnagione quasi rosea, e fossero di statura superiore alla media. Il mito narra la fuoriuscita da gallerie sotterranee di popoli salvati dalla furia del diluvio atlantideo.
Sul canale YouTube Disclose Screen, Neal Evans ha mostrato agli utenti iscritti la straordinaria scoperta fatta grazie ad una particolare funzione di Google Earth. Com’è possibile osservare dal video caricato sul “tubo”, Evans mostra che selezionando l’apposita opzione ‘Acqua’ si trovano delle linee rette che partono dalla regione Antartica. Altre si trovano nei pressi del sud America e dell’Australia e la loro forma lascia suggerire che non si tratti di faglie (altrimenti le linee non sarebbero rette). L’opinione dello youtuber tali linee potrebbero essere la dimostrazione della presenza nelle profondità marine di tunnel sotterranei scavati dall’uomo.
Esistono gallerie nel Tibet e nel Brasile che sono in comunicazione con il mondo interno. Il Brasile ed il Tibet sono due paesi di vitale importanza in quanto i loro abitanti hanno una particolare attrazione per la popolazione del mondo interno.
In Azerbaigian, una spedizione sovietica il cui scopo era la ricerca dell’origine di quelle manifestazioni, attribuite alla presenza di gas sotterranei, ha fatto una scoperta sensazionale. Gli speleologi sovietici si sono calati a più riprese in quelle cavità, senza tuttavia riuscire a trovare le aperture di numerosissime gallerie minori che si perderebbero nelle viscere della Terra. La presenza di graffiti e resti umani ha indotto dapprima a pensare a  una loro origine preistorica; in realtà le ossa si rivelarono assai posteriori ai disegni. Ulteriori esplorazioni portarono alla scoperta di una fitta rete di collegamenti sotterranei, con “piazze”, pozzi, nicchie e canali ... che teoricamente avrebbero potuto collegarsi ad altri cunicoli ... per spingersi fino alle gallerie sotterranee del deserto del Gobi...
Le regioni ora desolate e prive d’acqua del Tarim – un vero deserto nel cuore del Turkestan – erano anticamente coperte da città ricche e fiorenti. Ora poche oasi verdeggianti ne interrompono la spaventosa solitudine. Una di queste, che sorge sul sepolcro di una grande città inghiottita e sotterrata dal suolo sabbioso del deserto, non appartiene ad alcuno, ma è spesso visitata da Mongoli e da Buddisti. La tradizione parla anche di immense dimore sotterranee, di grandi corridoi pieni di laterizi e cilindri.[5]
La più importante costruzione sotterranea menzionata nella descrizione delle origini della Frammassoneria è quella costruita da Enoch. All’inizio del libro è stato scritto che l’antidiluviano Enoch è il corrispondente occidentale di Asura Mâyâ degli indù. Il patriarca Enoch è condotto dalla Divinità, con l’assistenza di suo figlio Matusalemme, costruisce nella terra di Canaan, “nelle viscere della montagna”, nove sale sul modello di quelle che gli erano state mostrate in visione. Ognuna aveva un tetto ad arco, e l’apice di ognuna formava una chiave di volta con iscritti i caratteri mirifici. Quando Enoch terminò la costruzione di questo Tempio sotterraneo, Dio gli apparve di nuovo e gli disse:
Tu metterai una botola di pietra in alto sulla Prima Arcata, che possa essere sollevata con l'aiuto di un anello di ferro. Essa servirà, quando arriverà il momento, poiché sono costretto a sterminare tutto ciò che vive sulla terra”.
Quando le Nove Arcate o Volte furono terminate e chiuse, nessuno poteva penetrarvi. Solamente Enoch conosceva il prezioso tesoro che racchiudevano le Arcate e lui solo conosceva la vera pronuncia del Grande Nome Divino. La botola è simbolicamente la chiusura che impedisce alle acque del diluvio inondare il mondo sotterraneo.
Questa leggenda oltre al significato simbolico dei nove archi, allude a immense sale situate nella profondità della montagna che non è nella terra dei discendenti di Seth figlio di Canaan. L’intera tavola genealogica del decimo  capitolo del Genesi si riferisce a eroi mitologici. Nella terra di Canaan dimoravano gli Anakes o Anakim descritti come Giganti, cioè antidiluviani.
La camere sotterranee del Labirinto Egizio presso il lago di Meri descritto da Erodoto e poi da Strabone erano realizzate sul modello matematico delle camere e dei passaggi tortuosi del regno sotterraneo.
Sugli antichi sigilli cilindrici sumeri vengono descritti gli Annunaki e il loro rifugio segreto, ovvero: “un luogo sotterraneo […] al quale si accede attraverso un tunnel, e il suo ingresso è nascosto da cumuli di sabbia e da ciò che essi chiamano Huwana […] i suoi denti sembrano i denti di un drago e la sua testa è come quella di un leone”. L’Huwana è “incapace di muoversi in avanti e di muoversi all’indietro”. I testi sumeri descrivono in dettaglio la Sfinge che si trova sulla Piana di Giza. Si ipotizza che la Sfinge, oltre ad essere ancora più antica delle Piramidi stesse, sia stata eretta come protettrice delle Piramidi e del sistema sotterraneo di gallerie.
Lo storico romano Ammiano Marcellino (330/332 d.C. – 397 d.C. circa) conferma l’esistenza di passaggi sotterranei presso la Piana di Giza:
Iscrizioni che gli antichi affermavano essere state incise sulle mura di certe gallerie e passaggi sotterranei si trovavano in questi Tunnel Sfinge (Giza) luoghi segreti e sicuri per impedire che le conoscenze antiche venissero perdute durante il Diluvio Universale.
Il Maestro Mingyar Dondup narra al suo giovane discepolo T. L. Rampa l’esistenza di caverne sotterranee dove sono custodite macchine frutto di un civiltà scientificamente progredita risalenti ad un lontanissimo passato. “Migliaia e migliaia di anni fa, in questo mondo esisteva una civiltà progredita, gli uomini sapevano volare e a bordo di macchine sfidavano la gravità. Gli uomini erano in grado di costruire strumenti che potevano imprimere delle idee nelle menti di altri uomini, idee che potevano apparire come vere e proprie immagini. Conoscevano la fissione nucleare e alla fine fecero esplodere una bomba che rovinò il mondo ... Esiste una stanza simile in un posto chiamato Egitto e un’altra stanza con macchine identiche in un altro posto chiamato Sud America. Io le ho viste e so dove si trovano. Queste stanze segrete furono occultate da popolazioni antiche in modo tale che le loro creazioni potessero essere trovate da una generazione futura al momento giusto.”
Io non credo che questi Vimâna o veicoli aerei per evacuare i seguaci della Buona Legge che risiedevano nel cuore di Shanka-dvîpa o Atlantide siano tutti scomparsi, e nemmeno che la conoscenza del loro funzionamento sia andata perduta. Non credo nemmeno che tutti i Vimâna dei Signori dalla faccia Oscura siano perduti, come del resto i Vimâna della Fratellanza Bianca; anche i Vimâna della Fratellanza Infernale in numero minore, rispetto agli avversari, nascosti anch’essi nel sottosuolo, pronti per confrontarsi ancora una volta godendo di occulte alleanze militari e governative manipolate da oscuri e potenti gruppi che hanno in mano la ricchezza del mondo, e tessono trame per creare un Nuovo Ordine Mondiale che controlli tutto e tutti.
Poiché la maggior parte dei Vimâna realizzati con conoscenze stellari e utilizzati dai Signori dalla Faccia Risplendente, restano sotto il controllo della Fratellanza Bianca o Spirituale, sono necessariamente collocati in immensi hangar sotterranei sparsi in occidente nel centro America in tunnel collegati con il Tempio di Ibez (Brasile), e in oriente nei tunnel collegati con i segreti del Gobi e di Shamballa.


[1] A. Tomas, Mondi senza fine, MEB Editrice.
[2] L’eremita definì Roerich come un grande Rishi (Saggio) e un amico di Nehru.
[3] Charles-Etienne Brasseur de Bourbourg abate francese studioso e geografo (1814-1874), era stato amministratore ecclesiastico del Chiapas negli anni intorno al 1850, e aveva cercato invano di decifrare il linguaggio maya.
[4] La sua opera più importante in questo campo, “Voyage sur l’Isthme de Tehauntepec" (1861).
[5] H P. Blavatsky, La Dottrina Segreta, Cosmogenesi, Introduzione.
CAVERNE E IMMENSI TUNNEL NEL CONTINENTE AMERICANO

Nel libro di de Bourbourg, Votan, il semidio messicano, narrando la sua spedizione, descrive un passaggio sotterraneo che correva sotto terra e terminava alla radice del cielo, aggiungendo che questo passaggio era una tana di serpente, “un ahugero de colubra”; e che vi fu ammesso perché era lui stesso “un figlio di serpenti”, ossia un serpente.
Quando Cuzco era la capitale del Perù, aveva un tempio del sole famoso per la sua magnificenza. Il tetto era di spesse lastre d’oro e le mura erano coperte dello stesso prezioso metallo. Sul muro occidentale gli architetti avevano praticato un’apertura in tal modo che, quando i raggi del sole la raggiungevano, venivano concentrati nell’interno dell’edificio. Stendendosi come una catena d’oro da un punto luminoso a un altro, facevano il giro delle pareti illuminando i severi idoli e rivelando certi segni mistici, invisibili in altre ore. Solo comprendendo questi geroglifici — identici a quelli che si possono vedere oggi sulla tomba degli Inca — si poteva apprendere il segreto della galleria e delle vie che vi portavano. Fra esse ve ne era una nelle vicinanze di Cuzco, oggi nascosta e impossibile a scoprirsi. Questa porta direttamente a un’immensa galleria che va da Cuzco a Lima e poi, volgendo a sud, entra nella Bolivia. A un certo punto incontra una tomba reale. Entro questa camera sepolcrale sono abilmente disposte due porte, o meglio due enormi lastre che girano su cardini e si uniscono così perfettamente da non potere essere distinte dalle altre parti della muratura scolpita con segni segreti la cui chiave è nelle mani di custodi fedeli. Una di queste lastre girevoli copre l’ingresso meridionale della galleria di Lima, l’altra l’ingresso settentrionale della galleria della Bolivia. Quest’ultima, volgendosi a sud, passa per Trapaca e Cobijo, perché Arica non è lontana dal piccolo fiume chiamato Pay’quina, che segna il confine fra il Perù e la Bolivia. (H.P. Blavatsky Iside Svelata I).
Una credenza locale vuole che Cuzco e Tiahuanaco siano collegate da una lunga galleria di oltre 300 km. L’ingresso della galleria viene rivelato solo in momenti particolari quando i raggi del sole colpiscono uno dei muri del Tempio del Sole, facendo apparire la mappa di un labirinto di tunnel sotterranei. Un austriaco, il dottor Tschuddi, parlò di “strade sotterranee che si estendevano in tutta la regione, a volte allargandosi a formare grandi sale accuratamente costruite asserendo di averne visitato alcuni tratti purtroppo ostruiti”. E l’archeologo Kauffmann Doig dichiara che la Porta del Sole di Tiahuanaco “potrebbe celare l’ingresso di uno smisurato tunnel”. Il gesuita Agnelio Oliva (1572-1642) registrò le parole di un antico cantore quipu, cioè che la  vera Tiahuanaco era una città sotterranea che superava ampiamente quella in superficie per dimensioni; si credeva che esistessero quattro gallerie di ingresso ai sotterranei.
Le stesse gallerie che si aprirebbero dal Titicaca non solo verso il Descabezado Grande, ma in parecchie altre direzioni, disegnano costellazioni note e ignote. Lo afferma lo scrittore W. McCarthy, riferendosi ad autorevoli cronisti iberici, fra cui Cieza de León.
Il grande viaggiatore francese Alcide d'Orbigny», riferisce, dal canto suo, Simone Waisbard, notò, nel secolo scorso: "Si vedono dappertutto [nei pressi del lago] bocche sotterranee".
Lo storico Garcilaso de la Vega (1539-1616), racconta di essere disceso in gallerie scavate sotto la laguna di Urcos, fra Cuzco e il lago Titicaca, si tratta forse delle gallerie delle quali Viracocha sarebbe “salito al cielo un enorme Serpente d’oro” secondo le tradizioni locali?
Sull'enigmatico lago Titicaca, incontriamo qualcosa di più, vediamo nelle parole rivolte dall'imperatore Atahualpa a Pizarro: “Ecco l'impronta lasciata dal Sole quando prese lo slancio per salire al cielo”. Di quale impronta si tratta? “Di un'enorme bruciatura sulla pietra”, apprendiamo dai cronisti della Conquista.
Sebbene sia impossibile fornire cifre precise, si è calcolato che quando arrivarono gli spagnoli c’erano più di dieci milioni di Inca, e già nel 1571, appena quarant’anni dopo, la popolazione si era ridotta a non più d’un milione di persone. Possibile che fossero tutti morti in così breve tempo, e se non è così dove si nascosero gli indios? “In gallerie più sicure che fortezze, in sotterranei costruiti migliaia d’anni or sono da una civilissima razza scomparsa - risponde l’archeologo inglese Harold Wilkins, gallerie scavate nel cuore delle montagne e sigillate da misteriosi geroglifici e di cui si dice ad un solo un Inca per ogni generazione è permesso di conoscere il significato”. Nel suo libro Il Grande Ignoto. Eric Norman ipotizza che molti Inca non morirono affatto ma scomparvero semplicemente nel sottosuolo. Egli scrive: “Coloro che credono alla teoria della Terra Cava affermano che un gran numero di Inca, con i propri tesori, scomparve in un gigantesco tunnel che conduceva nelle viscere della terra”.
Il cronista iberico alla fine del 1.800, Gonzales de La Rosa, riportò un’interessante testimonianza di Catari (un indio peruviano che visse nel XVI sec. e che rivelò ai gesuiti molte antiche tradizioni, poi trascritte e conservate nelle Biblioteche Vaticane) che raccontò: “Il nome primitivo di Tiahuanaco era Chucara (Dimora del Sole). La città era interamente sotterranea e ciò che esisteva in superficie era il cantiere per tagliare le pietre e il villaggio degli operai. Si penetrava nella città da entrate diverse e l'ultima popolazione ad averla abitata non erano gli Aymara ma i Quechas”. Le tradizioni parlano di una casta superiore di uomini bianchi stabilitisi nelle Ande. Pedro Pizarro, cugino del Conquistador, scrisse nel 1571 che “le donne nobili del lago Titicaca sono belle da guardarsi. I capelli degli uomini e delle donne sono biondi e qualche individuo ha la pelle più chiara degli spagnoli. Gli indios pretendono che si tratti dei discendenti degli idoli (Dei)”.
Un documento risalente al 1753 (oggi denominato manoscritto 512), scritto dal religioso J. Barbosa, e diretto al Viceré del Brasile Luis Peregrino de Carvalho Menesez (che tutt’oggi si conserva nella biblioteca nazionale di Rio de Janeiro, sezione manoscritti, opere rare), descrive il viaggio dell’avventuriero Francisco Raposo nel XVIII secolo, che s’inoltrò nelle foreste del centro del Brasile. Dove scoprì tracce di un antica civiltà perduta situata nella Sierra do Roncador, in cui pare ci fosse un ingresso segreto che portava ad un mondo sotterraneo. Percy Harrison Fawcett nato in Inghilterra nel 1867 convinto della veridicità del documento decise d’intraprendere una spedizione alla ricerca della città perduta narrata da Barbosa nel documento 512 e insieme a suo figlio Jack (nato nel 1903), e all’amico Raleigh Rimmel s’inoltrò nella selva vergine.
Durante queste avventurose spedizioni, Fawcett venne in contatto con numerose tribù di nativi e si convinse che la città perduta (che lui denominò Z), dovesse trovarsi nella Serra do Roncador, un’immensa zona montagnosa e forestale, quasi del tutto inesplorata, che si estende per circa 300 km da nord a sud tra i fiumi Xingù e Araguaia (affluente del Tocantins). Dopo di ciò non si seppe mai più nulla né di Fawcett, né degli altri due partecipanti alla spedizione.
Il colonnello dell'esercito britannico, Sir Percy Harrison Fawcett era, soprattutto, un mistico e una figura di spicco nelle scienze nella sua patria. Sposato nel 1890 con la signora Mina Fawcett, fu assegnato in India, partendo con la moglie per quella regione. Dopo essere stato trasferito con le sue truppe in un forte esistente ai margini del Tibet, il suo spirito di studioso e ricercatore si è acuito, interessandosi alle questioni esistenti nel monastero della regione, dove, con l'autorizzazione del Lama, trascorreva gran parte del suo tempo. studiare la scienza tibetana.
In un'occasione, prima di tornare a casa quando veniva da Ceylon, incontrò sei astrologi indù che gli diedero la seguente notizia: “Maestro, dicevano, un grande spirito ha approfittato dei legami tra te e tua moglie per reincarnarsi tra di voi. Non tornerai più a Hong Kong e sarà qui, durante la festa del Buddha, il 19 maggio, che tua moglie darà alla luce un maschio, che sarà il padre di una nuova razza. Quando crescerà, quel ragazzo verrà con te nelle lontane terre del sud, dove sparirete entrambi insieme ... tuo figlio tornerà nel seno della sua vecchia razza ... “ .
Nella Serra do Roncador, soprattutto di notte, gli UFO vengono avvistati in abbondanza. Nelle vicinanze di Serra do Roncador, vicino a Barra do Garças, ospita racconti antichi che narrano dell'esistenza di civiltà che abiterebbero l'interno del Roncador ai passaggi sotterranei che collegherebbero il Brasile a Machu Picchu, in Perù. A Barra do Garças, così come in altri luoghi della regione, ci sono figure enigmatiche incise a bassorilievo sulle rocce e sulle pareti delle montagne, che sono per lo più disegni composti da simboli circolari a forma di dischi concentrici. La serie più significativa di iscrizioni si trova su una grande pietra attualmente esposta in una piccola piazza, vicino al fiume Araguaia.
Le iscrizioni rupestri brasiliane, d'altra parte, sono accompagnate da resoconti indigeni di creature provenienti dalle stelle, come ci dicono le tradizioni orali di Bororo, Xavante e Caiapós. Ad ogni modo, Barra do Garças è considerata una porta d'accesso alla Serra do Roncador e lì è comune sentire dagli indiani, che vivono nella loro area urbana o rurale, rapporti di contatti con creature non umane o presumibilmente extraterrestri, che chiamano "esseri delle stelle. ”- gli Xavantes, in particolare, parlano degli Iuë-uptabi,“ gli incantati ”, entità o dei che vagano per le foreste e risiedono in profonde caverne, che gli indiani rispettano molto.
C'è una grotta in cui gli indigeni entrano solo fino alla prima galleria, non rischiando di andare oltre perché temono quello che potrebbe esserci dentro. Secondo loro, ci vivrebbe "gente strana" e chi osa entrarvi non torna.
Il nome Roncador (ronzio) deriva dal fatto che il vento produce strani ronzii sibilando nelle rocce della zona. La montagna ha ricevuto il nome di Roncador per il suono che in certi momenti emana dalle sue viscere, simile a un russare grave e forte che riecheggia nella savana. Un tale fenomeno è spiegato a causa dell'incontro dei forti venti della regione con le immense pareti massicce delle montagne. Tuttavia, c'è chi sostiene che il rumore provenga da manovre UFO che sorvolano la regione.
Timothy Paterson (1935-2004) il pronipote di Fawcett, era convinto che suo zio avesse trovato l’entrata segreta che lo avrebbe condotto ad un mondo sotterraneo sconosciuto sotto il controllo del Tempio di Ibez. La Sierra do Roncador uno dei luoghi sacri del mondo, sarebbe una di porta d’accesso. Gli abitanti sarebbero i discendenti di Atlantide.
Timothy Paterson scrisse “Il tempio di Ibez” dove si parla della “Ciudad de los Césares” (Città dei Cesari): “Si dice che essa sia nascosta in una valle dell’alta cordigliera delle Ande. Tale città ha una grande qualità magica per cui è visibile a pochi cercatori scelti, ma invisibile a tutti gli avventurieri indesiderabili”.
Nel 1978, quando si recò per la prima volta nelle foreste brasiliane del Mato Grosso, si rese conto che ancora il nome dello zio era pronunciato con venerazione dagli indios. Lì incontrò il "Grande Vecchio", un ultra-novantenne che conosceva tutti i segreti della foresta. Questi gli parlò di Curupira, il terribile Guardiano di soglia spirito della morte, chiamato anche il "Drago Nero", che sarebbe vissuto nel tempio di quel luogo misterioso, chiuso da un muro di rocce basaltiche, che Fawcett chiamava Zed, ma che il vecchio chiamava Ma-Noa. Secondo il Grande Vecchio quella parete (muro di basalto) avrebbe nascosto gli avanzi di un mondo scomparso, perché contro di essa si sarebbe arrestata la furia di un antico vastissimo cataclisma, forse un diluvio. Terminò dicendo che lì avvenne il "grande sbarco".
Ancora oggi, i misteri del luogo sono fortemente custoditi dagli Xavantes, che vivono nella regione e hanno diversi luoghi sacri che non possono essere visitati dall'uomo bianco senza che lui sia accompagnato da alcun membro della tribù. Tra questi luoghi c'è una grotta in cui gli indigeni entrano solo fino alla prima galleria, senza rischiare oltre, poiché temono ciò che può essere più in basso della montagna. Secondo loro, "persone strane" vivrebbero nelle profondità del luogo e chiunque osi entrarvi non torna. Un altro luogo considerato sacro è Lagoa Encantada, nelle cui acque c'è una totale assenza di vita. Alcuni indiani ci nuotano persino dentro, ma non si sono avventurati a immergersi molto in profondità, perché hanno paura di essere risucchiati da qualche forza invisibile e di non tornare mai in superficie. Secondo gli anziani di un villaggio vicino, la laguna sarebbe l'ingresso delle “dimore degli dei”, dove le luci si immergono per poi uscire dall'acqua verso le stelle. https://ufo.com.br/artigos/seriam-apenas-mitos.html
CAVERNE E IMMENSI TUNNEL NEL CONTINENTE ASIATICO

Ossendowski, in “Bestie, Uomini e Dèi”‘ parlando del regno sotterraneo del Re del Mondo scrive: “Questo regno è chiamato Agharti o Agartha. Si sviluppa attraverso una rete planetaria di gallerie sotterranee. Ho udito un dotto lama in Cina riferire a Bogdo Khan che tutte le caverne d’America sono abitate dall’antico popolo che era scomparso nel sottosuolo. Ancora oggi ne vengono trovate tracce sulla superficie della terra. Queste genti e regioni del sottosuolo sono governate da sovrani che debbono obbedienza al Re del Mondo…”.
In India i miti narrano di Naga cioè Serpenti che vivono in grandi palazzi sotterranei nel cuore dell’Himalaya, le caverne dei Naga  contengono favolosi tesori e sono illuminate da pietre brillanti e non hanno simpatia per i curiosi e gli avventurieri. Si narra che i Naga volino nello spazio e siano dotati di grandi poteri. Le leggende di serpenti messi a guardia di tesori non potrebbero alludere a sacerdoti o iniziati messi a guardia dell’ingresso dei tunnel che portano a città sotterranee o a depositi di tesori cioè manufatti preziosi, macchine e testi di sapienza antica?
Ellora, Elephanta, Karli ed Ajanta non potrebbero essere costruite su passaggi e labirinti sotterranei, come si dice? E naturalmente non alludiamo alle grotte che tutti gli europei conoscono, o de visu o per sentito dire, nonostante la loro immensa antichità sia pure contestata dall’archeologia moderna. H.P. Blavatsky scrive nella Dottrina Segreta che è un fatto noto ai Brâmani iniziati dell’India, e specialmente agli Yogî, e cioè che non c’è un tempio-caverna, in tutto il paese, che non abbia i suoi passaggi sotterranei che corrono in tutte le direzioni, e che queste caverne e corridoi sotterranei senza fine e che corrono in tutte le direzioni e a loro volta infinite diramazioni hanno, a loro volta, le loro caverne e corridoi. Tali accessi sono protetti in diversi modi, alcune entrate talvolta sono rese inaccessibili da miasmi di gas letali ed altri passaggi sono resi invalicabili da campi energetici che hanno il potere di allontanare forme vitali non desiderate. I Veda parlano di alcune di queste principali entrate; una è nella cordigliera delle Ande, altre si trovano in Asia, in Tibet, nel Karakorum e nel Pamir. Oltre alla regione di Gaya, nel sud dell’India, ne troviamo tra le montagne Vindya, a Tirupati, vicino alla collina di Arunachala e le Nilgiri (le Montagne Blu).
Dopo che la Grande Guerra raccontata nel Mahâbhârata era terminata, gli scritti indù narrano che non c'era più nessuno in grado di usare i Vimâna e il re non voleva usarli nel suo regno. occorreva fare qualcosa e perciò fu creata un gruppo di uomini per nascondere tutti questi Vimâna. Secondo queste fonti, erano nascosti in una collina chiamata Marang Buru in Jharkhand e da allora il luogo è stato tenuto segreto.
Si narra che questo segreto fu scoperto da un generale dell'esercito dell’imperatore Asoka (256 - 237 a.C.). Era il 270 a.C. quando l’imperatore Asoka terminò la guerra sanguinosa con più di 100.000 persone che persero la vita da entrambe le parti. Di conseguenza, giurò di lasciare tutta la violenza e abbracciò il Buddismo. Prima di intraprendere il buddismo, Asoka voleva assicurarsi che la sanguinosa guerra non dovesse essere ripetuta in nessun momento in futuro e in qualsiasi parte del mondo. C’era una vasta conoscenza degli aspetti scientifici, tecnologici e sociali che se cadono in mani sbagliate, anziché evoluzione si genera distruzione. Per evitare questo, Asoka radunò in segreto “nove” uomini provenienti da tutto il suo regno e paese e formò una società segreta. A tutti questi 9 uomini sono stati affidati libri contenenti informazioni scientifiche.
Che sia attraverso l’Arca di Noè, che simbolizza il cammino attraverso il mare seguito da molti di tali sopravvissuti, o attraverso immense e sconosciute gallerie che sotto la profondità degli oceani collegavano il Continente di Atlantide con alcuni determinati punti del grande Regno di Shamballa, o “recuperati da Carri di Fuoco (Vimâna)” provenienti dallo Spazio, gli uomini giusti della Terra che praticano il Bene, gli umili di cuore, che sono “il sale della Terra” e i sani di mente e cuore che costituiscono il tesoro permanente dell'intelligenza umana, devono essere salvaguardati e protetti dal male che affligge il grande insieme planetario, cioè sono i semi vivi dei beni immortali dello Spirito qui sulla Terra, la garanzia suprema della perpetuazione dei Misteri di Shamballa attraverso le età. (Vicente Beltran Anglada, I Misteri di Shamballa).
Tuesday Lobsang Rampa narra in “La mia visita alla terra di Agartha” che un accompagnatore di un popolo abitatore del mondo sotterraneo dal nome fittizio Leo spiegò che i tunnel che stavano percorrendo furono scavati nella roccia molto più tardi di quelli vetrosi e che erano più diretti destinazione di Agartha.“I tunnel vetrosi non furono fatti per coloro che andavano a piedi”. In realtà, ci disse Leo, “furono costruiti per il trasporto di gente e vettovaglie dalla superficie alle città interne usando antiche macchine volanti chiamate Vimâna. A Rampa viene detto che non avevano idea a quale data risalgono questi tunnel, sapevano però che esistevano già quando i primi abitanti arrivarono qui sotto, pertanto devono essere incredibilmente antichi. Persino le nostre leggende si perdono in tal senso”. Mi meravigliava il pensiero di guardare quelle incredibili macchine volanti sparate su e giù per gli antichi tunnel che uniscono l’interno e l’esterno del mondo. Ora questi passaggi sono per lo più abbandonati ed inusati, fatta eccezione per coloro che vanno a piedi verso la superficie attraverso le uscite nascoste.  Leo disse che ci sono ogni tanto avvistamenti di strani veicoli che volano su e giù per i tunnel simili ai dischi volanti visti sulla Terra. Nel tunnel, gli avvistamenti sono per lo più considerati folclore. Tuttavia non mi sorprenderebbe se i recessi più profondi del pianeta celassero coloro che sanno fare uso dell’antica tecnologia.
Una testimonianza “pesante”, perché proviene dall'ambiente militare USA, e' quella del Colonnello Billie Faye Woodard, dell’Aeronautica militare: dopo avere lavorato al Pentagono, iniziò il suo servizio all’Area 51, Nevada, nel 1971. Appena arrivato all’Area 51, fui istruito sull’esistenza di tunnel sotto questo sito e subito dopo incontrai molti degli Operatori degli Shuttle Sotterranei che hanno una statura di poco oltre i 4 metri. Questi tunnel che attraversano il mondo, sono stati costruiti da una specie di esseri che sono esistiti qui prima di noi, molto tempo fa”. “I Muri dei Tunnel sono molto lisci: hanno quello che può sembrare una finitura marmorea che è fatta di una sostanza metallica impenetrabile; la superficie dei muri non può essere penetrata né da un trapano al diamante né da un laser”. All'interno circolano shuttle lunghi da 1-20 metri a circa 400, e che possono spostare truppe da un punto ad un altro della terra: per arrivare all’interno della terra ci mettono meno di 10 minuti. “Il materiale di cui sono fatti gli shuttle è la stessa sostanza di cui era costituita la parte esterna dell'astronave caduta a Roswell. Gli shuttle si muovono attraverso l’energia elettromagnetica utilizzando le linee della griglia della Terra”.
Colonnello Billie Faye Woodard e T.L. Rampa concordano per descrivere tunnel vetrosi lisci con superficie che non può essere forata e che al loro interno viaggiano veloci mezzi tipo shuttle. Gli uomini che guidano questo apparecchi sono molto alti 4 m, proprio come era descritta la stura dei giganti antidiluviani, cioè atlantidei.
Un’altra delle tradizioni occulte descritta da meravigliose narrazioni e leggende del passato, assicura che qualcuno dei sopravvissuti di Atlantide dovette il suo salvataggio “dal furore delle acque” alla conoscenza che aveva di alcune profonde grotte e caverne, solcate da lunghissime gallerie che collegavano sotto agli oceani alcuni misteriosi punti geografici e magnetici dello scomparso Continente di Atlantide con la sfera periferica di Shamballa (Vicente Beltran Anglada, I Misteri di Shamballa).
Attraverso quelle lunghissime gallerie gli  Iniziati, gli Adepti, i membri della Fratellanza  possono spostarsi non visti all’interno del pianeta con velocissimi piccoli mezzi, così come hanno il potere di “viaggiare attraverso l'aria”.
Dopo il primo grande inabissamento della parte centrale del Quarto Continente o Atlantide, i custodi della Buona Legge, i Maestri di Saggezza dei Misteri di Ibez e di Shamballa con una parte dell’umanità più evoluta decisero di scomparire dal mondo esteriore ritirandosi sottoterra, in innumerevoli caverne in luoghi inaccessibili e protetti da ogni possibile intrusione.
I poeti e i saggi guardiani della fede segreta
nascosero le loro torce accese
nei deserti, nelle catacombe e nelle caverne.” Valery Briusov
Nel 1963 uscì un libro, La Caverna degli Antichi dove si narra che il giovane monaco Rampa viene portato dal Lama Mingyar Dondup in una caverna nascosta usata come un deposito ricolmo di macchine e tecnologie di avanguardia.
“Restammo in piedi a osservare, silenziosi e spaventati, lo spettacolo che si apriva davanti ai nostri occhi: cose da non credere. La caverna sembrava una sala immensa e si allungava verso l’interno, proprio come se la montagna stessa fosse stata svuotata. Ovunque c’era luce che ci colpiva violentemente, sparata da una serie di sfere luminose che sembravano essere sospese nell’oscurità del soffitto. Nella sala erano stipate numerose macchine che noi neanche avremmo potuto immaginare...”
T. Lobsang Rampa, scrive in “Crepuscolo” che gli abitanti del mondo interno (sotterraneo) sono gente molto evoluta. Essi sono infatti i sopravvissuti di Lemuria, Mu, Atlantide e di molte altre più antiche civiltà. La Terra è andata in completa rovina a causa di cataclismi, uragani, meteore ed altre cose, e spesso la popolazione ne è decimata, mentre nell’interno della Terra la vita continua serenamente, senza essere scossa dalle cose che accadono qui da noi, ed in questo modo la loro spiritualità e la loro conoscenza scientifica ha potuto progredire.
T. Lobsang Rampa, scrive in “Agartha” che questo è il regno sotterraneo dove regna il Re del Mondo e dove nessun essere vivente può alzare lo sguardo verso di Lui. Nei Purana indù è scritto che gli uomini verranno alla superficie dall’interno del pianeta per ricolonizzare e dare il nuovo inizio alla cultura vedica. Vale la pena notare che Shamballa è menzionata nei “Purana” come una città interna del pianeta; non soltanto nei “Purana”, ma anche nella memoria collettiva Tibetana, Shamballa è considerata una città interna della Terra.
“Contempla”, disse il Maestro Mingyar Dondup in magnificenza, “la Sacra Agharta.” Molti credono che Agharta sia una città situata al centro della Terra. Però Agharta è, in realtà, il nome di una grande Terra e non di una singola città. Qui risiede il potere cosmico delle terre. Tutti i poteri della materia, dell’energia e delle dimensioni tempo-spazio, conseguiti dalle creature viventi, originano da questa fonte cosmica. In questa Terra vive un numero di razze di diverse culture e tradizioni. Esse vivono in una maggiore evoluta e avanzata dimensione, paragonata alla vita umana sulla superficie, in simbiosi perfetta con il Pianeta e le sue realtà viventi.
Differenti razze, fuorché quelle provenienti dalla Terra, occupano anche la Terra interdimensionale di Agharta. Qui esistono larghe colonie di extraterrestri che originano da molti e diversi luoghi del nostro Universo. Anche questi gruppi sono correlati con distinti livelli dimensionali.
“La Terra sperimenterà anche la rinascita del contatto con creature non del vostro mondo. Queste razze, che sono gli osservatori dell’umanità, lavorano in segreto per aiutarvi nella guida per un corretto sentiero evolutivo. Ma, nello stesso tempo, dallo spazio e dalla interdimensionalità giungeranno creature di altri mondi.”
La capitale di Agharta è la città eterica di Shamballa la quale è la più elevata espressione di questa civiltà interna e vibra su frequenze astrali. Qui è concepita e istituita l’idea creativa ed il programma astrale per le Terre in evoluzione. A Shamballa dimorano straordinari esseri che vibrano alle più alte frequenze dell’Universo. Essi sono esseri liberi, padroni della vita. Essi costruiscono il destino.
“Guarda attorno a noi, Lobsang”, disse il Maestro Mingyar Dondup allargando le braccia, “esseri da tutti i mondi e da tutti i tempi sono convenuti insieme, in quest’unico punto, nell’infinito tempo e spazio”. (T. Lobsang Rampa, Agartha http://www.tuesdaylobsangrampa.it).
Anche il greco armeno George Ivanovich Gurdjeff descrisse un intricato intreccio di caverne abitate, sotto il Syr Darya, che da migliaia di anni ospitano una segretissima comunità esoterica di grande saggezza.
Nel Kanjur e nel Tanjur, testi antichissimi tibetani, si fa riferimento molte volte a Shambhala e viene citata come un centro di energia cosmica. Si crede che abbia tre piani di esistenza differenti che corrispondono a tre piani di differenti vibrazioni. Nel primo esiste una vallata molto verde, una zona paradisiaca dell’Himalaya abitata da persone che hanno già terminato il proprio ciclo di reincarnazioni sul pianeta Terra. Nel secondo livello si incontra la Terra cava, il mondo sotterraneo che è abitato dai discendenti degli ultimi sacerdoti di Atlantide che penetrarono in quella Terra cava nel momento stesso dell’ultima catastrofe sofferta da questa civilizzazione. Il terzo livello di Shambhala è un piano eterico, un mondo incredibilmente bello composto solo di luce in cui dimorano gli Esseri di Luce i Maestri dello Spirito per l’umanità. “Shambhala è il centro vitale della coscienza planetaria”, è il più grande agente di ricezione del pianeta, riceve energia da diverse Entità solari ed extrasolari, e da centri di vita potenti ed energetici.
Figura 1. N. Roerich – Nelle Profondità inferiori
Nel dipinto “Lower than the Depths” un uomo è in piedi all’ingresso di una grotta illuminata da una luce misteriosa e ammaliante dove si accinge a entrare. "Ai piedi dell'Himalaya ci sono molte grotte, e si dice che da queste grotte passaggi sotterranei conducano ben oltre Kanchenjunga. Alcuni videro anche una porta di pietra che non si aprì mai perché il tempo non era ancora arrivato. Passaggi profondi conducono alla Bellissima Valle. Puoi capire l'origine e la realtà delle leggende quando vieni introdotto a formazioni inaspettate nella natura dell'Himalaya, quando sei personalmente consapevole di quanto vicini siano i ghiacciai e la ricca vegetazione a contatto." Roerich N.K. Shambhala Shining. Tesoro di neve.
Dal Tibet attraverso il Kun Lun, attraverso l’Altyn-Tag e il Turfan; “l’orecchio lungo” conosce i passaggi segreti. Quanta gente è stata in questi cunicoli e spelonche. La tradizione popolare dell’antica Russia descrive un luogo situato nel cuore dell’Asia, denominato in russo Belovodye - Belovodye significa acqua bianca. Roerich, Cuore dell’Asia.
Figura 2. N. Roerich - Chud

Sui monti Altai, nella bella valle di Uimon, sulle alte terre, un venerabile Vecchio Credente (Starover) mi disse: “Vi proverò che la storia dei Chud, il popolo che vive all’interno della Terra, non è solo frutto dell’immaginazione! Vi condurrò all’ingresso di questo regno sotterraneo” … “Ci avvicinammo a una piccola collina pietrosa e, orgoglioso, egli m’indicò, eccoci: qui c’è l’ingresso del grande regno sotterraneo. Quando i Chud penetrarono dai passaggi sotterranei, chiusero l’entrata con le pietre. In questo momento siamo proprio accanto alla sacra entrata”.
Attratto e affascinato dalla maestà e bellezza delle montagne, Roerich era anche incuriosito dalla serie di tunnel sotterranei e caverne. Infatti, nel linguaggio simbolico dei suoi dipinti la sapienza esoterica si rivela più spesso in una di queste due sedi: molto sopra la terra, sulle cime delle alte montagne, o in profondità sotto la terra, in camere sotterranee nascoste e lontano dalla vista dell’uomo. Una delle leggende che l’Altai aveva più interessato Roerich era la storia di un vasto groviglio di tunnel a nido d’ape e i regni sotterranei sotto le montagne.
L’Altai è come il vestibolo, il cancello di Shambhala, verso Himalaya verso il luogo che la tradizione chiama Belovodye. Il viaggio verso Belovodye è così descritto: “Da qui, si va verso Irtys e Argon. Dopo un viaggio difficile fra fiumi, se non si perde la strada, si arriva ai laghi di sale”.  Questo percorso è molto pericoloso! Molte persone sono già morte, ma se si sceglie il momento giusto, sarete in grado di attraversare questi luoghi pericolosi. Poi si arriva alla montagna Bogogorsh. Da qui, inizia un percorso ancora più pericoloso per Kokushi. Dopo, si prende il sentiero sulla stessa Ergor e si segue fino alla terra di neve. Qui, nel più alto dei monti, vi è una valle sacra. Questo è Belovodye. N. Roerich precisa che quella particolare strada conduce al Tibet.
Quel regno è Agharti e si stende per tutte le vie sotterranee del mondo intero. Ho udito un savio Lama cinese dire al Bogdo Khan che tutte le caverne sotterranee dell’America sono abitate dall’antico popolo che disparve sotto terra. Di esso si trovano ancora tracce in superficie. Voi sapete che i due oceani più grandi, ad est e ad ovest, furono già due continenti. Disparvero sott’acqua, ma i loro popoli passarono nel regno sotterraneo. Nelle caverne sotterranee esiste una luce particolare che fa germogliare le sementi e crescere le piante, e agli uomini dà vita lunga e senza malattie.” Bestie, Uomini e Dèi di Ferdinand Ossendowski.
Il Regno di Agarthi si estende per vie sotterranee nel mondo intero fino alle caverne dell’America, quell’antico popolo disparve sotto terra. La sua capitale, Shamballa, è mitica “Città di Smeraldo”, citata spesso dai viaggiatori medioevali. Agharti esiste simultaneamente sia sul piano fisico, sia su un piano di consapevolezza superiore, dove solo pochissimi illuminati, detti Arhat, hanno la possibilità di accedervi. Dopo la catastrofe che spazzò via il continente Atlantide, per evitare che il male vi penetrasse, essa era tenuta isolata dal mondo della superficie da vibrazioni che tendevano ad offuscare la mente e rendere invisibili le porte di accesso. Ferdinand Ossendowski, Sven Hedin e tutti quanti che l’hanno cercata non sono riusciti mai a trovarla ... Agharti è secondo la tradizione indù retta dal Brahmatma, il “Chakravarti”, il “Re del Mondo”, che regna per il periodo di un Manvantara, una delle quattordici ere, la nostra oggi è quella detta del “Cinghiale Bianco”, da cui è composto un ciclo cosmico.
Ferdinand Ossendowski, nel suo “Bestie, Uomini e Dei” riferisce che un vecchio lama Tibetano gli parlò della visita del “Re del Mondo” a una lamaseria di Lhasa.
Una notte d’inverno diversi cavalieri entrarono nel monastero e ordinarono che tutti i Lama si radunassero nella sala del trono. Poi uno degli stranieri salì sul trono e si tolse il bashlyk, o copricapo, che gli nascondeva il volto. Tutti i lama si inginocchiarono perché avevano riconosciuto l’uomo che era stato descritto tanto tempo prima nei documenti del Dalai Lama, del Tashi Lama e di Bogdo Khan. Era l’uomo cui appartiene il mondo intero e che ha penetrato tutti i misteri della Natura. Pronunciò una breve preghiera tibetana, benedisse gli astanti e quindi fece predizioni che riguardavano il prossimo mezzo secolo. Ciò accadde trent’anni fa, e nel frattempo tutte le sue profezie si sono avverate.
Mentre pregava davanti al piccolo altare, un’enorme porta rossa si aprì da sola, le candele e le lampade davanti all’altare si accesero, e dai sacri bracieri, senza che nessuno li avesse alimentati, si alzarono volute d’incenso che riempirono la sala. Allora, senza aggiungere altro, il Re del Mondo e i suoi compagni scomparvero alla nostra vista, salvo le pieghe nel rivestimento di seta del trono, che si spianarono da sole, come se non vi si fosse seduto nessuno”.
Secondo il racconto del Lama ad Ossendowski, questa fu la profezia pronunciata dal “Re del Mondo”:
Sempre più popoli dimenticheranno la loro anima e si preoccuperanno solo del corpo. I più grandi peccati e la corruzione regneranno sulla terra. Le persone si trasformeranno in bestie feroci, assetate di sangue e bramose della morte dei propri fratelli. … Allora io invierò un popolo ora sconosciuto che con mani forti estirperà la malerba della follia e del vizio e guiderà coloro che saranno rimasti fedeli allo spirito dell’uomo nella lotta contro il male. Getteranno le basi di una nuova vita sulla terra purificata dalla distruzione delle nazioni… Allora le genti di Agartha lasceranno le caverne sotterranee e appariranno sulla superficie della Terra”.
Secondo il vecchio Lama il “Re del Mondo” aveva pronunciato le sue profezie trent’anni prima; considerando che il libro di Ossendowski fu pubblicato nel 1923, si può quindi desumere tale avvenimento accadde all’incirca negli ultimi decenni del 1800.
Secondo i Pûrana uomini verranno alla superficie dall’interno del pianeta per ricolonizzare e dare il nuovo inizio alla cultura vedica. Shamballa è menzionata nei “Pûrana” come una città interna del pianeta; non soltanto nei “Pûrana ”, ma anche nella memoria collettiva Tibetana, Shamballa è considerata una città interna della Terra.
H.P. Blavatsky afferma che Ellora, Elephanta e le caverne di Ajanta, erano collegate all’Isola Bianca del Mare del Gobi, con vie sotterranee, queste caverne compaiono nei dipinti di Roerich. Nel dipinto Ellora è rappresentata una barca che si appresta a entrare in una caverna ai cui lati sono scolpiti degli elefanti. I templi di Ajanta (29 grotte) sono scolpiti nella roccia a picco sul fiume. N. Roerich dipinse nei suoi quadri indizi per giungere agli imbocchi delle vie sotterranee che conducevano sia verso Shamballa, sia verso la mitica Città del Ponte sepolta dalle sabbie del Deserto del Gobi.